giovedì 18 febbraio 2016

Abbiamo bisogno di social network più lenti - Will Hutton


In media controlliamo il telefono duecento volte al giorno, che si tratti di posta elettronica, notifiche, tweet o messaggi di testo. Questo livello di connettività non ha precedenti. Ed è difficile immaginare la vita senza: essere così connessi significa accedere in un istante a informazioni, persone, momenti di divertimento e di rabbia. L’aspetto inquietante è il modo in cui questa connettività sta trasformando la struttura del nostro pensiero.
Non è affatto detto che gli aspetti positivi superino quelli negativi.
L’istantaneità è il nuovo dio: istantaneità di presenza, comunicazione e risposta. Da un lato è una cosa fantastica, ma dall’altro è preoccupante. Quale profondità di pensiero può esserci dietro delle risposte così veloci? Non si può fare altro che riproporre opinioni preesistenti e affidarsi a reazioni istintive. Non c’è tempo per veri confronti, dibattiti e argomentazioni.
Recentemente Tim Berners-Lee, l’uomo che ha inventato il world wide web nel 1989, ha preso una posizione molto dura contro la negatività e la prepotenza che imperversano sui social network, in particolare su Twitter.
In un mondo veloce e senza troppa riflessione, ha detto Berners-Lee, i tweet sono diventati un veicolo per la rabbia. A quanto pare le cose che ci fanno arrabbiare hanno dieci volte più probabilità di essere ritwittate rispetto a quelle che ci rendono felici. Da qui l’atmosfera che domina in molti social network: prepotente, misogina e negativa. Berners-Lee ha auspicato che queste piattaforme siano reinventate in modo da favorire l’espressione di “critiche costruttive e armonia”.
È difficile non essere d’accordo, ma altrettanto complicato è immaginare che aspetto potrebbero avere simili social network. Per prima cosa, forse, dovrebbero essere molto più lenti.
Nel suo best seller Pensieri lenti e veloci, Daniel Kahneman ha sostenuto che il cervello umano funziona in base a due sistemi fondamentali. Durante il nostro sviluppo come primati pensanti dovevamo fare affidamento su pensieri reattivi, istintivi ed emotivi per affrontare i pericoli. L’istinto era il modo migliore per restare vivi. Kahneman definisce questo tipo di riflessione sistema 1. Spesso commette errori, è irrazionale e si affida all’inconscio, ma permette scelte rapide, necessarie alla sopravvivenza. Il sistema 2 è più lento e deliberativo. Soppesiamo le prove, esercitiamo il giudizio, discutiamo con gli altri e cerchiamo di arrivare a conclusioni fondate. È uno sforzo intellettuale che richiede tempo. Ovviamente sarebbe meglio se la maggior parte delle nostre decisioni fosse presa dal sistema 2, ma nel trambusto della vita quotidiana è semplicemente impossibile.
Nonostante tutti i suoi difetti, spesso dobbiamo fare affidamento sul sistema 1 per andare avanti. Siamo iperottimisti, iperemotivi, troppo influenzati dagli eventi recenti, troppo ansiosi di evitare un rischio invece di cogliere un’opportunità. E tutto a causa del sistema 1. Per gestire tutti gli impulsi che riceviamo siamo costretti ad affidarci al pensiero intuitivo.
Quando abbiamo il telefono in mano, il sistema 1 diventa il nostro principale modo di pensare. Nessuno può gestire il volume di dati a cui siamo sottoposti oggi senza fare affidamento sui sentimenti per elaborare risposte istantanee, spesso motivate dalla reazione che osserviamo negli altri. C’è meno spazio per la riflessione ed è più forte la pressione che ci spinge a prendere decisioni immediate e a passare oltre. Adoro questo film, questo articolo è orrendo (o fantastico), questo politico è una ventata d’aria fresca (o un bastardo ipocrita) e così via. Una delle ragioni per cui c’è tanta misoginia in rete è che criticare l’aspetto fisico di una donna è l’impostazione predefinita di troppi uomini. Non esiste un legame logico tra le opinioni di una donna e il suo aspetto, ma al sistema 1 questo non interessa.
Berners-Lee ha ragione: internet è il miglior strumento per cambiare il mondo che sia mai stato inventato. Democratizza e apre nuove possibilità. Ma questo vale solo se è usato per rafforzare il sistema 2. Certo, spesso ricorriamo a internet per prendere decisioni cruciali, documentarci su una malattia, organizzare una vacanza, comprendere una scoperta scientifica. Ma la maggior parte delle volte lo usiamo per perdere tempo su YouTube e su Facebook. È un comportamento compulsivo, perché ci spinge continuamente verso un universo da sistema 1, fatto di sciocchezze e comportamenti impulsivi.
Forse l’appello di Berners-Lee verrà ascoltato e qualcuno inventerà dei social network diversi, in cui uno dei protocolli fondamentali sarà il tempo per pensare. Ma per ora sembra improbabile. Il dibattito pubblico sta diventando più emotivo e rabbioso dei suoi protagonisti. I partiti tradizionali si stanno allontanando dalle posizioni moderate anche a causa della rabbia alimentata dai social network, che favorisce le posizioni più estreme. I social network stanno cambiando le regole.
Paradossalmente, ci stanno insegnando che abbiamo bisogno di più tempo per pensare e più spazio per essere seri.
Fonte: The Guardian
Traduzione: Internazionale n. 1140

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