...Sembra un gioco, ma non lo è. C'è la magia della nascita, la responsabilità di accudire le piante, la sorpresa di vedere qualcosa che sboccia e cresce. Si imparano regole, ciclicità, rispetto ed equilibrio. Per la scuola è un salto di qualità, "perché l'orto non è una simulazione di realtà, ma la realtà vera e propria": ne è convinto Gianfranco Zavalloni, dirigente scolastico e punto di riferimento per chi segue il progetto degli orti didattici. Agli "orti di pace" Zavalloni ha dedicato un libro. C'è un sito omonimo 2, dove chi è interessato può tenersi in contatto con altri che seguono esperienze simili e dove c'è una rete degli istituti scolastici che vogliono partecipare, dando vita a una comunità.
Dal punto di vista didattico i pro sono diversi. I baby ortolani mettono a frutto abilità manuali, conoscenze scientifiche, sviluppo del pensiero logico interdipendente. Si sorprendono, scoprono cose per molti di loro nuove - da come nasce una patata ai profumi delle piante aromatiche - si divertono, diventano più curiosi. Di storie e di sapori.
E le soddisfazioni, per chi decide di imbarcarsi nell'impresa, che, va detto, necessita di impegno e continuità, non mancano. Riuscire a trasformare la scuola in qualcosa di vivo "è un'esperienza affettiva cui i bambini si legano", racconta Nadia Nicoletti, maestra dal 1975 e una delle pioniere degli orti a scuola. Il suo istituto a Villazzano, in Trentino, ha un bellissimo orto-giardino, che negli anni è cresciuto grazie all'aiuto del comune di Trento, all'amore e alla fatica di insegnanti e bambini. Per due ore alla settimana i suoi alunni "fanno" l'orto all'aperto. E d'inverno, quando fa troppo freddo, l'attività si sposta all'interno della scuola...
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