I lavoratori di Wetherspoons, catena di
pub britannica, hanno detto basta agli stipendi da fame e alle condizioni di
lavoro estenuanti. Hanno creato un sindacato, hanno scioperato e hanno vinto
Wetherspoons è una catena di pub onnipresente nel Regno unito. Serve cibo e
bevande a poco prezzo, ma tratta il personale in modo scadente. Così, nella
città di Brighton alcuni dipendenti più giovani hanno deciso che ne avevano
abbastanza e, mettendo a rischio il loro posto di lavoro precario e
sottopagato, hanno costituito una delegazione sindacale. Con il loro primo
sciopero sono riusciti a ottenere un aumento salariale e maggiore attenzione da
parte dei datori di lavoro.
Lo hanno chiamato #Spoonstrike, dal nome della catena. La loro iniziativa
si è aggiunta alla rete più ampia delle mobilitazioni dei lavoratori precari
dei fast food, di altre filiali di Wetherspoons e di altre catene come
McDonald’s. Il loro principale strumento di organizzazione sono i social media:
WhatsApp per comunicare tra loro, Facebook e Twitter per pubblicizzare gli
scioperi verso l’esterno, guadagnarsi il sostegno della gente e aumentare così
la pressione sui datori di lavoro.
Dawn Foster, di Jacobin Magazine, ha incontrato Alex McIntyre,
uno degli organizzatori dello SpoonStrike e delegato sindacale di uno dei due
pub di Brighton in sciopero, il Bright Helm. Ne è nata questa
intervista.
Cosa ti ha spinto verso la sindacalizzazione? Avevi già esperienze di
militanza oppure semplicemente hai deciso che le tue condizioni di lavoro non
erano più tollerabili?
La mia infanzia e la mia adolescenza sono state completamente devastate
dall’austerity. Quando ero piccolo hanno tagliato i sussidi a mia madre, hanno
chiuso l’associazione dove facevo sport e andavo a giocare, hanno soppresso il
pronto soccorso dell’ospedale della mia città. In tutte le scuole che ho
frequentato i genitori dovevano versare regolarmente un contributo per i
materiali di base. Se poi da adulto ti ritrovi a lavorare a ritmi massacranti
per un salario da fame e a subire le molestie da parte del padorne, a un certo
punto capisci che hanno superato il limite. Non ho un background di militanza.
Anzi, penso che si possa dire di me come di tutti quelli con cui ho fatto il
sindacato che non siamo altro che prodotti dell’ambiente in cui viviamo.
Cosa non andava nello stipendio e nelle condizioni di lavoro al pub?
L’anno scorso Wetherspoons ha fatto profitti da record, circa 68 milioni di
sterline. Nel frattempo io guadagnavo 7 sterline e 90 l’ora, arrivando a
malapena a pagare l’affitto, nutrirmi decentemente e vivere come un essere
umano. Ti sembra giusto? Perché i lavoratori che creano ricchezza devono vivere
nella miseria? Wheterspoons è un locale per working class. Le birre
costano poco, il cibo è economico e in molte città e paesi del Regno Unito
rappresenta un luogo di ritrovo reale per le persone. Questo non dovrebbe
essere sinonimo di manodopera a basso costo, però, e noi lavoratori non
dovremmo essere pagati sotto il minimo salariale mentre i manager e gli
azionisti ricavano sempre più profitti sul nostro lavoro.
Qual è stata la vostra prima forma di organizzazione?
Io sto in cucina, dove per lavorare bene è importante comunicare e fare
squadra. Questo significa anche che dopo il lavoro si va a prendere una birra
tutti insieme, per esempio. (Penso che sarebbe impossibile non bersi una birra
dopo 10 ore passate a sudare, urlare e scottarsi le mani). In queste situazioni
è fisiologico cominciare a lamentarsi della fatica dell’ora di punta, dei
clienti, dei colleghi e così via. Mi ricordo che una volta ero uscito a bere
qualcosa con un mio amico e lui mi ha detto letteralmente: «Sai una cosa? Ne ho
abbastanza. E tu?». Spesso si trascura un dato: quando sopporti tutti i giorni
un lavoro di merda con le stesse persone, di fatto sei già un sindacato.
Semplicemente non lo chiami ancora così.
Quanto erano entusiasti i tuoi colleghi dell’idea di organizzarsi?
All’inizio direi che i favorevoli all’organizzazione erano il 70%. La gente
aveva riserve perfettamente comprensibili. Alcuni erano preoccupati di perdere
il lavoro, di subire minacce o di venire trasferiti in altri pub. Però quando
abbiamo iniziato a guardare a noi stessi non come singoli individui, ma come un
collettivo, ci siamo resi conto che eravamo molto, molto più forti dei nostri
datori di lavoro. Che se avessero toccato uno di noi, ci avrebbero toccato
tutti. Abbiamo ricevuto un sostegno straordinario da parte del Baker’s, Food
and Allied Workers Union, che è continuato nei mesi successivi e ci ha permesso
di tenere alto il morale. Così al momento di votare lo sciopero abbiamo votato
all’unanimità.
Ci racconteresti questo primo sciopero? Quali erano le vostre
rivendicazioni?
Il primo sciopero è stato magico. Credo che non lo dimenticherò mai. Dopo
mesi di pianificazione potevamo finalmente appendere i grembiuli al chiodo e
dire basta alla paga di merda, alle lunghe ore di lavoro e a tutte le
umiliazioni.
Lo sciopero è iniziato con uno stop a mezzanotte di tutti i
membri del sindacato che lavorano al turno di chiusura, in entrambi i pub in
cui era indetta l’agitazione. Le ore precedenti le avevamo passate a fare
cartelli, a provare i cori e anche a divertirci in generale. È stata una festa,
e anche se l’emozione era tanta abbiamo tenuto la situazione sotto controllo.
Come previsto, in entrambi i pub i manager e i buttafuori si erano messi
all’ingresso per intimidirci e scoraggiarci. Ma non ha funzionato: siamo stati
raggiunti da centinaia di sostenitori, tra membri di altri sindacati, partiti
laburisti locali o semplici persone. Per la prima volta ho sentito che non
eravamo soli e che eravamo dalla parte giusta della storia.
Le nostre richieste erano un salario di 10 sterline all’ora, il
riconoscimento del sindacato e la fine dei contratti a zero ore e delle paghe
ridotte per i minorenni. Sono richieste di base, terra terra. Ma
sono necessarie, perché ovviamente non possiamo sperare che arrivino
concessioni dall’alto (altrimenti non avremmo bisogno di scioperare). Dobbiamo
lottare dalla base per garantirci uno standard lavorativo universale.
Come ha risposto Wetherspoons? Hanno provato a spaccare il sindacato?
Dopo sette mesi, Tim Martin [il proprietario di Wetherspoons] non si è
ancora seduto al tavolo della trattativa. Anche se poi sul Daily
Mirror ha accusato noi di usare “la diplomazia delle cannoniere”, il
suo atteggiamento è chiaro. (In effetti io sono abbastanza orgoglioso della
posizione che abbiamo tenuto). A un certo punto Martin ha anche fatto un video
in cui rivendicava il fatto di pagarci dei salari al livello di povertà.
Alcuni hanno provato a renderci la vita difficile sul lavoro, e i manager
più anziani hanno provato in tutti i modi a spezzare il nostro sentimento di
essere forza e di unità
È stato approvato un aumento di stipendio, ai punti vendita di Brighton è
stata applicata una tariffa conforme al costo della vita locale e ai manager
che avevano operato minacce è stato chiesto di rendere conto. Penso che questa
va considerata una vittoria, no? Siamo solo diventati più forti, ma c’è ancora
tanto da fare.
Come è cresciuto il movimento e quale sostegno esterno ha ottenuto?
Si è propagato come un incendio. Non mi viene nessun’altra immagine per
descrivere lo slancio del nostro movimento. #SpoonStrike fa parte della
campagna sui diritti dei fast food che comprende le lotte dei lavoratori di
McDonald’s (#McStrike) e dei lavoratori del TGIFriday. Rappresentiamo i giovani
iper-precarizzati che subiscono tra le peggiori condizioni di lavoro del
settore. I giovani parlano tra di loro, usando Twitter, Facebook,
WhatsApp e così via. Parlarci e condividere ci viene naturale.
Abbiamo avuto un sostegno da parte dei politici locali e dall’opinione
pubblica in generale. Ovviamente, stavamo abbiamo rischiato di rimetterci, ma
la raccolta fondi che abbiamo lanciato è stata notevole e ha tenuto alto il
morale. Grazie alla generosità di centinaia di persone siamo stati in grado di
pagare a chiunque scioperasse 10 sterline all’ora per le ore perse. Hai visto,
Tim Martin? Non è difficile!
Come si presenta il movimento ora, rispetto a com’era all’inizio?
Uno degli argomenti usati contro le nostre capacità organizzative era che
la ristorazione ha notoriamente un alto tasso di turnover e che non saremmo mai
riusciti a consolidare una presenza sindacale. È accaduto esattamente
l’opposto. Avendo ottenuto condizioni di lavoro e una retribuzione migliore, in
realtà abbiamo tutti ottenuto un incentivo a rimanere. Questo ha significato
una creascita costante del nostro sindacato di Brighton dallo sciopero
dell’ottobre dello scorso anno a oggi, e siamo più forti che mai. Abbiamo
contatti con varie persone nei pub di tutto il paese. È davvero emozionante.
Come funziona ora?
Il lavoro è sempre pesante, intanto! Nonostante l’aumento di stipendio io
spendo ancora la maggior parte di quello che guadagno nell’affitto, e il prezzo
del cibo è un pensiero fisso per me. Però è vero che l’atmosfera al lavoro è
completamente cambiata. Il personale non ha più paura della direzione, perché
sappiamo che con il sindacato siamo diventati più forti. Di conseguenza siamo
anche trattati in modo più equo. Onestamente non c’è nessun lato negativo, se
non quello di essere chiamato di tanto in tanto radical chic da
un paio di colleghi più anziani (e ancora non ho capito perché) . Ma il fatto
che parlano di quello che abbiamo fatto è una cosa buona.
Cosa farete adesso?
Bella domanda. A tutti i responsabili del personale che stanno leggendo
questo articolo voglio dire: «No, non prevediamo altri scioperi nell’immediato
futuro». Ma in fondo chi può dirlo? Siamo una forza collettiva di lavoratori
che si difendono da soli. In caso di necessità lo faremo di nuovo.
Stiamo anche lavorando insieme a tutte le persone con impieghi simili al
nostro nel resto del paese, in particolare a Brighton, e li stiamo aiutando a
organizzarsi all’interno dei loro posti di lavoro. Lo #SpoonStrike ha fatto da
catalizzatore per quella rivoluzione nel mondo della ristorazione di cui da
anni la Gran Bretagna e i lavoratori del settore hanno un disperato bisogno. A
oggi quattro milioni di lavoratori sono in condizioni di povertà e questo
numero cresce a ritmi più rapidi dell’occupazione. Le cose devono cambiare, e
non le cambia il governo lo faremo noi.
Come dovrebbe essere il Wetherspoons ideale per i lavoratori?
Un posto in cui ogni lavoratore ha ore garantite, guadagna almeno un salario
minimo di 10 sterline all’ora, dove il sindacato è riconosciuto e dove la
gestione del pub viene decisa collegialmente (attraverso rappresentanti dei
lavoratori presenti nei consigli di amministrazione). Niente di più e niente di
meno.
(*Dawn Foster, staff writer di Jacobin, è anche editorialista
per il Guardian, ha scritto Lean Out.
Questo articolo è uscito su JacobinMag, la traduzione è di
Riccardo Antoniucci)
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