Chissà
perché certe notizie non sono interessanti, oppure sono
troppo interessanti e scomode a chi tira i fili delle decisioni in Italia (e in
un paese in cui l’Agenzia Giornalistica Italiana è per il 100 per cento nelle
mani dell’Eni, uno ha da pensare…). Il 10 maggio la notizia era un po’
dappertutto sulla cronaca statunitense. Un
sito nucleare a Richland, nello stato di Washington e chiamato Hanford Nuclear
Reservation, ha visto un tunnel collassare mentre che era pieno di materiale
radioattivo proveniente
da un sito in cui si processava il plutonio. Erano rifiuti nucleari e radioattivi.
In migliaia sono
dovuti scappare (qui
lavorano 4.800 persone…). E come poteva essere altrimenti! Molti sono rimasti a
casa anche il giorno dopo l’incidente. Non ci sono segnali di rilasci di
radiazione nucleare, ma gli esperti indagano ancora usando macchinari che
possono fare monitoraggio radioattivo da soli, senza l’intervento dell’uomo. È stato interdetto il transito degli aeroplani in un area di circa mille e
cinquecento chilometri quadrati.
Ad Hanford si produceva
plutonio per armi, dal 1943 fino alla metà degli anni Ottanta. Il plutonio della bomba di Nagasaki è stato fatto qui,
presso il Plutonium Uranium Extraction Plant, anche noto come Purex. Il sito è
stato poi dismesso, ed oggi è ancora contaminato: ci lavorano ancora centinaia
di persone per completare la bonifica che si pensa sarà conclusa nel … 2060!
Martedì 9 maggio, alcuni
lavoratori hanno visto della terra semi-sprofondata. Ed è arrivata l’emergenza.
Circa otto metri di tunnel sotterraneo erano collassati.
Quello che c’è a Hartford, per
quanto monitorato, sorvegliato, studiato nei minimi dettagli e aggiornato è pur
sempre un relitto di un’altra era. Non
sappiamo bene come gestire questi impianti di altri tempi perché non ci sono punti di
riferimento. Cosa fare? Quanto terranno le infrastrutture? Dove mettere tutto
quello che resta?
L’edificio in questione si
estendeva per dieci metri sottoterra ed era chiuso da venti anni. È pure
fortemente inquinato. Nella zona ci sono ben 177 siti di stoccaggio di rifiuti
nucleari degli anni 1940.
E in Italia? Siamo
sicuri che tutti i buchi fatti per il petrolio dell’era post guerra non perdano? Siamo certi che tutte le piattaforme
sotto la superficie del mare non lo stanno contaminando con perdite più o meno
grandi? E quello che costruiamo adesso? Siamo assolutamente sicuri che quello
che facciamo al sottosuolo non stia stuzzicando le faglie sismiche? Quanti
“rifiuti” ha riversato l’Eni in giro per l’Italia?
Non è meglio un pannello
solare sulle case di tutti?
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