venerdì 31 maggio 2013

com'è difficile essere albero a Istanbul



…Ecologisti, giovani dell’opposizione, studenti si sono accampati sotto quegli alberi per tre giorni finché ieri sera reparti antisommossa non li hanno sgomberati a colpi di lacrimogeni tossici e gas urticanti. La protesta era pacifica, ma a detta del premier non può bloccare quello sviluppo cui la grande metropoli non può rinunciare. In una cerimonia che lancia un ulteriore progetto: il terzo ponte sul Bosforo (e ricordiamo che da tre anni il governo islamico ha varato il faraonico disegno di scavare un canale parallelo al Bosforo per il traffico commerciale) Erdoğan ha rammentato ai manifestanti che rivendicano la storicità del parco Gezi come agli inizi del Novecento su quell’area insistevano caserme ed edifici militari.
Poi fu costruito uno stadio e solo successivamente lo spazio ha assunto il volto che conserva da decenni. Come a dire: la storia trasforma i luoghi e non resta ferma. Invece fermi nelle intenzioni di non dargliela vinta ci sono migliaia di giovani di Istanbul che devono però fare i conti con un gran pezzo della cittadinanza non coinvolta dalla tematica. Non solo perché costoro offrono voto e consenso all’Akp, ma perché anche sul fronte dell’opposizione kemalista non vogliono mescolarsi a una protesta dal sapore gauchista. Finora solo il Partito della Pace e della Democrazia, che con l’onorevole Sırrı Süreyya Önder è stato al fianco dei manifestanti anche durante lo sgombro poliziesco, ha speso argomenti a favore delle azioni  di disturbo all’avvìo dei lavori. Questi prevedono un ampliamento della pedonalizzazione della parte centrale della città a discapito comunque delle piante del vecchio giardino. Sebbene lo staff erdoğaniano tenga alta la bandiera verde, non solo dell’Islam bensì dell’ecologia,  dicendo che nel decennio di propri governi il suolo turco s’è arricchito di due miliardi e mezzo di nuovi alberi.
da qui

martedì 28 maggio 2013

I ragazzi che trasformeranno la terra in oro - Carlo Petrini

Circa vent'anni fa il sistema universitario francese si rivoluzionò con l'intento di ringiovanire la classe docente che stava vistosamente invecchiando e questo poneva una serie di questioni non solo occupazionali ma anche di visione della cultura e dell'insegnamento. Iniziarono così a velocizzarsi e semplificarsi i passaggi da studente a ricercatore, da ricercatore ad assistente, da assistente a docente e nel giro di qualche anno il sistema si rinnovò con beneficio di tutti. La nostra agricoltura è più o meno in quella situazione: pochi operatori, con un'elevata età media, con culture legate ai decenni passati e poche prospettive di futuro, quindi scarso carburante per il presente. A questo si aggiunge un dato che sgomenta: la disoccupazione giovanile veleggia intorno al 37%, e quella complessiva si attesta all'11% appesantendo destini ed esistenze individuali e familiari, e sostanzialmente sprecando un tesoro di intelligenze e potenzialità. 

Sembrerebbe un classico 2+2: l'agricoltura ha bisogno di giovani, i giovani hanno bisogno di lavoro. Dovrebbe risultare logico e immediato che la prima preoccupazione della politica oggi dovrebbe essere quella di facilitare l'accesso dei giovani (ma anche dei quarantenni e cinquantenni che stagnano da anni in cassa integrazione o che si ritrovano senza un lavoro fino a poco tempo fa considerato "sicuro") in agricoltura…

domenica 26 maggio 2013

nuovi record



Il contenuto di anidride carbonica nell'atmosfera ha raggiunto la quota simbolo di 400 ppm (parti per milione). Un livello che non era mai stato raggiunto almeno da 3.200.000 anni, secondo le analisi effettuate nei carotaggi dei ghiacci polari e dei sedimenti marini. Il dato di 400,03 ppm - registrato il 9 maggio con gli strumenti posti sul vulcano Mauna Loa nelle Hawaii - è ancora preliminare secondo l'Agenzia americana dell'atmosfera e degli oceani (Noaa), ma si tratta solo di una questione di giorni. Uno strumento analogo a San Diego ha registrato 399,73 ppm, ma la tendenza all'aumento è costante.
AUMENTO COSTANTE - Quando sono iniziate le rilevazioni costanti e accurate nel 1958, la concentrazione di CO2 nell'atmosfera era di 316 ppm. I dati scientifici assicurano che negli ultimi 800 mila anni non erano mai stati superati i 300 ppm. Dall'inizio della rivoluzione industriale, circa 200 anni fa, la concentrazione di anidride carbonica è costantemente aumentate. Per la totalità degli scienziati di tutto il mondo non c'è alcun dubbio che questo aumento sia legato alle attività umane e che l'aumento della CO2 nell'atmosfera è la causa numero uno dell'incremento delle temperature media globali.

martedì 21 maggio 2013

98% Human


Non ne può più e decide di suicidarsi puntandosi una pistola alla gola. La scimmia protagonista del nuovo spot Peta, creata interamente al computer, è stata costretta a lavorare all'interno di film e spot pubblicitari e la sua vita è stata resa un inferno dagli uomini, tanto da essere spinta a farla finita. La voce fuori campo è quella dell'attore Adrien Brody e il suo sguardo è dannatamente umano. Il messaggio dell'associazione no profit Peta (People for the Ethical Treatment of Animals) è di condanna verso l'utilizzo delle scimmie sui set, spesso maltrattate durante gli addestramenti lontano da occhi indiscreti. 

A parlarne e a raccontare la genesi dello spot 98% Human è l'Associate Creative Director italiano Alessandro Fruscella, che lavora nel team di creativi dell'agenzia di fama internazionale BBDO New York. "L'idea dello spot è nata pensando alla vita di questi animali  -  spiega Fruscella. Il titolo dello spot, 98% Human, fa leva proprio su quello. Pensare che questi animali, così simili a noi, possano essere maltrattati e sfruttati per anni per poi finire confinati in gabbie troppo piccole è qualcosa che fa venire i brividi. L'idea era quella di scioccare il pubblico portandolo a rispondere alla domanda '"Faresti questa vita?" Inoltre, abbiamo dimostrato che non c'è bisogno di utilizzare animali veri: le nuove tecnologie permettono di ricreare un modello CGI (Computer Generated Image, n. d. r.) estremamente fedele alla realtà". Tanto che lo sguardo e le espressioni della scimmia protagonista dello spot non sembrano affatto create in digitale…

domenica 19 maggio 2013

case di paglia


L’utilizzo di materiali come terra, paglia, legno e bambù nell’edilizia, è spesso visto con scetticismo nella cultura occidentale, dove è consuetudine edificare con il cemento armato. Bisogna invece ricordare che circa 5 miliardi di persone nel mondo, vivono in abitazioni costruite con materiali naturali, guadagnando in termini di comfort, salute e benessere. La scelta di costruire con il cemento è fondata più sulla praticità del materiale che sulla qualità. Spesso infatti si riscontrano problemi di umidità e l’insorgere di muffe, e i prodotti antimuffa servono solo a nascondere il problema, ma non a risolverlo. Inoltre l’industria del cemento produce circa il 51% dei gas dannosi per lo strato di ozono

La struttura grezza di una casa in paglia può essere completata in meno di due settimane. La messa in opere delle balle è molto veloce: in poche ore possono essere erette tutte le pareti. Se l’edificio è ben progettato può durare per secoli. Basta assicurarsi che sia ben protetto con dei buoni intonaci. Essendo considerato un materiale di scarto, la paglia ha costi molto bassi: il prezzo di una balla varia dai 2,5 ai 3,5 €. Considerando una casa di 150 mq, per la quale occorrono 400 balle, si arriva a un costo totale di circa 1000-1400 €. Per la costruzione si può risparmiare organizzando corsi e campi di lavoro e facendo il più possibile autocostruzione, ovviamente sotto la guida di un tecnico specializzato nel settore.
Insomma, come recita un antico proverbio giapponese, “è meglio ridere in una casa di paglia che piangere in un castello”.

venerdì 17 maggio 2013

Portobello


A fine maggio aprirà a Modena un supermercato per le famiglie in difficoltà, dove chi non si può permettere la spesa porterà a casa il necessario, in cambio di ore di lavoro.
Si chiama “Portobello, Emporio Sociale Modena e permetterà a chi ne ha bisogno (e ne fa richiesta) di fare acquisti senza denaro, utilizzando il codice fiscale come una tessera a punti. A disposizione dei clienti ci sono generi alimentari, sia freschi che confezionati, detersivi per la casa ed anche prodotti per l’igiene del corpo, insomma tutto quello che serve per la vita quotidiana.
Funziona così: le famiglie che vogliono usufruire di questa possibilità fanno domanda ai Servizi Sociali del Comune. L’assegnazione dei punti disponibili mensilmente avviene per un numero di mesi prestabilito e in base alle necessità della famiglia, identificate attraverso una serie di parametri. Ad esempio una famiglia di due persone, senza lavoro e con due figli piccoli a carico, potrebbe avere 90 punti al mese che, in valore di spesa, corrispondono circa a 300 euro.  Si possono ottenere altri punti con il lavoro di volontariato da svolgere anche presso il supermercato:  tante ore di lavoro  e tanti punti per fare la spesa….

QUI il sito

martedì 14 maggio 2013

A che prezzo la caccia grossa – Margherita D’Amico


Qualche tempo fa l’immagine di Juan Carlos, re di Spagna, in posa accanto a un elefante appena ucciso, suscitò ribrezzo in tutto il mondo, tanto che il sovrano dovette scusarsi. Ma la cosiddetta caccia grossa non è solo appannaggio di regnanti o milionari oziosi: si tratta al contrario di un business che dovrebbe incuriosire l’Agenzia delle Entrate.
Basta infatti visitare i siti delle agenzie specializzate in safari e pacchetti organizzati per intuire in quale misura gli sforzi per tutelare specie a rischio come orsi polari, elefanti, leoni, nei territori d’origine, siano vanificati a suon di banconote. Lunghe gallery fotografiche ritraggono uomini e donne ridenti sopra, sotto, accanto la preda uccisa, testimoniando un’attività piuttosto sostenuta a dispetto della crisi.
Mentre ad esempio si trepida per la sorte di tante specie artiche minacciate da cambiamenti climatici e scioglimento dei ghiacci, una spedizione di caccia all’orso polare in Canada può costare fra trentacinque e quarantamila dollari locali; per uccidere un bue muschiato – solo in estate – ne bastano 7.500, con l’aggiunta di qualche tassa governativa. “In primavera si caccia sul ghiaccio a bordo di motoslitte e si sciolgono i cani dietro all’orso per potergli tirare, in autunno si spara dalla barca girando fra le isole. La percentuale di successo è molto alta” si legge nelle offerte…

lunedì 13 maggio 2013

vento speciale


Erano tre amici al bar, anzi a cena a Verona. E quella sera del 2010 hanno immaginato il modo più stravagante e - forse - geniale di produrre energia. Utilizzando il vento creato dal passaggio dei camion in autostrada. Avete presente quel piccolo ciclone che avvertite quando guidate e un Tir vi sorpassa? Quella forza in grado di spostare la nostra automobile è tutta energia sprecata, per ora. Sono passati tre anni esatti, dalla intuizione serale, il primo test ha dato risultati molto positivi e l'Enel giovedì scorso ha deciso di investire 250 mila euro nella Atea, la startup di Giovanni Favalli, Stefano Sciurpa e Gianluca Gennai, con l'impegno di aggiungerne altri 400 mila fra un anno se le cose dovessero andare bene. Ma non è solo una questione di soldi: se il più grande operatore elettrico d'Italia, presente in 23 paesi del mondo, investe nell'Atea, una piccola società di La Spezia, portandola a bordo di Enel Lab, questa storia probabilmente va presa molto sul serio perché un giorno potremmo vedere le nostre autostrade costeggiate di piccole turbine eoliche ad asse verticale e soprattutto la smetteremo di imprecare per il traffico di camion in autostrada.

A distanza di - circa - diecimila anni dalla prima barca a vela, l'energia eolica non smette di stupire. Le gigantesche pale che connotano (per alcuni deturpano), il panorama di molte regioni soprattutto meridionali non sono più lo standard. Sono infatti in corso progetti e test con aquiloni collegati a generatori di corrente, gigantesche vele che trainano le navi cargo negli oceani, oppure pale fissate in mezzo al mare grazie a sfere di cemento grandi come cupole in grado di accumulare l'energia prodotta. In questo contesto che vede impegnati i grandi centri di ricerca del mondo, a cominciare dal Mit di Boston e da colossi industriali come la Siemens, arriva questo piccolo progetto made in Italy che potrebbe cambiare tutto. I test sono stati più che incoraggianti. Grazie a un accordo con la Serenissima Trading una pala eolica ad asse verticale (prodotta a Zagabria e rifinita "a mano" a La Spezia) è stata installata per qualche tempo sulla autostrada Brescia-Padova. Prima era stata condotta una campagna di misurazione del vento prodotto dai veicoli pesanti progettando e installando un sistema - "Air Fighter" - , che prevedeva l'uso di 10 anemometri installati sul ciglio autostradale in grado di registrare per ogni minuto la velocità media del vento, il picco e la varianza oltre a una serie di dati di minore importanza. Dall'analisi della enorme mole di dati raccolti in due mesi emersero due considerazioni: che il vento aumenta quando ci sono i camion (e quindi crolla il sabato e la domenica, con la circolazione dei mezzi pesanti vietata), e che i valori misurati sono paragonabili a quelli riscontrati nelle torri eoliche di grandi dimensioni…

domenica 5 maggio 2013

Depurare il fegato


Depurare il fegato naturalmente è molto importante. In effetti, non dobbiamo dimenticare che questo organo svolge un ruolo essenziale nell’ambito del metabolismo. Attraverso di esso passano tutte le sostanze che immettiamo nel corpo, anche le tossine e i componenti dei farmaci. Per contribuire al nostro benessere generale, è essenziale seguire un’apposita alimentazione, che possa essere ricca soprattutto di frutta e verdura, cibi fondamentali per disintossicarci, per sentirci più in forma e più leggeri, contando su un buon funzionamento dei processi interni. Ma che cosa dobbiamo mangiare nello specifico? Ecco alcune idee.
1. Verdure a foglia verde
Le verdure a foglia verde costituiscono un alimento fondamentale. Infatti esse hanno delle proprietà molto importanti, perché riescono ad aumentare il livello di clorofilla presente nel tratto digestivo e in questo modo aiutano l’organismo a liberarsi dalle tossine che derivano dall’ambiente, soprattutto da quelle legate allo smog. Inoltre non dobbiamo dimenticare che queste verdure non fanno ingrassare, quindi sono ideali per chi segue una dieta ipocalorica.
2. Pompelmo
Per quanto riguarda la frutta, da privilegiare sicuramente il pompelmo, che abbonda di vitamina C e di antiossidanti. Nello specifico questo frutto, specialmente se ne beviamo il succo, è in grado di far aumentare la produzione di enzimi che determinano la disintossicazione del fegato. Il pompelmo si rivela importante nei casi di inappetenza e gli oli essenziali contenuti nella sua buccia riescono a mettere in atto un’azione antidepressiva.
3. Avocado
Se consumiamo l’avocado, il nostro organismo riesce a produrre il glutatione. Si tratta di un aminoacido che svolge una funzione antiossidante e quindi è in grado di contrastare i radicali liberi. Tutto ciò va di certo a beneficio della salute del fegato. Tra l’altro questo frutto è ricco di grassi vegetali. Questi ultimi riescono a ridurre i tempi di permanenza nel sangue del colesterolo e quindi ne risente in modo positivo l’intero apparato cardiocircolatorio.
4. Carciofi
I carciofi consentono un adeguato funzionamento della colecisti. E’ da ricordare che, essendo ricchi di cinarina, riescono a stimolare la bile nel suo processo funzionale, favorendo una correttadigestione ed evitando di incorrere nell’indigestione.
5. Cereali integrali
I cereali integrali dovrebbero essere inclusi in qualsiasi regime alimentare. Infatti, non sono importanti soltanto per depurare il fegato, ma costituiscono un punto di riferimento in campo alimentare. In particolare garantiscono la regolarità intestinale, grazie al loro elevato contenuto di fibre. Eliminando il problema della stitichezza, riusciamo sicuramente a sentirci più liberi e meno oppressi dalle tossine.

venerdì 3 maggio 2013

Barcelona solidale


Allo stesso tavolo, per mangiare pasta al sugo e crocchette di pollo, siede ora Mercedes, 35 anni, catalana senza lavoro, con tre figli e un marito (un piccolo imprenditore della zona) finito in galera per debiti non pagati dopo il fallimento della sua azienda. Accanto a lei, Massimiliano, 49, italiano, arrivato qui inseguendo una ragazza e il sogno della Spagna ottimista e libertaria dell’epoca di Zapatero per poi restare disoccupato per le strade di Besòs. E Amadou, 28, venuto dal Senegal con grandi speranze e finito a vivere con molti altri immigrati in una fabbrica abbandonata senza acqua né luce. Al comedor, almeno, un piatto caldo si trova sempre. «Il barrio», dice Monse, «deve restare unito. Solo aiutandoci gli uni con gli altri possiamo sentirci meno impotenti». 
In questa città di oltre 1 milione e 600mila abitanti ogni barrio ha un’anima sua. «C’è da sempre un senso condiviso di appartenenza sociale, culturale, sportiva che lega gli abitanti dello stesso quartiere», spiegaLluís Rabell, 59 anni, presidente della Favb, la Federazione Associazioni di Vicini di Barcellona. «Negli anni 70, quando il Franchismo proibiva le formazioni politiche, le associazioni di vicini erano l’unico veicolo per le rivendicazione sociali», racconta Rabell. L’urbanizzazione ammassava a migliaia i nuovi cittadini in quartieri completamente impreparati a riceverli, in cui mancavano le strutture fondamentali, dai semafori alle scuole: «Insieme abbiamo fatto tanto, e la città di oggi deve molto alle nostre lotte di allora». Al Movimiento Vecinal (che ha ramificazioni in tutte le maggiori città spagnole) Barcellona deve anche una delle risposte più decise al clima di incertezza che domina il paese: «Le Associazioni di Vicini», 101 quelle riunite nella Favb, che conta in tutto 50mila iscritti dalle sensibilità politiche diversissime, «stanno svolgendo una capillare funzione di ammortizzatore degli effetti della crisi. Dai pasti scolastici per i figli dei meno abbienti all’assistenza agli anziani, dalle biblioteche popolari agli orti urbani: piccole cose, ma concrete». 
Concreto è anche quello che fanno, ogni giorno, i genitori del quartiere Poble Sec: in venti tra mamme e papà si sono riuniti per fondare l’asilo autogestito Babalia, che i bimbi dagli 8 ai 19 mesi possono frequentare, con una quota mensile dai 35 ai 150 euro, fino a cinque giorni a settimana. Tra loro Marco, un anno, impegnato in una complessa costruzione di mattoncini, e Samuel, dieci mesi, che monopolizza col suo broncio l’attenzione dell’educatrice Martina. Ma Martina non è sola: ogni giorno c’è con lei una mamma ausiliaria, e oggi è il turno di Teia, 43 anni. Psicologa nel settore pubblico, ha visto nell’ultimo anno il suo stipendio bruscamente tagliato e i sussidi per la famiglia pesantemente ridotti: «Ho due figli, uno di 8 e una di un anno e mezzo. Come avrei potuto permettermi un asilo normale?»…