Scatolette ammaccate,
pacchi e pacchetti sgualciti, banane sempre un po’ verdastre, pomodori
sospettosamente rubicondi, verniciati di fresco… Sfilano tutti così, davanti ai
miei occhi, spintonandosi l’un l’altro, tutti i prodotti variopinti e chiassosi
che mi sono trascinato fin sul nastro trasportatore. Che inesorabile, li spinge
dritti dritti nelle sapienti mani dell’annoiata cassiera di turno, ad uno ad
uno marchiati da un inesorabile beep. Ha la tessera? Servono sacchetti? Due. Anzi:
tre, grazie! La solita routine della spesa al supermercato, insomma..
Poi,
improvvisa, fa il suo ingresso la “novità”. Voce impostata, finta cortesia da
vero commerciante: ecco i buoni! Li consegni pure
alla segreteria della scuola di suo figlio. Serviranno a comprare le
attrezzature didattiche necessarie..
E
così che, come per magia, le lavagne e i registri, le apparecchiature per i
laboratori, i computer.. tutte le cose di cui, da tanti anni, soffriamo la
mancanza, ora compariranno magicamente nelle nostre aule. Pagate dal mio
affezionato supermercato!
Lo
sapevo già, è inutile fingere.. Nell’ultimo collegio docenti, a giugno, un
dirigente scolastico insolitamente imbarazzato aveva accennato all’eventualità
di avvalersi di questi finanziamenti privati. La risposta di molti insegnanti,
però, si era rivelata ancora più sconvolgente della sua timida proposta,
superando ogni sua aspettativa:ma perché mai abbiamo aspettato finora?
Mia
moglie li afferra un po’ incerta, li ficca rapidamente in borsa guardandomi con
serietà. Sa fin troppo bene cosa penso, lei, di tutta ‘sta storia. Perché in
effetti, c’è poco da dire. Possibile che nessuno si renda conto del pericolo
che incombe? Che nessuno intuisca come queste aziende, che ormai così
prepotentemente entrano in settori pubblici “delicati” come quelli della Sanità
o della Scuola, costituiscano un rischio enorme per quel che resta della nostra
democrazia, per le pari opportunità e la libertà delle persone? I signori X fanno più spesa dei genitori di Y perché se lo possono
permettere. Dunque, contribuiscono di più al miglioramento della scuola.
Trattatemelo bene, il loro figliolo! Con un occhio di riguardo, mi raccomando!
Se il nostro istituto adesso ha un laboratorio di Scienze, è più merito loro,
che dei signori Y, che – da pezzenti – si servono al Discount. No?
Possibile che non ci si chieda cosa spinga Coop o Esselunga a finanziare le scuole? Quali obiettivi di
profitto? E con quali soldi? Non vien da pensare che quei buoni scuola saltino
fuori da un generalizzato ritocco all’insù dei prezzi? Non vien da riflettere
sul fatto che, quindi, le nostre scuole le si stia ristrutturando noi, da bravi
“cittadini-consumatori”? Con tutte le tasse che paghiamo per godere di un
servizio pubblico “gratuito”, con tutti i ticket sanitari che aumentano di
giorno in giorno, con le centinaia di euro di contributo volontario
obbligatorio che
siamo subdolamente costretti a pagare quando iscriviamo a scuola i nostri
figli, con tutto ciò, voglio dire, le nostre aule e i nostri ospedali li stiamo
rattoppando coi soldi che ogni giorno spendiamo, facendo la spesa. No?
Li
sento già, tutti quanti, gridare al complottista.. Ma che problema c’è? Non è stato proprio il Ministero a dichiarare
che i soldi pubblici non basteranno mai a provvedere al fabbisogno della
scuola? E allora meno male che ci pensa la Coop, no?
Siamo
davvero sicuri che i soldi privati facciano così bene al “pubblico” ed alla
collettività? Qualche settimana fa mi sono avventurato nella lettura di The China Study. Dirompente, impressionante! Uno
studio capillare, monumentale, fondato su decine di migliaia di dati empirici,
che dimostra come le proteine animali in eccesso (a differenza di quelle vegetali)
possano esercitare un ruolo determinante nella proliferazione dei tumori. Dieta
vegana, ecco l’unica vera, efficace risposta. E non solo al tumore: al diabete,
alle malattie auto-immuni, alla leucemia.. Colin Campbell, lo scienziato che
così diligentemente, così coraggiosamente, ha condotto gli studi di cui parla
nel suo importante saggio, si dilunga proprio sull’influenza che, in America,
le case farmaceutiche e le aziende alimentari esercitano sulla ricerca
scientifica, sulla formazione dei medici e l’educazione alimentare e sanitaria
dei cittadini, sulle teorie nutrizioniste a cui la gente quotidianamente si
affida. Risultato? Tutte le sue ricerche boicottate alla grande, a fronte di un
continuo lavaggio del cervello dell’opinione pubblica: la carne fa bene, il latte fa bene, una dieta esclusivamente
vegetariana non è sufficiente al nostro fabbisogno quotidiano, ecc. La teoria Campbell, insomma, non fa
bene. Soprattutto ai bilanci delle multinazionali. Non fa bene a Coca-Cola, a Nestlè,a Mac Donald, ai grandi produttori di carne..
E’
davvero tutta una questione made in USA?
Il 30 marzo scorso Fabio Volo, a Radio Deejay, proprio
citando Campbell ha avuto l’ardire di sostenere: il latte fa male. Ha detto proprio così, Volo,
collegando il consumo di caseina alla progressione del cancro, così come
Campbell sostiene. Ebbene, in men che non si dica si è trovato addosso il
Presidente di Assolatte Giuseppe Ambrosi,
che ha minacciato querele milionarie alla direzione, con conseguente
dietrofront dello stesso dj: Ambrosi, ti prego, ho un bimbo
di un anno e mezzo, una donna incinta, ci ho messo tanto a comprare quella
casetta… ti do la possibilità di chiamare qui in diretta, così non solo
rettifico che non è vero che il latte fa male, ma tu puoi intervenire e mi
insegni anche qualcosa..
Come
vanno, allora, le cose da noi? Come funziona l’educazione alimentare nelle
nostre scuole? Chi sta dietro la cosiddetta Educazione alla Salute da qualche anno così in voga nei
nostri istituti pubblici?
Ebbene,
sappiate che in prima linea nell’educazione scolastica ad una sana
alimentazione risulta esserci una Fondazione chiamata Food Education Italy. Nel 2011, istituendo il Comitato Tecnico Scientifico Scuola e Cibo, il MIUR ha
di fatto affidato a questo gruppo, affiancato da altri esperti, l’Educazione
alimentare nella Scuola statale. All’interno del Comitato Scuola e Cibo possiamo trovare noti nutrizionisti, a
cominciare dalla Presidente FEI Evelina Flachi, docente di Nutrizione per il benessereall’Università di Milano,
nonché partecipante al “Tavolo dell’Educazione Alimentare“ della CARTA DI MILANO per EXPO (avevate qualche dubbio?) e membro del Tavolo EXPO SALUTE e del Tavolo EXPO AGROALIMENTARE.
Ma tra un tavolo e l’altro, si muovono anche imprenditori come Riccardo Garosci, Forza Italia, già consigliere delegato di Federdistribuzione (nel cui comitato esecutivo spiccano, tra
gli altri, marchi come Carrefour, Bennet, Pam, Selex,
Esselunga e Auchan), attuale presidente della Commissione ministeriale per l’educazione scolastica alimentare,
sì, ma anche ai vertici – così come tutta la sua potente famiglia, un tempo
titolare dei supermercatiVèGè, poi venduti a Carrefour – della Casa editrice Largo Consumo (ex Cash and Carry), che pubblica l’omonima rivista di
alimentazione. Troppi interessi in gioco, pensate? Che dire allora di Giorgio Antonio Arturo Donegani, che di Food Education Italy è
l’ex presidente, ma che attualmente è membro dell’Osservatorio Nestlé (laNestlè, sì: proprio lei; quella delle ripetute
infrazioni al codice alimentare dell’OMS, quella che nel 2002 ha addirittura
fatto causa all’Etiopia, uno dei Paesi più poveri del mondo, chiedendo un
risarcimento di 6 milioni di dollari), nonché del comitato scientifico di Wise Society, magazine diretto dall’editrice Antonella Di Leo, proprietaria di Life Solutions Wisdom ma
anche ex direttore marketing della Edilnord(sì, avete
capito bene: la mitica società immobiliare di Berlusconi!), attualmente alla
guida del settore marketing del Gruppo Paolo Berlusconi e già account supervisor diLivraghi, Ogilvy & Mother,
una tra le più grandi agenzie pubblicitarie del mondo, che tra i suoi clienti
vanta (ma dai?) Coca-Cola e Nestlé. E’ questo, insomma, il Comitato scientifico
che dovrebbe insegnare ai nostri ragazzi, in maniera “indipendente”, il
corretto modo di alimentarsi? Certo, vi fanno capolino autorevoli esperti come
il nutrizionista Paolo Paganelli,
ma anche nomi di studiosi forse un po’ meno “disinteressati”, come Cristiano Federico Sandels Navarro, professore
universitario ma anche project & business manager presso il Gruppo Gate14 (che si occupa anche di ristorazione), di
proprietà dell’imprenditore Mauro Cervini,
il quale, tra i molti incarichi, ricopre anche quello di amministratore
delegato del Gruppo Montenegro (in
mano alla potente Simonetta Seragnoli), che oltre a produrre il noto amaro,
controllaBrandy Vecchia Romagna, Olio
Cuore, Camomilla Bonomelli, Thé Infré, Polenta Valsugana, Pizza Catarì, Spezie
ed Erbe Aromatiche Cannamela. E
c’è Francesco Leonardi, dietista
ma anche membro del CdA di ADI Onlus, società
legata a doppio filo (e ci risiamo) con l’Osservatorio Nestlè. O la partecipante onoraria Anna di Vittorio, insegnante e ricercatrice, ma
anche scrittrice di un sacco di testi sull’alimentazione rigorosamente editi
dalla Coop. Libri come: Educazione al consumo
consapevole: le proposte Coop, uscito nel 1998. Per non parlare di
chi figura tra i “Donors” della nostra FEI. Come non
notare, ad esempio, la presenza dell’Abbott Laboratories, il colosso farmaceutico di Chicago che ha
sedi e stabilimenti in tutti i continenti e che tre anni fa è finito alla
sbarra, costretto a sborsare 1,6 miliardi di dollari (comunque non più del 4%
del suo bilancio annuale), per aver commercializzato l’antiepilettico Depakote, risultato poco efficace ma, soprattutto,
rischioso per la salute?
I
soldi privati nella cosa pubblica? Un problema enorme, altroché! Perché mai uno
Stato sovrano (ma è proprio questo il punto, no?) dovrebbe delegare alle
multinazionali il finanziamento della sua Istruzione o della sua Sanità? Perché
non può sovvenzionare direttamente questi delicati settori? (Come dite? “Perché
dovrebbe poter esercitare una sovranità sulla propria moneta”?.. Bingo! L’hanno
studiata bene, la cosa, no?) Perché uno Stato non può avvalersi di studiosi
indipendenti (nutrizionisti, dietisti, ricercatori, scienziati..), svincolati
da qualunque contratto o interesse economico nei confronti di aziende private?
Un’industria deve far profitti, no? Anche a costo della salute, della verità
scientifica, dell’autonomia della ricerca e dell’insegnamento.. Sarà mica per
questo che anche i nostri ospedali, le nostre scuole, sono ormai Aziende?
Ma
torniamo ancora alla nostra FEI, al Comitato Scuola e Cibo e all’Educazione alimentare a scuola.
Ecco:
i protocolli d’intesa, per esempio.. Vediamo un po’.. Ne sono stati firmati
molti, per la questione dell’educazione alimentare a scuola, in questi anni..
Con la Coop(l’ultimo nel 2010, siglato dalla Gelmini,
ministro di un governo che diceva peste e corna di quelle Coop con
cui, evidentemente, non disdegnava fare accordi); conConfindustria, con Expo 2015, con Barilla (ma
daiii!).. Ma nel 2011, quando nascono leLinee guida per
l’Educazione alimentare nella scuola italiana, con chi
lo stipula ilprotocollo d’intesa la Gelmini, per dare il via al suo Progetto Scuola e Cibo? Ma conFederalimentare, no? Quella presieduta da Luigi Pio Scordamaglia, amministratore delegato di INALCA, società leader in Europa nel settore delle
carni bovine (fatturato da 1,3 miliardi di euro) di proprietà del Gruppo Cremonini, nonché vicepresidente diAssocarni e
membro del Consiglio di Amministrazione dell’IMS, l’Associazione Mondiale della Carne. Scordamaglia, manco
a dirlo, è stato anche consigliere del Ministero delle Politiche Agricole,
Alimentari e Forestali per quanto attiene le politiche agroindustriali, con i
ministri Gianni Alemanno, Paolo De Castro e Luca Zaia. E che tipo di consigli
poteva dare costui ai vari ministri? Incentivare la produzione di soia?
Detta
di passaggio, oltre che Federalimentare quel protocollo coinvolge ancheAssolatte (il cui presidente, come abbiamo
visto, è quel signore pronto a denunciare chiunque sostenga che il latte fa
male), Assobibe, Aidepi, Assocarni..
Un
bel pasticciaccio, insomma. L’apoteosi del conflitto d’interessi. E noi lì ad
aspettar per anni che risolvessero il problema Berlusconi premier/Berlusconi imprenditore?!Ma questi
ci sguazzano, ormai, in roba di questo tipo!
Nel
suo The China Study Campbell
spiega chiaramente come, nel corso delle sue sperimentazioni, egli abbia
riscontrato che le proteine animali (presenti nella carne, nelle uova, nei
formaggi..), possono essere usate come una specie di interruttore: le inserisci
nella dieta e il tumore avanza; le sospendi e il tumore si arresta. E, in molti
casi, recede. Ora, mi chiedo: cosa se ne fa, uno Scordamaglia, di un tipo come
Campbell, a parte una bella porzione di carne tritata all’albese? Come possiamo
aspettarci che una ricerca come quella dello scomodo scienziato americano (che,
per inciso, si avvale di una caterva di studi precedenti in perfetta linea con
quanto sostiene), possa anche solo esser presa in considerazione da
associazioni ed aziende come quelle a cui il MIUR si affida per educare i
nostri ragazzi ad una giusta alimentazione? Come potrebbe essere vagliata in
modo scientifico e indipendente, da questi signori, l’opportunità di insegnare
ai nostri figli a consumare meno carne, latte e formaggi, qualora Campbell
avesse davvero ragione? E che speranza abbiamo di veder soddisfatto il nostro
diritto di capire, chiaramente e incontrovertibilmente,
se studiosi come lui abbiano ragione oppure no? Il nostro diritto a non
ammalarci, accidenti! Chi ci può aiutare davvero a comprendere, insomma, quale
sia l’alimentazione più corretta e sana da adottare per noi e per i nostri
figli, se ad insegnarlo a scuola sono proprio quegli stessi individui che con
il cibo – soprattuttocerto cibo
– costruiscono i loro giganteschi imperi finanziari?
Abbiamo
ancora una possibilità di accedere alla verità, nell’era dell’informazione?