domenica 30 giugno 2013

calcola l'indice di massa corporea (IMC)

L'indice di massa corporea (abbreviato IMC o BMI, dall'inglese body mass index) è un dato biometrico, espresso come rapporto tra peso e altezza di un individuo ed è utilizzato come un indicatore dello stato di peso forma.
Tuttavia va precisato che tale indice è quasi sempre utilizzato in maniera grossolana ed errata anche dagli stessi nutrizionisti e dietologi, poiché è errato utilizzare solo altezza e peso come dati sufficienti per calcolare il peso ideale, trascurando caratteristiche morfologiche di base, quali larghezza delle spalle, larghezza ossea del bacino, circonferenza cranica, rapporto tra lunghezza delle gambe e lunghezza del tronco, corporatura di tipo tendenzialmente muscoloso o flaccido e tanti altri fattori, o fattori ancora più basilari come il sesso dell'individuo.
Operativamente l'indice di massa corporea si calcola come il rapporto tra la massa-peso, espressa in chilogrammi, e il quadrato dell'altezza, espressa in metri.

QUI  il calcolo

sabato 29 giugno 2013

La casa di riposo degli scimpanzé

Murphy ha passato da poco i 40 anni, ha l'epatite C ed è sieropositivo. È stato infettato in un laboratorio di ricerca americano, chiuso in una stanza per tre decenni e sottoposto a infiniti esami e biopsie, ma oggi ha finalmente la possibilità di vivere felice gli ultimi anni della sua vita. La cosa che gli piace di più è gironzolare sui prati con il pupazzetto di Mickey Mouse, da cui non si separa mai, e riposare nella sua amaca a Chimp Haven, in Louisiana. Murphy è uno degli scimpanzé allevati a partire dagli anni 80 dal governo degli Stati Uniti per essere usati nella ricerca medica. Adesso il National Institutes of Health (Nhi), l'istituto di sanità americano, ha deciso di mandare in pensione gli ultimi 310 ancora impiegati nei laboratori - rimarranno solo 50 esemplari su cui vengono effettuati i test per i vaccini contro l'epatite C.

La maggior parte dei «pensionati» finirà proprio nel grande santuario della Louisiana, l'unico negli Stati Uniti attrezzato per prendersi cura di animali affetti da Hiv o epatiti. «Sono animali molto speciali e meritano un rispetto molto speciale», ha detto il direttore dell'istituto Francis Collins. «È una decisione storica, alcuni di questi animali hanno vissuto anche 50 anni chiusi in strutture di cemento», ha commentato Wayne Pacelle, presidente dell'associazione animalista Human Society.
A Chimp Haven (alla lettera «il rifugio degli scimpanzé») avranno accesso a prati e boschi 24 ore su 24, «camere da letto» spaziose se preferiscono stare al caldo, e persino attività ricreative quotidiane: dai giochi a premi in cui si vincono leccornie da mangiare, alle sessioni di danza e musica con operatori specializzati. «Cerchiamo di fornire loro la stessa quantità di nuovi stimoli che avrebbero nella vita selvaggia», spiega la portavoce del centro Karen Allen…
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giovedì 27 giugno 2013

Ma l’arte può uccidere gli alberi?

Veramente, strani esseri, gli umani. Per esempio, creano, attraverso l’arte, delle meravigliose opere che abbelliscono le nostre case e le nostre città, allietano i sensi e alleggeriscono il peso della vita quotidiana ma, talvolta, non si preoccupano di difendere le opere d’arte già esistenti, create da un’artista vegliarda, assai brava, una tale che si fa chiamare Madre Natura, in uge da diversi secoli.
Che sia, forse, invidia nei confronti di una che, se mettesse in vendita le proprie opere, diventerebbe l’artista più quotata al mondo? Chissà.
Vorrei chiederlo, per esempio, a chi ha progettato la riqualificazione di Piazza Verdi, a La Spezia, infischiandosene del fatto che le installazioni artistiche di cemento, se realizzate, dovrebbero uccidere i vecchi pini, compagni di vita degli spezzini e testimoni della loro gioia il giorno della Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista, il 25 aprile 1945…

venerdì 21 giugno 2013

Il paese che coltiva tutta la sua verdura

Nella cittadina vittoriana di Todmorden, West Yorkshire, ci sono 70 grosse aiuole ben in vista, intorno alla città stessa. Se le aveste visitate qualche mese fa, le avreste trovate stracolme di cavoli, carote, lattughe, cipolle primaverili, insomma, di ogni sorta di verdura e foglie di insalata. Tutte li per essere raccolte dalle persone del posto che si stimolano ad aiutarsi a vicenda, e il tutto gratis.
Dunque ci sono (o meglio c’erano): lamponi, albicocche e mele lungo il sentiero del canale; ribes nero, ribes rosso e fragole dietro lo studio medico; fagioli e piselli all’esterno del college; ciliegie nel parcheggio del supermercato, menta, rosmarino, timo e finocchio nei pressi dell’ospedale.
Gli orti sono il segno più visibile di un piano straordinario: rendere Todmorden la prima città nella nazione autosufficiente dal punto di vista alimentare.
“E noi vogliamo farlo entro il 2018” dice Mary Clear, 56 anni, nonna di 10 nipoti e co-fondatrice di “Incredible Edible” (incredibilmente commestibile)”, come viene chiamato il progetto…

giovedì 20 giugno 2013

l'incubo dell'olio di palma, nel racconto di Green, un orango



Non ci sono parole in questo documentario di Patrick Rouxell, solo immagini e suoni: le scene spaventose della distruzione della foresta pluviale indonesiana ed i lamenti degli oranghi, agonizzanti a terra per la mancanza di cibo e riparo, caricati in sacchi di stoffa e trasportati in piccole strutture dove qualcuno tenta di salvarli. Si abbattono gli alberi, si brucia il terreno, si distruggono gli animali per creare coltivazioni intensive di palme da olio. Il documentario prende il nome da Green, orango femmina le cui immagini di degenza in un lettino, attaccata ad una flebo, accompagnano lo spettatore di questa sorta di preghiera laica che scuote le nostre convinzioni sui consumi e sulle nostre responsabilità. La catena delle conseguenze è molto lunga, è vero: fra la morte di decine di migliaia di oranghi, il rischio di estinzione degli elefanti, la scomparsa delle tigri, la distruzione della bio diversità ed il nostro carrello della spesa, passano migliaia di chilometri, centinaia di lavoratori, mille trasformazioni e tante pubblicità. Ma il collegamento c’è e Rouxell ce lo butta in faccia, senza mezze misure e solo con la forza delle immagini e di un montaggio che fa quello che dovrebbe davvero fare: raccontare una storia…

Sul sito ufficiale del film potete leggere la lista delle aziende coinvolte in questa distruzione: 

…A lasciare particolarmente sconcertati è la diffusione del suo impiego, che abbraccia non soltanto l'industria alimentare, ma anche il mondo della cosmesi, trattandosi di un olio considerato molto versatile, oltre che disponibile sul mercato a prezzi contenuti rispetto ad altri oli vegetali maggiormente pregiati. La sua presenza negli alimenti confezionati non interessa soltanto i comuni prodotti da supermercato, ma anche i cibi biologici, tra cui si possono individuare, ad esempio. fette biscottate e biscotti per la colazione. E' necessario dunque porre unaparticolare attenzione alle liste degli ingredienti in qualsiasi luogo si acquisti un prodotto ed a qualsiasi marchio si faccia riferimento.
L'olio di palma, nei comuni prodotti confezionati, non manca di essere utilizzato in prodotti sia dolci che salati, tra i quali è possibile individuare diversi tipi di alimenti da forno, come crackers e grissini, ma anche merendine di vario genere e biscotti, senza contare alcune delle creme spalmabili più diffuse ed alcuni tipi di margarina, oltre che alcune basi pronte fresche o surgelate per la preparazione di torte salate, pizze e focacce e differenti tipologie di pietanze precotte o prefritte.
Ciò che ci dovrebbe spingere ad evitare il consumo di prodotti contenenti olio di palma al fine di proteggere la nostra salute riguarda il suo elevato contenuto di grassi saturi, che può raggiungere anche il 50% nel caso dell'olio di palma derivato dai frutti e l'80% nell'olio di palmisto, derivato dai semi. Si tratta di oli spesso utilizzati a livello industriale per la frittura ed a livello cosmetico per la preparazione di creme, saponi e prodotti detergenti destinati alla cura della persona…

lunedì 17 giugno 2013

La differenza tra “provenienza” e “imbottigliamento” dell'olio extra vergine

L’Olio extra vergine di oliva toscano è tra i più apprezzati in Italia e nel mondo, insieme all’olio ligure, umbro e quello delle colline del Garda. Ma come essere sicuri della provenienza delle bottiglie vendute in negozio o al supermercato? Secondo i dati forniti dall’Agea e relativi ai registri di carico e scarico dell’olio del Sian, l’Italia conta tra produttori e confezionatori, 6373 operatori di cui 5716 frantoi e 657 aziende che imbottigliano. Analizzando meglio i numeri si riscontra una storia dell’extra vergine diversa da quella scritta sulle etichette.
Basta leggere anche velocemente le tabelle principali del rapporto per rendersi conto che «Il 90% dell’olio di produzione italiana (400 mila tonnellate nei primi nove mesi dell’anno) viene dalle regioni del sud, soprattutto Puglia, Calabria, Sicilia e Campania che raggiungono da sole il 70% – sintetizza Alberto Grimelli, agronomo e tecnico olivicolo-oleario-. Mentre Lombardia, Liguria, Toscana e Umbria insieme arrivano al 6,5% della produzione. Se però si considerano le percentuali relative alla vendita di olio confezionato i valori si invertono. La Toscana produce il 5% dell’olio italiano ma ne imbottiglia il 36%, l’Umbria arriva all’1% ma ne imbottiglia quasi il 20, mentre la Puglia al contrario ne produce il 50% e ne imbottiglia solo il 10%. Il paradosso si raggiunge in Lombardia dove la produzione ha dei valori ridicoli mentre l’imbottigliamento arriva al 10%...
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domenica 9 giugno 2013

una storia sbagliata (poveri oranghi)

Pietrificata e affamata, questa futura mamma orango si attacca con le poche forze rimaste all'ultimo albero della sua foresta, completamente distrutta e trasformata in una piantagione di palma da olio.
Qualche minuto dopo, l’animale viene stordito da un anestetico e cade in una rete appositamente disposta per lui da un gruppo di attivisti per i diritti animali.
Le fotografie di questo salvataggio stanno ora facendo il giro del mondo, e arrivano dal Borneo, dove i pochi oranghi superstiti sono stati portati in salvo da morte certa. La deforestazione a scopo di coltivazione di palme da olio sta letteralmente mettendo in ginocchio questa specie, che ora rischia di scomparire.
L’orango incinta è stata salvata assieme ad un’altra orango già madre di un piccolo. Per loro è intervenuta l’importante organizzazione di tutela animale IAR (International Animal Rescue) e il dipartimento forestale di Ketapang. Al momento del soccorso, gli animali erano affamati da giorni e si erano ridotti a mangiare la corteccia degli alberi sui quali si erano arrampicati per nascondersi.
L’orango incinta darà ora vita al suo cucciolo in un ambiente protetto e tutelato, mentre per l’altra mamma portata in salvo la situazione è drammatica: il suo piccolo non era con lei, e i soccorritori presumono che sia stato ucciso oppure rapito per essere rivenduto prima che potessero intervenire…


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sabato 8 giugno 2013

finalmente ci capiremo

Che gli animali abbiano molti modi di comunicare tra loro è risaputo. Lo fanno con gli atteggiamenti, con l'olfatto, con il suono, con segnali acustici oppure visivi. Sia che vivano da soli, sia in gruppi organizzati, si scambiano informazioni, necessarie per la loro stessa sopravvivenza, che vanno dalla difesa del territorio a quella dai predatori, dalla ricerca di un compagno per la riproduzione all'allevamento dei piccoli. L'uomo ha studiato il linguaggio animale, chi ha un cane o un gatto prova a "parlare" con loro, qualche studioso ci riesce. E c'è anche chi costruisce speciali apparecchi per comunicare con gli animali domestici.
Uno di questi è Con Slobodchikoff, professore emerito di scienze biologiche alla Northern Arizona University, che per trent'anni ha dedicato la sua vita al linguaggio animale tanto da fondare (nel 1993) la "Animal Communications", una società  -  di cui è presidente e amministratore delegato  -  che si occupa solo di questo. Specializzato nello studio di cani e gatti (ha insegnato all'università corsi di "dog training") negli ultimi tempi ha focalizzato i suoi studi su un animale in particolare: il "prairie dog", che a dispetto del nome non è un cane delle praterie ma un roditore (una specie di marmotta) molto diffuso tra Stati Uniti, Canada e Messico.
"Tra loro usano il più sofisticato linguaggio animale mai codificato", ha raccontato il professor Slobodchikoff al magazine
 
The Atlantic, "hanno fonemi simili alle parole, li combinano tra loro, usano quello che potremmo definire un chiacchiericcio sociale". Grazie a tutto ciò i cani della prateria riescono a distinguere i diversi predatori che arrivano nelle vicinanze delle loro tane (coyote, cani o anche esseri umani) e sembrano aver sviluppato degli "allarmi" con cui riescono a definire non solo la specie del predatore, ma anche la grandezza e il colore. Che Slobodchikoff ha dimostrato (c'è anche un video) grazie alla tecnologia moderna e all'uso di elaborate analisi statistiche…

genocidio in corso

Dopo essere andato “distrutto” in un misterioso incendio 45 anni fa, è tornato inaspettatamente alla luce un rapporto scioccante che descrive dettagliatamente le orribili atrocità perpetrate contro gli Indiani del Brasile tra gli anni ’40 e ’60.
Il rapporto fu commissionato nel 1967 dal Ministro dell’Interno brasiliano. Le rivelazioni dei crimini commessi contro le popolazioni indigene del Brasile dai potenti latifondisti e dal Servizio governativo per la Protezione dell’Indio (SPI) provocarono sdegno in tutto il mondo e portarono, due anni dopo, alla nascita dell’organizzazione per i diritti dei popoli indigeni Survival International.
Le oltre 7.000 pagine del rapporto, scritto dal procuratore generale Jader de Figueiredo Correia, documentavano dettagliatamente assassini di massa, torture e guerre batteriologiche, casi di schiavitù, abusi sessuali, furti di terra e negligenze nei confronti delle popolazioni indigene del Brasile. Per effetto di questi crimini, decine di tribù furono completamente sterminate e molte altre furono decimate.
Il rapporto è stato ritrovato recentemente presso il Museo dell’Indio, in Brasile, e si trova ora nelle mani della Comissão Nacional da Verdade, che investiga sulle violazioni dei diritti umani occorsi tra il 1947 e il 1988…

venerdì 7 giugno 2013

la vendita degli Hopi

Un giudice parigino ha respinto la richiesta di Survival International di bloccare una controversa asta di oggetti sacri della tribù Hopi dell’Arizona. Il giudice ha sentenziato che “nonostante siano sacre agli Hopi, queste mascherare non rappresentano nessuna creatura, né viva né morta”
La casa d’aste Neret-Minet Tessier & Sarrou aveva già respinto più volte le richieste della tribù di rinviare l’asta, che quindi si terrà oggi a Parigi.
Gli Hopi si dichiarano “fermamente contrari” alla vendita dei Katsinam (“amici”), di grande importanza spirituale per la tribù, e ne avevano richiesto l’immediata restituzione.
Gli avvocati incaricati da Survival International avevano chiesto al giudice di sospendere la vendita fino a quando non fosse stata accertata la legittimità della collezione, ma ora non ci sono più ostacoli legali che possano impedire all’asta di avere luogo.
Tra i tanti che avevano chiesto la cancellazione dell’asta c’è anche l’attore Robert Redford: “Credo che mettere all’asta questi oggetti sacri sia un sacrilegio – un gesto criminale con gravi ripercussioni morali” ha dichiarato la star cinematografica. “Spero che vengano restituiti alla tribù Hopi, a cui appartengono. Non sono da mettere in vendita.”
Secondo l’avvocato Pierre Servan-Schreiber dello studio Skadden, Arps: “La sentenza è davvero infelice. Ora che gli oggetti saranno venduti e dispersi, l’eventualità che possano ritornare a casa, al loro posto tra gli Hopi, si riduce drasticamente. È probabile che le istituzioni francesi non siano pienamente consapevoli delle conseguenze devastanti che la commercializzazione di questi oggetti sacri potrebbe avere su una tribù come quella degli Hopi, che ha già sofferto molto.”
“I potenziali acquirenti devono sapere che gli Hopi sono profondamente turbati dalla vendita di questi oggetti, che considerano una legittima proprietà del loro popolo” ha dichiarato oggi il Direttore Generale di Survival International, Stephen Corry. “La legge francese sta offrendo davvero poco sostegno agli Hopi, ma rimaniamo fiduciosi che la giustizia prevarrà e che questi oggetti potranno essere restituiti ai loro legittimi proprietari.”

giovedì 6 giugno 2013

l'albero di Pamuk, a Istanbul

Per dare un senso agli eventi di Istanbul, e per capire quei coraggiosi che scendono in strada e si scontrano con la polizia soffocando tra i fumi velenosi dei gas lacrimogeni, vorrei cominciare con una storia personale. Nel mio libro di memorie Istanbul, ho scritto su come tutta la mia famiglia abitasse negli appartamenti che componevano il palazzo Pamuk a Nisantasi. Di fronte a questo edificio si trovava un castagno che aveva circa cinquant'anni, che per fortuna è ancora lì. Un giorno, però, nel 1957, il comune decise di tagliare quell'albero per allargare la strada. Burocrati presuntuosi e amministratori autoritari ignoravano l'opposizione del quartiere. Così, il giorno in cui l'albero doveva essere abbattuto, mio zio, mio padre, e tutta la famiglia rimasero in strada giorno e notte, facendo a turno per fare la guardia. In questo modo, abbiamo protetto il nostro albero, ma abbiamo anche creato una memoria condivisa che l'intera famiglia ricorda ancora con piacere, e che ci lega l'un l'altro.
Oggi, piazza Taksim è il castagno di Istanbul e deve continuare a esserlo. Ho vissuto a Istanbul per sessant'anni e non riesco a immaginare che possa esistere una sola persona che viva in questa città e non abbia almeno un ricordo legato in qualche modo a piazza Taksim.



sabato 1 giugno 2013

Il silenzio dei sardi sui propri bambini avvelenati - Stefano Deliperi

Eccola, la Sardegna.
E’ l’isola del sole, del mare e delle vacanze, dove si respira aria buona, ricca di iodio. L’isola dellabuona tavola, dei banditi e dei nuraghi. Magari i trasporti sono costosi e difficili, ma è unparadiso.
Questo pensano moltissimi continentali, italiani e stranieri, della nostra Isola, lì nel mezzo del Mediterraneo.
Luoghi comuni, ma anche mezze verità.
Però in Sardegna avvengono cose che altrove avrebbero provocato quasi certamente reazioni molto dure e determinate.
Qui, invece, il silenzio di quasi tutti.
Nel gennaio 2012 (nota stampa ASL n. 7 del 23 gennaio 2012) così avvertiva un comunicato stampa dell’Azienda sanitaria locale n. 7 di Carbonia, in seguito all’acquisizione di dati dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero dell’ambiente“…si ritiene necessario informare la popolazione di Portoscuso di fare in modo di differenziare la provenienza dei prodotti ortofrutticoli da consumare per la fascia di età dei bambini da 0 a 3 anni. Occorre perciò fare in modo che in questa fascia di età non siano consumati esclusivamente prodotti ortofrutticoli provenienti dai terreni ubicati nel Comune di Portoscuso.
In precedenza, già nel 2008 L’Università di Cagliari (Dipartimento di sanità pubblica, Sezione Medicina del lavoro) nel corso di una ricerca (Plinio Carta, Costantino Flore) affermò chiaramente lasussistenza di deficit cognitivi in un campione di bambini di Portoscuso,dovuto a valori di piombo nel sanguesuperiori a 10 milligrammi per decilitro. La letteratura medica, infatti, indica un’associazione inversa statisticamente significativa tra concentrazione di piombo ematico e riduzione di quoziente intellettivo, corrispondente a 1.29 punti di QI totale per ogni aumento di 1 µg/dl di piomboemia.
Ma non finisce qui.
75 bambini delle scuole elementari e medie di Sarroch (CA) costituenti il campione della ricerca “presentano incrementi significativi di danni e di alterazioni del Dna rispetto al campione di confronto estratto dalle aree di campagna” (Burcei, in Provincia di Cagliari). Questo è uno dei passaggi fondamentali della ricerca svolta da otto ricercatori di assoluta fama internazionale (Marco Peluso, Armelle Munnia, Marcello Ceppi, Roger W. Giese, Dolores Catelan, Franca Rusconi, Roger W.L. Godschalk e Annibale Biggeri) e pubblicata recentemente sulla prestigiosa rivista internazionale di epidemiologia dell’Università di OxfordMutagenesis.
Risultati altamente preoccupanti (per non dire altro) “in linea con quelli ottenuti da altri studi simili come quelli compiuti alla centrale termica di Taichung in Taiwan e a Pancevo, dove si trova il più grande polo petrolchimico della Serbia”, due fra i siti più conosciuti dagli epidemiologi quali luoghi a rischio di neoplasie e altre malattie provocate dall’inquinamento atmosferico.
Qualche reazione almeno “vivace”?
Neanche per sbaglio…