lunedì 11 maggio 2015

Cambiare il mondo da un agrumeto - Roberta Perrone

Antonio Cangialosi ho ventotto anni ed è un contadino. Da alcuni anni cura un agrumeto di circa tre ettari e un uliveto altrettanto grande. La sua piccola azienda familiare si trova nella campagna intorno a Palermo e produce arance, mandarini, mandaranci, limoni, cedri e un ottimo olio extra vergine d’oliva. Da un paio d’anni ha inserito tra i suoi prodotti marmellate di arance, miele di zagara e liquori di agrumi. La sua esperienza, come molte altre che non trovano spazio all’Expo, dimostra almeno un paio di cose: è possibile restituire dignità al mestiere del contadino, è possibile rifiutare la dittatura dell’agricoltura industriale. Abbiamo incontrato Antonio per ragionare dei temi della terra.
Antonio, come e perché ha scelto di vivere coltivando la terra?
L’azienda agricola, che gestisco insieme a mio fratello, dal punto di vista formale è nata cinque anni fa, ma in realtà calpestiamo quel suolo praticamente da sempre. Quella terra è un dono che ci è stato ereditato. Sin da piccoli alternavamo piacevoli ore di lavoro in campagna con impegni di studio. Ci siamo ritrovati grandi e col desiderio maturato negli anni di fare del nostro hobby un vero e proprio mestiere.
Nel 2010 abbiamo cercato di mettere in piedi una vera attività agricola di collina a conduzione familiare. Principalmente siamo io e mio fratello che ci lavoriamo, ma in alcuni momenti anche mio padre, parenti e amici. Ci danno una mano soprattutto nella fase della raccolta. Questa attività è nata pezzo dopo pezzo attraverso piccoli tentativi, esperimenti, grazie soprattutto alla curiosità di provare a capire come si può vivere coltivando la terra. Non nego che la prima fase ha riservato alcune difficoltà: passare dai libri alla terra, inghippi burocratici, difficoltà nell’avvicinare la gente al buon cibo… In questo momento, nonostante le difficoltà siano sempre presenti, possiamo dire che stiamo riuscendo nei nostri intenti ed è pure divertente. È un lavoro duro, si torna a casa stanchi e si dedicano altre ore alla vendita a km0 dei prodotti nel nostro piccolo punto vendita in paese. Altre ore vengono destinate alla comunicazione, cioè e-mail, social network, pubblicità, etc. Altre vengono impiegate per la sistemazione dei pacchi da spedire, dando così la possibilità a chiunque di acquistare prodotti genuini, dall’albero alla tavola. Quindi il lavoro c’è ed è anche tanto, ma cerco di ridurre il più possibile il livello di alienazione. E posso dire che è una cosa che mi appaga. È un processo in continuo divenire.
Perchè è importante tornare alla terra?
Noto che dalle nostre parti, da alcuni anni, c’è per fortuna una piccola realtà di giovani che vorrebbe impegnarsi in questo settore e che sembra voglia espandersi sempre più. Si sta riscoprendo il valore della terra. Di certo è una realtà che stenta a decollare, ma comunque è già importante che si stia facendo spazio nel sociale. Il ritorno alla terra non è da sottovalutare, anzi. L’attività agricola può rappresentare un modello alternativo. La terra è una risorsa importante perchè è lei che ricuce i rapporti tra territorio e comunità, le
relazioni, le conoscenze, il recupero di saperi, le tradizioni. Oggi la gente inizia a pensare che la strada sia in progetti come il nostro. Ciò ci inorgoglisce.

Perchè occuparsi della difesa del suolo è divenuta oggi una priorità?
Oggi le policolture sono minacciate dalle monocolture industriali. Le colture intensive avvengono a ritmi spaventosi. La negatività delle colture intensive sta principalmente nel trarre profitto ad ogni costo. Non a caso, pur di lucrare, le grandi aziende tendono a sfruttare al massimo il suolo, i mezzi, il personale e tutto ciò di cui necessita una coltivazione intensiva. Le conseguenze sono note: cattive paghe, usi sproporzionati di carburante, uso massivo di pesticidi, anticrittogamici, fitofarmaci, insetticidi. È la chimica che fa il gioco purtroppo, col suo malefico ausilio si può annualmente ottenere una produzione standard. Ma sopperire le mancanze con la chimica porterà la natura a depauperarsi. Infatti, riproponendo questi metodi anno dopo anno il suolo, le piante e i prodotti stessi verranno denaturati. Perderanno le loro fisiologiche proprietà. Isde Italia, ad esempio, ha reso pubblica la sua posizione sui rischi ambientali e sanitari generati dall’uso di pesticidi. Nel documento vengono presentate numerose informazioni che evidenziano le criticità delle pratiche agroindustriali dannose per la salute dell’uomo, degli animali e degli ecosistemi. Mi riferisco alla contaminazione chimica del suolo, dell’acqua, dell’aria e degli alimenti. È un documento che a mio avviso dovrebbero leggere tutti. Essendo stato uno scout non posso dimenticare le parole del fondatore Baden Powell: “Lascia il mondo un po’ migliore di come l’hai trovato“. La difesa del suolo è una priorità perchè se tratti bene la terra lei ricambierà nel migliore dei modi. Coltivare con metodi biologici, prendersi cura della salute del terreno è un po’ come difendere l’equilibrio del cosmo.
Come fate quindi a difendere i vostri raccolti da possibili attacchi?
Gli agrumi sono dei frutti resistenti. La buccia, spessa e grezza, consente di proteggere al meglio il frutto dagli attacchi. Di conseguenza il produttore, se vuole, non è costretto a far uso della chimica. Capita però che l’agrumeto venga infestato dalla presenza di un numero massiccio di afidi e cocciniglie, insetti visibili anche ad occhio nudo che si raggruppano solitamente sulla pagina inferiore delle giovani foglie. Succhiano la linfa delle piante provocandone un generale deperimento. Per affrontare questo problema utilizziamo un metodo naturale, l’olio extra vergine d’oliva. L’olio, distribuito nelle foglie, riesce a soffocare gli insetti sopprimendoli. Per altri casi utilizziamo anche rame e zolfo, fungicidi naturali che,
se utilizzati in giuste dosi, sono consentiti in agricoltura biologica.
Quale potrebbe essere a tuo avviso un sistema di produzione e di distribuzione ideale?
Mi piace pensare che un giorno si potrà tornare ad una produzione e ad una distribuzione locale, il famoso km0. E mi piace pensare che un giorno le produzioni industriali cesseranno di esistere. Una piccola azienda non ti obbliga ai ritmi frenetici di cui necessita una mega azienda. Si sa, le grandi aziende sono spesso strozzate dai costi e da un’organizzazione troppo macchinosa, con tempi e ritmi rigidissimi dettati dalle dure leggi di mercato, per non parlare dell’uso sproporzionato di concimi chimici. Invece, tante piccole aziende possono agire nel rispetto della terra e dell’uomo con giuste ore di lavoro, adeguate tecniche di potatura, di concimazione, di irrigazione e di raccolta.
Sarebbe bello vedere un giorno il contadino entrare nuovamente in città attraverso i mercati di vendita diretta, mettendo così in evidenza la trasparenza del prezzo, il valore del lavoro e la qualità del prodotto. Quella della vendita diretta, negli spacci, nei mercatini, attraverso i Gas, non è solo un’alternativa critica alla grande distribuzione, ma resta prima di tutto un modo diverso per creare e difendere le relazioni tra persone. Bisogna ripensare l’agricoltura e il nostro rapporto con il cibo. Le dinamiche commerciali odierne, ahimè, obbligano ad attivare anche dei metodi di distribuzione ad ampio raggio. Noi ad esempio diamo l’opportunità al consumatore di acquistare i nostri prodotti da ogni parte d’Italia e farseli recapitare nelle proprie case in breve tempo. Unici aspetti positivi: diamo la possibilità a tutti di mangiare prodotti sani e sicuri; in tal modo eliminiamo i vari passaggi degli intermediari, i quali non fanno altro che far lievitare i prezzi e la tempestica tra raccolta e consumazione.
È possibile secondo te un’agricoltura differente che preservi l’agricoltura tradizionale, l’uso delle sementi antiche e che rispetti i ritmi naturali considerando l’aumento della richiesta di cibo?
Per quanto riguarda la questione dei semi posso parlarti della mia esperienza. Parte dell’azienda è destinata a un piccolo orto per il fabbisogno familiare. Grazie alla passione per la campagna di mio nonno e di mio padre, oggi, io e mio fratello,disponiamo di sementi antiche di varietà non più esistenti in commercio: pomodoro, zucchina siciliana, fava, cetriolo, cipolla, aglio. Ho ereditato una grande ricchezza. Purtroppo alcuni semi di altri ortaggi sono andati persi nel tempo. Ciò ci obbliga ad acquistare sementi o piantine direttamente dai vivaisti che commercializzano semi ibridi. Qui si apre un capitolo immenso sull’origine dei semi, le modifiche apportate, le certificazioni, i brevetti, le multinazionali. Argomenti che non possono essere riassunti o trattati superficialmente. Aggiungo solo che oggi i circuiti di scambio dei semi hanno un’importanza fondamentale, perchè offrono l’opportunità di scambiare varietà di semi poco conosciute. I semi sono un patrimonio dell’umanità. Difendere i semi significa difendere la biodiversità, ecco perchè dobbiamo conservarli con cura e scambiarli. Mi piace pensare che in futuro di circuiti di scambio potranno essercene di più, distribuiti in tutto il territorio nazionale, perchè la libertà di scambiare le sementi antiche è un diritto naturale. La terra ci offre doni che dobbiamo condividere con gli altri.
Ci era stato detto che gli Ogm avrebbero salvato il mondo dalla fame facendo aumentare i raccolti, diminuendo l’uso dei pesticidi, mettendo in circolo piante in grado di resistere alle condizioni climatiche, e invece? Cosa ne pensi dell’inquinamento genetico che ne deriva?
Le promesse fatte sono inganni. Solo e semplicemente inganni. Interessi di multinazionali impavide pronte a tutto pur di lucrare. Quella degli Ogm è una macchina formidabile e in continua espansione che promette di nutrire il pianeta mentre nella realtà riproduce una struttura di spreco e di ingiustizia. Si sa, le multinazionali sono divenute così potenti da condizionare persino le scelte istituzionali, a discapito di piccoli e medi agricoltori, dei cittadini consumatori e persino dell’ambiente. L’uomo è riuscito a brevettare il bene comune più prezioso, il seme. È riuscito a modificarne la genetica, a renderlo proprio al fine di commercializzarlo, mettendo a rischio la fertilità del suolo, della falde idriche, dell’atmosfera e della salute umana. Non si può pensare di modificare la terra all’infinito, scavare montagne in eterno, cementificare tutto. Sulla terra non si può lucrare per sempre. Tutto questo un giorno si rivolterà contro.
Cosa possiamo contribuire per tutelare il futuro del suolo e per limitare il più possibile il collasso ambientale che si è già innescato?
Bisogna credere nella buona agricoltura e cercare di avvicinare quanta più gente possibile al rispetto dell’ambiente. Siete voi consumatori ad avere potere decisionale. Bisognerebbe ridurre o ancor meglio eliminare la cultura dell’usa e getta e del consumo senza qualità e consapevolezza. Quella del consumismo è una logica che si è imposta nel tempo e che ha influenzato negativamente la salute dei consumatori. Ricordiamo sempre che noi siamo quel che mangiamo.

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