Rumman, Punica granatum, Malum punicum, Pomo saraceno, Melograno. Tanti nomi per un alberello della famiglia delle Lythracee che per bellezza, simbologia e proprietà li merita tutti. Il nome Rumman, con cui è conosciuto in Palestina viene dall’antico egiziano “Rmn” e dato che la pianta ha la sua origine nell’area compresa tra l’Africa settentrionale e l’Asia occidentale, questo dovrebbe essere il nome originario. I romani invece lo chiamarono Punica granatum, che oggi è anche il suo nome scientifico: Punica perché arrivato da Cartagine, e granatum per i tanti grani che lo compongono.
Di miti intorno al melograno ne sono fioriti tanti, sia per la bellezza dei suoi fiori, sia per la particolarità dei suoi frutti. Anche le religioni lo hanno fatto proprio: per il Corano è un albero del paradiso; per la Bibbia è importante il frutto per il numero dei suoi grani (o arilli) 613 come i 613 precetti della Torah che, secondo la tradizione ebraica, dovrebbero rappresentare l’agire corretto di ogni ebreo. Un ruolo, giocato solo sulla sua bellezza, viene assegnato a questo frutto nel Cantico di Salomone in un crescendo di sensualità rendendo chiaro che l’amore cantato è inteso anche come amore fisico. La donna amata è paragonata a un intero giardino di melograni che si offriranno all’amore durante la fioritura. Immagine, questa, che nobilita tanto il melograno quanto il piacere di amare come essenza della vita.
E infatti questo frutto si presta da sempre a interpretazioni legate alla sfera della sensualità e della fertilità, basti pensare che tra i suoi simboli più antichi c’è quello dell’erotismo e dell’invincibilità attribuitogli già dai babilonesi tramite la figura di Ishtar, dea dell’amore e della fertilità ma anche della guerra. Simbolo riproposto nel legame vita-morte-vita dalla mitologia greca. Leggende che hanno in comune il simbolo dell’abbondanza, del dolore e dell’amore, della vita e della morte che si riallacciano in energia vitale...
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