martedì 30 maggio 2017

Quando l’infestante è un inno alla gioia - Patrizia Cecconi


Parlando di terra e identità, data la recente ricorrenza della Nakba, voglio prendere in considerazione un’erba modesta, un’erba spontanea, un’erba che però, ricordando le parole che mi disse Umm Ibrahim a Gaza, richiama quei tragici giorni del ’48.
Quei giorni in cui circa l’80% della popolazione palestinese venne cacciata, o terrorizzata e indotta a fuggire, a seguito dell’occupazione o della distruzione delle proprie case e dei propri villaggi ad opera degli occupanti che il 14 maggio di quell’anno proclamarono la nascita dello stato di Israele.
Ma perché la portulaca, di cui parliamo oggi, ha a che fare con Umm Ibrahim? Perché questa vecchia donna palestinese mi raccontò di aver camminato con la sua famiglia per tre giorni e tre notti, fuggendo dalle violenze che aveva visto compiere nel suo villaggio, vicino ad Haifa, fino a raggiungere la Striscia di Gaza dove poi sarebbe rimasta, in uno degli otto campi profughi, senza più riuscire a far ritorno in quella che un giorno era la sua terra.
Per tre giorni e tre notti Umm Ibrahim ricorda di aver nutrito sé e i suoi figli con le erbe che trovava tra i cespugli in cui si nascondevano per passare la notte e proprio la “baqla” era l’erba che dava più nutrimento.
Umm Ibrahim non sapeva che la portulaca è ricca di proteine, di sali minerali – tra cui in particolare potassio, ferro e magnesio – di vitamine A e C e di vitamine del gruppo B. Inoltre ha un’importante riserva d’acqua nelle sue foglie e non sapeva, quindi, che questa povera pianta, oggi in Europa considerata infestante, aveva tutto il necessario per garantire la sopravvivenza per alcuni giorni senza cibo né acqua. Lei però ne conosceva l’uso alimentare perché la portulaca, originaria del Medio Oriente, nella sua terra era usata da sempre, infatti furono gli arabi, nel medioevo, a diffonderla in Europa. Inoltre la baqla aveva un passato importante come erba curativa, oltre che alimentare, già nell’antica medicina egizia. Infatti, oltre ad essere utile per la circolazione a causa del contenuto di omega-3 scoperto recentemente e capace di contrastare colesterolo e trigliceridi, è anche utilizzabile contro dissenterie ed emorragie post-partum. E’ anti-diabetica, depurativa e diuretica.
Mi sono chiesta come mai viene chiamata anche farfahina, che in arabo significa “che dà gioia” e non ho avuto risposta perché, si sa, a volte i nomi prendono una strada autonoma da coloro che li hanno pronunciati per primi e così, a volte, camminano su un proprio binario e se ne perde l’origine. La risposta che cercavo non è venuta, né interrogando uomini o donne di età diverse, né chiedendo, con l’aiuto di un amico interprete, alle signore che accovacciate lungo i suq la vendono a mazzetti insieme a salvia e menta, altre erbe immancabili nella tradizione palestinese, ma di cui parlerò in un altro momento.
Alla mia domanda la risposta era un’espressione del viso ed una posizione delle mani che nel linguaggio gestuale che varca i confini delle lingue significa “boh! se ne è persa la memoria”Allora la risposta ho deciso di darmela da sola mettendo insieme il racconto di Umm Ibrahim, le proprietà officinali di quest’erba e il fatto che nel medioevo veniva considerata “apotropaica”, cioè capace di tenere lontani gli spiriti maligni.
Ecco perché “dà gioia”. Allontana le energie negative e fornisce nutrienti e sali minerali tra cui il magnesio, elemento naturale antidepressivo per eccellenza! In Palestina viene regolarmente raccolta e venduta, mentre dalle nostre parti, oggi è generalmente considerata infestante e quindi estirpata. Il giorno in cui da bene comune, generosamente a disposizione di tutti, diventasse bene economico con un suo prezzo di vendita, anche da noi verrebbe rivalutata, ma questa è un’altra storia.
Ma come la usano i palestinesi la farfahina? In tutti i modi. Cruda, nell’insalata, ma anche cotta. Cotta perde un po’ delle sue proprietà, per esempio la vitamina C, ma ne acquista una che pur se non si vede è indiscutibilmente una proprietà importante: il sapore di un cibo cotto in casa e servito a tutta la famiglia, un sapore che come tutti i sapori specifici di un luogo amato, torna nel ricordo anche quando si è lontani da quel luogo. E’ così che anche un’erbetta qualunque riesce ad evocare quell’identità tutta interna alla sacralità della terra, tanto che Darwish, in un suo scritto, la cita come metafora del diffondersi sparpagliato ed esteso di un’idea, appunto, come un cespuglio di baqla hamqa palestinese.
Siccome la portulaca oleracea cresce anche dove nessuno la vorrebbe vedere, i consigli per sterminarla sono molteplici, vanno dal terribile uso dei diserbanti, paragonabili, per fare un esempio, al tentativo di sterminio di una popolazione con bombardamenti e fosforo bianco, fino a sistemi più ecologici, quali la sterilizzazione del terreno eliminando le migliaia di semi che questa pianta produce durante la sua vita fertile che più o meno va da giugno a novembre. Ma va detto che i semini della baqla restano dormienti ma vitali anche per molti anni e se ne sfugge qualcuno lei, con le sue foglioline polpute e i suoi minuscoli fiorellini gialli, torna!
E oggi, a 69 anni da quella cacciata ricordata all’inizio, un omaggio ad Umm Ibrahim e a tutti i profughi che ancora aspettano giustizia, mi sembrava carino farlo con l’erba “che dà gioia” e che si espande liberamente. Nonostante tutto.

lunedì 29 maggio 2017

Medicina Democratica sostiene Dario Miedico e ...

Il dottor Dario Miedico, tra i fondatori di Medicina Democratica nel 1976, è stato radiato dall’albo professionale dei medici a conclusione del procedimento disciplinare da parte dell’Ordine dei Medici di Milano. La sua grave colpa (non indicata nella nota di radiazione) è quella di aver assunto una posizione critica sulle modalità di somministrazione dei vaccini in Italia come pure il suo schierarsi a sostegno delle famiglie i cui figli hanno subìto reazioni avverse a una o più vaccinazioni (aspetto riconosciuto dalla legge 210/1992: “Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati”).
Quella di Dario, per l’Ordine dei Medici, è una colpa maggiore rispetto a quelle del dottor Pier Paolo Brega Massone, condannato in appello all’ergastolo per omicidio a causa di pratiche mediche finalizzate al solo profitto presso la ex Clinica Santa Rita: nonostante la condanna non è stato né radiato né sospeso.
Medicina Democratica sosterrà in ogni modo Dario Miedico contro la decisione dell’Ordine dei Medici e per affermare il suo diritto costituzionale alla libera espressione dei propri convincimenti.
Medicina Democratica contribuirà a contrastare i contenuti (non ancora conosciuti in dettaglio) del decreto legge che estende il numero dei vaccini obbligatori (unico Paese in tutta Europa a intraprendere tale strada) e associa tale obbligo – di fatto – all’esercizio del diritto allo studio.
L’arroganza di una classe politica e medica che pensa di intervenire con nuove e più forti costrizioni anziché con un vero consenso informato su trattamenti sanitari, come i vaccini e non solo, determina una deriva e una riduzione della democrazia e della scienza.
Per Medicina Democratica il presidente Piergiorgio Duca
da qui

una lettera del dottor Dario Miedico
Emergenza vaccinazioni? No! Emergenza democrazia.
Dopo pochi mesi dall’aver ricevuto da parte dell’Ordine dei Medici di Milano la Medaglia per il raggiungimento dei 50 anni di iscrizione all’Ordine, il sottoscritto si è visto recapitare in sequenza prima l’invito a comparire il 27/1/17 dinanzi al presidente dell’Ordine stesso per chiarimenti riguardo le proprie posizioni in merito alle vaccinazioni e, tre mesi dopo, la comunicazione di un vero e proprio avvio di procedimento disciplinare a causa delle stesse.
In realtà da ben quarant’anni espongo le mie posizioni critiche sulle modalità e sulla quantità di vaccinazioni che vengono imposte in Italia a bimbi di tenerissima età, non solo in centinaia di conferenze, dibattiti, articoli, ma anche in decine e decine di relazioni quale CTP a favore di altrettante famiglie i cui componenti, in modo spesso gravissimo, sono stati colpiti da patologie manifestatesi poco dopo una vaccinazione e che io non ho avuto difficoltà a definire “reazioni avverse” , argomentazioni che in diversi casi sono state riconosciute tali anche dalle successive sentenze formulate sulla base della Legge 210/92.
Non varrebbe la pena di commentare un tal comportamento, che qualche studioso di psichiatria potrebbe ritenere “interessante” sotto il profilo clinico, se non fosse che questo episodio si inserisce in un contesto che, curiosamente, coincide con il momento in cui l’Italia, sotto l’egida dell’OMS, è stata nominata capofila delle politiche vaccinali di più di 40 paesi del mondo.
Il problema è che questo ruolo, sicuramente interessante e meritevole di investimenti di ogni sorta, invece di essere svolto con una attenzione particolare verso quei luoghi del mondo dove effettivamente situazioni di denutrizione, inquinamento, estrema povertà, scarso accesso ai farmaci e altre condizioni particolari quali guerre in corso, carestie e sottosviluppo endemico creano le condizioni ottimali per uno sviluppo epidemico di patologie infettive, che in altri luoghi, non così svantaggiati, non assumono questa caratteristica, è stato rivolto verso l’interno del paese, laddove invece i livelli di igiene e salute e copertura vaccinale sono alti, ed inoltre le cure a disposizione sono immediatamente disponibili e talune di queste patologie sono scomparse da decenni.
Ma l’aspetto maggiormente preoccupante è che la metodologia assunta pare essere solamente l’esempio, e per dimostrare al resto del mondo la capacità di aumentare ulteriormente nel nostro paese i livelli di copertura vaccinale, invece di utilizzare strumenti di informazione e convinzione vengono applicati metodi coercitivi per la popolazione e repressivi nei confronti dei medici dissenzienti.
Il documento della FNOMCEO del luglio 2016 sulle vaccinazioni (https://portale.fnomceo.it/fnomceo/show … ?id=149850) innanzitutto, ma anche il programma vaccinale 2016/2018 che dal dr. Vittorio Demicheli della Cochrane Collaboration Vaccines Field (http://www.sanita24.ilsole24ore.com/art … fresh_ce=1) è stato definito una fotocopia dei desiderata della grande industria farmaceutica, nonché una serie di leggi regionali che impongono l’esibizione dell’attestato di vaccinazione, alcune addirittura anche per le vaccinazioni facoltative, per poter far accedere ai nidi e alle scuole materne i minori, e non ultima la radiazione del dr. Gava, cui potrebbe far seguito quella del sottoscritto, dimostrano quanto sopra affermato.
Non v’è chi non veda che la discussione, a questo punto, non è più, sempre che lo sia mai stata, sulle vaccinazioni, sulla loro indubbia utilità ma in condizioni che le richiedano, sulla possibilità di reazioni avverse, conosciute ed anche attese se vi è una legge che prevede uno specifico risarcimento per coloro che ne sono vittime, sull’opportunità di aumentare o diminuire quelle obbligatorie (alcuni paesi europei non ne prevedono alcuna forzata), ma si è spostata sulla eliminazione dei diritti: quello delle famiglie a poter scegliere se accettare o meno la proposta vaccinale senza subire ricatti, quello dei medici di poter esprimere il proprio convincimento in merito senza venire sanzionati o radiati, quello dei media a fare informazione a 360 gradi senza vedersi censurare i programmi tv o gli articoli, quello delle associazioni a poter organizzare discussioni e proiezioni pubbliche senza essere ostacolati in ogni modo.
In realtà questa falsa contrapposizione che trasforma una discussione in una contrapposizione tra tifoserie è puramente mediatica, poiché la scienza sa benissimo che quando i meccanismi di un processo di interazione tra un farmaco (e tra questi i vaccini)ed il corpo umano ricevente non sono ancora adeguatamente conosciuti è necessario ricorrere ad ulteriori studi, che si appoggiano anche alla statistica ed all’epidemiologia, studi che porteranno inevitabilmente a risultati anche apparentemente in contraddizione fra loro, ma che in realtà sono complementari perché approfondiscono situazioni specifiche a dimostrazione che la reazione di un organismo può essere diversa da quella di altri, perché non solo non siamo tutti uguali ma anche specifiche condizioni del momento possono portare a risultati opposti.
Basti pensare, ad esempio, che non tutti coloro che fumano si ammaleranno di cancro, che talune terapie su alcuni hanno un effetto e su altri no, così come altre producono solo in una limitata percentuale di pazienti effetti collaterali.
Di tutto ciò gli scienziati (ed i medici tra loro) sono perfettamente consapevoli, e proprio per questo la percentuale di coloro che si vaccinano tra gli addetti ai lavori è estremamente bassa (http://www.adnkronos.com/salute/sanita/ … KhSbJ.html), mentre la classe politica sembra l’unica a non accorgersene.
Non posso quindi che richiamare integralmente quanto già scritto al Presidente dell’Ordine dei Medici di Milano dr. Carlo Rossi in data 20/1/17, ribadendo che la mia presenza all’incontro del 20 maggio p.v. sarà dovuta al rispetto che porto a tutti i Colleghi, ma che rifiuterò di partecipare nel ruolo di vittima sacrificale ad un processo che, non avendo io causato danno ad alcun paziente ed essendo basato solamente sulle mie convinzioni, non può non riportare alla mente i roghi dell’inquisizione che ritenevo sepolti dal tempo.
Contemporaneamente non posso rinunciare a rilevare che, alla mia età (76 anni) qualunque provvedimento disciplinare sarà inefficace e quindi esclusivamente simbolico, ma la riduzione dei diritti che sta colpendo tutti è ben più preoccupante e non può non allarmare chiunque abbia a cuore i valori in base ai quali, oltre settant’anni fa, venne varata la nostra Costituzione Antifascista, costruita col sacrificio di migliaia di vite.
dottor Dario Miedico
Milano, 5 maggio 2017

Decreto vaccini, “il fine giustifica i mezzi”? - Luca Cellini

Il Decreto Legge Vaccini si pone l’obbiettivo di raggiungere un determinato risultato entro il 15 Settembre prossimo, quella più o meno la data d’inizio delle scuole, pena la mancata iscrizione dell’alunno alla scuola stessa.
Nel nostro Paese attualmente i minori non vaccinati in età scolare sono centinaia di migliaia, circa 800 mila, alunno più alunno meno.
Facciamo insieme due conti, ad arrivare al 15 Settembre, presumibile data per la riapertura delle scuole, giorno più giorno meno, mancano 3 mesi e mezzo, 105 giorni, considerando che siamo sotto chiusura delle scuole, gli scrutini, gli esami e quant’altro con pure l’estate nel mezzo, questi giorni prima della prossima riapertura delle scuole si riducono a 90.
Nel mezzo a questi 90 giorni le persone che nei mesi di Luglio e Agosto vanno al mare, o comunque in vacanza.
In questo scampolo di tempo, tutte le scuole dalle materne fino alle superiori, per permettere l’accesso alla scuola, dovranno analizzare tutti i libretti vaccinali di tutti i bambini e ragazzi.
Teniamo conto tra l’altro, che le iscrizioni per l’anno 2017-2018 sono ormai già avvenute, in automatico.
Per prima cosa, la ASL dovrà coordinarsi con le scuole, presumibilmente far recapitare copia dei libretti vaccinali alle scuole, ciò perché lo voglio ricordare è l’istituzione scuola che  in questo caso è responsabile dell’iscrizione o no dell’alunno nel plesso scolastico, non la ASL. Sono perciò le scuole che dovranno verificare, prima di procedere ad accettare un alunno oppure no. Il che significa controllare praticamente i libretti vaccinali di tutti gli alunni da 0 anni fino a 16, nessuno escluso. Ad oggi si contano circa 8 milioni, alunno più, alunno meno.
In pratica le scuole dovranno spulciare caso per caso 8 milioni di libretti vaccinali e vedere chi è “manchevole” e chi no.
Fatto questo la scuola dovrà comunicare ciò alla ASL.
La comunicazione della richiesta di mettersi in regola, sempre secondo il decreto, non potrà essere ufficiosa o bonaria, bensì dovrà essere ufficiale e formale, in quanto eventualmente producibile agli atti di una successiva impugnazione di legge.
I dirigenti scolastici dovranno poi mandare una segnalazione all’azienda sanitaria (pena la denuncia). C’è più di qualcuno che ha già detto di non voler fare questo sporco lavoro.
La ASL poi dovrà cercare successivamente di convincere i genitori a fare i vaccini che mancano, cosa che a logica richiederà parecchio tempo, sempre che ciò abbia successo.
Un tempo affinché la ASL riesca a reperire il genitore e comunque per fargli avere comunicazione ufficiale, un tempo affinché il genitore si metta in contatto con la ASL, un tempo affinché il genitore prenda appuntamento e successivamente si possa recare alla propria ASL di appartenenza col minore, per provvedere alla pratica del vaccino.
Da tenere conto che c’è anche un numero considerevole di bambini ai quali, per determinate e specifiche patologie, è stato sconsigliato dal pediatra stesso la somministrazione del vaccino, che lo vorrei ricordare, come tutti i medicinali, ha comunque un impatto sull’organismo, il vaccino lo ha in particolar modo, perché si vanno comunque a introdurre nell’organismo del minore, agenti patogeni, sì è vero, sono a ridotta intensità patogena, ma che comunque producono una reazione nell’organismo stesso.
Ad esempio se un bambino è già malato, affetto anche da una semplice influenza, il vaccino non è somministrabile, se non a rischio di fare seri danni nell’organismo del bambino stesso, che già sta avendo il suo bel daffare per contrastare la malattia in corso.
Da tenere conto infine che tra la somministrazione e l’altra di ogni vaccino, è vivamente consigliato di porre un certo spazio di tempo, ciò per dar modo all’organismo di avere la propria reazione e ritrovare il suo successivo equilibrio.
Insomma non è che si possa bombardare l’organismo in pochissimo tempo di vaccini perché l’organismo non ha il tempo e il modo corretto di reagire ad essi.
Fatte queste dovute considerazioni.
Qualora non si sia ottenuto di perseguire il risultato di far vaccinare tutti i minori da 0 a 16 anni, con i famosi 12 vaccini adesso diventati obbligatori, la ASL dovrà nuovamente comunicare alla scuola di appartenenza coloro che non si siano messi in regola.
A seguito di ciò, eventualmente la scuola dovrà provvedere a negare l’accesso scolastico agli alunni.
Poi si inizierà a riflettere sulla sanzione da dare ai genitori per le scuole dell’obbligo…. Quanto?… 500, 1000, 2000, 7.500 euro? Da stabilirsi secondo quali criteri? Quello del numero di vaccini mancanti? O magari le condizioni economiche della famiglia? O altro ancora?
Non finisce qua, sempre negli uffici di igiene delle aziende sanitarie, si dovrà decidere se inviare una segnalazione ufficiale al Tribunale minorile e alla Procura della Repubblica, riguardo a tutti quei genitori che non abbiano adempito all’obbligo di legge.
Anche questa cosa della segnalazione con quale criterio avverrà? Cosa quest’ultima che a prescindere da tutto sarà comunque una scelta delicatissima, e penosa, che richiederà approfondimenti difficili da fare, verifiche da effettuare, mica che la perdita della potestà genitoriale possa avvenire in automatico d’ufficio, scelte onerose, quantificabili in prezioso tempo, quello dei giudici, in soldi pubblici e soprattutto in coscienza, quella umana cui si troveranno davanti i nostri giudici che a loro volta, mica sono macchine, per fortuna ancora no, bensì sono esseri umani, talvolta genitori loro stessi e per fortuna con capacità di sentire, di avere una coscienza propria e di valutare. Giudici che già adesso sono letteralmente sommersi dalla ordinarietà dei casi e che dopo il DL in poco tempo dovranno persino valutare centinaia di migliaia di casi di famiglie, caso per caso….
E poi una volta anche messa in esecuzione la perdita o la sospensione della potestà genitoriale, a seguire ci saranno, le impugnazioni della stessa, i ricorsi, i riesami, le rivalutazioni caso per caso ecc.
Nel caso di perdita di potestà genitoriale in numero alto, come verrà espletata la funzione di accudimento e tutela dei minori?
E ancora nei casi portati all’estremo (e certo ci saranno) nell’imporre l’esecuzione di legge di obbligo del vaccino cosa faranno le istituzioni, cosa verrà disposto? Verranno a prendere il minore con l’uso della forza, o facendo uso delle Forze di Polizia, anche quando questo minore non voglia e manifesti una propria intenzione nel non voler fare il vaccino?
Altro problema di carattere strettamente pratico organizzativo, le ASL in questi esigui scampoli di tempo, dovranno fare il doppio del numero di vaccini, il doppio in meno di un quarto del tempo rispetto al numero di vaccini che solitamente fanno in oltre un anno. Infine bisogna anche sottolineare che già adesso ci sono problemi di lunghe liste di attesa specie su certi vaccini e che comunque ci sono serissime difficoltà nei servizi, ciò per ammissione degli stessi igienisti, che attualmente proprio a fronte delle continue sforbiciate operate in anni e anni di tagli al Welfare sociale, adesso hanno organici ridotti e sono in seria difficoltà.
Questa nella pratica la descrizione dell’esecutività di questo orrore di Decreto Legge Vaccini.
Un vero e proprio orrore, una roba che solo immaginarla mentre la scrivevo mi ha fatto venire il voltastomaco, ciò che inorridisce ancora di più è pensare che qualcuno questo film dell’orrore lo ha veramente pensato e scritto presentandolo in un Decreto Legge. Solo questo dovrebbe far riflettere.
E ancora più orrore provo nel sapere che tante persone anche fra quelle che conosco non si rendano ancora conto o non vogliano ammettere per partito preso della enormità della schifezza prodotta con questo Decreto. Sento pure molto disorientamento, perché ciò significa implicitamente che molti di essi, di questi miei amici e amiche, non sono riusciti a immaginare quello che questo Decreto andrà a produrre nella pratica e nella quotidianità della vita delle persone nei prossimi mesi.
Mi sorprende moltissimo inoltre che nel 2017, un qualunque  Governo che si definisca “progressista” in uno Stato che si dica “civilizzato”, qualunque sia il colore politico da cui è retto, con tutti i consulenti, gli specialisti, i tecnici, i mezzi, gli studi, e gli strumenti di cui dispone, non riesca poi a trovare una soluzione alternativa ed efficace per il raggiungimento di un certo obbiettivo d’interesse comune, come la salute pubblica, senza poi dover fare ricorso metodi punitivi e all’uso della forza.
E’ veramente possibile che non vi sia proprio altro modo che non stia nell’uso della coercizione e della punizione da intendersi come unico mezzo per raggiungere un determinato scopo? Se ciò fosse vero, significherebbe che siamo rimasti fermi al pensiero del Machiavelli, che siamo fermi ancora al 1500, “il fine giustifica i mezzi”.
Vorrei anche ricordare che la salute pubblica è il valore centrale…..Ebbene sì, la Salute Pubblica, mica il vaccino in sè e per sè, che dovrebbe essere identificato solo e soltanto come uno dei molti mezzi a disposizione dalla società moderna per garantirla questa salute pubblica.
Non ci credo che si sia solo questa strada buia davanti…. mi riesce difficile farlo, non ce la faccio, non posso e non voglio credere che nel 2017 si sia rimasti al pensiero del Machiavelli e poi sentirmi anche dire che questo è un Governo progressista….. Non voglio, perché se così fosse significa che questo manco più è un Governo, bensì una entità sconnessa dalla propria base, guidata non più dal concetto di fare il bene comune, bensì da tutt’altri scopi, e con metodologie risalenti a oltre 500 anni fa…. Non posso e non voglio credere che ai giorni nostri un qualunque governo non disponga di strumenti e mezzi necessari per esercitare seppur al minimo il proprio ruolo, ovvero quello di garantire almeno la salute pubblica in un modo democratico e rispettoso delle persone, senza ricorrere ad uso della forza, senza necessariamente metter in moto nella pratica meccanismi da ventennio, come succedeva 80 anni fa con un governo di altro periodo storico e di ben altro stampo.
Carissim* chi avrà letto fino qua è già stato fin troppo eroico e paziente di per sè, ma è di questo che si parla, del metodo, non di altro, eppure, anche adesso, alcuni negligenti, (riferito a chi fa politica) fanno orecchie da mercante facendo finta di non capire, e altri ancora, purtroppo i più credo, non afferrano nella sua interezza l’entità della questione, e l’impatto che questo decreto avrà nella società civile.
Possiamo solo sperare che sia soltanto un problema di comunicazione, un grosso deficit di comunicazione delle centinaia di migliaia di persone, che  come il sottoscritto forse non riescono bene a comunicare, a cosa si stia andando incontro se questo Decreto Legge Vaccini verrà applicato per come è scritto. (Decreto che in quanto legge dovrà essere per forza applicato, oppure che responsabilmente e con senso di maturità venga stralciato, facendo marcia indietro, perché è pur vero tutti si può sempre sbagliare, basta però ammetterlo e poi correggere il tiro).
Speriamo perciò che l’incomprensione fra due differenti modi di vedere il paese e la società e il proprio ruolo di cittadini, differenze evidenziate ancora di più con questo DL,  sia solo un grosso problema di comunicazione, perché al contrario, ciò vorrebbe dire solo due cose, o che le tantissime persone che lo rifiutano nel metodo, siano diventate ormai del tutto irrimediabilmente pazze e visionarie, a tal punto che ormai siano senza rimedio, allora, secondo lo stesso principio e metodo contenuti nel Decreto Legge Vaccini, per tutti noi, compreso il sottoscritto che scrive, in un futuro prossimo, potrebbe rimanere solo l’alternativa del TSO.  Oppure può significare che in molti, purtroppo sempre di più, abbiano abdicato in buona parte l’uso alla ragione o quanto meno ad ogni forma di ascolto e altrui comprensione.
Bisogna infine porsi una domanda: Anche rimanendo in linea con le raccomandazioni del OMS e del ISS, ammettendo pur il deficit di vaccinazione nazionale, come si può arrivare ad una simile misura? Qualcosa che non torna, o per lo meno, si coglie immediatamente che è una misura oltremodo sproporzionata quella contenuta in questo Decreto Legge Vaccini, non c’è logica né giustificazione alcuna, è anche questo che dovrebbe quanto meno generare più di qualche dubbio in molte persone.
In questo caso per coloro che si rendano ancora conto di ciò che va accadendo, risulta necessario e senza altra possibilità alcuna, operare la pratica dello sciopero della fame, di forme di Disobbedienza Civile Nonviolenta e qualora risulti necessario e serva a richiamare l’attenzione su questa mostruosità che si va compiendo, arrivare persino alla possibilità della detenzione, come rimedio ultimo di uno Stato coatto e sempre più sordo al dialogo, che voglia obbligare un qualunque cittadino al rispetto di leggi che siano ingiuste e degradanti dell’essere umano e della sua dignità di persona.
In definitiva con questo Decreto Legge Vaccini c’è la netta sensazione che si sia prodotto un mostro, che spero si abbia la forza e la maturità di far velocemente rientrare, perché lo si voglia oppure no, si senta che ciò ci riguardi oppure no, stiamo sicuri che questo decreto andrà a toccare nella pratica la vita di tutte le persone, anche quella di coloro che ingenuamente o egoisticamente credono che non li riguardi.
Perché la dignità umana e i diritti civili, almeno quelli formali, (qualora proprio non si riesca garantire quelli veri e propri) vengono sempre e comunque prima di un vaccino.
Senza più nessuna forma di apertura al dialogo da parte dello Stato,  senza una qualche forma di riconoscimento di coloro che ritengono che esistano altri metodi che non sia necessariamente l’uso coatto della punizione e della coercizione per raggiungere il diritto alla salute pubblica, allora in questo caso, almeno a mio sentire, l’unica risposta sta nella Disobbedienza Civile Nonviolenta e nel resistere, che a questo punto diventa un valore umano, non più un trasgredire, bensì un mezzo per riaffermarne il valore principale della dignità dell’essere umano.


(*) Da Pressenza.

martedì 23 maggio 2017

Non trovo lavoro perché sono brutta

Sono una lettrice del Corriere, in particolare il sabato perché mi piace «Io donna», e arrivo a elemosinare due euro per concedermi il lusso di comprarlo. Ho 42 anni, una laurea nel cassetto, sono disoccupata dal 2012.
Il punto è che sono brutta. Ho un viso orribile, deformato dal forcipe con cui mi hanno presa dal grembo di mia madre, ultima di dieci figlie. Un viso che ai colloqui scartano; perché in questo mondo sembra ci sia posto solo per l’esteriorità. Ho esperienza da vendere, idee, e invece guardo mia madre ottantenne e sento solo un senso di vergogna per essere per lei ancora un pensiero e non una gioia. Tante volte ho pensato di farla finita, ma amo maledettamente e paradossalmente la vita, anche se mi ha sempre presa a calci.
Scrivo al Corriere perché vorrei meritare una dignità lavorativa. Perché avrei bisogno, essendo una persona onesta e vera, di non elemosinare due euro per un giornale, ma uscire a testa alta e poterlo comprare. Non è l’Italia, Paese di cui sono orgogliosa, è la gente che vive di pochezza che rovina il mondo.
Con fatica ho comprato molti libri, sono la mia salvezza. Ora dovrei venderli, ora che tra un po’ i due euro mi serviranno per un pezzo di pane. «Sei bella dentro Francé», mi dicono, ma intanto fuori le prese in giro sono coltelli per la mia anima. Anni di volontariato, studi di filosofia... la sofferenza che ti spinge ad andare sempre dove gli altri non arrivano...
Voglio un lavoro. Lo merito, lo merita la mia dignità di persona onesta e leale.
Francesca

mercoledì 17 maggio 2017

Henderson Island: il paradiso della plastica



Per gli scienziati marini che sono sbarcati sulle sue spiagge (fa parte dell'arcipelago Pitcairn dal 1902) è la peggiore dimostrazione di come il comportamento umano possa rovinare un delicato ecosistema. Su quell'isola ci sono infatti 18 tonnellate di plastica, una catastrofe prodotta "anno dopo anno" spiegano i ricercatori della University of Tasmania e Royal Society del Regno Unito che l'hanno visitata. Su quelle spiagge si contano 38 milioni di detriti lasciati dall'uomo: ogni metro quadrato di Henderson ha tra 20 e 670 pezzi di plastica sulla superficie e tra 50 e 4.500 pezzi sepolti poco sotto. La stima è che ogni giorno 3.750 componenti di nuovi rifiuti si accumulino sull'isola con un tasso 100mila volte maggiore rispetto a quello di altri luoghi del pianeta, anche per una questione di correnti.
Quasi trenta anni fa, nel 1988, Henderson - eden per uccelli e terra "pura" ricca di fosfato - fu inserita nella lista dei Patrimoni dell'umanità Unesco. Cinico destino, oggi l'uomo l'ha praticamente uccisa…
…"Sulle spiagge abbiamo trovato bottiglie dalla Germania, contenitori provenienti dal Canada o dalla Nuova Zelanda e tanto altro. Questo ci dice che abbiamo tutti una responsabilità per ciò che sta accadendo. Se in una delle isole più remote e considerate più incontaminate al mondo registriamo questi valori, significa che ormai tutti gli angoli del globo sono già influenzati". Ci sono le tracce di prodotti provenienti da almeno 24 paesi e da tutti e cinque i continenti.
Secondo gli scienziati dovrebbero essere proprio queste isole remote e lo studio dei loro animali a fare da sentinelle per la salute dell'ecosistema marino: "Filtrano l'oceano: se la più inquinata è una delle isole più lontane, questo ci dà l'idea della portata del problema". 
Uno scempio a cui i ricercatori chiedono di reagire immediatamente "Pulire non è più una opzione. L'immondizia totale di Henderson rappresenta solo 2 secondi della produzione totale di plastica del mondo (aumentata di 180 volte negli ultimi 60 anni, ndr). I governi di tutto il mondo devono intervenire con urgenza per ridurre la quantità di questo materiale. Non possiamo più aspettare solo la scienza e i dati, dobbiamo intervenire adesso o sarà troppo tardi".



martedì 16 maggio 2017

Marijuana, Big Tobacco del XXI secolo: il grande business della legalizzazione - Maurizio Ricci



Ne parlano di più - e spesso con entusiasmo - magistrati e poliziotti che industriali e consumatori. Anche in questi giorni, in cui il dibattito in Italia si è riacceso, l'attenzione rimbalza fra commissariati, tribunali e carceri. Ma la legalizzazione della marijuana è molto di più. C'è chi dice che sarà la Big Tobacco del XXI secolo e chi spia, nei segnali che vengono dai paesi in cui la vendita è già legale, la sopravvivenza della cultura libertaria a cui l'hanno associata i baby boomers. In ogni caso, è un boom in attesa di esplodere.

La mutazione genetica del commercio di una droga, ancora ieri, messa al bando, però, è già iniziata. Come quella dei suoi protagonisti. Niente a che vedere con personaggi coloriti e sinistri, come El Chapo. Qui sono tutte persone serissime, molto rispettabili. C'è un medico inglese, che ha dedicato tutta la vita alla ricerca. Un miliardario indiano, pur molto chiacchierato per le sue scorrerie finanziarie. Due canadesi: un piccolo genio dell'elettricità e il presidente di una società di pattinaggio. E un americano di Boston, finito nel gruppo per aiutare un amico. Nessuno di loro accetterebbe di essere definito un boss. Sono i presidenti, fondatori, leader di società quotate in Borsa anche per miliardi di dollari, in testa alle classifiche di chi smercia e tratta, in modo assolutamente legale, marijuana. Se
mai ci sarà, sulle orme di Big Tobacco, una Big Maria, o Big Pot, come la chiamano gli americani, i protagonisti bisognerà cominciare a cercarli qui.

Il più grosso è Geoffrey Guy, il medico inglese alla testa di Gw Pharmaceuticals, che in Borsa vale quasi 3 miliardi di dollari, secondo la classifica stilata da Viridian Capital Advisors. Poi c'è il canadese Bruce Linton, quello della società di pattinaggio, che guida Canopy Growth, quasi 800 milioni di dollari (Usa) di capitalizzazione alla Borsa di Toronto. Il terzo è il miliardario indiano John Kapoor, fino a pochi mesi fa ufficialmente alla guida di Insys Therapeutics, 664 miliardi di dollari di valore in Borsa. E un altro canadese, Terry Booth, una lunga esperienza nell'elettricità e nel software e ora alla guida di Aurora Cannabis, 433 miliardi di dollari (Usa) di capitalizzazione alla Borsa di Toronto. Il più rampante e il più ambizioso, però, è l'ultimo arrivato, Tim Keogh, un allampanato bostoniano, che, frustrato per non essere riuscito ad aiutare con la terapia antidolore un amico malato, ha creato AmeriCann.

Nel mondo anglosassone lo chiamano il "cannabusiness". Non solo è in Borsa: gli hedge fund fiutano l'affare. Tribeca, il fondo che nel 2016 ha battuto, come rendimento, tutti gli altri al mondo, ha appena investito in Cann Group, coltivatore australiano di marijuana. E, se volete le notizie sul web il Marijuana Business Daily segue il settore a ciclo continuo. Naturalmente, bisogna fare distinzioni: se uno dicesse a Geoffrey Guy che tratta "erba" storcerebbe il naso e forse firmerebbe una querela. Perché queste società esistono, sono legali, stanno sul mercato in quanto i loro prodotti hanno un uso medico, fino ad un attimo fa l'unico consentito. Sia le medicine antiepilessia di Guy, che quelle per i malati di tumore e di Aids di Kapoor si basano su marijuana priva di componenti psicoattivi: è inutile provare a fumare l'Epidiolex o il Syndros. Ed è possibile che Gw o Insys restino nel mercato medico. Ma gli altri si stanno preparando a cavalcare un'onda di consumi. Siamo all'anno zero.

Fra il 2017 e il 2018, fumare marijuana per lo sfizio di fumare marijuana diventerà legale, sia pure con norme assai diverse, per centinaia di milioni di persone: dall'Uruguay, al Canada, a metà Stati Uniti. L'Uruguay l'ha legalizzata da anni, ma solo da luglio la si potrà comprare in farmacia. Sarà un mercato regolato in modo assai stretto, almeno nelle intenzioni. Prezzo fisso (1,30 dollari a grammo), quantità razionata (10 grammi a settimana), qualità garantita (componente psicoattiva fra il 3,3 e l'11%). In Canada, la legalizzazione partirà un anno dopo: chiunque sia maggiorenne potrà comprare marijuana a uso ricreativo nei negozi di liquori o altri negozi specializzati, secondo regole dettate a livello statale. Negli Usa, i referendum che hanno accompagnato l'elezione di Trump hanno fatto scattare una legalizzazione a largo raggio, scadenzata secondo i diversi Stati. Il più grosso, la California, aprirà la vendita nell'estate 2018. Il paradosso è che la marijuana resta proibita a livello federale, ma metà degli Stati ha deciso di autorizzarne la vendita e l'uso.

Non si parla di Big Maria per caso. In Canada, gli esperti calcolano che il mercato legale farà sparire 7,5 miliardi di dollari dalle tasche del crimine organizzato. Nel 2015, il giro d'affari della marijuana medica in California è stato appena inferiore ai 3 miliardi di dollari. Secondo la società di ricerche Arcview, il fatturato dell'erba legale in tutti gli Usa è stato di 7 miliardi. Con la legalizzazione a tappeto, ci si aspetta una impennata: 22 miliardi di dollari nel 2020, 50 miliardi nel 2026. Metà del giro d'affari americano delle sigarette di Big Tobacco. E i protagonisti si attrezzano. Canopy Growth, la società di Bruce Linton, produce nella sua serra grande quanto otto campi da calcio, vicino alle cascate del Niagara, più marijuana di chiunque altro. I concorrenti di Aurora Cannabis, l'azienda di Terry Booth, stanno costruendo, però, una serra grande il doppio, 16 campi da football, dentro l'aeroporto di Edmonton, nell'Alberta. Produrrà 100 tonnellate di erba l'anno. Ma è qui che entrano in gioco Tim Keogh e AmeriCann. Sempre di serre, data la latitudine, si parla, ma la megaserra in costruzione nel Massachussetts è un quarto più di Edmonton, 20 campi da football. Quella annunciata da GFarms in California, dieci volte più piccola, è quasi una minimpianto. Questo gigantismo è il prologo della nascita di un oligopolio della marijuana, poche grandi aziende unite in un patto di ferro, come Big Pharma o Big Tobacco, Big Maria, appunto? Secondo John Hudak e Jonathan Rauch che, al tema, hanno dedicato un apposito studio per l'autorevole Brookings Institution ("Worry about bad marijuana - not dollari. Applicando lo stesso parametro all'Italia, dove, dallo scorso luglio, il progetto di legalizzazione della marijuana è in Parlamento, si arriva a circa 7 milioni di potenziali fumatori. In buona misura, adolescenti. Per scoraggiare i più giovani, dicono Jacobi e Sovinsky, bisognerebbe quadruplicare il prezzo con le tasse. Ma in Italia, la marijuana legale a 40 euro al grammo significherebbe ridare spazio al mercato nero. Da questo punto di vista, il parametro più difficile da individuare, nel dossier della marijuana legale, è proprio il prezzo: troppo alto riapre il mercato ai criminali, troppo basso rischia di favorire l'uso da parte dei consumatori più deboli. Ma il prezzo è l'elemento chiave del dossier anche perché dipende dalle tasse: la legalizzazione, per il fisco, è un affare non da poco. Negli Usa come in Italia. Ipotizzando una tassa del 25 per cento (quella americana, non il 75 per cento che in Italia si applica ad alcool e tabacco) il fisco italiano incasserebbe fra mezzo miliardo di euro e un miliardo e mezzo. A cui, però, bisogna aggiungere, sottolineano gli economisti favorevoli alla liberalizzazione, i risparmi nelle operazioni di polizia contro la criminalità e, soprattutto, lo svuotamento delle carceri, dove oggi, un terzo dei detenuti è costituito da spacciatori. Il risparmio, per l'Italia, secondo gli studiosi, sarebbe fra 1,5 e 2 miliardi di euro l'anno. Big Marijuana") non è una ipotesi credibile. Il mercato farmaceutico è regolato in modo rigido dalle agenzie governative con cicli di investimento fra ricerca, brevetto, esaurimento del brevetto, finanziariamente assai costosi. Un'occhiuta vigilanza pubblica sui prodotti è improponibile per la marijuana a uso ricreativo. Ma Hudak e Rauch non credono neanche che possa affermarsi il modello di business di Big Tobacco: troppo diversificata l'offerta (dalla serra a chilometri zero alla farmacia all'azienda media a quella grandissima) per consentire il consolidamento in due-tre giganti come per le sigarette. A meno che non si vada verso regolamentazioni e controlli troppo stretti - che, aumentando le barriere all'entrata favoriscono le concentrazioni - il panorama della marijuana, dicono con qualche ottimismo i due studiosi, sarà largamente decentrato, come decentrata Stato per Stato è la normativa che sta entrando in vigore…

Por tu bien - Icíar Bollaín

lunedì 15 maggio 2017

costo di mamma

Il sorriso restituito da un figlio ripaga da ogni sacrificio, ma se una mamma dovesse batter cassa per tutte le cose che riesce a fare durante una giornata avrebbe uno stipendio doppio rispetto alla media italiana. Secondo il portale ProntoPro.it, lo stipendio delle madri, se il loro lavoro fosse retribuito, arriverebbe alla bellezza di 3.045 euro netti al mese.
Il portale che offre preventivi per i lavori di professionisti, ha preso in considerazione tutte le attività svolte dentro e fuori casa, "con le relative paghe orarie riconosciute a chi esercita i diversi mestieri al di fuori della famiglia, come lavoratore professionista. È emerso che lo stipendio mensile medio sarebbe pari a quello di chi ricopre cariche manageriali, di medici specializzati e di liberi professionisti".
Con un po' di ironia, si può immaginare una mamma in azione dalle prime ore del giorno con il ruolo di autista privato, richiesto per accompagnare i propri bambini a scuola, in piscina o dagli amici: la retribuzione oraria media per questa professione è pari a 13 euro l'ora…

domenica 14 maggio 2017

Alla fine, a Cagliari, i fenicotteri sconfiggeranno i massoni - Giorgio Todde



Un giornalista di vero talento, Alberto Statera, inventò per Cagliari un definizione eterna. La chiamò città delle tre EmmeMassoneriaMedici e Mattone. Logge, ospedali e imprese formicolano di figli della vedova.
Invece, un medico massone che riuniva in sé le tre Emme, in disaccordo con la definizione di Statera, affermò che Cagliari era la città del sole, del mare e dei fenicotteri.
E ha avuto ragione perché oggi i fenicotteri sono molto più numerosi dei massoni, dei medici e dei costruttori.
Dice Vincenzo Tiana, parroco dello stagno di Molentargius e ostetrico dei fenicotteri, che l’ultimo censimento conta quarantamila esemplari adulti e diecimila pulli. Insomma, anche contando i pulli di medici e massoni, oggi stravincono i fenicotteri.
Però nella nostra città non è sempre stato così.
Quando Helmar Schenk – lo zoologo tedesco che riuscì a far nidificare i fenicotteri al Molentargius e che lasciò la Germania perché là gli alberi erano troppo dritti – iniziò la sua impresa i fenicotteri erano ridotti a pochi esemplari. Allora il popolo dei fenicotteri era inferiore a quello dei massoni che intanto si moltiplicavano secondo le leggi della natura.
Ma Schenk ebbe la meglio e così oggi a Cagliari, naso all’insù, al tramonto si vedono bellissimi stormi di fenicotteri che vanno da uno stagno all’altro. Uno spettacolo che vale il viaggio.
Quel medico aveva ragione e oggi ci sono molti più fenicotteri che massoni. Ma i massoni continuano a nidificare in città. E pure loro valgono un viaggio per vederli quando anch’essi si radunano in stormi la sera.
Che la città nuova abbia la forma di oggi è anche demerito loro, nel senso che la forma illogica dei nuovi quartieri, delle periferie e dell’hinterland è stata in parte decisa dalle Emme che dal dopoguerra in poi hanno inciso profondamente nel governo dei luoghi.
La saldatura delle tre Emme con i governi che si succedevano è difficile da mettere in discussione e la definizione di Statera non è mai stata “smontata”. Ma tante, forse più dei fenicotteri, sono le menti massoniche.
Una mente massonica non ha l’obbligo di iscrizione. E si può essere massoni, fare parte dello stormo, senza essere un adepto del Grande Oriente.
Si è massoni di fatto se si concepiscono i rapporti tra esseri umani, governi e blocchi sociali come rapporti basati sull’affiliazione.
Insomma, si è affermato un sentire massonico fondato sull’appartenenza, su una visione iniziatica del gruppo, sul riconoscimento tra simili, sul “è dei nostri”, sul “gli parlo”, un sentimento talmente infiltrante che pochi possono affermare di esserne esenti. Un sentire, oltretutto, prevalentemente maschile, da spogliatoio dopo calcetto, dove i maschi si incontrano a parlare di roba da maschi.
Il collante è nella tendenza alla confraternita, alla congregazione, sino alla setta. L’esigenza tranquillizzante di appartenere a qualche comunità.
Quando nel rapporto non è importante l’argomento discusso, l’oggetto del ragionare – comunemente chiamato il merito dei fatti – allora diventa fondamentale, appunto, l’appartenenza a un gruppo, a una rete. Ci si riconosce come esemplari della medesima specie attraverso segni, riti e princìpi che precedono la sostanza, il significato delle cose e perfino l’uso della ragione.
Affiliazione, dunque. Non ragionamento. Prima di tutto riconoscimento.
Una roba ancestrale, istintiva. E’ il paleo-cervello, quello delle emozioni, che entra in gioco.
L’opposto della relazione, forma evoluta dei rapporti sociali, attività della corteccia cerebrale. La relazione si sostiene attraverso il ragionamento, senza forme preconcette di accettazione.
Quest’anima massonica è ubiquitaria e può manifestarsi in ogni forma associativa, nei partiti, nelle sette religiose, nei circoli, in ogni confraternita. Ha causato e causa danno nella gradazione del progresso sociale. Lo blocca, lo mummifica, lo priva di una reale parità, di dinamismo, di complessità, amputa la democrazia vera perché crea di fatto un’oligarchia molesta, fondata, lo ripetiamo, sull’affiliazione.
Però la speranza che la capacità di stabilire relazioni prevalga sul sentimento di appartenenza è ancora viva. E molti, tra mille difficoltà e nonostante l’intreccio tra affiliati di ogni risma, riescono mantenere il filo della relazione libera, fondata su ragionamento e critica.
Sarà un processo lento, un’emancipazione faticosa, ma un giorno, finalmente, potremo vedere nel cielo della nostra città solo stormi di fenicotteri.

venerdì 12 maggio 2017

Crolla tunnel sotterraneo in ex fabbrica di plutonio piena di materiale radioattivo - Maria Rita D’Orsogna

Chissà perché certe notizie non sono interessanti, oppure sono troppo interessanti e scomode a chi tira i fili delle decisioni in Italia (e in un paese in cui l’Agenzia Giornalistica Italiana è per il 100 per cento nelle mani dell’Eni, uno ha da pensare…). Il 10 maggio la notizia era un po’ dappertutto sulla cronaca statunitense. Un sito nucleare a Richland, nello stato di Washington e chiamato Hanford Nuclear Reservation, ha visto un tunnel collassare mentre che era pieno di materiale radioattivo proveniente da un sito in cui si processava il plutonio. Erano rifiuti nucleari e radioattivi.
In migliaia sono dovuti scappare (qui lavorano 4.800 persone…). E come poteva essere altrimenti! Molti sono rimasti a casa anche il giorno dopo l’incidente. Non ci sono segnali di rilasci di radiazione nucleare, ma gli esperti indagano ancora usando macchinari che possono fare monitoraggio radioattivo da soli, senza l’intervento dell’uomo. È stato interdetto il transito degli aeroplani in un area di circa mille e cinquecento chilometri quadrati.

Ad Hanford si produceva plutonio per armi, dal 1943 fino alla metà degli anni Ottanta. Il plutonio della bomba di Nagasaki è stato fatto qui, presso il Plutonium Uranium Extraction Plant, anche noto come Purex. Il sito è stato poi dismesso, ed oggi è ancora contaminato: ci lavorano ancora centinaia di persone per completare la bonifica che si pensa sarà conclusa nel … 2060!
Martedì 9 maggio, alcuni lavoratori hanno visto della terra semi-sprofondata. Ed è arrivata l’emergenza. Circa otto metri di tunnel sotterraneo erano collassati.
Quello che c’è a Hartford, per quanto monitorato, sorvegliato, studiato nei minimi dettagli e aggiornato è pur sempre un relitto di un’altra era. Non sappiamo bene come gestire questi impianti di altri tempi perché non ci sono punti di riferimento. Cosa fare? Quanto terranno le infrastrutture? Dove mettere tutto quello che resta?
L’edificio in questione si estendeva per dieci metri sottoterra ed era chiuso da venti anni. È pure fortemente inquinato. Nella zona ci sono ben 177 siti di stoccaggio di rifiuti nucleari degli anni 1940.
E in Italia? Siamo sicuri che tutti i buchi fatti per il petrolio dell’era post guerra non perdano? Siamo certi che tutte le piattaforme sotto la superficie del mare non lo stanno contaminando con perdite più o meno grandi? E quello che costruiamo adesso? Siamo assolutamente sicuri che quello che facciamo al sottosuolo non stia stuzzicando le faglie sismiche? Quanti “rifiuti” ha riversato l’Eni in giro per l’Italia?
Non è meglio un pannello solare sulle case di tutti?

mercoledì 10 maggio 2017

Dalla Germania 40 milioni per ampliare la fabbrica di bombe di Domusnovas - Piero Loi



Mentre nell’Isola si discute dell’ampliamento della Rwm Italiaa Berlino si tiene l’annuale assemblea degli azionisti della Rheinmetall, il colosso tedesco degli armamenti che controlla la società attiva in Sardegna. Proprio da Berlino, grazie alla Fondazione Finanza Etica di Banca Etica, intervenuta all’assemblea con il giornalista-ricercatore Mauro Meggiolaro, arrivano notizie sull’ampliamento degli stabilimenti dell’Iglesiente in cui vengono prodotte le bombe utilizzate dai sauditi nella guerra dello Yemen. Il ceo della Rheinmetall Armin Pappenger ha, infatti, dichiarato che sono previsti “15-20 milioni nel 2017 e altrettanti nel 2018 per l’ampliamento della fabbrica di Domusnovas-Iglesias”.
Insomma, circa 40 milioni di euro in due anni per far fronte alle sempre più ingenti commesse ottenute dalla Rwm Italia. L’ultima delle quali – già autorizzata dal governo italiano – ammonta a 411 milioni, come si evince dall’ultima Relazione annuale in materia di armamenti depositata in parlamento dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a fine aprile. Una cifra record, che ha fatto balzare la Rwm Italia al terzo posto tra le aziende italiane del settore della Difesa per valore delle autorizzazioni rilasciate nel 2016 dal governo. Dell’ordine si conosce la quantità di armamenti richiesti: poco meno di 20mila bombe (tra Mk82, 83 e 84) e la provenienza geografica del committente, che – stando alla relazione annuale della stessa Rheinmetall – appartiene alla regione denominata MENA (Middle East – North Africa). Ma non è dato sapere di quale stato si tratti. Visto il consolidato rapporto commerciale tra Rwm e sauditi, quelle bombe potrebbero essere destinate proprio alla monarchia degli Al Saud. A precisa domanda di Meggiolaro, il ceo Pappenger risponde: “Non possiamo dire se le bombe prodotte in Sardegna andranno ai sauditi”.
L’assemblea degli azionisti Rheinmetall fa emergere anche un’altra notizia: esisterebbe un progetto per la realizzazione di una fabbrica di munizioni targata Rwm Italia in Egitto. A rivelarlo è sempre Pappenger, che ha precisato: siamo ancora a livello di discussioni preliminari.
Le dichiarazioni di Pappenger vengono definite incredibili dal senatore M5s Roberto Cotti: “Per questi signori l’azienda, con la produzione di bombe in Sardegna, risponde ai bisogni essenziali delle persone. E, infatti, hanno precisato: ‘esportiamo dall’Italia perché i sauditi ci chiedono proprio quelle bombe’. Ma quali persone? Forse le migliaia di vittime civili yemenite che hanno perso la vita a causa dei bombardamenti dell’Arabia Saudita?”.
Anche Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana Disarmo interviene sull’assemblea degli azionisti Rheinmetall: “Come dimostrato dal “Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen”, trasmesso il 27 gennaio scorso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, le bombe esportate ai sauditi sono utilizzate per bombardare lo Yemen, in una guerra che non ha alcuna legittimazione dal punto di vista del diritto internazionale e che ha generato oltre seimila morti tra i civili, di cui mille bambini”.

martedì 9 maggio 2017

Sardegna sempre più anziana, nel 2050 il 40% sarà over 65



Sardegna sempre più avanti con gli anni: nel 2050 il 40% dei residenti avrà oltre 65 anni. Sono le previsioni di Anap Pensionati Confartigianato sui dati Istat. Fra 33 anni la popolazione passerà dagli attuali 1.658.138 abitanti a 1.365.896. In questo stesso arco di tempo gli over 65 saliranno dai 366.681 di oggi a oltre 553.070 mila (incidendo per il 40,5% del totale). L’aumento sarà di circa 186.389 unità. Sulla base di queste previsioni demografiche l’età media nell’Isola si alzerà dai 46 ai 54,1 anni, contro una media italiana (prevista) di 50,1 anni. Attualmente la Sardegna registra una delle età medie più alte in Italia (a livello nazionale è di 44,7 anni): la prima è la Liguria con 48,7, seguita da Friuli-Venezia Giulia (46,9) e Toscana (46,5). Quella più ‘giovane’ è la Campania con 42,1 anni
. A livello provinciale l’età media più alta si trova a Carbonia-Iglesias e a Oristano con 47,2 anni; segue il Medio Campidano con 46,5 e Nuoro con 45,7. La provincia con più over 65 è Oristano con il 24,8% di anziani, cioè 40.134 persone. Segue Carbonia-Iglesias con il 23,8% (30.252 anziani) e il Medio Campidano con il 23,4% (23.449 anziani). A livello nazionale guida Savona (28,7%) seguita da Trieste (28,6%) e Genova (28,4%). “I dati ci mostrano una situazione di progressivo invecchiamento della popolazione sarda – sottolinea Paola Montis, presidente Anap Pensionati Confartigianato – accompagnata anche da una crescita dell’incidenza delle demenze senili e delle disabilità”. Le strategie: “Per questo – precisa Montis – è sempre più necessario sostenere e accompagnare, attraverso percorsi studiati ad hoc non solo coloro che sono affetti in prima persona da disturbi cognitivi, ma anche chi si occupa quotidianamente della loro assistenza, a partire dai familiari”.

piccole muraglie italiane

"I sassi sono come gli uomini. Tutti possono essere buoni. Basta saperli vedere: allora te lo dicono loro in quale posto devono stare". Carmelo Brugnara ha 71 anni e fa vino a "Maso Spedenàl", in val di Cembra. Da quasi sei decenni costruisce muri a secco per evitare che le vigne, aggrappate alla montagna trentina, vengano giù. Ha cominciato a tenere su il mondo da bambino perché è nato in un luogo "dove c'è sempre stato niente di tutto". "Per mangiare - dice - devi prima fare pulizia. Togli i sassi dalla terra e li metti in ordine per non perderla. La posizione delle cose: è questa, da sempre, che decide chi ce la fa e chi no". Non ha mai aperto un libro ma ha ascoltato molto suo padre, che prima guardava il suo. Così è andato a occhio e solo oggi si rende conto di aver costruito decine di chilometri di muri a secco, disegnando uno dei paesaggi rurali più straordinari del pianeta. È un'anonima ma irripetibile opera d'arte, cruciale sia per il paesaggio che per l'economia delle Alpi.

Non è un reperto da museo. I muretti costruiti con i sassi, dal Giappone alla Gran Bretagna, dall'Himalaya alle Ande, dopo i decenni dell'abbandono rivivono un'insperata stagione di consapevolezza collettiva. "All'improvviso - dice il regista Michele Trentini, che sabato prossimo presenterà il documentario "Uomini e pietre" - anche i ragazzi capiscono che la bellezza conta. Anzi: che è decisiva per il destino di ogni comunità". Cipro, Grecia, Italia, Francia, Svizzera e Spagna a fine aprile hanno candidato la "tecnica dei muretti a secco in agricoltura" a patrimonio immateriale dell'umanità tutelato dall'Unesco. Il sì italiano è teso a salvare i terrazzamenti e le millenarie barriere di divisione che segnano il profilo naturale del Paese: in Liguria e nel Salento, lungo la costiera di Amalfi e sull'Etna, a Pantelleria e in Toscana, su tutto l'arco alpino e nel cuore dell'Appennino. Questo tesoro sembrava consegnato alla rovina e alla nostalgia. Contadini, architetti, imprenditori, scienziati e promotori del turismo, lo rilanciano in tutto il mondo quale modello avanzato di uno sviluppo nuovo, capace di generare lavoro e ricchezza senza consumare la natura. La commissione Unesco visiterà i muretti a secco italiani fino all'anno prossimo, la decisione di accoglierli tra i beni essenziali della civiltà è fissata per il 2019…