Adottare un orto richiede una donazione di 900 euro, che copriranno i costi delle attrezzature, corsi di formazione, materiale didattico, assistenza tecnica, contributi per i giovani studenti e assistenza finanziaria per i rappresentanti di questi progetti per partecipare al meeting Terra Madre. La Fondazione Slow Food per la Biodiversità gestirà i fondi e coordinerà le attività in Africa. Per adottare un orto in Africa o ricevere ulteriori informazioni, contatta Elisabetta Cane, Tel. +39 0172 419756 – ortiafrica@terramadre.org Se vuoi saperne di più, scarica qui la descrizione completa del progetto:
Stiamo coltivando un piccolo grande sogno: realizzare orti in tutte le comunità africane di Terra Madre. Quest’anno, in occasione di Terra Madre 2010 (Torino, 21-25 ottobre), abbiamo lanciato questa sfida: creare mille orti nelle scuole, nei villaggi, nelle periferie delle città africane. Non un orto qualsiasi Gli orti saranno coltivati secondo tecniche sostenibili (compostaggio, preparati naturali per la difesa da infestanti e insetti, gestione razionale dell’acqua) con varietà locali e secondo i principi della consociazione fra alberi da frutta, verdure ed erbe medicinali. L’idea dei “Mille orti in Africa” non è nuova, ma parte da numerose esperienze (agricole e didattiche) già in corso. Esempio ne sono gli orti scolastici realizzati da Slow Food in Kenya,Uganda e Costa d'Avorio. Cosa significa sostenere questa iniziativa Il progetto “Mille orti in Africa” garantisce la formazione a contadini e giovani, favorisce la conoscenza dei prodotti locali e della biodiversità, il rispetto dell’ambiente, l’uso sostenibile del suolo e dell’acqua, trasferisce i saperi degli anziani alle nuove generazioni, rafforza lo spirito di collaborazione. Fare un orto, inoltre, significa garantire alle comunità locali la disponibilità quotidiana di cibo sano e fresco, promuovere un’agricoltura sostenibile, migliorare la qualità della vita quotidiana, fare economia…
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per avviare un orto secondo Slowfood
…Negli anni 60 e 70 i Paesi africani esportavano cereali e riso e ne producevano a sufficienza per il consumo interno. Ora importano l’80-90% di quanto consumano. Nei mercati, si trova riso thailandese e brasiliano, frutta e verdura europea che costa la metà di quella locale. «Slow Food sostiene i contadini con piccoli progetti concreti e replicabili, e favorisce le reti fra diversi soggetti. In Africa i contadini hanno problemi di tipo tecnico e economico, ma uno dei principali è l’isolamento. Un modo di romperlo è attraverso la rete internazionale: le dieci donne che allevano polli in Kenya in questo momento sono aiutate da un gruppo di allevatori toscani. Non sono né docenti né grandi esperti ma le stanno aiutando a risolvere problemi molto concreti»…
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