martedì 23 febbraio 2016

Dove nascono i tumori che verranno - Alberto Castagnola

Abbiamo ricevuto da due amici alcuni testi che trattano un tema che a noi sembra di gravità estrema e ormai ineludibile, e cioè l’impressionate aumento dei tumori nella popolazione mondiale. Una parte rilevante degli sforzi del settore sanitario in quasi tutti i paesi è concentrato sulla individuazione e la cura dei tumori; minore attenzione, se si escludono gli interventi sui siti maggiormente inquinati da sostanze carcinogene, è dedicata alla presenza nell’ambiente di sostanze che possono indurre la nascita di tumori (leggi anche l’appello Siamo angosciati. Il grido dei medici). In altre parole, stenta ad affermarsi l’idea che l’ambiente planetario (naturale, urbano o in aree desertiche, nonché l’aria e le acque) è ormai talmente inquinato che le cause nella nascita dei tumori non sono più limitate a miniere, industrie, prodotti chimici per l’agricoltura e così via, ma sono diffuse con concentrazioni crescenti in qualunque ambiente si svolga la vita degli esseri umani.
La lista dei prodotti cancerogeni, riconosciuti formalmente come tali o fortemente sospettati di esserlo, non cessa di aumentare e quindi è ormai difficile individuare per ogni singolo tipo di tumore la sua causa, mentre è sempre più probabile che la sua origine possa trovarsi nell’aria che si respira o nelle acque dove ci immergiamo o che inaliamo, per non parlare dei cibi sempre più trasformati industrialmente e quindi pieni di conservanti, coloranti, potenziatori dei sapori, e così via.
Abbiamo cominciato a raccogliere dei testi che documentano questi fenomeni così preoccupanti e speriamo che esperti della materia vogliano contribuire a precisare e ad approfondire il problema. In ogni caso sono evidenti i collegamenti con le scelte discusse al vertice sul clima di Parigi, poiché non si tratta soltanto di ridurre certi consumi o di eliminare alcune sostanze che portano ad aumentare la C02 nell’atmosfera, di bonificare un sito inquinato o di chiudere un centro di produzione all’origine di tumori specifici, ma di pervenire rapidamente ad eliminare completamente le sostanze cancerogene in terra, nelle acque e in aria onde rendere più sana l’esistenza di esseri umani, animali e piante, che non soffrono solo per il riscaldamento eccessivo, ma anche per l’ambiente profondamente inquinato in cui cercano di sopravvivere. In particolare per quanto riguarda l’aria, lo studio pubblicato su Lancet nel 2013 è stato talmente convincente che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Airc) di Lione, ha annunciato il 13 ottobre dello stesso anno di avere incluso l’inquinamento atmosferico e le polveri sottili (in gergo particolato) fra i cancerogeni umani di tipo 1. Più di recente, l’Organizzazione Mondiale per la Salute (ottobre 2015) ha reso noto ufficialmente che alcuni tipi di carne sono state inserite tra le sostanze che possono contribuire a provocare il cancro. Quelle “lavorate” sono ora nel Gruppo 1 (sostanze sicuramente cancerogene) per i tumori di colon e stomaco, mentre la carne rossa è nel gruppo II (sostanze probabilmente cancerogene) per i tumori di colon, pancreas e prostata. Le carni lavorate sono quelle salate, essiccate, fermentate, affumicate, trattate con conservanti. Quelle rosse sono manzo, vitello, agnello, montone, cavallo e capra. Questa decisione è stata presa sulla base di ottocento studi epidemiologici. Ovviamente l’annuncio è stato seguito da una serie di articoli che tendevano a ridimensionarne la portata, da un lato suggerendo che modeste quantità eliminavano i rischi, dall’altra escludendo la carne “italiana” considerata particolarmente sana. Pochi i commenti che ricordavano l’esistenza di allevamenti intensivi e di macellazioni crudeli per gli animali, oppure la mancanza di controlli sulle importazioni di bestiame.
Infine, non va dimenticare un fatto importante che non concerne ovviamente solo i tumori. È vero che la durata media della vita, specie nei paesi cosiddetti “sviluppati” è aumentata, ma non si deve però sottovalutare il fatto che in Italia si è invece ridotta “l’aspettativa di vita in salute”, e che questo fenomeno è particolarmente accentuato per le donne.

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