mercoledì 30 marzo 2011

Enawene Nawe

Gli Enawene Nawe del Brasile sono partiti verso gli accampamenti di pesca per dare inizio al loro straordinario rituale di pesca annuale in un clima di grande preoccupazione. Temono che le 80 dighe progettate lungo il bacino del fiume Juruena stiano distruggendo le loro riserve ittiche.

Il rito della tribù, lo Yãkwa, è stato riconosciuto patrimonio culturaledel paese dal Ministero della Cultura brasiliano. Ma nel 2009, per la prima volta, non è stato celebrato perché la tribù non ha trovato pesce sufficiente nei fiumi.

Gli Enawene Nawe si sono ritrovati ad affrontare una drammatica carenza di cibo tanto che la compagnia costruttrice dell’impianto idroelettrico ha dovuto acquistare tremila chili di pesce d’allevamento e donarlo alla tribù.

Nel 2010 la popolazione ittica era ancora bassa.

Alcune delle dighe progettate sono finanziate dalla compagnia Grupo André Maggi, uno dei massimi produttori di soia al mondo.

Durante lo Yãkwa, gli Indiani trascorrono diversi mesi nella foresta, dove costruiscono intricate dighe di tronchi sui fiumi per intrappolare il pesce. Dopo averlo affumicato, lo trasportano ai loro villaggi con le canoe…

continua qui

zucchero amaro

Survival International ha rivolto un appello al Presidente degli Stati Uniti Barack Obama. La speranza è quella che possa aiutare gli Indiani Guarani del Brasile, minacciati dall’espansione dell’industria della canna da zucchero.

Survival ha chiesto a Obama di discutere della triste condizione dei Guarani con il nuovo presidente del Brasile Dilma Rousseff nel corso della sua visita in Brasile, prevista per questo fine settimana.

Negli Stati Uniti sta crescendo la domanda di etanolo – un biocarburante derivato dalla canna da zucchero – e sembra che le importazioni dal Brasile siano destinate ad aumentare sensibilmente.

La canna da zucchero è coltivata illegalmente sulla terra ancestrale dei Guarani; una terra che è di immensa importanza spirituale per gli Indiani e da cui dipende la loro sopravvivenza.

La canna da zucchero inquina i fiumi delle comunità, uccide il pesce pescato dagli Indiani e sta provocando diarrea, mal di testa e altri disturbi.

“Le piantagioni di canna da zucchero stanno sterminando gli Indiani” ha raccontato a Survival Ambrósio Vilhalva da una delle comunità colpite. “Le nostre terre stanno diventando sempre più piccole. Le piantagioni ci stanno uccidendo.”…

continua qui

martedì 29 marzo 2011

Earthlings


attento, dopo potresti avere idee diverse, è pericoloso. - francesco

(nb: se clicchi cc, in basso, in rosso, scegli la lingua dei sottotitoli)



A causa della difficoltà di ottenere il materiale video (spesso girato con telecamere nascoste), la lavorazione di questo film è durata più di sei anni. Uscito nel 2005, è diventato probabilmente il documentario antispecista più visto ed efficace. La voce è quella di Joaquin Phoenix, e le immagini sono quelle di tutti gli animali che ogni giorno ci nutrono, ci vestono, ci divertono o ci tengono compagnia. Per farlo li uccidiamo, ed è inutile stare a chiedersi a che punto arrivi la loro intelligenza, o se siano in grado di ragionare come noi; il vero problema è che – qui sì, proprio come noi - possono soffrire. La diffusione dell'antropocentrismo e la convinzione che sia una cosa giusta e normale, dovuta anche a causa delle religioni, è per noi un motivo di grande vergogna, e questo documentario di 95 min. ce lo fa pesare nel modo più diretto possibile. Le immagini sono forti, a volte insopportabili.

Insomma, dopo averlo visto viene da dire che molto probabilmente il dominio dell'uomo sull'uomo non avrà fine finché non cesserà anche quello sulla natura.

da qui

sabato 26 marzo 2011

Claudia Bettiol parla di energia


grazie a Mario, che me ne ha parlato - francesco


...Hai scritto Hanno difficoltà perché dovrebbero prendere come riferimento se stessi, la loro vita, i loro figli. Cosa vuol dire?

Vedi quello che succede in Italia? Si cerca sempre una magia che risolva i problemi. O una grande industria. Così possiamo continuare a non pensare. In realtà, quando mi chiedono cosa penso del nucleare, dico: guarda il nucleare non mi interessa, intanto perché è lontano, e in secondo luogo perché ci lavoreranno le imprese, mentre in un’energia distribuita ci lavoreranno i nostri figli. Ci lavoreranno le persone locali, gli artigiani locali, ci lavoreranno le piccole medie imprese. Paradossalmente l’energia liberale è l’energia distribuita…

Paradossalmente?

Perché quando senti parlare di liberalizzazione dell’energia senti in realtà parlare del fatto che c’è concorrenza, non è vero è un unico monopolio… . L’energia distribuita dà lavoro a migliaia di imprese, crea una vera liberalizzazione molto più di tre imprese che si fanno fintamente la concorrenza. E il concetto sui figli è questo: noi comunque andiamo incontro ad un mondo che sarà popolato da 7 o 8 miliardi di persone, comunque… e non ci sono risorse per tutti. Noi siamo vissuti su un costo di materie prime basse perché eravamo un miliardo di ricchi e gli altri li facevamo lavorare come schiavi. Quando un cinese è pagato due euro al giorno è uno schiavo, allora noi avevamo un mondo che si basava su un miliardo di ricchi e tutti gli altri a che ci servivano? Oggi ci sono più ricchi in Cina che in Europa, anche se c’è molta povertà in Cina, però sono un miliardo e mezzo, tre volte gli europei. E l’India sta nelle stesse condizioni. Allora una delle ipotesi è che noi volevamo essere i padroni del mondo e noi dobbiamo…

Cosa dobbiamo fare?

Eh, il nostro destino è paradossalmente quello di essere servitori. Molte imprese italiane ed europee sono state comprate da indiani e cinesi. Allora noi non siamo più la classe pensante, ma ci avviamo a essere la classe di dipendenti.

Cosa porre rimedio?

Devi ripensare alla struttura del mondo, allora devi pensare alla pressione che esercitano questi, almeno un miliardo di nuovi ricchi, almeno un miliardo tra Brasile, Sud Africa, India e Cina, pensare che non lo possiamo impedire se non ripensando alle strutture sociali. E la struttura sociale passa attraverso l’energia, perché noi abbiamo bisogno di energia, in questo momento io e te stiamo consumando energia. Io sto consumando la macchina e la batteria del telefonino. Io non so se tu hai il computer acceso, se hai una lampada accesa, un telefonino acceso…

Ho anche un registratore…

Ecco, senza tutto questo, ci scriveremmo una lettera. Tutto questa energia è stata così connessa alla nostra identità che è diventata un diritto, ma è un diritto per 100 miliardi di persone, troppe. Quindi la pressione non è solo quella dei barconi che attraversano il Mediterraneo, la pressione che è sempre più evidente, è quella di migliaia di persone che vogliono l’energia che abbiamo noi per avere uno stile di vita tipo il nostro.

L’energia come opportunità per uscire dalla crisi?

Ce la stiamo perdendo, come un treno. Ci stiamo perdendo questa occasione. Sta diventando il punto di forza dei cinesi. Non produciamo tecnologie perché decidiamo di usare sostegni per comprare tecnologie che fanno altri...


da un'intervista


giovedì 24 marzo 2011

Energy drink

Sapete cosa sono gli Energy Drink? Sono quelle bevande analcoliche che si dichiarano in grado di fornire una maggior quantità di energia rispetto ai softdrink tradizionali. L’ energia è fornita da varie sostanze energetiche che dovrebbero consentire di affrontare prestazioni che a forte dispendio energetico, contenendo, in tal modo, i conseguenti stati d’affaticamento fisico e mentale.

Parliamo di bibite, generalmente carbonate, che, oltre all’ACQUA (che ne rappresenta la componente predominante), contengono sostanze stimolanti, antiossidanti e tonificanti, associate anche a VITAMINE e sali MINERALI, ZUCCHERI e aromi o succhi. Alle classiche sostanze come guaranà, taurina e caffeina, se ne sono aggiunte altre dai nomi esotici (spesso già usate in altri settori alimentari o nella cosmetica): tè verde, yerba maté, ginkgo biloba, schizandra, açaí, zenzero (ginger). Le bevande energizzanti che sfruttano molti di questi ingredienti stanno invadendo anche altri settori, come quelli delle bibite carbonate, del tè freddo e degli smoothies

da qui

…Nonostante l’enorme popolarità a livello mondiale, in alcuni paesi europei ed extra-europei non è stata concessa l'autorizzazione all'immissione in commercio degli Energy Drinks.
In Francia, il Ministero della Sanità ha stabilito che gli Energy Drinks potrebbero avere effetti indesiderati sul metabolismo e sulla pressione arteriosa e li ha classificati come medicinali, impedendone di fatto la distribuzione (Nota 1). Anche la Danimarca e la Norvegia non ne hanno autorizzato la vendita. In Gran Bretagna, infine, il commercio di tali bevande è consentito liberamente, ma è sconsigliato l’uso alle donne in gravidanza, ai minori e alle persone a rischio cardiovascolare.

Gli Energy Drinks sono bevande pericolose?
Come è ben noto la risposta individuale agli effetti farmacologici della caffeina è molto variabile. In alcuni soggetti, l’assunzione di Energy Drinks può causare un eccessivo aumento della frequenza cardiaca ed un incremento della pressione arteriosa. Come tutte le bevande contenenti caffeina, dovrebbe essere sconsigliata in pazienti affetti da cardiopatie congenite quali la sindrome del QT lungo. Inoltre, negli sportivi che li assumono prima di uno sforzo fisico prolungato, l’attività diuretica della caffeina può peggiorare lo stato di disidratazione provocato dalla perdita di liquidi con la sudorazione.
Insomma, pur non trattandosi di bevande che presentano una spiccata tossicità se assunte da soggetti sani, sono comunque bevande che in determinate condizioni possono essere pericolose per la salute.

Ancora più pericolosa è l’abitudine ad assumere cocktail a base di Energy Drinks ed alcool. L’uso della miscela Energy Drinks /alcool nasce dalla voglia, da parte di chi la consuma, di una bevanda che abbia gli effetti euforizzanti dell’alcool, ma che contemporaneamente non stordisca. Gli Energy Drinks possono in effetti dare l’illusione di combattere efficacemente gli effetti sedativi dell’alcool. Ma lo stato di ebbrezza viene piuttosto mascherato, mentre segnali coma la fatica e la sonnolenza sono solo attenuati e restano in agguato, poiché la concentrazione ematica di alcool non viene modificata. Una volta terminati gli effimeri effetti della bevanda energetica, la sbornia si può materializzare con il suo sgradevole corteo di sintomi: vomito, cefalea, disequilibrio, sonno. Infine la disidratazione, che è una condizione aggravata sia dalla caffeina che dall’alcool ed eventualmente anche dall’esercizio fisico praticato dai giovani in discoteca…

da qui

la Red bull, per le sostanze in essa contenute, si caratterizza più come farmaco che come semplice bevanda da supermercato: aumenta le prestazioni mentali, migliora la concentrazione e diminuisce la sonnolenza durante la guida ( ricordo che in caso di sonno è bene non mettersi affatto alla guida di un’ autovettura ma prima riposare) ma può anche essere responsabile di episodi maniacali simili a chi ha assunto dosi di droghe o alcool. Dopo tutto questo la chiameremo ancora e soltanto Red Bull, la bevanda che ti mette le ali?...

da qui

…Ecco quindi gli ingredienti attivi della Redbull, responsabili dell’incremento delle energie:
Glucosio – Chiaramente il glucosio è zucchero. Le cellule usano lo zucchero per convertirlo rapidamente in energia e questo fornisce un incremento energetico a breve termine.

Taurina – la Taurina è un aminoacido prodotto naturalmente dal corpo umano. Ogni lattina di Redbull contiene 1000 mg di Taurina, che aiuta a far muovere attraverso le cellule minerali come il potassio, il sodio, il calcio e il magnesio; questo aiuta a generare impulsi nervosi. Ci sono state numerosi controversie sugli effetti negativi che possono avere per l’organismo livelli troppo alti di Taurina, ad esempio molti studio hanno evidenziato il rischio di ipertensione, e ciò ha portato alcuni paesi a vietare la commercializzazione della Redbull e di tutte le altre bevande contenenti Taurina. La vendita è a tutt’oggi proibita in Danimarca, Francia, Uruguay e Norvegia; in questi paesi è prevalsa una politica preventiva, certamente più sicura per i cittadini, in quanto hanno deciso che anche un piccolo dubbio sugli effetti della taurina dovesse bloccarne la vendita.

Glucuronolattone – Il Glucuronolattone è un precursore della taurina. E’ stato dimostrato che il suo uso aumenta la memoria e la concentrazione, ha anche effetti stimolanti e effetti simili a quelli ottenuti con gli antidepressivi.

Inositolo – L’Inositolo serve ad alzare rapidamente l’umore e a fare in modo che il cervello usi meglio la serotonina. Questo meccanismo d’azione è simile a quello di molti farmaciantidepressivi come lo zoloft e il prozac. Alcuni studi hanno recentemente dimostrato che l’Inositolo, che si trova in grandi quantità nei nervi del midollo spinale, nel cervello e nel fluido cerebro-spinale, può aiutare nel trattamento di alcune patologie come i disordini bipolari, la depressione e gli attacchi di panico.

Niacina – La Niacina è la Vitamina B3 che aiuta nella produzione di energia; metabolizza l’energia partendo dai grassi e dai carboidrati.

Vitamina B5 o D-pantotenolo – La Vitamina B5 è conosciuta per il suo effetto postivo sull’umore e sull’energia, aiuta a trasformare i grassi in energia e aumenta il metabolismo.

Vitamina B6 – Aiuta la produzione di globuli rossi e permette un migliore utilizzo dell’ossigeno. Oltre tutto aiuta a liberare gli zuccheri depositati nell’organismo per usarli nella produzione di energia.

Vitamina B12 – La B12 come la B6 aiuta la produzione di globuli rossi permettendo così un migliore utilizzo dell’ossigeno. Aumenta anche il metabolismo dei grassi e delle proteine.

Caffeina – La Redbull contiene 80.0 milligrammi di caffeina per lattina, circa il doppio di qualsiasi altro soft drink. La caffeina fornisce energia bloccando l’uso dell’adenosina da parte del cervello. Bloccando l’adenosina il corpo rilascia adrenalina che tiene svegli.

Nota: il nemico non è la Redbull bensì la combinazione di dosi eccessive di zucchero unite alla caffeina e alla taurina. Questa combinazione la si può trovare nella maggior parte delle bibite energetiche.

da qui

Quanta caffeina c'è dentro? Fa male?
La quantità contenuta all'interna di una bibita non è tantissima, più o meno la quantità di un caffè molto forte (80mg) per assurdo una bevanda alla Cola potrebbe contenerne di più. Possiamo dire che il nostro fisico a 100-160 mg di caffeina inizia avere effetti indesiderati. Personalmente mi preoccupa più il contenuto di zucchero con il conseguente aumento della glicemia, che rappresenta il 30% circa della bibita. Tra gli effetti indesiderati sembra che l'effetto diuretico sia quello più evidente.

Se la bevo mischiata con alcool che succede?
Non credo che questo problema se lo pongano molto i ragazzi, che in genere la mischiano molto con vodka, l'effetto dovrebbe essere quello di avvertire meno le sensazione dell'alcool e quindi si beve di più, con tutti i rischi che questo comporta. Intendiamoci se sei ubriaco una Red Bull non ti farà sentire sobrio.

Quali rischi corro se la bevo?
Non è che bisogna berla assolutamente, difficile da dire dipende anche dalla quantità, ogni individuo reagisce in modo diverso, credo che la cosa migliore sia non mescolarla con alcool, non berne più di una al giorno, tutto sommato è una bibita con tanto zucchero e caffè in alternativa io ti consiglio una bella spremuta d'arancia e un caffè , è naturale, con meno zucchero e fa lo stesso effetto senza avere il dubbio delle quantità di Taurina e di D gamma glocuro lattone.

da qui

martedì 22 marzo 2011

Fotovoltaico a costo zero, la grande speculazione ed il bunga-bunga - Pietro Cambi

...se il suolo lo occupano, a centinaia di km quadrati, le rotonde alla francese, le aziende decotte in salsa di truffa comunitaria, i distretti industrali nati morti già sulla carta, le espansioni edilizie destinate a rimanere deserte, gli outlet delle grandi firme del sovrasfruttamento al nero multinazionale, scorticandolo, violentandolo, cementandolo per sempre, è una cosa che ci da un poco di fastidio ma la sopportiamo, con fiero cipiglio, in nome dello "sviluppo".

Se invece (FORSE) qualche decina di km quadrati viene PROVVISORIAMENTE occupato dal fotovoltaico è tutto uno stracciamento di vesti ed un digrignar di denti.

Ahh assassinio!!

Ahhh abominio!!

Vuoi mettere l'infamia di preziosi ettari di nobile paesaggio toscano deturpati dagli orridi cosi!!

Qualche decina di km quadrati??? In tutto? in tutta Italia?

Si, qualcosa di simile alle superfici coperte dalle rotonde alla francese realizzate nello stesso periodo,come ho già scritto.

SE tutto il fotovoltaico italiano, anche quello futuro fino a 8 GWp, fosse a terra occuperebbe 80 km quadrati di terreni MARGINALI (è ovvio che, salvo rare occasioni, nessuno tirerebbe giu' i vigneti di Brunello per metterci pannelli).

Terreni, che in ogni caso non possono che trarre GIOVAMENTO ad essere lasciati in pace per qualche decennio, anzichè essere arati, erpicati, rimestati, mescolati, sconquassati, impestati con diserbanti, concimi e schifezze artificiali varie. Le falde, pesantemente depauperate, specialmente nel sud non possono che trarre giovamento da uno sfruttamento inferiore o nullo…

IL FOTOVOLTAICO E' A COSTO ZERO !!!!

Beh, certo: e l'altra metà della cifra? E il fatto che in realtà gli incentivi sono molto più costosi, sulla scala di venti anni?

Ma questi sono soldi che vanno tutti allinterno del sistema paese italico. Intanto la metà rientrano, sotto forma di tasse, IVA, etc.

Una discreta quota va a creare una buona base monetaria per il sistema bancario, che finalmente, è in grado di avere un buon investimento a lungo termine e sicuro.

Se considerate quanto sovvenzionamo il resto del sistema, non solo produttivo /energetico ma anche industriale, converrete che non si può ritenere che questi siano REALMENTE un costo per il sistema paese.

Ma poi bisogna dirla tutta, se si parla di speculazione:

Quanto ci sono costati, sempre in venti anni, le cosidette "assimilate" alle energie rinnovabili, quelle si in mano a grandi player nazionali ( ed internazionali) che possiamo, con una certa precisione, definirespeculatori?

Il tutto meglio declinato sotto il nome di "scandalo del cip6" ?

Uh, guarda, circa la cifra indicata dal ministro.

35 miliardi di euro…

da qui

lunedì 21 marzo 2011

Le tecnologie italiane che fermano il nucleare - Massimo De Maio (Movimento per la decrescita felice)

Dopo le celebrazioni per l’Unità d’Italia, vogliamo celebrare il genio italiano nel campo dell’energia: uomini e aziende che indicano, oggi più che mai, al mondo intero le strade tecnologiche per uscire dall’economia basata sulle fonti fossili e sul nucleare.

Tutto il mondo riconosce agli italiani la capacità di pensare fuori dagli schemi. Gli anglosassoni dicono “to think out of the box”, “pensare fuori dalla scatola”. È questa capacità che ci permette da decenni di generare innovazione in tutti i campi, compreso quello dell’energia. La ricerca in Italia può contare su risorse esigue rispetto agli investimenti di altri paesi europei e industrializzati. Eppure, il numero di ricerche prodotte per ciascun ricercatore italiano è il più alto d’Europa. E le ricerche degli italiani sono le più citate da altri studi. Non è un caso. È la natura degli italiani.

Molte delle tecnologie che ci daranno l’energia del futuro sono state ideate da italiani. Eppure, pochi conoscono nomi, facce, aziende che hanno scritto e sempre più scriveranno la storia dell’energia nel mondo. E pochi sanno che le idee italiane per il futuro dell’energia sono già oggi sfruttate commercialmente da aziende straniere. È vero, era italiano anche colui che ha inventato il nucleare. È proprio vero. Abbiamo inventato quasi tutto noi. Il peggio e il meglio.

Ma oggi vogliamo dare voce all’Italia migliore. Quella che ci permette di dire, molto più della paura per il disastro atomico giapponese, “no, grazie” a tutti coloro, governo e gruppi di potere economico, che vogliono mettere il destino energetico della nostra nazione nelle mani dell’industria nucleare francese. Una industria di stato, alla faccia del liberismo. Un “no, grazie” gioioso e illuminato dalla creatività e dalla capacità di innovazione degli italiani. Non è la paura, ma la capacità di futuro che ci muove.

Giovanni Francia, con le sue intuizioni e sperimentazioni presso la Stazione solare di S. Ilario, nell’arco di meno di vent’anni, richiamò l’attenzione di tutto il mondo su Genova, che a metà degli anni Settanta poteva essere considerata “capitale mondiale del solare”. Progettò e costruì il primo impianto solare a concentrazione nel 1968. Era capace di produrre 1 Mw di energia elettrica. Molti anni dopo, nel 1981, nel Sud della California la sua tecnologia fu perfezionata in un impianto da 354 Mw.

Mario Palazzetti nel 1973 ideò presso il Centro Ricerche Fiat il primo esempio dicogeneratore. Utilizzava il motore di una 127, di 903 cm3, modificato per funzionare a gas o biogas. Il motore azionava un alternatore di 15 Kw che forniva all’utenza l’energia elettrica. Il calore generato dal motore, solitamente disperso mediante i gas di scarico e il corpo del motore stesso, veniva invece utilizzato per scaldare l’acqua destinata al riscaldamento degli ambienti e agli usi sanitari. L’accurata progettazione consentiva un recupero del 90% della energia introdotta con il combustibile, e la sua modularità consentiva l’installazione di molteplici unità controllate elettronicamente. Molti anni dopo, è possibile acquistare cogeneratori non dalla Fiat, ma da Volkswagen, Totyota e Mitsubishi.

I giovani ricercatori del Polo solare organico dell’Università Tor Vergata di Roma, hanno avviato nel 2009 la fase di industrializzazione di una nuova generazione di pannelli fotovoltaici senza silicio. Hanno utilizzato il succo di mirtillo, perché nel sottobosco quelle piante hanno sviluppato più di altre la capacità di sfruttare la poca luce del sole di cui dispongono. Lo hanno fatto con poche risorse e le capacità di uno straordinario gruppo di giovani scienziati. Tutti italiani.

Mauro Mengoli, allevatore di Castenaso, alle porte di Bologna, ha realizzato uno dei primi impianti capaci di ricavare metano da liquami e scarti agroalimentari. Lo ha fatto quando ancora non c’erano incentivi economici per le energie rinnovabili. Lo ha fatto da solo, riprendendo e perfezionando tecnologie messe a punto da contadini italiani negli anni Settanta.

Alessandro Cascini, ingegnere aeronautico che lavorava per Maserati e Ferrari e che ora, con la sua Mact, si è riconvertito alla produzione di piccoli impianti eolici, alti tre metri e con l’elica in legno lamellare, conformata come una piccola scultura. Alternativi all’eolico impattante da 120 metri. Che uniscono design e tecnologia nel miglior spirito del “made in Italy”.

La Archimede Solar, del Gruppo Angelantoni, azienda attiva nel settore dell’alta tecnologia, è l’unica al mondo che produce tubi per il solare termodinamico a concentrazione. Lo fa su brevetto Enea. Oggi è partecipata dalla Siemens, che, mentre usciva dal progetto nucleare Epr francese, ha scelto la tecnologia italiana per realizzare il progetto Desertec: impianti solari nel deserto del Sahara.

L’elenco potrebbe continuare. Ma è inutile dilungarsi, il senso di queste parole è uno solo: il nucleare è una tecnologia contraria agli interessi dell’Italia sotto tutti i punti di vista. Non si tratta solo di mettere in mani straniere il destino energetico della nazione, ma di fare una scelta di campo: essere terra di conquista di gruppi economici multinazionali oppure svolgere un ruolo di guida a livello internazionale per aiutare Francia, Giappone e Germania a uscire dal tunnel del nucleare.

Io scelgo l’Italia.

da qui

sabato 19 marzo 2011

attenzione a cosa si mangia

Le multinazionali che allattano - Marinella Correggia

L'allattamento al seno è essenziale per il neonato: contiene tutti i nutrienti e i liquidi necessari per la crescita nei primi sei mesi, fornisce il 50% del fabbisogno nutrizionale fra i 6 e i 12 mesi, e un terzo di quello fra i 12 mesi e i 24 mesi; contiene tutti gli anticorpi necessari per combattere le infezioni, sviluppa le difese immunitarie; la sua sostituzione con alimenti artificiali aumenta il rischio di malattie acute e croniche (respiratorie, gastrointestinali e allergiche). Nei paesi a basso reddito, poi, una bassa percentuale di bambini allattati al seno e una durata insufficiente dell'allattamento sono causa di un grande numero di malattie, anche dovute all'acqua sporca con cui si allungano le polverine. L'Oms e l'Unicef stimano che circa un milione e mezzo di bambini muoiano ogni anno perché non sono allattati al seno; senza contare i molti che per questo non cresceranno sani.
L'allattamento reca benefici anche alla salute della mamma riducendo il rischio di certi tumori. Inoltre, fa bene all'ambiente. Evita infatti di contribuire al circuito perverso della produzione di latte vaccino, in cui entrano allevamenti intensivi, mangimi "internazionali", energia per la produzione e il trasporto del latte, fino alla carta, plastica e alluminio usati per confezionarlo…

continua qui

"Il diritto dei bambini ad essere allattati e dei genitori di avere informazioni coerenti con le conoscenze scientifiche e indipendenti non deve essere sacrificato sull'altare del profitto."

Per approfondire: http://www.ibfanitalia.org/

Mc Donald risarcisce i vegetariani – Marinella Correggia

«Mc Donald's dona 10 milioni di dollari ai gruppi induisti e vegetariani le cui attività di beneficienza ed educative sono strettamente legate alle preoccupazioni di quei consumatori che seguono restrizioni alimentari». Così termina l'ultimo, recente e tortuoso comunicato stampa della nota multinazionale dell'hamburger, che così spiega: «Ci scusiamo con gli induisti, i vegetariani e altri clienti per non aver fornito le informazioni complete di cui avevano bisogno al fine di compiere scelte dietetiche informate nei nostri ristoranti». In soldoni, «riconosciamo di aver sbagliato nel definire `vegetariane' le patatine vendute nei nostri ristoranti negli Usa». Al di là della fraseologia utilizzata (l'alimentazione vegetariana è definita una «restrizione alimentare»!), lo scivolone non è da poco. Agli inizi degli anni `90 la multinazionale aveva annunciato con fanfara il passaggio dal grasso bovino all'olio vegetale per la cottura delle patatine, rendendole quindi accettabili ai vegetariani e agli induisti, per i quali ultimi la vacca è sacra. Peccato che la prima fase della cottura preveda un passaggio aromatizzante in grasso di bue; pudicamente chiamato «agente aromatizzante».

Harish Bharti, avvocato di origine indiana e religione indù ha scoperto la cosa e ha intentato una causa alla multinazionale, chiedendo un congruo risarcimento danni a nome di alcuni suoi correligionari e di vegetariani di Seattle. A causa in corso sono arrivate prima le scuse, ritenute non sufficienti, e poi l'accordo (che Mc Donald's fa passare per «dono») sulla cifra milionaria in dollari: sarà anche interessante capire come verranno utilizzati. La comunità induista statunitense, peraltro, è divisa; alcuni dicono: «Ma non si è sempre saputo che Mc Donald's è sinonimo di carne bovina»?

In India l'affaire patatine è stato preso male, con i fast food inondati di telefonate preoccupate, visto che gli imballaggi delle patatine contengono la scritta «made in New Zealand». Mc Donald's India ha categoricamente smentito di usare qualunque ingrediente bovino e spiegato che le patate arrivano crude dal lontano paese australe (non ci sono patate in India?) e sono poi cotte in olio vegetale. Le classi medie del paese, pressole quali il fast food è diventato una moda, possono stare tranquille...

In India, ovviamente, Mc Donald si è sempre guardata dal vendere hamburger di bovino. Ma i fast food non sono stati risparmiati da azioni dirette, per via non solo della tradizione induitsa ma anche di quella gandhiana, benché totalmente ignorata dall'attuale governo - che anzi sottobanco sovvenziona la costruzione di moderni macelli per l'export. Qualche anno fa, agricoltori del movimento Krss dello stato del Karnataka lanciarono una campagna di boicottaggio della Kentucky Fried Chicken, catena statunitense specializzata in polli fritti. In India, i fast food Mc Donald's sono solo 30…


continua qui

sabato 12 marzo 2011

Il programma bioeconomico minimale - Nicholas Georgescu Roegen

…Le innovazioni tecnologiche avranno certamente un ruolo in questo senso, ma è il momento di smettere di dare importanza esclusivamente all'aumento dell'offerta.

Anche la domanda può fare la sua parte, una anche più importante e di maggior efficienza in ultima analisi. Sarebbe stupido proporre la rinuncia completa al comfort industriale dell'evoluzione esosomatica. L'umanità non tornerà nelle caverne, o, piuttosto, agli alberi. Ma vi sono alcuni punti che potrebbero essere inclusi in un programma minimo bioeconomico.

1 - La produzione di tutti gli strumenti di guerra, non solo la guerra stessa, dovrebbe essere proibita completamente. È del tutto assurdo (ed anche ipocrita) continuare a coltivare tabacco se, nelle dichiarazioni, nessuno vuole più fumare. Le nazioni che sono tanto sviluppate da essere i principali produttori di armamenti dovrebbe essere capaci di raggiungere un ampio consenso su questo divieto senza alcuna difficoltà se, come affermano, possiedono anche la saggezza per guidare l'umanità. Interrompere per sempre la produzione di questi strumenti di guerra non solo la farà finita con gli assassini di massa per mezzo di armi ingegnose ma libererà anche grandissime forze produttive che potranno essere impiegate per l'aiuto internazionale senza pregiudizio del livello di vita nei rispettivi paesi.

2 - Grazie all'uso di queste forze produttive, e per mezzo di misure aggiuntive ben pianficate e oneste, bisogna aiutare le nazioni in via di sviluppo a raggiungere il più rapidamente possibile tenore di vita buono (non lussuoso). Tanto i paesi ricchi quanto quelli poveri devono effettivamente partecipare agli sforzi richiesti da questa trasformazione e accettare la necessità di un cambiamento radicale nelle loro visioni polarizzate della vita.

3 - Il genere umano dovrebbe gradualmente ridurre la sua popolazione fino ad un livello in cui l'alimentazione possa essere adeguatamente fornita dalla sola agricoltura organica. Naturalmente, le nazioni che stanno conoscendo un'alta crescita demografica dovranno impegnarsi duramente per ottenere i risultati più rapidi possibili in questa direzione.

4 - Fino a che non sia diventato comune l'uso diretto di energia solare o sia ottenuta la fusione controllata, ogni spreco di energia per surriscaldamento, superraffreddamento, superaccelerazione, superilluminazione, ecc. - dovrebbe essere attentamente evitato e, se necessario, rigidamente regolamentato.

5 - Dobbiamo curarci dalla passione morbosa per i congegni stravaganti, splendidamente illustrata da un oggetto contradditorio come l'automobilina per il golf, e per splendori pachidermici come le automobili che non entrano nei garage. Se ci riusciremo, i produttori smetteranno di produrre simili "beni".

6 - Dobbiamo liberarci anche della moda, quella "malattia mentale umana", come la chiamò l'abate Fernando Galliani nel suo celebre Della Moneta (1750). E' veramente una malattia della mente gettar via una giacca o un mobile quando possono ancora servire al loro scopo specifico. Comprare un'automobile "nuova" ogni anno e arredare la casa ogni due è un crimine bioeconomico. E' stato già proposto di fabbricare gli oggetti in modo che durino più a lungo. Ma è ancor più importante che i consumatori si rieduchino da sè così da disprezzare la moda. I produttori dovranno allora concentrarsi sulla durabilità.

7 - e strettamente legato al precedente, è la necessità che i beni devono essere resi più durevoli tramite una progettazione che consenta poi di ripararli.

8 - Dovremmo liberarci dalla "sindrome circolare del rasoio elettrico", che consiste nel radersi più in fretta per avere più tempo per lavorare ad un rasoio che permetta di radersi più rapidamente ancora, in maniera da avere ancora più tempo per progettare un rasoio ancora più veloce, e così via all'infinito. Questo cambiamento richiederà una buona dose di autocritica e un gran numero di ripudi da parte di tutti quegli ambienti professionali che hanno attirato l'uomo in questa vuota regressione senza limiti. Dobbiamo renderci conto che un prerequisito importante per una buona vita è una quantità considerevole di tempo libero trascorso in modo intelligente.

qui o qui o qui

mercoledì 9 marzo 2011

Un’industria alimentare che produce affamati - Marino Ruzzenenti

La moderna industria degli alimenti distrugge la natura, minaccia la salute umana e produce affamati. Il problema dell’energia appare nelle preoccupazioni dei governanti ma anche delle nostre popolazioni l’aspetto più inquietante della crisi ecologica. Il timore di doversi privare dell’auto in un prossimo futuro è così dirompente da indurre alla rimozione: sì, potrà anche accadere, ma chissà quando. Intanto, finché c’è il carburante la grande giostra continua a girare…
Ma, se il timore di rimanere a piedi, pur confusamente, viene percepito, del tutto assente nella parte opulenta del mondo è l’altra conseguenza ben più devastante della fine del petrolio, la crisi alimentare. Come è emerso con chiarezza nel convegno di Missioneoggi del 2007, il problema della sovranità alimentare è sollevato soprattutto dai contadini del Sud del mondo, alle prese con le distorsioni del mercato globale dei prodotti agricoli che tendono a mortificare un’agricoltura locale virtuosa, attenta alla fertilità dei propri terreni ed a produrre innanzitutto ciò che serve a sfamare le proprie popolazioni.
Nel Nord ricco del Pianeta, nessuno è sfiorato da un possibile futuro di penuria alimentare. Inondati come siamo da una sovrabbondanza di prodotti, di carne di ogni tipo, di pane, di formaggi, di frutta e di verdura… I nostri bimbi crescono ormai con la convinzione che siano i supermercati a fornirci di ogni bene. È la magia dell’industria agroalimentare, esplosa anche in Italia negli ultimi decenni, in parallelo al “miracolo economico” che ci regalò le straordinarie comodità delle automobili e degli elettrodomestici. Questa “magia” si può così rappresentare: negli anni Trenta, il nostro Paese vedeva una maggioranza di addetti all’agricoltura (52%) che con fatica riusciva a sfamare poco più di 40 milioni di abitanti, per i quali, se non ricchi, comunque la carne era un lusso da riservare alle grandi festività; ora, un’esigua minoranza della popolazione attiva (5,5%) riesce a produrre derrate sovrabbondanti, con problemi di eccedenze sanzionate dall’Unione Europea (l’infinita diatriba sulle quote latte), offrendo a 60 milioni di italiani un’enormità di carne che ne mina addirittura la salute, come regolarmente avvertono i dietologi; e nel frattempo la superficie dei terreni coltivabili si è drasticamente ridotta a causa della dissennata cementificazione che, come una sorta di pervasiva metastasi, ha occupato suoli fertili e naturalizzati al ritmo di oltre 244.000 ettari l’anno, cosicché negli ultimi quindici anni abbiamo consumato altri 3 milioni 663 mila ettari, cioè una regione grande più del Lazio e dell’Abruzzo messi assieme, dal 1950 una regione più grande dell’intera Italia Settentrionale. Com’è possibile questo prodigio?...

martedì 8 marzo 2011

i dolori degli pneumatici

…Il pneumatico, sopportando il peso di un veicolo, si frantuma sull’asfalto, producendo piccoli frammenti di gomma, conosciuti come polvere di pneumatico o particolato (PM). Questo va nell’aria o si deposita sulla strada, secondo il peso, vento ecc. Fino agli anni 80 si è pensato che il particolato dei pneumatici non entrasse nei polmoni (studi, tra gli altri, dell’Environment Protection Agency americana). Ma ora si ritiene che il 60% del PM prodotto dai pneumatici possa entrare nei polmoni.

Forse perché adesso si possono misurare i PM “piccoli”?

Le particelle che destano maggiore preoccupazione più grande sono quelle che misurano 10 micron o meno. Per capire le dimensioni, un capello umano è spesso 70 micron circa, mentre i fili di polvere che svolazzano al sole sono circa 10 micron.

La polvere microscopica che si stacca i pneumatici contiene una miscela “unica” di sostanze che hanno un effetto più potente sul corpo umano della polvere naturale. Per formare la gomma nei pneumatici dei veicolo viene usata, una vasta gamma di prodotti chimici, quali lo xilene, il benzene, la nafta, solventi clorati (per esempio il tricloroetano), idrocarburi policiclici aromatici , antracene, fenantrene, benzoirene, fenoli, ammine, petrolio, acidi ed alcali (per esempio idrossido del sodio), difenili policlorati, cianoalcani alogenati e plastificanti…

da qui

Ottocento campi da calcio. Sei milioni di metri quadrati di pneumatici usati che si accumulano da anni su tutto il territorio italiano e ci sono costati negli ultimi cinque anni più di 2 miliardi di euro. Il traffico dei PFU (Pneumatici Fuori Uso) in Italia è uno dei più redditizi nell'ambito del commercio illegale dei rifiuti.
Secondo il rapporto elaborato da Legambiente “Copertone Selvaggio”, ogni anno in Italia oltre 100 mila tonnellate di PFU spariscono nel nulla, o, meglio, prendono la via del commercio illegale. Dei 33 milioni di pneumatici che vengono venduti ogni anno, 350 mila diventano “vecchi” e prendono la perigliosa via dello smaltimento. Circa la metà di questi è destinata al "recupero energetico" (direttamente in Italia o inviati all'estero): vengono bruciati, al posto di combustibili fossili come carbone e coke, nei cementifici e negli impianti che producono calce.

Un quarto viene recuperato: frantumati finiscono nelle barriere insonorizzanti, nelle pavimentazioni stradali, nelle piste di atletica o nei pendii da stabilizzare. Ed infine di un ultimo altro quarto di tutti i pneumatici fuori uso non si conosce la destinazione. Questi PFU finiscono nelle oltre mille discariche illegali sparse su tutto il territorio italiano, pronti per essere incendiati o, peggio, rimessi in commercio, dopo essere stati rivenduti “in nero” ai commercianti. Secondo il D.lgs 152/2006 sono i produttori che si dovrebbero occupare della raccolta e delle smaltimento di questo tipo di rifiuti, che, secondo una direttiva europea, non possono più essere accumulati in discariche.
Per questo scopo è nata nel 2009 Ecopneus, una società consortile che raggruppa tutti i principali produttori di pneumatici (fra cui Bridgestone, Goodyear Dunlop, Michelin e Pirelli). Ecopneus si occuperà di raccogliere e smaltire a norma di legge i PFU, non appena sarà formulato il decreto ministeriale che darà avvio al sistema di gestione a livello nazionale. In attesa del decreto, però, sembra che in Italia ad occuparsi dei rifiuti siano principalmente le organizzazioni criminali. Il business illegale dei PFU poggia su una fitta rete di discariche illegali, la maggior parte concentrate al sud, fra Campania, Calabria, Sicilia e Puglia. Ma nemmeno il nord (ad esclusione della pulita Valle d'Aosta) è immune dal traffico di pneumatici: in Piemonte si concentrano oltre il 3,5% delle discariche illegali (37 in tutto), e guardando dal satellite la Lombardia, vicino a Pavia, si possono contare 20 “colline” di pneumatici abbandonati.

Nella zona fra Caserta e Napoli (una zona chiamata non a caso “la terra dei fuochi”), a gestire il traffico è principalmente la camorra, che si avvale della collaborazione di gruppi di rom, che, per 50-100 euro al carico, raccolgono ed incendiano i PFU ai bordi delle strade, nelle cave o nei campi.

Fino ad oggi le forze dell'ordine hanno portato a termine 19 inchieste che hanno coinvolto 122 aziende.

da qui

Gli Pneumatici Fuori Uso (d’ora in avanti PFU) “rotolano” – anche quando vengono dismessi e diventano rifiuti – non sempre in maniera legale.

Secondo le stime elaborate da Ecopneus, incrociando i dati dell’intero settore, ogni anno spariscono nel nulla – o si disperdono in canali poco chiari – fino a 100mila tonnellate di PFU, circa 1/4 degli pneumatici immessi in commercio nello stesso arco di tempo.

Con ogni probabilità finiscono nelle maglie del mercato illegale, oggetto di traffici nazionali e internazionali o abbandonati in discariche abusive.

Secondo il censimento di Legambiente, realizzato sulla base delle informazioni raccolte dai Circoli Locali dell’associazione, delle operazioni di polizia giudiziaria e delle notizie pubblicate dalle agenzie e organi di stampa, dal 2005 a oggi sono state individuate ben 1.049 discariche illegali, per un’estensione che supera ampiamente i 6 milioni di metri quadrati (per l’esattezza 6.170.537).

Si va dalle discariche di ridotte dimensioni, frutto della smania di risparmiare qualche spicciolo da parte di piccoli operatori (gommisti, officine, trasportatori, intermediari), a quelle più grandi, dove appare evidente la presenza di attività organizzate per il traffico illecito, svolte sia in Italia che all’estero…

continua a leggere il dossier



domenica 6 marzo 2011

La truffa dei CIP 6

Il CIP6 è una delibera del Comitato Interministeriale Prezzi adottata il 29 aprile 1992 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n°109 del 12 maggio 1992) a seguito della legge n. 9 del 1991, con cui sono stabiliti prezzi incentivati per l'energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili e "assimilate".

La dizione "assimilate" fu aggiunta alla previsione originaria in sede di approvazione del provvedimento per includere fonti di vario tipo, non previste espressamente dalla normativa europea in materia.

In conseguenza della delibera "CIP6", chi produce energia elettrica da fonti rinnovabili o assimilate ha diritto a rivenderla al Gestore dei Servizi Energetici a un prezzo superiore a quello di mercato.

I costi di tale incentivo vengono finanziati mediante un sovrapprezzo del 6-7% del costo dell'energia elettrica, che viene addebitato direttamente ai consumatori finali nel conteggio di tutte le bollette (componente A3 degli oneri di sistema). Il valore dell'incentivo CIP6 viene aggiornato trimestralmente e i valori (in €/MWh) sono pubblicati sul sito del GSE (Gestore dei Servizi Energetici). Per il 4º trimestre 2010 l'importo è pari a 69,96 €/MWh…

continua qui

La truffa dei CIP 6 è ormai ben nota a tutti, anche se periodicamente, sia gli italiani che le istituzioni europee sembrano dimenticarsene. In breve tutto comincia nel 1992 con la delibera n. 6 del Comitato Interministeriale Prezzi che stabilisce un incentivo per la produzione di energia provenienti da fonti rinnovabili. I fondi per tale operazioni provengono da unaumento del 7% delle bollette energetiche di tutti gli italiani che, da circa 20 anni, finanziano in questa maniera la promozione delle energie rinnovabili. O almeno pensano. Perché la delibera CIP6 fa riferimento ad una legge preparata ad hoc per fregare gli italiani a favore di industriali e affaristi che si spacciano per grandi imprenditori ma che costruiscono i loro profitti distraendo in maniera inopportuna risorse pubbliche.

Con l’espressione “rinnovabili e assimilate”, infatti, sono state finanziate per decenni forme di energia che nulla hanno a che fare con la definizione di rinnovabili fornita dalla Direttiva 2001/77/CE. Un caso su tutti, gli inceneritori, costruiti in Italia non perché, come vogliono farci credere, sono la soluzione al problema dei rifiuti ma per il semplice fatto che costruirli e gestirli rappresenta un grosso affare per pochi, pagato dai contribuenti.

Nel 2004 la Commissione Europea apre a tal proposito ben due procedure di infrazione contro l’Italia, giudicando inammissibile il finanziamento pubblico per l’incenerimento come fonte di energia rinnovabile

Sonia Alfano continua qui

…in piena emergenza petrolifera il Paese del Sole è agli ultimi posti nell’utilizzo dell’energia solare, battuto perfino da Norvegia e Finlandia.

Le cause principali sono due: l’ostruzionismo dell’Enel, che tratterò se mai un’altra volta, e il “regime Cip6” o meglio il “raggiro Cip6” perchè di una mega-truffa, in sostanza, si tratta: 30 miliardi di Euro, secondo una stima della X^ Commissione della Camera. Nel 1992, per apparenti scopi ambientali, il Comitato Interministeriale Prezzi, con delibera n. 6 (oggi nota appunto come “Cip6”) stabilì che gli italiani pagassero l’elettricità il 6-7% in più e che il gettito del nuovo balzello – denominato “componente tariffaria A3” - fosse impiegato per sostenere quella prodotta da fonti rinnovabili, pagandola a prezzi superiori a quelli di mercato. Purtroppo però in quel testo alle parole “fonti rinnovabili” fu aggiunto “o assimilate” e in seguito non furono mai fissati criteri certi con cui decidere se una fonte di energia fosse “assimilabile” alle rinnovabili.

Fra le “fonti assimilate” fu quindi fatto passare di tutto e soprattutto scarti di raffineria petrolifera e rifiuti non biodegradabili, che sono fonti non rinnovabili e molto inquinanti. Col risultato che la maggior parte dei fondi Cip6 sono sempre andati alle fonti “assimilate” anziché alle rinnovabili vere; e anche da qui il grave gap italiano in quel settore. Il commentatore economico del Corriere della Sera Massimo Mucchetti, nel suo libro“Licenziare i padroni?” (Feltrinelli 2003) , sostiene che scopo principale del trucco fosse il salvataggio della Edison, uscita malconcia dal crak Montedison. Sta di fatto che, almeno nel 2003 e 2004 , Edison incassò oltre metà dei fondi Cip6 pagati per elettricità da “fonti assimilate” e i suoi bilanci di quegli anni dimostrano che quegli incassi costituirono oltre il 50% dei suoi ricavi complessivi…

da qui

La stessa Autorità per l’energia elettrica e il gas (Aeeg) ha più volte espresso la sua preoccupazione per il crescente peso degli incentivi sulla bolletta energetica dei consumatori.

In realtà, la spesa pubblica sostenuta per favorire lo sviluppo delle rinnovabili comprende anche una quota riconosciuta agli impianti inclusi nel controverso provvedimento Cip 6/92 alimentati dalle cosiddette fonti “assimilate” (cogenerazione, calore recuperabile dai fumi di scarico e da impianti termici, elettrici o da processi industriali, impianti che usano gli scarti di lavorazione o di processi e che utilizzano fonti fossili prodotte solo da giacimenti minori isolati) e in particolare ai termovalorizzatori. Proprio quello degli inceneritori di rifiuti rappresenta l’aspetto più controverso della “questione Cip 6”, per i quali l’Italia è incappata anche in un paio di procedure di infrazione da parte della Comunità europea. Attualmente, la legge 210/2008 prevede che gli incentivi vengano concessi solo ai termovalorizzatori entrati in esercizio entro il dicembre 2009(è proprio questo provvedimento che ha consentito al governo di risolvere almeno formalmente le procedure d’infrazione), ma pone una deroga completa per tutti gli impianti di incenerimento previsti per far fronte a “situazioni di emergenza”, come quella campana o quella siciliana. In ogni caso, nel decennio 2000/2009, gli incentivi concessi a tutte queste categorie di impianti hanno raggiunto complessivamente la cifra di circa 33 miliardi di euro(Fonte: Gse, Rapporto delle attività svolte nel corso del 2009, pubblicato a luglio 2010), pari a più del doppio dell’ammontare destinato nello stesso periodo alle “vere” rinnovabili, ovvero 13,5 miliardi…

da qui

Il Gestore dei servizi energetici, meglio noto con la sigla di Gse, ha pubblicato l’elenco delle societàche si sono aggiudicate la gara 2010 per lo spartimento dei diritti di produzione dei 3.403 MWgiornalieri incentivati con la tariffa Cip6.

Mi sono limitato a fare il copia e incolla dei dati dal sito del Gse, premurandomi di metterli in ordine per quantità di diritti assegnati.

In pratica, da Enel in giù, qui trovate tutte le aziende che si dividono gli incentivi nati per lerinnovabili e, quasi sempre, distribuiti agli impianti “assimilati”.

Vi voglio solo ricordare che, a differenza di quanto qualcuno ha affermato, gli incentivi Cip6 restano anche per i termovalorizzatori.

Mi sono permesso, infine, di inserire qualche link per le aziende di cui ho già avuto il piacere di parlare…

eccole