1) Impronta ecologica disastrosa
Frutta e verdura fuori stagione possono essere prodotte solo in due modi: o in serre riscaldate o a migliaia di chilometri dalle nostre tavole. In ogni caso si tratta di un forte impatto per l’ambiente. Nel primo caso le serre per la produzione fuori stagione sono quasi sempre riscaldate e per far questo consumano importanti quantità di energia non rinnovabile. Non solo: la coltura in serra prevede l’uso di ingenti quantità di sostanze chimiche (fertilizzanti, antiparassitari ecc.) che vanno a ad accumularsi nell’ambiente.
Nel secondo caso niente rende bene l’idea come fare alcuni esempi di prodotti fuori stagione tratti da una tabella di Coldiretti pubblicata qualche tempo fa, le distanze percorse, i chilogrammi di petrolio consumati e la conseguente anidride carbonica (uno dei principali gas a effetto serra) prodotta per ogni kg trasportato: - un chilo di ciliege del Cile percorre 12 mila chilometri, consuma quasi 7 kg di petrolio e produce 21 kg di CO2;
- un chilo di mirtilli argentini percorre 11 mila km, consuma 6,4 kg di petrolio e produce 20 kg di CO2;
- un chilo di cocomero brasiliano percorre 9 mila km, consuma 5,3 kg di petrolio e produce 16,5 kg emessi.
L’elenco potrebbe continuare a lungo ma già si comprende come l’impronta ecologica di questi commerci non possa che essere disastrosa per il Pianeta e quindi per tutti noi.
2) E che prezzi!
Sia che si tratti di coltura in serra riscaldata, sia che si tratti di coltivazioni distanti migliaia di km, il costo economico dell’ingente energia impiegata per coltivare e/o trasportare questi prodotti ricade tutto sulle nostre tasche. E che costo! Basta provare a comprare frutta e verdura non di stagione e ci si rende subito conto che il prezzo non è proibitivo ma poco ci manca… Se al contrario si trovano prodotti fuori stagione a prezzi bassi può voler dire che da qualche parte del Pianeta qualcuno sfrutta e sottopaga i lavoratori del luogo...
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