Caro Ministro Luigi Di Maio,
se pensa che gli unici rischi per il 5G siano quelli della sicurezza
informatica e delle “possibili perdite di sovranità determinate
dall’affidamento di servizi ad aziende straniere” (come da Sua dichiarazione alla
stampa) vuol dire che non Le hanno spiegato bene il problema e La invito ad
approfondirlo, sempre che Le vada di farlo, magari ascoltando anche medici e
non solo fisici, ingegneri, informatici ed economisti.
Se si volesse introdurre in commercio un nuovo farmaco bisognerebbe
superare una valutazione preclinica (studi in laboratorio e su modelli in vivo
finalizzati a valutare benefici e rischi tossicologici) ed una clinica,
successiva, divisa in lunghe fasi e subordinata all’autorizzazione di un
comitato etico e all’ottenimento di un consenso informato da parte di chi
decide, volontariamente, di sottoporsi alla sperimentazione. Questo complesso
iter di valutazione, necessario alla luce dell’ancora valido “primum non
nocere”, dura in media circa un decennio.
Certo, il 5G non è un farmaco, anche se qualcuno ha deciso per noi che
migliorerà la nostra qualità di vita.
Il 5G non è un farmaco ma, è un dato di fatto, ha effetti biologici ben
documentati.
E se il 5G fosse stato un farmaco, proprio a causa delle evidenze
disponibili su quegli effetti biologici non avrebbe superato neanche la fase di
valutazione preclinica.
Invece, al contrario, grazie alla “sperimentazione” in corso il 5G è già
somministrato ad almeno 4 milioni di italiani senza autorizzazione preventiva
di alcun comitato etico, senza consenso informato, senza valutazione preventiva
dei rischi e senza adeguati monitoraggi ambientali e sanitari.
E presto il 5G, con le sue frequenze mai sperimentate su così larga scala e
con una densità espositiva di un milione di devices per Km2, sarà somministrato
anche a tutti gli altri Italiani, aggiungendosi al 3G, al 4G ed ai lori
effetti.
Nessuno vuole ostacolare il progresso o l’evoluzione tecnologica ma
bisognerebbe rapportare tutto a un corretto equilibro tra le nostre reali
necessità, i rischi possibili e le esigenze di profitto degli operatori di
radiotelefonia. Un minimo di prudenza sarebbe stato opportuno.
Sarebbe stato opportuno che la somministrazione senza consenso informato
del 5G fosse stata preceduta da un coinvolgimento concreto degli Enti deputati
alla tutela dell’ambiente e della salute pubblica (Ministero della Salute,
Istituto Superiore di Sanità, Ministero dell’Ambiente, ISPRA/ARPA), dalla
previsione di adeguati protocolli di monitoraggio, da una valutazione di
rischio che tenga in adeguata considerazione le evidenze scientifiche
disponibili, da una revisione in senso più cautelativo della inefficace
normativa vigente e dall’adozione di tutte le misure utili a ridurre
l’esposizione soprattutto dei soggetti più vulnerabili.
A chi mi accuserà di allarmismo chiedo cosa sia peggio: essere allarmisti
semplicemente perché si propone prudenza sulla base delle evidenze scientifiche
disponibili o essere incoscienti e sottostimarle o addirittura ignorarle
completamente in attesa di possibili danni misurabili solo a posteriori?
Le lezioni del passato sono importanti e non imparare dagli errori commessi
è un lusso che non possiamo più permetterci.
Cordiali saluti
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