Condanniamo pure gli Israeliani per
la loro indifferenza, la loro insensibilità, la loro crudeltà verso uomini e
animali. Ma non riteniamoci assolti.
Palestinian Animal League Solidarity
All’interno del suo articolo, a proposito delle
terribili sofferenze a cui sono sottoposti i maiali all’interno di un
allevamento del Kibbutz Lahav, Gideon Levy scrive:
“ La maggior parte dei consumatori
di carne non è consapevole di ciò che sta accadendo nel settore che gli porta
in tavola la bistecca. Il peggio non è come e dove vivono gli animali, ma
piuttosto la sofferenza che accompagna la loro breve esistenza, che dovrebbero
sconvolgere chiunque abbia una coscienza. La tortura metodica, dal momento in
cui nascono fino alla loro macellazione, è il crimine. La morte è in realtà il
momento meno atroce della loro vita, forse l’unico”.
Israele invece è sorda a
queste sofferenze, non vuole ascoltare le urla di dolore degli animali,
esattamente come non vuole vedere le sofferenze dei palestinesi nè vuole
ascoltare le loro grida. Eppure queste urla avrebbero dovuto lacerare la
coscienza morale dei precursori socialisti del Kibbutz Lahav.
Ebbene, pur comprendendo il senso
che Levy vuole dare all’articolo, ovvero il fatto che Israele sia cieca e sorda
alle sofferenze dei palestinesi tanto quanto lo è a quelle degli animali
e non si faccia scrupoli nel sottoporre gli uni e gli altri a prigionia e
tortura, ci domandiamo: perchè deve stupirci o indignarci questa indifferenza e
questa crudeltà degli israeliani verso gli animali se è ciò che normalmente
accade anche in Italia (e nel resto del mondo)?
·
Quanti di
noi possono davvero dire di non essere consapevoli di ciò che accade
all’interno degli allevamenti intensivi, grazie alle numerose inchieste sotto
copertura pubblicate sui social, presentate in televisione in programmi
d’inchiesta, dettagliate in libri ed articoli?
·
Quanti di
noi ignorano che pratiche come la castrazione e il taglio della coda dei
suinetti sono pratiche assolutamente legali, e legalmente effettuate
senza anestesia?
·
Quanti di
noi hanno rinunciato a consumare prodotti animali una volta che hanno
visto queste terrificanti immagini o approfondito la tematica delle varie
modalità dello sfruttamento animale (o forse hanno preferito chiudere gli
occhi e non sapere, perché “no, non riesco a guardare e non voglio sapere”)?
Nessuno, come scrive Levy, vorrebbe
abitare accanto ai mattatoi, e per quale motivo se non per il fatto che
sopportare le urla di dolore di esseri torturati e uccisi metterebbe forse in
discussione quelle abitudini a cui non vogliamo rinunciare, e per mantenere le
quali siamo pront* a mettere in campo innumerevoli argomentazioni?
“Se i macelli avessero le pareti di
vetro saremmo tutti vegetariani” scriveva Tolstoj.
Forse che chi consuma prodotti
animali, italiano o israeliano, non è meno impermeabile dell’altro alle urla
degli animali torturati e uccisi, udibili o meno, non è meno indifferente
dell’altro alla sorte di migliaia di esseri senzienti allevati e uccisi per usi
ed “esigenze” esclusivamente umane?
Ovviamente condividiamo il senso
dell’articolo e ne comprendiamo il parallelismo, ma così come siamo sempre
stati attent* a denunciare ogni forma di veganwashing attuata da Israele, e
come abbiamo sempre stigmatizzato e condannato l’uso offensivo del termine
vegan applicato al loro esercito (visto che decidere di sposare la filosofia
vegan va ben oltre l’adottare una specifica alimentazione) crediamo che,
per noi lettori italiani, in questo caso sia troppo facile
puntare il dito verso gli israeliani ignorando che nello sfruttamento e
nell’uccisione degli animali non siamo diversi da loro.
Levy scrive ancora: “ È impossibile essere
umani e tacere di fronte alla tortura degli animali, così come è impossibile
combattere per i diritti umani e restare in silenzio mentre gli esseri umani
vengono torturati.” Permetteteci un’aggiunta: “E’impossibile combattere
per i diritti umani e restare in silenzio mentre gli esseri umani e GLI
ALTRI ANIMALI vengono torturati.”
Palestinian Animal League è una
realtà nata in Palestina e che opera in Palestina, e come tale vive
quotidianamente sulla propria pelle il peso e la violenza dell’occupazione
sionista. Quotidianamente deve confrontarsi con soprusi, violenza,
ingiustizia, dolore e morte.
Ingiustizia, dolore e morte di TUTTI i
suoi abitanti.
Siamo nat* con l’obiettivo di creare
un terreno di lotte intersezionali per la liberazione umana e animale
dall’oppressione colonialista, dalla violenza sionista, dalla repressione
militare e dalla devastazione ambientale.
Vogliamo “diritti e giustizia per
tutti i palestinesi, indipendentemente dalla specie”.
Quindi così come fermamente crediamo
che la liberazione animale non possa essere separata dall’anticolonialismo e
dalla solidarietà per tutti gli oppressi, ugualmente siamo convinti che non può
esserci una lotta per la giustizia e per i diritti che escluda la giustizia e i
diritti per gli altri animali.
Neppure per loro vogliamo restare in
silenzio.
E’ in forza di questa nostra lotta e
di questo nostro impegno, entrambi vissuti sul campo, che esortiamo chi lotta e
si impegna per la liberazione e i diritti degli animali umani, ad allargare lo
sguardo e la mente e a comprendere finalmente che le dinamiche di potere , di
oppressione e di violenza hanno una matrice comune, e che non si può
continuare a lottare per gli uni continuando a sfruttare gli altri.
Condanniamo pure gli Israeliani per
la loro indifferenza, la loro insensibilità, la loro crudeltà verso uomini e
animali.
Ma non riteniamoci assolti.
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