sabato 6 dicembre 2014

5 numeri sul clima che fanno paura - Federico Gennari Santori

Il primo dicembre, in Perù, è iniziata la conferenza internazionale dell'Onu sul clima (Cop 20). Per dodici giorni sarà completamente incentrata sugli impegni vincolanti che i paesi del mondo prenderanno nella conferenza successiva, la Cop 21 di Parigi. In quella sede, fra un anno esatto, dovranno essere stabilit gli obiettivi per il contrasto alle emissioni di gas serra che rimpiazzeranno quelli di Kyoto dopo il 2020. C'è molta aspettativa per questo anno di negoziati e l'assemblea di Lima si svolge in un contesto che appare in tutto favorevole a un'inversione di rotta globale nell'ambito della questione climatica. C'è l'incoraggiamento di Ban Ki-moon, che in prima persona si è impegnato per invitare i paesi del mondo ad uno sforzo comune contro i cambiamenti climatici nel meeting informale svoltosi lo scorso settembre a New York. E a metà novembre Cina e Stati Uniti, primi inquinatori e maggiori economie al mondo, hanno stretto un accordo per per porre un freno alle emissioni. La posta in gioco è alta. Se non ci saranno interventi adeguati e tempestivi per la mitigazione del riscaldamento globale, gli effetti saranno catastrofici. Per l'ambiente e per l'economia. A prevederlo è il rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) delle Nazioni Unite – una «relazione storica» la cui ultima parte è stata presentata proprio un mese fa – e gli studi di molti altri centri di ricerca e istituzioni. Sono alcune in particolare le questioni che i leader del mondo dovrebbero tenere in considerazione per farsi effettivamente carico delle loro responsabilità.

1) Meno carne per tutti
Frenare l'enorme e crescente appetito del mondo è essenziale per evitare il cambiamento climatico devastante. Secondo uno studio del think tank Chatham House, l'industria del bestiame produce più gas serra di tutte le auto, gli aerei, i treni e le navi del mondo, nonostante l'opinione pubblica non lo creda affatto. Nello stesso rapporto Ipcc si parla solo approssimativamente dell'impatto che il settore zootecnico potrebbe avere sul clima. La crescente domanda di carne in Cina e nei paesi emergenti potrebbe ribaltare la situazione. Bati pensare che dal bestiame deriva quasi il 15% delle emissioni globali. E il consumo di carne è sulla buona strada per aumentare del 75% entro il 2050, e prodotti lattiero-caseari del 65%. Senza tagli drastici, nel 2050 le emissioni agricole peseranno enormemente sul bilancio globale del carbonio, al punto che ogni altro settore, comprese energia, industria e trasporti, dovrebbe funzionare a emissioni zero, cosa ritenuta "impossibile"…

Nessun commento:

Posta un commento