martedì 27 ottobre 2015
un cerbiatto
Nessuno della famiglia si è fermato a soccorrerlo. A farlo è stato un lituano, Darius Sasnauskas, che ha portato a casa sua l’animale dolorante, e si è preso cura di lui. Gli ha medicato la zampa, ha studiato su internet come fare a nutrirlo ed educarlo, e ha seguito alla lettera i consigli dei veterinari online. Si è svegliato per giorni in piena notte per dargli il latte nel biberon, l’ha lavato ed aiutato a ricominciare a camminare. «Pur non essendo un animale domestico, e avendo il desiderio di liberarlo in natura fin da subito - ha detto Darius Sasnauskas - ho dovuto aspettare un po’ di tempo prima di poterlo fare. La natura selvaggia è molto pericolosa per un cucciolo, che può essere attaccato in pochi secondi da un predatore»...
da qui
venerdì 23 ottobre 2015
lo sapevo già, sapevatelo anche voi :)
"Sono più intelligente di te". Frasi che, quasi per scherzo o
magari litigando, ci si scambia tra fratelli e sorelle. Una ricerca dell'Università di Leipzig, in Germania,
sostiene che sono i maggiori ad avere una marcia in più. Chi nasce prima
avrebbe un quoziente intellettivo più alto che si abbasserebbe di 1,5 punti
ogni nuovo nato…
…Uno studio del Institute for Social
and Economic Research dell'Università dell'Essex, che ha
analizzato oltre 1.500 coppie di fratelli, è arrivato alla conclusione che i
primi nati abbiano il 16 per cento di probabilità in più di frequentare
l'università rispetto ai fratelli minori.
giovedì 22 ottobre 2015
Mense scolastiche, spreco zero - Giampiero Monaca
Sono ormai
oltre nove anni che con i nostri bambini e le nostre bambine a scuola
sperimentiamo con soddisfazione un sistema per gestire il momento della mensa
come un
momento educativo, senza soluzione di continuità con le
esperienze fatte in aula, in gita scolastica o in palestra. L’educazione
alimentare entra nel piatto e dal piatto prosegue negli stomaci famelici dei
nostri bambini.
Si parte dal presupposto che l’organismo per crescere
sano abbia bisogno di moltissimi nutrienti contenuti in una vasta gamma di
alimenti. Siamo
quello che mangiamo e
così come un’astronave di lego ha bisogno di mattoncini grandi piccoli e delle
più svariate forme, anche il corpo in crescita necessita di vitamine
provenienti dalle arance, dall’insalata, dalle carote e dalla banana, i
carboidrati possono arrivare dalla pizza ma devono esserci anche quelli di
patate e riso, le proteine dell’arrosto sono indispensabili come quelle dei
legumi. La ricchezza in natura sta sempre nella varietà e nell’equilibrio. Il
menù della nostra mensa scolastica è vario e gustoso, certo
non tutti amano gli spinaci, altri li adorano, le carote sono una scoperta per
Tommaso, mentre le patate sono “la bestia nera” per Martina.
Serena non ha molto appetito oggi, mentre Edoardo sbranerebbe un bisonte. Un
po’ di tutto , un po’ per tutti.
Abbiamo due linee
guida che ci aiutano a fare la cosa giusta anche in mensa: ogni portata deve
essere assaggiata; tutto quel che entra nel piatto, finisce nello stomaco.
È faticoso, a volte, per tutti. Ma l’avventura del crescere implica impegno, a
volte fatica ma come in una passeggiata in montagna, che soddisfazione
quando si arriva in cima.
Ecco come procediamo:
appena i bambini si accomodano ai loro tavoli, i maestri prendono un po’ di
piatti vuoti e passano ai tavoli chiedendo chi vuole porzione intera e chi metà
del primo. Non è prevista l’opzione del prendere intero e buttare via, nè,
tantomeno quella del non prendere del tutto il primo. Almeno metà si mangia.
Coloro che vogliono solo metà porzione vengono associati: uno riceve il piatto
vuoto dal maestro, l’altro il piatto pieno, i due autonomamente si dividono la
razione e il gioco è fatto.
Per il secondo stessa procedura, ma la verdura di
contorno viene messa in un grande piatto e l’insegnante passa, da ogni bambino
chiedendo se ne vuole porzione intera oppure se ne voglia una quantità modesta
o… microscopica. Tanta, poca o pochissima, ma si mangia: perchè ogni minerale,
ogni vitamina, ogni nutriente è diverso dall’altro ed essenziale. In
questo modo lo scarto al termine del piatto è pari a zero,
mentre con altre gestioni abbiamo verificato che si può arrivare anche a
quattro chilogrammi di cibo buttato senza toccarlo per ogni tavolo. Abbiamo più
di venti tavoli, il conto è presto fatto ottanta chilogrammi di cibo sprecato
ogni giorno.
Al termine del pasto
i bambini rassettano i tavoli differenziando i piatti dai bicchieri dalle posate in modo da agevolare le inservienti
nel riordino.
Questo modello è
stato inizialmente ideato e sperimentato dalla nostra classe poi via via si è
diffuso ad almeno metà delle classi della scuola Rio Crosio di Asti:
una grande soddisfazione per i Bimbisvegli che hanno avuto l’orgoglio di veder
adottata la loro pratica, premiando il loro costante impegno.
L’anno scorso il Consiglio Cittadino dei Ragazzi ha
lavorato molto sul tema del riciclaggio e della riduzione degli sprechi e ha
proposto in diverse scuole astigiane una “sfida” tra le classi a chi lasciava
il tavolo più pulito. Una sfida vinta da tutti e premiata a giugno con una
graditissima porzione di profiterollgentilmente offerta da
una ditta.
Resta ancora un passo
ambizioso da compiere: quantificare questo risparmio riuscendo a gratificare
dal punto di vista economico anche le famiglie. Il modo
c’è ed è molto semplice: dopo qualche settimana di questo sistema ogni
insegnante capisce benissimo qual è l’effettivo consumo della propria classe.
Se otto tra bambini e bambine mangiano generalmente la mezza porzione è come se
quattro non mangiassero. E se si riuscisse a riconoscere a questo impegno per
non sprecare alimenti buoni e cibo prezioso? Basterebbe che gli insegnanti
fossero autorizzati a contare come “non presente” un bambino o due o tre ogni
giorno (a seconda di quanto la classe è famelica) oppure questa turnazione
potrebbe essere facilmente gestita per via informatica con un semplice
accorgimento nel sistema di gestione ordini della cooperativa che gestisce il catering.
Recentemente l’amministrazione comunale si è dimostrata
estremamente sensibile al problema degli sprechi nelle mense, stamane si è
iniziato a parlare insieme all’assessore Marta Parodi della possibilità
di recepire questa pratica sperimentale strutturandolo ed allargandolo anche ad
altre scuole, garantendo così un enorme risparmio in
termini di risorse alimentari che non verrebbero cotte e buttate via (fossero
anche solo cinquanta chilogrammi ogni scuola sarebbe già un’enormità) e un bel
risparmio per le famiglie, cioè cinque/otto euro in meno al mese per il pagamento della retta della mensa.
Sono già stati
calendarizzati incontri con l’assessore Parodi, la scuola, i funzionari e gli
impiegati comunali del servizio mensa che hanno, da sempre, apprezzato e
agevolato questo sistema, e i dirigenti delle ditte appaltatrici del servizio
refezione per valutare la possibilità di attuare su scala cittadina questa
modalità. Un bel modo per fare sistema e un’occasione “ghiotta” (è proprio il
caso dirlo) per dare valore al cibo ed importanza al cibo.
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mercoledì 14 ottobre 2015
Saras, benzene nell’aria in aumento - Piero Loi
Che a Sarroch non
si respiri aria buona non è certo una notizia. La novità sta invece nel “forte
aumento tra il 2010 e il 2013 delle emissioni di benzene e
dei pericolosi Composti organici volatili – non metanici (Covnm) provenienti dalla Saras.
La fonte è il Registro europeo delle
emissioni (E-prtr). A segnalare con preoccupazione i nuovi
dati è il presidente dell’Isde – Medici per l’ambiente Sardegna Vincenzo Migaleddu. Queste
le percentuali dell’impatto emissivo attribuito agli impianti di Sarroch: “Più 32% il benzene e un incremento pari al 50% per i composti
organici volatili”. In termini assoluti, la variazione suscita
ancora più preoccupazione: il benzene, per esempio, è passato dalle 8,07 tonnellate del 2010 alle 10,7 del 2013,
mentre i Covnm sono saliti nel 2013 a 1180 tonnellate dalle 791 del
201o.
In entrambi i casi, sottolinea Migaleddu, “Si tratta di
inquinanti capaci di alterare il Dna e causare patologie tumorali, come messo
in evidenza anche dalla ricerca apparsa sulla rivista Mutagenesis
dell’Università di Oxford che tra il 2011 e il 2012 ha indagato l’esposizione
dei bambini di Sarroch a benzene e Covnm, evidenziando l’elevato rischio per i
bambini, ma non solo, che vivono ai bordi della raffineria”.
L’aumento dei veleni desta più di una perplessità. Specie se
si considera che negli ultimi anni la Saras è andata incontro a una vistosa riduzione della produzione di gpl (-17%), benzine e virgin nafta
(-11%), olio combustibile (-57%) e gasolio (-7,4%). Sembra allora valere il
contro-intuitivo adagio per cui “meno si produce, più s’inquina”. Fatta
eccezione per l’ossido di zolfo i diossidi dello stesso elemento (Sox, So2) e
per l’ossido e il diossido di azoto, come rilevato anche dal Registro europeo
delle emissioni.
Da parte sua, la Saras – di recente salita alla ribalta della
cronaca per uno sversamento di acque
contaminate in mare –
ha presente il problema, visto che a giugno di quest’anno ha deciso di
impegnarsi nella sigillatura dei tubi di calma e nella realizzazione di alcuni
interventi su serbatoi e pompe che movimentano benzine. Qualcosa è già stato
fatto, ma per il completamento delle operazioni si dovrà aspettare il dicembre
2016, qualche tonnellata di benzene più in là.
Ma cosa c’entrano i tubi e i serbatoi con le emissioni di
benzene e composti organici volatili? C’entrano: almeno in parte, l’aumento
degli inquinanti potrebbe infatti essere legato a fuoriuscite di materie prime e prodotti raffinati da vasche e
tubature. In altre parole, fenomeni che vanno sotto
il nome di emissioni non convogliate nei camini.
“La presenza di problemi di questo tipo sembra confermata dal
parere istruttorio conclusivo redatto dalla commissione del ministero
dell’Ambiente che si occupa del rilascio delle autorizzazioni integrate
ambientali. In seguito alla richiesta di modifica della precedente A.i.a
presentata dalla Saras, la commissione ha imposto una serie di stringenti
prescrizioni proprio sulle emissioni non convogliate”, spiega Migaleddu.
Del resto, è la stessa Sarlux a precisare nella Dichiarazione
ambientale del 2014 – l’ultima disponibile e relativa proprio ai dati del 2013
– che i composti organici volatili e gli idrocarburi leggeri vengono
sprigionati nella movimentazione di materie prime e prodotti o a causa di
fuoriuscite dai componenti di tenuta, quali valvole e flangie”, vale a dire le
parti meccaniche che collegano due tubi. “In questi casi – spiega sempre la
Dichiarazione ambientale -, benzene e covnm sono in grado di evaporare nelle
condizioni ambientali o di processo presenti”. E nel solo 2013 si sono verificati 1128 episodi di emissioni non convogliate, contro gli 846
dell’anno precedente e i 606 del 2011.
Ciononostante, il benzene nell’aria non sembra essere un problema per la Saras, “visto che i valori registrati nel periodo 2010-2012 risultano inferiori al limite, mentre la media del 2013 risulta addirittura inferiore a quella degli anni precedenti per le centraline Arpas”. Eppure il Registro europeo per le emissioni inquinanti evidenzia un forte incremento di questi inquinanti.
Ciononostante, il benzene nell’aria non sembra essere un problema per la Saras, “visto che i valori registrati nel periodo 2010-2012 risultano inferiori al limite, mentre la media del 2013 risulta addirittura inferiore a quella degli anni precedenti per le centraline Arpas”. Eppure il Registro europeo per le emissioni inquinanti evidenzia un forte incremento di questi inquinanti.
Superamento dei limiti o meno, si è in presenza di
quantitativi che non passano inosservati, anche perché i rischi per la salute sono
elevatissimi. “L’esposizione al benzene è alla
base dell’aumento dell’incidenza di emolinfopatie, come già
rilevato in alcuni studi epidemiologici condotti dalla Asl 8. Si tratta di un
incremento, che nel sesso maschile è superiore rispetto alle medie di riferimento
della penisola, Valle
Padana, Taranto e Terra dei fuochi comprese”, spiega Migaleddu.
“La legge – conclude il presidente dell’Isde – è chiara nello
stabilire che la qualifica giuridica del Sito d’interesse nazionale impone
categoricamente a tutti gli organi competenti l’obbligo di adottare
provvedimenti idonei a migliorare la qualità dell’aria, e che dall’inosservanza
di tali obblighi, possono scaturire condizioni di disastro ambientale, in
aggiunta al ritardo sulle bonifiche”.
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domenica 11 ottobre 2015
intervista a Maurizio Pallante
Crisi economica, riduzione dei consumi, ritorno alla terra ed
energia: sono tanti i temi affrontati nell’intervista rilasciata dal teorico
del movimento della decrescita felice a Sardinia Post.Dapprima insegnante,
oggi apprezzato saggista che indaga i rapporti tra ecologia, tecnologia e
economia, Maurizio Pallante ritiene che la
Sardegna abbia tutte le carte in regola per decrescere felicemente. Ma occorre
cambiare rotta. E utilizzare la tecnologia per far rivivere le piccole comunità
che caratterizzano il territorio dell’Isola.
Si esce dalle crisi economiche,
strutturali o contingenti che siano, producendo maggiore ricchezza. È questo
l’imperativo ripetuto come un mantra da ogni politico. Lei invece
sostiene che la crescità è un problema, anzi, il problema. Ci spieghi perchè.
In un’economia finalizzata alla crescita, le aziende
investono in tecnologie sempre più efficienti per aumentare la produttività.
Ma, così facendo, si riduce il peso del lavoro umano e aumenta la
disoccupazione. A risentirne è la domanda di merci, che si contrae. Ed è così
che si finisce per produrre più di quanto si riesce a comprare. Stando così le
cose, chiedo io ai politici come sia possibile individuare nella crescita la
soluzione della crisi. Si deve anche ricordare che gli Stati sono ricorsi al
debito – pubblico e privato – con l’intento di ridurre il gap tra l’offerta e
la domanda. Ulteriori debiti sono poi stati contratti per far fronte
all’innalzamento dei tassi di interesse sui debiti precedenti. Di fronte a
questa spirale perversa, la destra opta per le politiche di austerità, che
finiscono per accrescere la disoccupazione e contrarre ulteriormente la
domanda, mentre la sinistra preferisce ricorre al debito per sostenere la
domanda, ma così si apre la porta alla speculazione finanziaria.
Il Movimento per la decrescita felice sostiene, invece, che si possa uscire dalla crisi riducendo gli sprechi. Le faccio un esempio: se ci fossero delle politiche volta ad abbattere i consumi energetici delle abitazioni – che arrivano a consumare fino a 20 litri di petrolio al metro quadro l’anno – , noi creeremo un’occupazione che viene ripagata attraverso il risparmio ottenuto sui costi di gestione della casa. Ecco cosa s’intende quando si parla di decrescita. Al contrario, oggi noi compriamo combustibili fossili, che sprechiamo per i due terzi, inquinando e creando tensioni internazionali molto forti.
Il Movimento per la decrescita felice sostiene, invece, che si possa uscire dalla crisi riducendo gli sprechi. Le faccio un esempio: se ci fossero delle politiche volta ad abbattere i consumi energetici delle abitazioni – che arrivano a consumare fino a 20 litri di petrolio al metro quadro l’anno – , noi creeremo un’occupazione che viene ripagata attraverso il risparmio ottenuto sui costi di gestione della casa. Ecco cosa s’intende quando si parla di decrescita. Al contrario, oggi noi compriamo combustibili fossili, che sprechiamo per i due terzi, inquinando e creando tensioni internazionali molto forti.
A proposito di debiti, la
giunta regionale della Sardegna ha di recente acceso un mutuo da 700 milioni di
euro per favorire la ripresa dell’economia: si tratta di un classico esempio di
politica neo-keynesiana. Con il patto di stabilità che grava sulla
disponibilità dei comuni, le maggiori risorse pretese dallo Stato per appianare
il debito, è sempre meglio che morire d’austerity…
Se l’unica alternativa alle politiche neokeynesiane fosse
l’austerity, potremmo ragionarci su, ma c’è appunto una terza soluzione. Tenga
conto che oggi le politiche neokeynesiane di sostegno alla crescita scontano un
forte ritardo: risalgono agli anni ’30, quando non si era ancora arrivati al picco
del petrolio (il punto oltre il quale la produzione di greggio può solo
diminuira, ndr) e non esisteva l’effetto serra. Insomma, oggi più
che mai l’economia è strettamente legata all’ambiente: semplicemente, le
politiche neokeynesiane di crescita non sono attuabili per via di limiti
fisici: le materie che impieghiamo per crescere non sono infinite. Quest’anno,
il giorno in cui l’umanità – peraltro in modo molto iniquo- ha consumato tutte
le risorse che la terra produce in un anno è arrivato il 15 agosto.
Trova che la Sardegna sia
attrezzata rispetto alla sfida lanciata dalla decrescita, a quel ritorno alla
terra da voi caldeggiato? Nello specifico, il fatto che l’Isola si presenti
come una costellazione di piccole comunità, che hanno a disposizione un vasto
territorio è uno svantaggio oppure no, viste le mire dei tanti imprenditori che
vogliono utilizzare il territorio a fini energetici?
Purtroppo, dal dopoguerra ad oggi, la Sardegna ha sacrificato
l’agricoltura a un’industria estremamente inquinante e a un turismo che ha
distrutto le coste. Mi ha sempre stupito che i sardi, in un’isola con un
clima benedetto da Dio, producano solo il 18% del cibo di cui hanno bisogno.
Mentre tutto il resto viene da fuori. Se la giunta decidesse di puntare sull’autonomia
alimentare della Sardegna, quante decine di migliaia di posti di lavoro
potrebbe creare? Molti di più rispetto a quelli creati dall’industria. Un
grosso contributo può arrivare proprio dal settore energetico, incominciando
col ridurre gli sprechi e proseguendo con la realizzazione di piccoli impianti
da fonti rinnovabili volti all’autoconsumo e collegati tra loro in rete. Questa
è anche la ricetta per favorire l’abbandono dei combustibili fossili e
preservare il territorio dagli appetiti di tanti imprenditori.
Venendo all’altra questione sollevata, leggendo Eliseo Spiga, mi sono reso conto di quanto il tessuto culturale, sociale ed economico delle comunità sarde sia stato intaccato negli ultimi sessant’anni, ma la Sardegna ha tutte le carte in regola per decrescere felicemente: la presenza di piccole comunità rappresenta infatti la condizione ideale per praticare la solidarietà tra le persone, la reciprocità, lo scambio senza l’utilizzo di denaro. Sono queste condizioni indispensabili per essere liberi: se si è costretti a comprare tutto, si finisce per diventare schiavi del mercato.
Venendo all’altra questione sollevata, leggendo Eliseo Spiga, mi sono reso conto di quanto il tessuto culturale, sociale ed economico delle comunità sarde sia stato intaccato negli ultimi sessant’anni, ma la Sardegna ha tutte le carte in regola per decrescere felicemente: la presenza di piccole comunità rappresenta infatti la condizione ideale per praticare la solidarietà tra le persone, la reciprocità, lo scambio senza l’utilizzo di denaro. Sono queste condizioni indispensabili per essere liberi: se si è costretti a comprare tutto, si finisce per diventare schiavi del mercato.
Nel vostro manifesto si fa
riferimento a piccole e medie imprese, artigiani specializzati e studi radicati
sul territorio come vettori del cambiamento. Ma com’è possibile per questi
soggetti competere con le grandi aziende e i meccanismi della grande
distribuzione?
Le piccole e medie aziende devono soddisfare i bisogni della
popolazione, lo scopo dell’economia non è mai stato la competizione, ma
produrre quello che serve per vivere bene. Dunque, tra l’altro, questo
significa che noi non siamo contrari alla tecnologia, anzi. L’importante è che
non vengano utilizzate per accrescere la produttività, ma per ridurre il
consumo di energia, materie prime e rifiuti per ogni unità di prodotto.
Tutto questo fa pensare a una
sorta di esodo, per cui c’è una frangia di società, un pezzo di economia che si
costruisce e si rigenera parallelamente e separatamente dall’economia che siamo
abituati a commentare.
Sì, dovrebbe funzionare così a mio modo di vedere, ma non per
creare piccoli spazi di resistenza, o di alternativa, bensì per dar vita a
delle concrete opportunità che possono essere sfruttate da tutti quelli che
sono ancora dentro l’attuale sistema economico. L’obiettivo non è, dunque, creare
delle nicchie di alterità, ma far sì che queste nicchie allarghino il più
possibile lo spazio dell’economia alternativa.
Come valuta, rispetto a questa
visione, iniziative come quella del Sardex?
Sono strumenti molto utili, perché pur praticando un’economia
basata sull’autoproduzione, non ci sarà mai nessun gruppo umano capace di
produrre tutto quello di cui ha bisogno: certe cose bisogna pur comprarle. Una
moneta locale presenta l’indubbio vantaggio di trattenere l’utile legato alla
vendita sul territorio. Al contrario, se pensiamo a tutti i soldi che girano
attorno ai supermercati, ci rendiamo conto che solo gli stipendi delle cassiere
restano sul territorio.
Ci faccia dunque qualche
esempio di decrescita felice già in atto.
Si tratta di esperienza parziali, ma oggi esistono ormai
centinaia di società edili che costruiscono case ad alta efficienza energetica,
aziende che producono sistemi di produzione di energia o di coimbentazione
alternativi, ci sono poi tutte le esperienze dei gruppi di acquisto solidale,
dei contadini che abbandonano l’agricoltura chimica per tornare a quella
biologica e che vendono i propri prodotti al di fuori della grande
distribuzione.
Collegata a questa nuova
visione dei rapporti economici, sociali c’è anche una visione dell’assetto
politico-amministrativo?
Su questo siamo indietro come elaborazione, tuttavia il
compito è bene definito: articolare l’idea di uguaglianza al di là delle forme
storiche date al concetto dalla destra e dalla sinistra.
Piero Loi
venerdì 9 ottobre 2015
essere elefante
…sembra che gli elefanti abbiano 38 ulteriori copie modificate del gene che codifica per p53, un noto soppressore tumorale. Gli esseri umani ne hanno invece solo due. Gli studiosi, inoltre, hanno scoperto che gli elefanti possono mettere in moto un meccanismo molto più robusto per uccidere le cellule danneggiate che sono a rischio di diventare cancerose. Un'attività doppia rispetto alle cellule umane sane, e fino a cinque volte superiore rispetto a quelle di persone con sindrome di Li-Fraumeni, che hanno solo una copia di p53 e un rischio più alto di cancro del 90%.
La scienza, come spesso accade, ha trovato la soluzione nell'elemento stesso analizzato. "La natura ha già capito come prevenire il cancro - afferma il co-autore dello studio Joshua Schiffman, oncologo pediatrico dell'Huntsman Cancer Institute - sta a noi imparare come i diversi animali affrontano il problema, in modo da poter adeguare tali strategie alla prevenzione del cancro nelle persone"…
da qui
La scienza, come spesso accade, ha trovato la soluzione nell'elemento stesso analizzato. "La natura ha già capito come prevenire il cancro - afferma il co-autore dello studio Joshua Schiffman, oncologo pediatrico dell'Huntsman Cancer Institute - sta a noi imparare come i diversi animali affrontano il problema, in modo da poter adeguare tali strategie alla prevenzione del cancro nelle persone"…
domenica 4 ottobre 2015
bisogna saper perdere (io sto con il cinghiale)
Due cacciatori sono stati aggrediti da un cinghiale durante una battuta di caccia a Posta Fibreno, in
provincia di Frosinone. Il più grave è stato trasferito in elicottero
all'ospedale di Sora. Secondo la ricostruzione della forestale, l'animale,
rimasto ferito, sarebbe scappato inseguito dai cani dei cacciatori nei campi
vicini, protetti dalla Riserva naturale dove non è consentita la caccia.
I due uomini arrivati sul posto per riprendere i cani e disarmati sarebbero a quel punto stati aggrediti dal cinghiale.
da qui
I due uomini arrivati sul posto per riprendere i cani e disarmati sarebbero a quel punto stati aggrediti dal cinghiale.
da qui
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