venerdì 28 gennaio 2011

Puro cotone cento per cento - Luciano Gianazza

Quante volte l'abbiamo sentito dire, quante volte l'abbiamo letto sulle etichette, quante volte abbiamo pensato: "Sarà davvero cotone 100%? E che cotone poi?" e siamo rimasti nel dubbio. Le nostre nonne magari avrebbero potuto dare un giudizio esatto sulla qualità della stoffa, noi forse un po' meno, in questa società di tarocchi e di etichette farlocche.

In ogni caso c'è il tessuto in cotone puro al 100%, vergine, fatto con il filato del cotone raccolto nei campi, non quello ricavato dalla cardatura di vecchi stracci rigenerati o misto a materiale sintetico.

Quello bello, piacevole da indossare, amico della nostra pelle. Non certo a buon prezzo, ma qualche maglietta in puro cotone ancora è possibile comprarla.

Adesso qualcuno mi darà del guastafeste, ma dietro al cotone c'è una breve storia che dobbiamo sapere...

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grazie a Edoardo per la segnalazione - francesco

giovedì 27 gennaio 2011

Why the Happy Meal is a Crime—and Not Just a Culinary One - Michele Simon

in inglese, ma ne vale la pena.

...Now, what about marketing to children? Ample science, along with statements by various professional organizations tells us that marketing to young children is both deceptive and unfair. Why? Because young children simply do not have the cognitive capacity to understand that they are being marketed to; they cannot comprehend "persuasive intent," the linchpin of advertising. Here's how the nation's trade group for kids' doctors puts it: "The American Academy of Pediatrics considers advertising directly to young children to be inherently deceptive, and exploits children under the age of 8 years."

So, if advertising to young children is inherently deceptive, and deceptive advertising is illegal under federal law and in most states, how is it even happening? And doesn't this mean that not just food, but all marketing to young children is currently illegal? I get this question a lot. The answer is yes...


...But if you still think that protecting kids is all up to parents because they are actually purchasing the Happy Meals, I asked Steve Gardner, litigation director at the Center for Science in the Public Interest and architect of the lawsuit, to respond to this argument.

His answer was simple and elegant: "Just because it's possible for a parent to intervene doesn't change the fact that what McDonald's is doing is illegal." In other words, there are often many ways that parents can act to protect their children but that doesn't make it OK for others to break the law.

And that is exactly what McDonald's is doing, until someone stops them.

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martedì 25 gennaio 2011

saggezza

"No es más rico el que más tiene,

sino el que menos necesita"

Dicho de los abuelos zapotecos

lunedì 24 gennaio 2011

Food inc - Robert Kenner

la versione con sottotitoli in spagnolo si vede molto meglio...- francesco


Vi conviene segnarvi il nome di questo documentario, anche perché c’è il forte ‘rischio’ che lo noterete tra qualche giorno quando usciranno le candidature all’Oscar. In effetti, il lavoro di Robert Kenner è tra i titoli più nominati ai premi quest’anno, assieme a prodotti come The Cove e Burma VJ.

Merita? Sì e no. Diciamo che, per qualcuno che già si interessa di questi argomenti, c’è poco di nuovo. Ma, d’altra parte, come capitato con diversi lavori di Michael Moore, proprio la semplicità può diventare il punto di forza di questo prodotto, considerando che magari riuscirà a far aprire gli occhi a tanti ignari. D’altronde, stiamo parlando del documentario di maggior successo di quest’anno (a parte Capitalism: A Love Story, of course), con 4,5 milioni di dollari conquistati (cifra notevole in questo ambito).

Insomma, non c’è l’impatto emotivo di The Cove (ma anche qui gli animali uccisi brutalmente non mancano) e neanche il lavoro fantastico sulle immagini e il montaggio di Burma VJ. Ma se volete farvi un’idea di cosa mangiate, dategli un’occhiata…

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…Secondo quanto emerge nel documentario, i produttori nascondono volontariamente ai consumatori informazioni su origine, ingredienti e il processo di produzione. Il regista dimostra che la produzione di cibo negli Stati Uniti è in mano ad alcune grandi corporazioni che, con il pretesto si accrescere l’efficienza e la salute dei consumatori abbassano gli standard d’igiene, le condizioni lavorative e l’allevamento degli animali.

Polli chiusi in gabbie ingrassati per 50 giorni fino al momento in cui il loro petto è il doppio delle ali; bovini costretti a mangiare cereali invece che erba, per poter ingrassare più rapidamente; creali che non sono così digeribili e che causano nei bovini un batterio dannoso per l'uomo, debellabile solo con l'ammonio che però rende la carne di colore grigio…

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domenica 23 gennaio 2011

Italia: il cibo buttato nutrirebbe 44 milioni di persone - Jacopo Fo

Lo dichiara il professor Andrea Segre' dell’Universita' di Agraria di Bologna: 20 milioni di tonnellate di cibo SPRECATO ogni anno in Italia, 37 miliardi di euro il valore corrispondente, circa al 3% del prodotto interno lordo del nostro paese. Come si fa a buttare via questa ricchezza enorme mentre ci sono famiglie che stentano ad arrivare a fine mese?
Segre' e i suoi colleghi non si sono limitati a fornire delle cifre scioccanti. Hanno fondato Last Minute Market (http://www.lastminutemarket.it/), e con il sostegno della Regione Emilia Romagna, hanno aperto supermercati dove si vendono a prezzi bassissimi prodotti ancora ottimi ma che stanno per superare la data di scadenza.
Ora, oltre agli alimenti, stanno proponendo anche medicinali prossimi alla scadenza e libri invenduti che le case editrici manderebbero al macero.
Ma ci sono molti altri prodotti che vengono buttati perche' hanno piccoli difetti: un graffio o una confezione lacerata portano a buttare via televisori, computer, frullatori e altri elettrodomestici di ogni tipo. E che dire delle tonnellate di vestiti, borse e scarpe con marchi contraffatti che ogni anno la Finanza e' costretta a distruggere?
Siamo una societa' opulenta e folle.
Last Minut Market e altri gruppi hanno dato vita a iniziative simili nelle principali citta' italiane e in molti centri minori.
Un lavoro enorme che permette ogni anno di recuperare centinaia di tonnellate di cibo.
E in molte citta' esistono organizzazioni che raccolgono mobili, suppellettili ed elettrodomestici usati, li riparano e li rivendono a prezzi ribassati.


Siamo di fronte a un grande movimento solidale che non fa notizia… E' questa l’Italia che mi piace, questa e' la politica del fare.

Ma si tratta di azioni locali, frutto dell’iniziativa di piccoli gruppi di volontari. Avete mai visto nei pomposi programmi di partito parlare di sviluppare e generalizzare iniziative simili? Perche' queste azioni non sono la priorita' per i partiti della sinistra?
Io credo che in questa assenza dei partiti della sinistra sul fronte dell’iniziativa diretta ci sia la chiave per capire come stiamo messi…

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sabato 22 gennaio 2011

Paolo Landi - Manuale per l'allevamento del piccolo consumatore


un libro che in poche mosse ti spiega come allevare un mostro nella tua casa, e magari a come non allevarlo.
spietato e illuminante - francesco

"Se è vero ciò che comunemente si dice, che il denaro serve a tutto, perché si dovrebbe insegnare ai ragazzi l’onestà e il senso di giustizia, visto che da nessuna di queste virtù dipenderà il loro successo nella vita?". Nelle ottanta pagine di Manuale per l’allevamento del piccolo consumatore, Paolo Landi interrogativi simili ne pone a iosa, assieme ad affermazioni categoriche sull’universo infantile sgretolato da una società adulta che ha come unica legge accettata quella del mercato.
E nella marea estiva di gossip a vanvera, quelle di Landi sono affermazioni dense di cognizione di causa, poiché il nostro è, in primis, direttore pubblicitario di Benetton: e sceglie la forma del libello, dell’apparente ironia, del ridendo castigat mores. Si diverte senz’altro, Landi, nel disvelarci leggiadramente, complice una scrittura quanto mai agile e gradevole per quanto colta e precisa, tutti i segreti non tanto del marketing, ma della cultura alla base del marketing stesso: siamo tutti merci, e possiamo solo comprare o essere comprati, sin da piccoli, piccolissimi. Per la società mercantile, "un bambino è un bocconcino prelibato: produce denaro, muove capitali"; si ha valore solo in quanto consumatori coatti e inconsapevoli, o in quanto ‘merce’.
C’è ironia, in questo manuale, ma è un’ironia amara: tutto quello che ci viene rivelato è inutile, in tutto il libro non c’è un solo spiraglio che faccia intravedere la via di fuga dal circolo vizioso dei consumi violenti. Proprio per questo Landi può fare il prestigiatore che ci svela il trucco: anzi, suprema ironia, può premettersi di condire il libro con alcune foto di Oliviero Toscani, guru visivo unidirezionale di Benetton, senza logo, e fare pubblicità nel momento stesso in cui la sta facendo a pezzi.
In un’epoca di ‘galà della pubblicità’, di carriere televisive e cinematografiche nate da uno spot, un libro praticamente necessario, una boccata d’ossigeno (congelato) capace di raffreddare anche la calura agostana: infatti, ulteriore qualità, le dimensioni ridotte potrebbero e dovrebbero farne una sorta di vademecum per tutti, ma soprattutto per i padri e le madri che, speriamo, dovrebbero sentirsi raggelare alla possibilità di non essere genitori ma solo ‘allevatori’ – come dice Landi – di consumatori di oggetti in un immenso ipermercato dove ragione, cultura, sentimenti e principi sono, al massimo, nel reparto saldi.

Vieri Peroncini

da qui

Obsolescenza programmata

Le gonne nei negozi “Zara” hanno la data di scadenza. Anche se non è riportata sull’etichetta, chi ha ideato quell’abito ha deciso che lo indosserete un numero minimo di volte. Per capire cosa significa, provate a tornare nello stesso negozio Zara per due sabati di seguito. Durante la seconda visita, sugli scaffali troverete pochi vestiti uguali alla prima, perché dai magazzini del gruppo Inditex, l’azienda spagnola proprietaria del marchio, leader sul mercato globale dell’abbigliamento, arrivano “novità” due volte a settimana. E sono novità che rendono già superato ciò che avete acquistato solo pochi giorni prima. È una tecnica, si chiama obsolescenza pianificata o programmata, e la insegnano a scuola, nei corsi di economia aziendale ma anche in quelli di design. Obsolescenza significa che tutti i beni sono “indotti a invecchiare”, e che la loro durata massima è già decisa, spesso nel momento in cui vengono prodotti. Questo processo, che non riguarda solo i prodotti tecnologici, è funzionale alla nostra economia dello spreco, a un sistema che produce e alimenta consumatori sempre insoddisfatti. Se li guardate bene, anche i regali impacchettati sotto il vostro albero di Natale sono rifiuti: tra pochi mesi, ma a volte sono sufficienti settimane, anche quegli oggetti saranno superati.

Torniamo ai vestiti: secondo Manuela Rubertelli, che insegna Tecnologie di produzione del prodotto moda al Politecnico di Milano, in base alla programmazione che fa l’azienda “un abito Zara non dev’essere indossato più di dieci volte”. Questo non è, né dev’essere inteso come un indice di scarsa qualità: “I tessuti sono buoni -assicura-. Semplicemente, l’abito deve perdere appeal”. È allora che il cliente che torna in negozio esce carico di nuovi sacchetti…

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Circola un documentario, in Europa ma non in Italia, intitolato "Comprare, buttare, comprare. La storia segreta dell’obsolescenza programmata". Lo ha girato Cosima Dannoritzer. L’obsolescenza programmata è il deliberato accorciamento della vita di un prodotto al fine di incrementarne il consumo. Una storia affascinante e tragica che inizia nel 1920, con un cartello creato per limitare la vita delle lampadine elettriche, e finisce per ora agli IPod. Una pratica imprenditoriale che è diventata la base dell’economia moderna: l’economia del consumo. I tempi di mortalità degli oggetti sono sempre più brevi, la loro sostituzione inevitabile…

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Comprar, tirar, comprar



il documentario l'ho trovato qui

giovedì 20 gennaio 2011

Ode alla cipolla - Pablo Neruda

Cipolla
luminosa ampolla,
petalo su petalo
s’è formata la tua bellezza
squame di cristallo t’hanno accresciuta
e nel segreto della terra buia
s’è arrotondato il tuo ventre di rugiada.
Sotto la terra
è avvenuto il miracolo
e quando è apparso
il tuo lento germoglio verde,
e sono nate
le tue foglie come spade nell’ orto,
la terra ha accumulato i suoi beni
mostrando la tua nuda trasparenza,
e come con Afrodite il mare remoto
copiò la magnolia
per formare i seni,
la terra così ti ha fatto,
cipolla,
chiara come un pianeta,
e destinata a splendere
costellazione fissa,
rotonda rosa d’ acqua,
sulla
mensa
della povera gente.
Generosa
sciogli
il tuo globo di freschezza
nella consumazione
bruciante nella pentola,
e la balza di cristallo
al calore acceso dell’ olio
si trasforma in arricciata piuma d’oro.

Ricorderò anche come feconda
la tua influenza l’ amore dell’ insalata
e sembra che il cielo contribuisca
dandoti forma fine di grandine
a celebrare la tua luminosità tritata
sugli emisferi di un pomodoro
Ma alla portata
delle mani del popolo,
innaffiata con olio,
spolverata
con un po’ di sale,
ammazzi la fame
del bracciante nel duro cammino.

Stella dei poveri,
fata madrina
avvolta
in delicata
carta,esci dal suolo,
eterna,intatta,pura,
come semenza d’astro,
e quando ti taglia
il coltello in cucina
sgorga l’ unica lacrima
senza pena.
Ci hai fatto piangere senza affliggerci.

Tutto quel che esiste ho celebrato,cipolla,
ma per me tu sei
più bella di un uccello
dalle piume accecanti,
ai miei occhi sei
globo celeste, coppa di platino,
danza immobile
di anemone innevato

e vive la fragranza della terra
nella tua natura cristallina.

Se io facessi il fornaio - Gianni Rodari

Se io facessi il fornaio
vorrei cuocere un pane
cosi grande da sfamare
tutta, tutta la gente
che non ha da mangiare.
Un pane piu grande del sole,
dorato, profumato,
come le viole.
Un pane cosi
verrebbero a mangiarlo
dall’India e dal Chili
i poveri, i bambini;
i vecchietti e gli uccellini.
Sarà una data
da studiare a memoria:
un giorno senza fame!
Il piu bel giorno di tutta
la storia.

domenica 16 gennaio 2011

Le eco-conserve di Geltrude

«A che serve?». «Cosa ci porta di nuovo?». Con queste due domande giudicava le sue letture Thomas Sankara, presidente ribelle del Burkina Faso. Esempio luminoso di etica politica e passione civile, fu ucciso il 15 ottobre 1987. E adesso che abbiamo ricordato questa figura a vent’anni dalla morte, cerchiamo di rispondere alle due domande anche per questo manuale che apparentemente non tratta di politica. Un libro invero di ecoconserve vegetali.

Ma una piccola premessa è necessaria: mentre cucinare è un’incombenza quotidiana e dunque i manuali di ricette sono destinati a chi ha voglia e tempo, realizzare conserve è… il contrario e dunque un manuale di ecoconserve è destinato a chi di tempo ne ha poco! Paradossale? No. In pochi giorni all’anno - quelli in cui abbondano le materie prime vegetali di cui parliamo - si possono mettere in dispensa o in cantina alimenti ai quali attingere per diversi mesi, con un notevole risparmio di tempo rispetto alla preparazione casalinga sul momento. Questo è dunque un libro per chi non ha voglia di cucinare tutti i giorni e saggiamente come la formica si prepara le riserve. Poi si apre un vasetto ed ecco un originale sugo per la pasta, un antipasto di delizie, un secondo vegetale a cui aggiungere solo qualche ortaggio al vapore, un dolcetto semplice, una crema da spalmare.

Dunque, quanto alla prima domanda di Sankara: cosa portiamo di nuovo con questo manualetto? La novità sta nel recupero della saggezza passata. L’autoproduzione di conserve è uno dei comportamenti saggi che diventeranno obbligati in un futuro equo ed ecologico, il quale a sua volta è condizione di sopravvivenza. Le ricette nel libro indicate sono state sperimentate nei decenni, forse nei secoli. Le abbiamo selezionate sulla base di alcuni criteri la cui combinazione è forse originale:

§ evitare le ricette troppo complicate

§ escludere le ricette con componenti carnee o ittiche (per scelta ideale della curatrice)

§ privilegiare i metodi di conservazione “a crudo” (sole, ma anche aceto e sale); senza accendere dunque il gas

§ evitare le ricette a rischio botulino (la tossina mortale che può annidarsi negli alimenti conservati)

Seconda domanda di Sankara: a cosa serve questo manualetto? La lista è lunga. Riassumiamo in dieci comandamenti le ragioni per le quali le nostre conserve sono un contributo all’ecologia, all’autogestione, all’equità. Insomma, ecco in forma di decalogo i vantaggi eco-socio-nutrizionali che procuriamo a noi stessi, agli altri e al pianeta nel tornare a conservare.

1. Evitiamo l’acquisto di prodotti trasformati, che quindi hanno subito lunghi trasporti fra i diversi luoghi di produzione e “assemblaggio” con grande consumo di energia, acqua e materiali. Ormai il nostro cibo fa il giro del mondo. Leggere le etichette dei barattoli o dei vasetti non serve ad accorciare i viaggi: magari c’è scritto “made in Italy” ma la legge finora permette di definire così anche un prodotto trasformato che in Italia è stato solo invasato o imballato, cotto o refrigerato, mentre le materie prime possono provenire da un capo del mondo, i barattoli, i coperchi, le etichette da un altro capo: per non parlare della distribuzione in tante tappe fino al rivenditore finale. Un giro vorticoso non solo di fabbriche ma anche di camion, aerei, navi. Secondo i calcoli di Azzero CO2 e Coldiretti, ecco le emissioni di sola CO2, calcolate per ton/km, cioè il trasporto di una tonnellata di merce per chilometro: aereo 0,90 chili; nave transoceanica 0,00675 chili; camion da 28 tonnellate 0,13 chili; camion da 40 tonnellate 0,07 chili. Noi invece partiamo dalla materia prima e quindi siamo più vicini al produttore, con acquisti in loco, magari grazie ai gruppi d’acquisto. Così i nostri consumi alimentari impattano di meno sul clima e sull’ambiente di tutti. E come ben sappiamo, diventare più leggeri è una condizione perché tutti possano sopravvivere, alla fine anche per superare la tragedia della fame nel mondo.

2. Sono previste ricette a crudo (grazie all’aceto e al sale) o di essiccati al sole: metodi che hanno il grande vantaggio di preservare la qualità nutrizionale degli alimenti meglio della cottura. Inoltre gli strumenti che usiamo vanno a forza muscolare. Risparmiamo così i costi energetici dell’agroindustria: per la cottura ma anche per i macchinari, l’aria condizionata, la refrigerazione successiva…

Se ti sta piacendo, scarica il libro da qui


E buona lettura - francesco

dice Francesco d'Assisi

"...Anche al frate che lavorava l’orto diceva di non coltivare tutto il terreno per le erbe commestibili, ma ne lasciasse qualche parte libera di produrre erbe verdeggianti che alla loro stagione producessero i fratelli fiori; e ciò per amore di Colui che è chiamato fiore del campo e giglio delle valli..."

dai Fioretti, n.118

venerdì 7 gennaio 2011

due mulini e una ricetta

ecco qualche patrimonio dell'umanità!

in molti paesi del mondo ci sono di sicuro, i mulini a pietra, in Sicilia, in Basilicata, nei paesi che si affacciano al Mediterraneo, in Africa, basta trovarli e farli funzionare, con lo status di patrimoni dell'umanità, se l'Unesco volesse - francesco


Dal 1943 al 1952 il signor Luigi Mascia fu apprendista presso il molino di Raimondo Gesmino, che proveniva da San Nicolò Gerrei, in via Roma, sa bia de Casteddu, a Settimo.
In seguito, dal 1952, Luigi si mise in proprio e aprì un locale in via Roma 91 in cui vendeva i derivati del grano prodotti dal molino di Gesmino. Casualmente, in quel locale anticamente vi era s’ ammass’‘e su trigu (il granaio) di Settimo. Quattro anni dopo il signor Luigi aprì nello stesso edificio il mulino con il socio di capitale Costantino (chiamato Titino) Bocchiddi, anche lui settimese.

Il molino esistente è quello degli anni ’50: l’edificio è lo stesso, i macchinari sono gli stessi. E sono questi ad attirare l’interesse dei clienti e dei visitatori, fra cui numerose scolaresche: la macina di pietra proveniente dalla Normandia (Francia) e i macchinari in legno per la setacciatura del grano. Per acquistare la macina e i macchinari, costati tre milioni di lire, il signor Luigi dovette ipotecare la casa in cui viveva con la moglie Teresina Montis, macellaia, e gli otto figli, mentre il socio Costantino Bocchiddi pagò la sua quota in contanti.

Macina e macchinari erano stati prodotti dall’ “Officina meccanica Baldeschi e Sandreani” di Cantiano (Pesaro), fondata nel 1904 dall’ingegner Curzio Baldeschi e dal cognato Romolo Sandreani, arrivarono a Settimo smontati e qui assemblati da due operai della stessa ditta in 3 mesi. Gli operai, ricorda in signor Mariano, figlio del fondatore del molino, avevano vitto e alloggio presso la sua famiglia e durante la loro permanenza consumarono a pranzo un centinaio di polli.
La ditta Baldeschi e Sandreani, oggi non più esistente, nello stesso 1956 installò in Sardegna altre quattro macine e setacciatori, fra cui una a Samugheo, ma il molino di Settimo è l’unico attivo in Sardegna a conservare la macina di pietra e i setacciatori in legno.
Il signor Mariano ricorda che quando era bambino il grano arrivava al molino con su jù (carro a buoi) e che nel cortile del molino vi era l’attrezzatura per ferrare i buoi (e i cavalli), lavoro effettuato da ziu Srabadori, l’unico a Settimo che lo sapesse fare.
Allora la coltivazione del grano era diffusa e le persone portavano al molino il grano da loro mietuto, ne veniva valutata la qualità e, se considerata buona, si pagava una certa somma e si ritirava una certa quantità di macinato.
Dal 2005 il molino è gestito dal signor Mariano, che ha dato in gestione la sua macelleria per ricominciare a quasi 50 anni come molitore per entusiasmo e affetto verso la tradizione familiare. La macina è mossa da un motore elettrico, i setacciatori, da un altro.
Il grano lavorato è unicamente sardo, proviene per la maggior parte dalla Trexenta e dalla Marmilla, già granai di Roma, viene acquistato direttamente dai produttori e, quando questo termina, dal Consorzio agrario di Cagliari o dai commercianti di grano duro. La varietà di grano lavorata è la Karalis, derivata dalla varietà Cappelli, quella dalla quale anche si ricava il fieno per i cestini di Sinnai, rispetto alla quale ha una resa di mietitura superiore.
Il signor Mariano lavora al mese tra i 40 e i 50 quintali di grano seguendo come tradizione la seguenti fasi: setacciatura del grana per togliere le impurità, lavaggio in acqua potabile, asciugatura naturale in vasconi di legno, macinazione. Si ottengono in questo modo Semola, Cruschello e Farinetta (con la setacciatura della “semolatrice”), Fiore sardo e Crusca grossa (con la setacciatura del plansister), farina integrale, sa farra direttamente dal Grano duro macinato. Altri prodotti sono il grano duro intero e il grano spezzato. Dalla semola si ottiene su coccoi, dalla miscela semola e fiore sardo su civrasciu, dal fiore sardo su civrasciu nieddu, dalla farina integrale su strippidi.
Recenti studi medici sembrano dimostrare che la macinazione del grano con la macina di pietra renda i prodotti adatti per l’alimentazione dei celiachi.
Crusca, cruschello e farinetta sono usati per alimentare gli animali.
I prodotti sono venduti esclusivamente a privati e non a panifici. Da un quintale di grano l’Antico Molino ricava 40 kg di semola e 18 kg di farina di grano duro, la qualità è quindi eccellente e il prezzo è elevato e non conveniente per i panifici che preferiscono acquistare a basso costo dai paesi dell’Est e dall’Albania.
I clienti dell’Antico molino acquistano la farina per fare il pane in casa, per la propria famiglia o per venderlo. Secondo il signor Mariano oggi a Settimo il pane si fa nel 30% delle famiglie e si sta tornando al pane fatto in casa a causa della crisi economica e della voglia di genuinità.
Per il futuro il signor Mariano ha un sogno e un progetto, quello di dar luogo a una filiera del grano: dalla terra, dalla coltivazione, alla coltura, alla mietitura, alla molitura, alla panificazione con la denominazione d’origine controllata, e quindi a un panificio e un pastificio.

da qui


Orroli si trova nel Sarcidano, una regione della Sardegna centro-meridionale, in mezzo

a una piana coltivata a grano e circondata da pascoli selvatici. Abbiamo anche il lago.

Nel nostro piccolo siamo famosi, per il Nuraghe Arrubiu (Nuraghe Rosso), il più grande

dell’intera isola.

Ma da qualche tempo si parla di noi anche per un’altra ragione: la nostra longevità. In

effetti in paese c’è una delle maggiori percentuali di centenari di tutta l’Italia. D’Europa,

secondo alcuni studiosi. Una parte del segreto, dicono, sta nel nostro DNA. Così ci

esaminano, curiosi e anche un po’ invidiosi. Chiedono ai nostri vecchi che vita abbiano

fatto, cosa bevano e cosa mangino.

Certo è stata una vita semplice, all’aria aperta, rispondono. Certo è stata la serenità dei

campi e la genuinità dei loro frutti.

Qui il grano lo maciniamo da sempre. In ogni capanna prenuragica c’era una piccola

mola di pietra. E così abbiamo continuato a fare. Piccaperdas, ci chiamano in Sardegna.

Vuol dire “martella pietre”. Cioè scalpellini, perché eravamo maestri proprio nel costruire

le mole. E anche oggi in paese continuiamo a macinare il grano con una mola di pietra,

dal mugnaio. Sembra una favola, ma invece è proprio così.

E poi coltiviamo il grano migliore, la qualità “Senatore Cappelli”, quello con la punta

delle ariste nera. Senza nessun tipo di aiuto chimico, di “medicina” come si dice qui.

“Biologico”, come dicono oggi: il nostro era già così senza saperlo.

Poi facciamo il pane in un modo diverso. Anzi sempre uguale. Noi per esempio usiamo

un lievito che ha diverse centinaia d’anni. Sempre lo stesso: ogni giorno se ne conserva

un pezzetto per fecondare il pane del giorno seguente. Da secoli. Madrighe (matrice),

si chiama. Che vuol dire madre. Come facciamo a sapere che è così antico? Semplice:

di lievito di birra qui se ne è sentito parlare dopo l’ultima guerra, ma mia madre già

faceva il pane, e lo faceva ancora col vecchio sistema, col “madre lievito”. Il lievito chimico

non lo ha usato mai. Figuriamoci mia nonna e mia bisnonna, che neanche lo conoscevano…

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Tagliatelle del Senatore Cappelli (la ricetta)

Il grano del Senatore Cappelli, è un prodotto molto pregiato, dalle infinite proprietà nutrizionali, e in un paesino della provincia di Cagliari, ho scovato un mulino che lo vende. Il grano è bio, e si ottengono due prodotti che sono entrambi macinati a pietra, la farina e la semola di grano duro…

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lunedì 3 gennaio 2011

dice Vandana Shiva

... i regimi totalitari e dittatoriali si combattono a partire dalle realtà locali, perché i processi e le istituzioni su larga scala sono connotati dal potere dominante. I piccoli successi sono invece alla portata di milioni di individui, che insieme possono dare vita a nuovi spazi di democrazia e libertà. Su larga scala le alternative che ci vengono concesse sono ben poche. Per converso la realtà quotidiana ci offre mille occasioni per mettere a buon frutto le nostre energie.

dice Alex Zanotelli

Quando compri, voti. I consumatori esprimono un voto per ogni prodotto che scelgono e segnalano alle imprese i comportamenti che approvano e quelli che condannano. L'acquisto può trasformarsi in un sostegno alle forme produttive corrette o in un ostacolo alle altre.