lunedì 27 giugno 2016

“Ora del latte”, LAV: “E’ ingannevole, il latte non è necessario” - Yuri Benaglio


“#oradellatte è una campagna ingannevole”. Tuona così la LAV contro la campagna lanciata il 26 maggio dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf) per promuovere il consumo di latte fresco, per la produzione della filiera e la riduzione degli sprechi. La campagna La campagna rientra nella strategia che il Mipaaf ha messo a punto per il sostegno del settore caseario italiano anche in collaborazione con organizzazioni agricole, cooperative, industria e grande distribuzione organizzata. Fanno e faranno parte della campagna spot e locandine con testimonial Carlo Cracco, Cristina Parodi, Demetrio Albertini e Giorgio Calabrese, nonché un sito apposito con informazioni e quiz. Di seguito le parole del ministro, Maurizio Martina: “Scegliere la qualità del latte fresco per i consumatori di ogni età vuol dire saper riconoscere e apprezzare tutto ciò che c’è dietro: l’impegno di chi lavora nella filiera, ma anche le sue proprietà nutritive. Per questo abbiamo voluto fortemente una campagna istituzionale per rilanciare i consumi di questo prodotto che fa parte della nostra tradizione alimentare. I consumatori potranno così aiutare sempre di più gli allevatori italiani ad uscire da una crisi strutturale, che vede tante aziende in sofferenza. Bere latte fresco, oggi, assume un significato ancora più importante”. Il piano del Ministero prevede 120 milioni di euro di investimenti: 32 milioni per l’aumento della compensazione Iva al 10% per il latte venduto alla stalla, altri 25 per il sostegno diretto agli allevatori, 10 per l’acquisto di latte crudo da trasformare in Uht (Ultra High Temperature, per conservarsi cioè più a lungo) e da destinare agli indigenti. La contromossa della LAV Il presidente LAV Gianluca Felicetti chiede senza mezze misure l’intervento dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, poiché sulle pagine del sito il latte viene definito un alimento “fondamentale in tutte le fasi della vita degli individui” e “indispensabile per il nostro organismo nella fase dello sviluppo e nell’età adulta”. “Il termine indispensabile è stato già censurato come ingannevole negli anni scorsi dall’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria su nostra istanza contro Mellin e Consorzi di produttori di carni che intendevano accreditare il messaggio che è impossibile vivere senza alimentarsi con proteine animali, e questo è contraddetto dalla vita di milioni di vegani e di intolleranti al lattosio in tutto il mondo e in tutte le epoche. Siamo l’unica specie di mammiferi che prende il latte alle altre specie animali, sottraendolo ai loro piccoli fatti nascere a forza. Siamo scandalizzati che il Ministero delle Politiche Agricole bruci ben 120 milioni di euro di aiuti per un sistema zootecnico dopato dai contributi pubblici, incapace di reggersi solo sulle proprie gambe. E’ incredibile infine che ai numerosi tipi di latte vegetale sia applicata addirittura l’IVA al 22% come bene di lusso, contro quella al 4% del latte di origine animale: una discriminazione nei confronti degli agricoltori e una vessazione per una sempre più consistente parte dei consumatori”. Felicetti cita numeri inconfutabili: il 90% dei cittadini asiatici negli Stati Uniti, il 70% di quelli di origine africana e dei nativi americani e il 50% degli ispanici sono intolleranti al lattosio. Come può quindi essere definito fondamentale un alimento che larghe fette della popolazione mondiale non consumano? Il latte di origine animale è una delle tante fonti possibili di calcio, non l’unica né la più eticamente corretta: esistono eccellenti fonti vegetali.



sabato 25 giugno 2016

Buenos Aires chiude lo zoo: “Situazione degradante” - Laura Di Cintio


Dopo ben 140 anni di attività, lo zoo di Buenos Aires sta per chiudere i battenti. Ad annunciarlo è stato il sindaco della città argentina, Horacio Rodríguez Larreta, lo scorso giovedì durante una cerimonia ufficiale: “Questa situazione di cattività è degradante per gli animali, non è il modo per prendersi cura di loro”. La struttura, che dal 1888 è proprietà della città e ospita più di 2500 esemplari di animali esotici allevati in cattività, è situata nel famoso quartiere Palermo e si sviluppa su oltre 18 ettari di terreno. Questi, entro la fine dell’anno, saranno adibiti alla realizzazione di un moderno bioparco dove gli animali non vivranno più in gabbie o recinti, ma piuttosto in grandi spazi aperti molto simili al loro habitat naturale, recintati con barriere fisiche spesso nemmeno percepibili dagli animali e dal pubblico. Il nuovo bioparco sarà “un luogo dove i bambini potranno imparare a prendersi cura di e a relazionarsi con le diverse specie animali –  ha detto il sindaco – alle quali dobbiamo dare il massimo valore possibile. E il modo in cui vivono qui non è certamente il modo per farlo”.
Lo zoo ha rappresentato finora una delle principali attrazioni di Buenos Aires, ma è stato anche oggetto di numerose critiche negli ultimi anni, dovute soprattutto alla condizione in cui erano detenuti alcuni orsi polari: l’ultimo di loro, Winner, è morto tre anni e mezzo fa a causa delle temperature troppo elevate che era stato costretto a sopportare a lungo. “La cosa più importante è rompere con lo schema della prigionia e dell’esibizione” ha dichiarato alla stampa Gerardo Biglia, attivista di lunga data per la chiusura del giardino zoologico di questa città. Molti degli animali ad oggi rinchiusi nello zoo saranno liberati nella Reserva Ecològica, una vasta riserva ecologica nel cuore di Buenos Aires che ha la funzione di preservare la biodiversità del luogo. Tra questi ci sarà anche Sandra, uno dei due oranghi protagonisti della sentenza habeas corpus di un paio di anni fa, con la quale la Corte dei Giudici di Buenos Aires li ha ufficialmente dichiarati “persone non umane”, aventi il diritto all’integrità fisica della libertà.


qui una pagina sullo zoo di Buenos Aires

Cani sintetici per chi studia veterinaria - Yuri Benaglio

 

Un cane sintetico per salvare le vite dei veri cani: è l’idea di SynDaver Labs, un laboratorio della Florida specializzato nel sintetico, che potrebbe a breve avere concreta applicazione in tutto il mondo. La notizia è stata riportata da Popular Science, la rivista di scienza e tecnologia più diffusa al mondo (c’è anche l’edizione italiana). Ecco cosa si legge sul sito ufficiale del laboratorio: “Il SynDaver Cane Sintetico non è solo un cane senza pelle: è un meccanismo perfetto, dettagliato e realistico, per interventi chirurgici che servirà agli studenti di veterinaria”. Ancora oggi, infatti, molti studenti di veterinaria devono dissezionare cani vivi durante il percorso di studi: quello sintetico progettato, rigorosamente munito di ossa, muscoli e di ogni parte canina, nonché capace di respirare e sanguinare, mira quindi al superamento di questa pratica. A questo scopo, SynDaver ha lanciato anche una campagna su IndieGoGo per raccogliere 24 milioni di dollari in due mesi: con i soldi guadagnati, l’azienda si impegna a donare 20 SynDaver Cani Sintetici ad ogni università veterinaria del mondo. Al momento hanno raccolto però solo 12mila dollari.

giovedì 23 giugno 2016

La Germania compra Monsanto, e vende il TTIP all’Europa - Peter Koenig

 

Sarà una coincidenza che Berlino approva, ed addirittura raccomanda, la scalata “ostile” di Monsanto da parte del gigante agroalimentare e farmaceutico tedesco, Bayer?
O è un altro accomodamento strategico occulto tra Washington ed il suo vassallo in capo dell'Europa, Berlino, per far inghiottire alla popolazione europea il nefasto e distruttivo per l'Europa TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership — Partenariato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti)?
Benché i media corporativi occidentali, corrotti e guidati dagli Anglo-Sionisti, stiano facendo di tutto per tenere la gente il più all'oscuro possibile, la verità sta lentamente trapelando. Più del 90% dei Tedeschi si oppone al Glyfosato, il diserbante killer della Monsanto (marchio Roundup) — che è stato recentemente dichiarato cancerogeno, dall'Organizzazione Mondiale della Sanità — (OMS), dopo svariate analisi e contro analisi,. Ed una larga maggioranza dei Tedeschi si oppone anche alla presenza degli OGM (Organismi Geneticamente Modificati) nei cibi.

Attraverso il TTIP, negoziato in gran segreto, le multinazionali come la Monsanto vorrebbero avere la meglio sull'opinione pubblica. Le leggi delle multinazionali, che vorrebbero portarsi dietro il loro sistema di giustizia privata, prevarrebbero sui tribunali nazionali degli stati "sovrani" membri dell'Europa Unita. Di fatto, qualunque pubblica protesta di piazza potrebbe essere repressa con la violenza da parte della polizia e delle forze militari — in piena legalità, perché il TTIP approvato e firmato, diventerebbe la legge del paese, fino al punto di essere imposto con la legge marziale, se necessario, contro il volere del popolo.
Questa, ed altre ragioni dittatoriali, sempre sotto la bandiera della protezione della gente dal terrorismo, sono il motivo per cui il Presidente Francese Hollande cerca insistentemente di far passare nel Parlamento Francese una Legge Marziale permanente — o, in termini più rassicuranti, uno Stato di Emergenza. Per adesso è stato capace di estenderlo fino a Luglio, fino a dopo il Campionato Europeo di Calcio — UEFA EURO 2016 — che è previsto per Giugno-Luglio in Francia.
Dopo l'abbattimento di un altro paio di aeroplani, o qualche finta strage istigata dai soliti noti — CIA, Mossad, Polizia Segreta Francese interna ed esterna (DGSI e DGSE), ed altri — Hollande ed altri leader Europei (sic — perché quelli non sono leader ma corrotti fantocci di Washington senza spina dorsale) faranno scivolare, come il burro, leggi del tipo "Stato di Emergenza" nei loro rispettivi parlamenti. E ciò che è peggio è che sarà la gente, spinta dalla paura, a chiedere leggi come quella.
Sì, il Fattore Paura è ancora la misura dominante per manipolare l'opinione ed il comportamento della gente. Questa è stata per migliaia di anni l'arma preferita da parte dei dittatori per dominare le masse. Anche Hitler e Stalin si sono vantati di come hanno usato la paura per far camminare la gente, dritti dritti verso la Seconda Guerra Mondiale e verso la sconfitta da parte dell'Unione Sovietica. Se alcuni pensano che i dittatori di oggi, Obama, Cameron, Merkel e compagnia siano diversi, sono degli ignoranti.
La menzognera propaganda di oggi è solo molto più sofisticata di allora, ed usa tecniche di comunicazione molto più avanzate. Questi metodi di inganno sono infatti insegnati nelle principali Università della Ivy League [sono 8 Università: Brown, Columbia, Cornell, Dartmouth, Harvard, Princeton, Pennsylvania, Yale, NdT] degli Stati Uniti del Caos e dell'Assassinio. E nel caso che non dovesse funzionare l'eutanasia della propaganda per mezzo della stampa prostituita, c'è sempre il killer a scelta: bombe, carri armati e droni, e la clava di ultima istanza, la NATO.
Ma torniamo all'unione Bayer-Monsanto. La Tedesca Bayer che compra la Monsanto per 62 miliardi di dollari sarebbe non solo la più grande scalata agro farmaceutica nella storia, ma potrebbe essere la più lucrosa e contemporaneamente la più distruttiva per il genere umano. Ora l'OMS, l'organismo internazionale per la salute, conservatore e sempre politicamente "corretto" se ne è uscito a dire che il Glyfosato causa il cancro — che è una cosa che la maggior parte di noi sapeva, e che era stata dichiarata da molti studi precedenti sviluppati da stimati istituti di ricerca in Francia, Germania, ed anche negli Stati Uniti.
Noi sappiamo anche che gli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) hanno sulla salute effetti nefasti a lungo termine, compreso il cancro.
Ed allora è sorprendente che un'ampia maggioranza degli Europei non voglia che il Glyfosato e gli OGM siano consentiti in Europa? Se il TTIP venisse firmato e ratificato dagli asserviti governi europei neoliberali,questi veleni per l'uomo diventerebbero legali, non importa quello che ne pensa la gente. C'è un sacco di soldi in ballo, non miliardi, ma trilioni. E così il prezzo da pagare perché la Bayer compri la Monsanto — ovviamente in base ad un accordo tra Washington e Berlino — 62 miliardi di dollari — non sono noccioline.
Per difendere la sua posizione la Germania può giusto applicare l'usuale spauracchio delle perdite di posti di lavoro se questo accordo dovesse essere bloccato. Le perdite di posti di lavoro, siano vere o false, funzionano sempre ed in ogni paese indottrinato con il pensiero neoliberale. Parlando di perdite di posti di lavoro, dov'era la Merkel quando il suo Padrone di Washington ordinò a lei ed al resto dell'Europa di imporre sanzioni alla Russia, che si stima che costino alla sola industria tedesca 300 — 400.000 posti di lavoro?
In effetti la Russia può diventare il solo paese in prossimità dell'Europa che sia libero dagli OGM e dai veleni Monsanto / Bayer. Il presidente Putin ha detto recentemente che dopo le sanzioni europee l'agricoltura russa ha rapidamente ritrovato lo slancio per superare l'auto-sufficienza, al punto che la Russia potrebbe fornire all'Europa cibi biologici, per quelli che vogliono evitare gli OGM. Questa è una prospettiva incoraggiante, una prospettiva che dovrebbe chiarire ad ogni governo europeo sovrano e progressista che il futuro sta nella partnership con la Russia, con l'Est, e non più con l'Occidente disonesto e in decomposizione.
Il Glyfosato e gli OGM sono elementi chiave del rifiuto del TTIP. Se la Germania compra la Monsanto ed i suoi molti brevetti pericolosi per il genere umano, il governo tedesco dovrà logicamente difendere e promuovere i prodotti della sua impresa; per esempio la Germania può diventare un fiancheggiatore del TTIP. La Germania… il governo, non il popolo. Questo sembra essere il fatale accordo Washington — Berlino, in merito al sostegno a Bayer per acquistare Monsanto. Chi può sapere quali tipi di incentivo sono stati promessi a Bayer. Possiamo solo immaginarlo.
Non ci sono ragioni economiche o finanziarie perché Bayer debba prendere in considerazione l'acquisto della Monsanto. Secondo il Journal ASEED Europe (Action for Solidarity Environment Equality and Diversity — Azione per la Solidarietà, l'Ambiente, l'Uguaglianza, e la Diversità) del 21 ottobre 2013 "Bayer è [già] uno dei principali produttori di pesticidi e di sementi. Un'indagine in corso presso l'Ufficio Brevetti Europeo mostra che in termini di numero di brevetti di OGM, Bayer attualmente è al primo posto: Mais, frumento, riso, orzo, soia, cotone, barbabietole da zucchero, colza, patate, tabacco, pomodori, uva, — la lista delle coltivazioni transgeniche di cui Bayer Agricola possiede i brevetti è ben lunga".
L'azienda ha anche preso brevetti su alberi geneticamente modificati, per esempio pioppi, pini ed eucalipti.Questo è il risultato di una ricerca svolta da"Coalizione contro i Rischi da Bayer" e "Nessun Brevetto sui Semi!" presso l'Ufficio Brevetti europeo di Monaco in Germania. A questo scopo la ricerca ha preso in esame tutte le domande di brevetto presentate da Bayer negli ultimi 20 anni. Secondo questa investigazione la società possiede 206 dei 2.000 brevetti totali rilasciati in Europa per queste piante transgeniche. Questo pone la Bayer al primo posto — prima anche di Pioneer (179), BASF (144), Syngenta (135) e Monsanto (119).
Le persone sono irrilevanti rispetto ai profitti. Il suo profitto al di sopra delle persone — il motto costante del pensiero neoliberista e dell'economia neoliberale. Se la Germania sceglie il TTIP, il resto dell'Europa la seguirà. Così passa la tesi. Così vuole l'impero del male. Questo può essere il piano per forzare l'Europa ad accettare il TTIP. E se non funziona, restano sempre i complotti, e gli attacchi terroristici che giustificano l'intervento della NATO e delle polizie locali — il giro di vite totale, quando la gente ha paura non le resta nessuna energia per combattere contro l'oppressivo accordo sul commercio; vuole solo sentirsi al sicuro dall'onnipresente terrorismo dei jihadisti, inventato dall'Occidente, e prospettato dall'Occidente.
Di una cosa possiamo essere certi, Washington non si lascerà sfuggire gli accordi TTIP e TPP (Partnership Trans Pacifica). Questi fanno parte del Programma per l'egemonia mondiale, così come lo sono i "cambi di regime" nelle nazioni con governi indesiderati, con leader che tendono a sinistra che si aggrappano alla sovranità dei loro paesi, come Siria, Venezuela, Brasile, Iran, Bolivia, Ecuador — e non dimentichiamoci gli unici che sono rimasti a dare speranza all'umanità, Cina e Russia. Questo è — Noi, Il Popolo — l'unico potere che può fermare la mostruosa piovra aziendale, guidata dalle truffaldine e totalizzanti armi finanziarie e monetarie di Washington.
Secondo il piano di Washington tutti questi paesi non allineati devono cadere — "cambi di regime" — con ogni mezzo. Lo stesso piano è pervicacemente preparato per gli spregevoli accordi sul commercio, TTIP e TPP, per imporli forzatamente ai popoli dei partner Europei ed Asiatici. I 40 paesi membri di queste partnership, Stati Uniti compresi, rappresentano il 40% circa del PIL mondiale misurato a parità di potere d'acquisto (ppp = purchasing power parity). Comunque gli scambi commerciali previsti dai trattati Europeo ed Asiatico, sarebbero tutti a vantaggio della potenza egemone, e ridurrebbero in schiavitù i partner. L'eredità di Obama può dipendere da questi accordi.

Europei ed Asiatici, per favore, non dimenticatevi quello che è successo al Messico con l'accordo NAFTA, seguito poi dal CAFTA (Central American Free Tarde Agreement — Accordo Centro Americano sul Libero Commercio — Guatemala, El Salvador, Honduras, Costa Rica, Nicaragua, e Repubblica Dominicana) — un completo disastro economico per gli agricoltori ed i contadini di queste nazioni latino-americane. Per decine di migliaia di loro NAFTA e CAFTA sono stati e sono delle condanne definitive alla povertà.
Benché il popolo abbia poco o niente da dire nella decisione a favore o contro il TTIP, è incoraggiante sapere quello che racconta The Guardian: "A dispetto della concertata spinta dell'Amministrazione Obama per concludere sia il TTIP, sia il suo omologo asiatico, TPP (Trans Pacific Partnership- Partenariato Trans Pacifico), prima delle elezioni presidenziali di novembre, il sostegno per questi accordi commerciali è crollato in America; un recente sondaggio ha mostrato che solo il 18% della gente approva il TTIP, in confronto con il 53% del 2014.
Il Congresso degli Stati Uniti presterà orecchio all'opinione del popolo quando voterà a favore o contro il TPP ed eventualmente il TTIP? Il rivestimento d'argento di questa nube scura che sovrasta l'Europa è che le persone si stanno svegliando negli Stati Uniti. Un quadro analogo può presentarsi per le spinte della Germania a favore della scalata ostile di Bayer verso la Monsanto — l'azienda avvelenatrice del cibo. Noi, Il Popolo, dobbiamo svegliarci e capire che, se non agiamo — ed agiamo in fretta — possiamo perdere il tremendo potere che abbiamo nei confronti di una piccola elite.
Con uno sforzo ed una volontà coordinati, noi possiamo distruggere il mostro.

Articolo di Peter Koenig per Global Research, pubblicato il 25 Maggio 2016
Traduzione in Italiano a cura di Luciano Ragazzi per SakerItalia.it

mercoledì 22 giugno 2016

Monsanto, il seme del diavolo - Esther Vivas


“Il seme del diavolo”. È così che il presentatore di un popolare canale statunitense HBO, Bill Maher, in uno dei suoi programmi e in riferimento al dibattito sugli Organismi Geneticamente Modificati, ha battezzato la multinazionale Monsanto. Perché? Si tratta di un’affermazione esagerata? Cosa nasconde questa grande industria di semi? La scorsa domenica, per l’appunto, è stata la giornata mondiale di lotta contro la Monsanto. Migliaia di persone in tutto il pianeta hanno manifestato contro le politiche della compagnia.
La Monsanto è una delle maggiori imprese al mondo e la numero uno nelle sementi transgeniche. Nel mondo, il 90% delle coltivazioni modificate geneticamente possiedono loro tracce biotecnologiche. Un potere totale e assoluto. La Monsanto è leader nella commercializzazione di sementi e controlla il 26% del mercato. Segue la DuPont Pioneer, con il 18%, e Syngenta, con il 9%. Solamente queste tre imprese controllano più della metà del mercato, con il 53% dei semi che sono comprati e venduti su scala mondiale. Le dieci maggiori controllano il 75% del mercato, secondo i dato del Gruppo ETC. Ciò che gli conferisce un potere enorme al momento di imporre ciò che si coltiva e, di conseguenza, ciò che si mangia. Una concentrazione impresariale che è aumentata negli ultimi anni e che erode la sovranità alimentare.
I profitti di queste imprese non conoscono limiti e il loro obiettivo è quello di mettere fine alle sementi locali e antiche, che ancora oggi hanno un peso significativo, soprattutto nelle comunità rurali dei paesi del Sud. Alcune sementi native rappresentano una minaccia per quelle ibride e transgeniche delle multinazionali, che privatizzano la vita e impediscono alla classe contadina di ottenere le proprie sementi, convertendoli in “schiavi” delle compagnie private, senza contare il loro negativo impatto ambientale, con la contaminazione di altre piantagioni, e sulla salute delle persone.

La Monsanto non ha risparmiato risorse per porre fine alle sementi contadine: azioni legali contro gli agricoltori che tentano di conservarle, monopolio dei brevetti, sviluppo di tecnologie di sterilizzazione genetica dei semi, ecc. Si tratta di controllare l’essenza degli alimenti e, così, aumentare la propria quota di mercato.
L’introduzione nei paesi del Sud, soprattutto in quelle comunità contadine ancora capaci di contare sulle proprie semenze, è una priorità per queste compagnie. In tal modo, le multinazionali dei semi hanno intensificato l’acquisto e le alleanze con imprese del settore, principalmente in Africa e India. Hanno puntato su coltivazioni destinate ai mercati del Sud Globale e hanno promosso politiche per disincentivare le riserve di sementi. La Monsanto, come riconosciuto dalla sua principale rivale DuPont Pioneer, è l’“unica guardia” del mercato dei semi, controllando, per esempio, il 98% della commercializzazione della soia transgenica tollerante erbicidi e del 79% del mais, come dispone la relazione  “Chi controlla i fattori di produzione agricoli?”. Questo gli garantisce abbastanza potere nella determinazione del prezzo dei semi, indipendentemente dai suoi concorrenti.
 Semi e pesticidi
Tuttavia, siccome la Monsanto non è in grado di controllare in modo sufficiente le sementi, per chiudere il circolo, cerca anche di dominare ciò che si applica nelle sue coltivazioni: i pesticidi. La Monsanto è la quinta impresa agrochimica al mondo e controlla il 7% del mercato degli insetticidi, erbicidi, fungicidi, ecc., dietro altre imprese, a loro volta, leader nel mercato dei semi, come la Syngenta, che domina il 23% del business degli agrofarmaci, Bayer il 17%, BASF il12% e Dow Agrosciences quasi il 10%. Quindi, cinque imprese controllano il 69% dei pesticidi chimici sintetici che sono utilizzati nelle piantagioni su scala mondiale. Gli stessi che vendono ai contadini le sementi ibride e transgeniche, forniscono anche i pesticidi da utilizzare. Un affare a tutto tondo.

L’impatto ambientale e sulla salute delle persone è drammatico. Nonostante le imprese sottolineino il carattere “amichevole” di questi prodotti nei confronti della natura, la realtà è esattamente il contrario. Al momento attuale, dopo anni di forniture di erbicidi della Monsanto, Roundup Ready, a base di glifosato, che già nel 1976 è stato l’erbicida più venduto al mondo, secondo i dati della stessa compagnia, e che viene applicato alle sementi della Monsanto geneticamente modificate per tollerare tale erbicida, è noto che mentre questo prodotto mette fine alle erbe infestanti, molte altre  hanno sviluppato resistenze. Secondo i dati del Gruppo ETC, si stima che solamente negli Stati Uniti sono già sorti all’incirca 130 tipi di erbacce resistenti ad erbicidi, in 4,45 milioni di ettari di piantagioni. Questo ha portato ad un aumento dell’uso di erbicidi, con applicazioni più frequenti e dosi più elevate per combatterle, con la conseguente contaminazione dell’ambiente circostante.
Le denunce di contadini e comunità colpite dall’uso sistematico di pesticidi chimici sintetici è costante. In Francia, inoltre, il Parkinson viene considerato un’infermità del lavoro agricolo, causato dall’uso di agrofarmaci, dopo che, nel 2012, il contadino Paul François ha vinto la battaglia giudiziale contro la Monsanto, nel Tribunale di Lione, ed è riuscito a dimostrare che il suo erbicida Lasso era responsabile di averlo intossicato e reso invalido. Una sentenza storica che ha permesso un avanzo nella giurisprudenza.

Il caso delle Madri di  Ituzaingó, uno dei quartieri nelle vicinanze della città argentina di Cordoba, circondata da campi di soia, in lotta contro le fumigazioni, ne rappresenta un altro esempio. Dopo dieci anni dalla denuncia e dopo aver osservato come il numero di malati di cancro e bambini con malformazioni nel quartiere non si fermava, ma al contrario, aumentava – su cinque mila abitanti, duecento avevano un cancro -, sono riusciti a dimostrare il legame tra queste infermità e gli agrochimici utilizzati nelle piantagioni di soia nei suoi dintorni (endosulfano della DuPont e glifosato del Roundup Ready della Monsanto). La giustizia ha proibito, grazie alle mobilizzazioni, la fumigazione con agrofarmaci vicino alle aree urbane. Questi sono solo due dei molti casi che è possibile riscontrare in tutto il pianeta.
I paesi del Sud, adesso, sono il nuovo obiettivo delle imprese agrochimiche. Mentre le vendite globali di pesticidi hanno registrato una riduzione negli anni 2009 e 2010, il loro uso nei paesi periferici è aumentato. In Bangladesh, per esempio, l’uso di pesticidi è cresciuto del 328% negli anni 2000, con il consecutivo impatto sulla salute dei contadini. Tra il 2004 e il 2009, l’Africa e il Medio Oriente hanno registrato il maggior consumo di pesticidi. In America Centrale e del Sud si attende un aumento del consumo nei prossimi anni. In Cina, la produzione di agrochimici ha raggiunto, nel 2009, due milioni di tonnellate, più del doppio rispetto al 2005, secondo quanto riportato dal rapporto “Chi controlla l’economia verde?”. Gli affari come al solito.
Una storia di terrore
Però, da dove nasce questa impresa? La Monsanto venne fondata nel 1901 dal chimico John Francis Queeny, proveniente dall’industria farmaceutica. La sua storia è la storia della saccarina e dell’aspartame, del PCB, dell’agente arancio, dei transgenici. Tutti prodotti, nel corso degli anni, da questa impresa. Una storia di terrore.

La Monsanto si costituì come impresa chimica e, alle sue origini, il suo prodotto di punta era la saccarina, che distribuiva all’industria alimentare, soprattutto, alla Coca-Cola, di cui è stata una dei principali fornitori. Con il tempo, ampliò gli affari alla chimica industriale, diventando, negli anni Venti, uno dei maggiori fabbricanti di acido solfurico. Nel 1935, assorbì l’impresa che commercializzava policlorobifenili (PCB), utilizzato nei trasformatori dell’industria elettrica. Negli anni Quaranta, la Monsanto focalizzò la sua produzione nelle plastiche e nelle fibre sintetiche e, nel 1944, cominciò a produrre chimici agricoli come il pesticida DDT.
Negli anni Sessanta, insieme ad altre imprese del settore, come la Dow Chemical, venne contrattata dal governo degli Stati Uniti per produrre l’erbicida agente arancio, utilizzato nella guerra del Vietnam. In quel periodo, si unì, inoltre, all’impresa Searla, che aveva scoperto il dolcificante non calorico, l’aspartame. La Monsanto è stata anche produttrice dell’ormone sintetico somatotropina responsabile della crescita bovina. Negli anni Ottanta e Novanta, la Monsanto puntò sull’industria agrochimica e transgenica, fino a diventare l’indiscusso numero uno dei semi geneticamente modificati.
Attualmente, molti dei prodotti prodotti made by Monsanto sono stati proibiti, come il PCB, l’agente arancio o il DDT, accusati di provocare danni alla salute umana e all’ambiente. L’agente arancio, nella guerra delVietnam, è stato responsabile della morte e mutilazione di decine di migliaia di persone, così come della nascita di bambini con malformazioni. La somatotropina bovina, inoltre, è vietata in paesi come Canada, Europa, Giappone, Australia e Nuova Zelanda, nonostante venga permessa negli Stati Uniti. Lo stesso avviene con le coltivazioni transgeniche, onnipresenti nell’America del Nord ma proibite nella maggior parte dei paesi europei, escluso, ad esempio, lo Stato spagnolo.
La Monsanto si muove come un pesce nell’acqua nello scenario del potere. Questo risulta chiaro secondo Wikileaks, dopo aver filtrato oltre 900 messaggi che mostravano come l’amministrazione degli Stati Uniti ha speso enormi risorse pubbliche per promuovere la Monsanto e i transgenici in moltissimi paesi, per mezzo delle sue ambasciate, del Dipartimento dell’Agricoltura e della sua agenzia di sviluppo USAID. La strategia consisteva in conferenze “tecniche”, giornalisti disinformati, funzionari e formatori di opinione, così come pressioni bilaterali per adottare legislazioni favorevoli e aprire il mercato a imprese del settore, ecc. In Europa, su questo argomento, il governo spagnolo è il principale alleato degli Stati Uniti.
Combattere
Di fronte a tutte queste assurdità, sono molti quelli che non rimangono in silenzio e affrontano la questione. Migliaia sono le resistenze contro la Monsanto in tutto il mondo. Il 25 maggio è stata dichiarata giornata mondiale contro questa compagnia e centinaia di manifestazioni e azioni di protesta sono state realizzate in tutto il mondo. Nel 2013, venne realizzata la prima convocazione, migliaia di persone sono scese in piazza nelle varie città di 52 differenti paesi, dall’Ungheria al Cile, passando per l’Olanda, per la Spagna, Belgio, Francia, Africa del Sud, Stati Uniti, tra gli altri, per mostrare il profondo rifiuto delle politiche della multinazionale. La scorsa domenica, giorno 25, la seconda convocazione, meno affollata, ha registrato azioni in 49 paesi.
’America Latina è, in questo momento, uno dei principali fronti di lotta contro la compagnia. In Cile, la mobilizzazione ha ottenuto, nel marzo del 2014, la cancellazione della conosciuta Legge Monsanto, che pretendeva di facilitare la privatizzazione delle sementi locali per lasciarle nelle mani dell’industria. Un’altra grande vittoria è stata ottenuta in Colombia, l’anno scorso, quando la massiccia paralizzazione agraria, nell’agosto del 2013, è riuscita a ottenere la sospensione della Risoluzione 970, che obbligava i contadini ad usare esclusivamente sementi private, comprate da imprese di agribusiness, e impediva che venissero conservate le proprie semenze[anche se la questione è molto più complessa]. In Argentina, i movimenti sociali stanno lottando contro un’altra Legge Monsanto, che il paese pretende approvare subordinando la politica nazionale in relazione alle sementi alle esigenze delle imprese transnazionali. Più di 100mila argentini hanno già firmato contro questa legge, nell’ambito della campagna “No alla privatizzazione delle sementi”.
In Europa, la Monsanto vuole aprofittare adesso dello spazio che si aprirà con le negoziazioni del Trattato di Libero Commercio tra Unione Europea e Stati Uniti (TTIP), per fare pressioni in funzione dei suoi interessi privati e poter legiferare al di sopra della volontà dei paesi membri, la maggior parte dei quali è contraria all’industria transgenica. Speriamo che le resistenze in Europa contro il TTIP non tardino ad arrivare.
La Monsanto è il seme del diavolo, senza ombra di dubbi.

venerdì 17 giugno 2016

l'OMS assolve il caffè

Le bevande molto calde, a prescindere dalla loro natura, sono una "probabile" causa di cancro. A diffondere la notizia è stata l'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) che ha contemporaneamente escluso il caffè e il mate in sè, a meno che non siano bevuti bollenti, dalle possibili cause di tumori. Il verdetto è contenuto nel parere stilato da 20 esperti di tutto il mondo per l'Agenzia per la ricerca sul cancro (Iarc) dell'Oms. "I risultati fanno pensare che il consumo di bevande molto calde sia una probabile causa di cancro all'esofago e che sia la temperatura a essere in causa, piuttosto che la bevanda stessa" ha dichiarato Christopher Wild, direttore del Centro internazionale sulla ricerca sul cancro (Circ/Iarc).

Evitare bibite a 65°C
"Sarebbe meglio quindi evitare bevande a temperature molto alte perché è probabile che possano provocare il tumore dell'esofago", ha dichiarato ancora Wild. Con la definizione 'bibite molto calde' gli studiosi si riferiscono a quelle che vengono consumate a 65°C. "Caffè e thé si bevono a temperature molto più basse nel Nord d'America e in Europa", ha detto Dana Loomis, epidemiologo del CIRC.

La ricerca 'assolve' dunque il caffè, che nel lontano 1991 era stato inserito in un elenco di sostanze che potevano essere cancerogene (classificato come 2 b) in riferimento ai tumore della vescica. Il nuovo report, ora, porta il caffè nella categoria 3 dove non ci sono evidenze di rischio…

giovedì 16 giugno 2016

Niger Delta Avengers contro Agip - Maria Rita D’Orsogna

Watch out something big is about to happen and it will shock the whole world”
Niger Delta Avengers

Si chiamano Niger Delta Avengers e sono un gruppo di disperati e di esaltati ribelli che hanno iniziato a fare esplodere oleodotti e condutture in Nigeria. I loro obiettivi sono l’Agip e la Shell. Per ora hanno fatto saltare le condutture di Nembe e di Bonny della Shell e di Brass dell’Agip nello stato del Bayelsa il giorno 28 maggio 2016. Hanno detto che continueranno con i loro atti di vandalismo finché le loro richieste non saranno soddisfatte. Nei loro comunicati su twitter dicono che hanno già fatto saltare altri oleodotti nel paese, di proprietà della Nigerian National Petroleum Corporation e che ora è il turno di Shell e di Agip.
La Chevron è stata già attaccata la scorsa settimana. Anzi, attacchi più o meno imponenti sull’infrastruttura petrolifera della Nigeria da parte di questi Avengers e da altri gruppi sconosciuti vanno avanti da settimane.
E quali sarebbero queste richieste? Cosa vogliono? Dicono che sono stanchi di contratti fra le loro terre e i petrolieri in cui si decide su oleodotti e su estrazioni senza l’input delle persone, e con pochi ritorni per i residenti. Dicono che vogliono essere loro artefici del loro destino e avere il controllo sulle risorse del paese. Hanno soldati, e sono arrabbiati anche contro il loro stesso governo che continua ad avvantaggiare i petrolieri e non la gente.

Per esempio, il giorno 11 maggio 2016 i sussidi sulla benzina sono stati eliminati, a causa del declino degli introiti e del crollo dei prezzi del petrolio, facendo raddoppiare i prezzi alla pompa e infuriando i residenti che hanno chiamato questo aumento “inumano”.
I Niger Delta Avengers dicono che tutte le ditte straniere devono lasciare il sud della Nigeria, dove si produce la maggior parte del petrolio del paese, entro il 31 maggio 2016.
A causa di questi ripetuti attacchi la produzione di petrolio della Nigeria è calata da 2.2 milioni di barili al giorno a 1.4 milioni di barili, e alcune ditte straniere hanno già aumentato sicurezza e spostato personale non indispensabile.
La cosa sorprendente però è che nonostante la violenza e la paura, anche i leader di alcune comunità locali, spesso attivisti non violenti, appoggiano i Niger Delta Avengers perché sono d’accordo con loro che c’è bisogno di una maggiore e più equa ridistribuzione della ricchezza da petrolio, e che le trivelle hanno distrutto il loro habitat e le vite di migliaia di pescatori e contadini.
Non si sa chi finanzi questi Avenegers. Si sa solo che a causa loro la Nigeria è ora il secondo produttore di petrolio in Africa, e che adesso il principale trivellatore e’ l’Angola.
Ovviamente la violenza è sempre da condannare, ma è questo il risultato di cinquant’anni di sfruttamento irresponsabile da parte di Chevron, Agip e Shell in Nigeria. A un certo punto scoppia.
Si raccoglie sempre quello che si semina.

mercoledì 15 giugno 2016

Una società radicata nella terra - Alberto Castagnola


Oltre duecento donne e solo una quindicina di uomini tra i partecipanti, stessa proporzione tra i relatori e i responsabili dei gruppi di lavoro a tema: il convegno sulle “Culture Indigene di Pace”, ormai alla sua terza edizione (Torino, 18-20 marzo 2016), è una delle espressioni più significative di un movimento delle donne sempre più presente in molti paesi del Nord e del Sud del mondo. I lavori si sono svolti nei grandi capannoni centrali e nelle diverse sale del complesso, facenti parte un tempo di una industria metalmeccanica e trasformata in sede di organizzazioni alternative come il Gruppo Abele e Libera, sbocco intelligente di una politica comunale che doveva affrontare la progressiva deindustrializzazione della città.
L’Associazione Laima, promotrice dell’iniziativa, dovrà ora elaborare i ricchi materiali, sia cartacei che visuali e musicali; Comune, media partner del convegno, ne darà notizia. Vogliamo però richiamare le modalità di svolgimento dei lavori, che ci hanno particolarmente colpiti: all’inizio e durante animazioni che suscitavano interessi ed emozioni profondi; due terzi del tempo occupati da gruppi di lavoro quasi tutti con metodologie attive di svolgimento e partecipazione; danze e canti collettivi; una partecipazione fisica sollecitata per ridurre le distanze interpersonali; delle proposte di impegno nella Natura e nella società adatte a persone complete e centrate e non solo a parole.
Quanto segue è stata l’ultima relazione, dedicata alla fase di transizione che stiamo vivendo e alla necessità di affrontare una trasformazione planetaria.
Alcune premesse
Si può ipotizzare che siamo nella fase iniziale di un punto di svolta, ancora non percepito o comunque rifiutato nei comportamenti, perché la situazione del pianeta Terra è sempre più grave: crisi climatica in particolare e ambientale in genere; crisi occupazionale ormai strutturale; crisi finanziaria, in atto e potenziale. Sono necessari e urgenti cambiamenti radicali nelle politiche economiche che, se non realizzati nei tempi e nelle dimensioni dovute, saranno imposte dai peggioramenti planetari – dei quali flussi migratori e guerre non tradizionali sono solo dei primi segnali – mentre guerre diffuse di dimensioni apparentemente modeste e movimenti migratori forse irrefrenabili stanno cambiando il quadro già complesso delle relazioni internazionali. In una prospettiva di mutamento, donne e uomini profondamente e radicalmente motivati dovrebbero cominciare a vivere esperienze collettive diverse da quelle finora spesso attraversate. In questa prospettiva, occorre delineare e approfondire linee di impegno e di lavoro collettivo che possano spingere i processi generali e formino le persone più sensibili ad un impegno molto qualificato.
Possiamo tuttavia accennare ad alcune ipotesi di cambiamento, le cui premesse son già in atto, anche se non sono sufficienti a delineare dei processi di transizione verso finalità prevedibili. In primo luogo, la sottolineatura della gravità dei meccanismi di modifica del clima planetario attualmente in corso; le misure da adottare con urgenza e in misura concentrata nell’immediato futuro da parte di tutti i governi appaiono in ritardo e poco adeguate, mentre sono ancora numerose le decisioni economiche che vanno in senso opposto a quello ormai necessario (continua l’estrazione illimitata di petrolio e gas, non si interrompe la chimizzazione dell’agricoltura, i trattati internazionali in discussione possono solo peggiorare la situazione, e così via).

In secondo luogo, i flussi migratori per motivi economici, bellici e di persecuzioni e ormai anche per eccessiva durezza delle condizioni ambientali, sembra inarrestabili e in corso di aumento accelerato, mentre le politiche adottate finora appaiono come influenzate da una visione molto vecchia dei fenomeni internazionali. Ancora, gli eventi militari e terroristici si stanno moltiplicando in molti territori, alimentati da conflitti religiosi, etnici e di politiche statuali che sembrano risalire a tempi che consideravamo  ormai lontani e che sono invece assolutamente virulenti, mentre molti Stati non riescono a far evolvere le loro relazioni con le popolazioni rispettive e quelle a loro vicine. Infine, le numerosissime realtà sociali di base, che in moltissimi paesi proliferano senza sosta ormai da molti anni, appaiono prefigurare dei sistemi sociali e di relazioni molto significativi, ai quali però non viene quasi sempre attribuita una qualche  importanza dalle istituzioni nazionali, e quindi non riescono ad esprimere al massimo le loro potenzialità, e si sta quindi ritardando l’emergere di alternative e modelli capaci di affrontare le incognite del futuro.
Non sono ancora in circolazione previsioni o modelli di società alternative, ma possono essere avanzate alcune ipotesi di orientamenti che emergeranno, ad esempio contrazione della mobilità, ristrutturazione dei consumi, riduzione orari di lavoro, accoglienza di profughi economici e ambientali, che dovranno essere vissuti come forme di transizione forse negate o non completamente percepite. Perfino il pensiero della decrescita, radicale nella condanna del sistema economico tutto orientato alla crescita illimitata e al profitto a qualunque costo, lascia solo intuire alcune delle caratteristiche principali che potrebbero informare le società del futuro e cerca essenzialmente di stimolare la formazione di un nuovo immaginario, lasciato alla creatività di ogni cultura.
Infine, non è forse opportuno al momento tentare di descrivere nuovi ruoli, nuovi compiti, nuove responsabilità, in particolare per quanto riguarda la posizione dei vari sessi nelle società in divenire; siamo ancora troppo immersi nelle contraddizioni e nelle conflittualità storiche e dei tempi presenti per esprimere desideri e scelte in termini chiari e facilmente condivisibili. Il peso del passato e delle strutture attuali distorce in profondità e blocca rigidamente la manifestazione di emozioni e desideri, e limita in quantità e qualità i contatti con l’esterno.
Cosa è più probabile che avvenga: la transizione nel breve periodo
Nell’immediato futuro, le nostre società incontreranno molte difficoltà, per esempio ad avviare processi di transizione che incidano realmente sui meccanismi di danno ambientale, e intanto le variazioni climatiche muteranno in modo sostanziale le condizioni di vita di gran parte delle società e delle culture. Le guerre e i conflitti armati sono aumentati di numero negli ultimi anni e soprattutto si presentano in forme nuove, per affrontare le quali gli strumenti istituzionali e diplomatici esistenti si dimostrano sostanzialmente inutili.
Migrazioni: ai profughi per terrorismi, guerre, fame, siccità si stanno aggiungendo coloro che fuggono da luoghi diventati inospitali perché la natura si sta ribellando. Le previsioni relative ai profughi ambientali oscillano tra i 200 e i 250 milioni di persone.

Meno lavoro: se si tralasciano le indicazioni mese per mese delle statistiche occupazionali e si concentra invece l’attenzione sulle capacità strutturali del sistema dominante nei paesi più avanzati, si percepiscono chiaramentecrescenti difficoltà nella creazione di nuovi posti di lavoro. Tra le cause sicuramente la rapida informatizzazione delle attività produttive e il trasferimento di capitali nella sfera finanziaria, mentre le nuove leve di potenziali lavoratori si gonfiano per i processi demografici in corso e alle frontiere aumentano i flussi di chi è costretto ad abbandonare i paesi colpiti da eventi bellici e climatici e cercherà una qualunque occupazione per sopravvivere. Inoltre la crisi economica, di cui ancora non si intravede la fine, continua a far uscire dalla struttura produttiva imprese di ogni dimensione.
Se questa è la prospettiva nella quale ci muoviamo, si può decidere di rimanere passivi, rifiutandosi di percepire o individuare le direzioni e le potenzialità più a noi favorevoli, – ma sopportando costi umani e sociali che potremo solo vivere come imposizioni esterne non comprensibili nei contenuti e nelle motivazioni – oppure cercare, pur con i nostri limiti, paure e tremori davanti al futuro che ci viene incontro ogni giorno, di reagire, magari anche cercando solo delle vie di fuga che ci appaiano relativamente meno preoccupanti. Qui invece proponiamo una alternativa, sulla quale forse vale la pena almeno di riflettere (evitando però accettazioni immotivate e altrettanto passive come il nostro inserimento in un sistema dominante e pervasivo).
Cosa deve essere evidenziato e potenziato
·         Prendere le distanze dal lavoro all’interno del sistema dominante
La maggior parte di noi (compresi i disoccupati, i cassintegrati, i precari e chi stenta a trovare il suo primo lavoro), entra o cerca di entrare nell’economia dominante, e si trova collocato in luoghi fortemente strutturati, dove dominano le logiche di uno sfruttamento più o meno velato, dove i poteri sono organizzati in forma piramidale, dove la competitività e la sopraffazione sono stimolate ad ogni livello, dove  ogni miglioramento nella qualità del lavoro sembra essere accompagnato da restrizioni dell’autonomia personale di ciascuno. Comprendere in modo approfondito le logiche che sovrastano le libertà del singolo, valutare attentamente i rapporti di potere, verticali ed orizzontali, sperimentare continuamente i margini di manovra e gli spazi che si aprono, avere sempre il controllo di ogni ribellismo e  reazione non meditati o  inconsulti, e alimentare insieme il rifiuto sostanziale  di ogni sottomissione totale alla megamacchina sembrano costituire l’unica via realistica di mantenimento di una libertà personale sottratta ad ogni intromissione di capi e colleghi. Anche pensare di poter modificare dall’interno il sistema dominante può nella maggior parte dei casi portare a dei costi difficilmente sopportabili, mentre una visione articolata e  approfondita dall’esterno, dei limiti e delle falle nel funzionamento del meccanismo può far maturare notevolmente le capacità e le autonomie  personali. Oggettivare e prendere delle distanze mentali dalle logiche dominanti (anche nelle situazioni apparentemente più semplici e marginali) è forse la strada maestra da perseguire. Anche le libere professioni, le professionalità più elevate e indispensabili non si sottraggono certo alle logiche di dominazione, anche se le lusinghe e le attrazioni possono apparire più consistenti ed appaganti.
·         Conquistare tempo libero
Anche se in molte situazioni il sistema sembra riuscire ad estrarre ogni capacità e ogni forza fisica dagli individui sottoposti al suo dominio, si possono spesso conquistare dei tempi liberi durante il lavoro e fuori dagli orari imposti. Non devono però essere vissuti come delle fughe riuscite o delle furbe trovate, ma devono essere riconosciuti come dei tempi utili e significativi che possono essere diretti a soddisfare esigenze personali liberamente scelte. In sostanza, la pratica impossibilità per gli individui di modificare l’organizzazione dominante può risolversi in una crescente rassegnazione, che ottunde le capacità di reazione anche in campi diversi da quello strettamente connesso al lavoro.Invece l’uso di un tempo libero da vincoli e condizionamenti anche psicologici è essenziale per stimolare e mantenere a livelli alti le capacità creative personali e per ampliare incessantemente la rete delle relazioni con gli altri contesti, ricreativi o culturali.
Avviare dinamiche alternative
·         Coltivare passioni non superficiali
Una maggioranza crescente di persone non è soddisfatta delle attività che si trova a svolgere o comunque coltiva delle aspirazioni che difficilmente potranno essere realizzate. Invece di rassegnarsi ad una mediocre collocazione lavorativa, o a coltivare degli hobby scacciapensieri, sarebbe più opportuno arricchire la propria esistenza scegliendo argomenti o situazioni che possono stimolare la nostra intelligenza e suscitare delle emozioni profonde. Possiamo provare a richiamare vecchie curiosità, oppure guardarsi intorno per individuare nuovi campi di interesse. Non dobbiamo pensare che ogni sentiero scelto sia definitivo o interamente assorbente, e quindi dobbiamo essere pronti ad abbandonarlo se si rivela insoddisfacente o inconcludente, però rimanendo disponibili a individuare un nuovo percorso che si profila promettente. Ciò che importa è che non sia un passatempo superficiale o solo una occasione per incontrare persone; deve invece alimentare altre curiosità e spingere verso nuove esperienze, con sequenze non forzate e gradi di soddisfazione crescenti.

·         Entrare in contatto con la natura

Abbiamo tutti un forte bisogno di rientrare in contatto con la natura, per ristabilire relazioni e riequilibrare i contatti. Oltre metà della popolazione umana vive in centri urbani e questa percentuale tende ad aumentare in tutti i paesi. Dobbiamo opporci o sottrarci a questa spinta, e non è facile a causa di vincoli e condizionamenti. È necessario rivolgerci nuovamente alla Natura nella quale siamo inseriti e percepire nuovamente l’attrazione dei sistemi vitali che la compongono. Si tratta di interrompere, magari all’inizio solo per brevi momenti, i ritmi frenetici che ci travolgono e riscoprire i rumori, i suoni, i colori, le atmosfere di un bosco o di un corso d’acqua, di una spiaggia o di una collina, di un parco urbano o di una strada alberata. E cominciare a porci delle domande, molto elementari: cosa ci piace? Abbiamo voglia di toccare o di immergere una mano? C’è qualcosa che sta per fiorire? Cosa posso fare con le foglie cadute?
Se prendiamo l’abitudine di passare del tempo nel verde o di fare una passeggiata in montagna, possiamo cominciare a intravedere l’avvicendarsi delle stagioni e i mutamenti di colori e profumi. In alcuni posti non lontani dai luoghi delle nostre attività, si possono talvolta avvistare dei nidi o dei piccoli animali. Altre domande possono venire in mente: so riconoscere il nome di un albero o di un fiore? Qualche pianta è commestibile o ha effetti medicamentosi? Cosa si può portare a casa e cosa si deve lasciare intatto al suo posto? Ho dello spazio per far crescere una pianta in casa o sul posto di lavoro?

·         Scegliere cibo sano

Negli anni più recenti è emersa una maggiore attenzione verso una alimentazione più corretta rispetto al nostro corpo; ovviamente il sistema economico si è rapidamente impadronito di questa tendenza e ora viviamo circondati da grandi chef e contadini supertecnologici. Ma la strada che dobbiamo percorrere è ben diversa, poiché le mutazioni ambientali sempre più rapide ed accentuate chiedono insistentemente di recuperare metodi di coltivazione non dominati dalla chimica e di riscoprire antichi sapori, ristabilendo il delicato equilibrio che deve esistere tra cibi biologici e una alimentazione che rispetta i cicli naturali. Non si tratta di mettersi a dieta odi ispirarsi a prescrizioni esotiche, ma di conoscere il valore nutritivo degli alimenti e le esigenze effettive del nostro organismo. L’atteggiamento che dobbiamo instaurare è quello della curiosità verso i cibi non trasformati industrialmente o che non provengono da regioni lontane, recuperando i piaceri e i sapori delle tradizioni culinarie locali ed evitando le conseguenze nefaste della obesità e dell’appesantimento fisico.

·         Avere relazioni significative

I vincoli imposti dal sistema economico dominante hanno inciso duramente sulle relazioni interpersonali, sia familiari che amicali e culturali. In ogni contesto, facendo un po’ di attenzione , ci si può accorgere che i rapporti si sono allentati e rarefatti, i tempi tra un incontro e uno scambio si sono allungati,l’intensità delle relazioni è molto diminuita; gran parte delle connessioni che ancora abbiamo sono percepite come faticose e forzate, non per limiti delle persone ma perché le convivenze, specie nei centri urbani di maggiori dimensioni, hanno perso di spontaneità e di semplicità e diventano ogni giorno più sottoposte a troppe condizioni. Forse in questa sfera dobbiamo fare gli sforzi maggiori per ristabilire una maggiore fluidità di rapporti, perché tempi e distanze sono percepite come forze impossibili da superare. Se solo ci fermiamo un momento, tuttavia, dovrebbe essere possibile ristabilire delle priorità alle quali non vogliamo rinunciare; semplificare le occasioni di incontro; riscoprire modalità di relazione che s sottraggono ad ogni condizionamento; ridare valore ai contatti diretti e alla fisicità delle percezioni, rinunciando alla apparente semplicità e velocità dei mezzi informatici, che dovremmo considerare utili solo in certi contesti, e non nell’ambito delle relazioni interpersonali.

Su quali aspetti si potrebbe lavorare

Individuare vincoli

 In ogni situazione personale, anche apparentemente soddisfacente, è possibile riflettere su quali logiche ci sono state di fatto imposte e quali sono state il risultato di nostre scelte personali fatte in piena autonomia. Siamo nel centro urbano o nel quartiere che ci piaceva di più o abbiamo solo fatto un percorso di localizzazione scelto da altri? Abbiamo tante volte rimandato qualunque spostamento, spaventati da un futuro troppo vago oppure gustiamo una realtà sociale pienamente soddisfacente? In caso di forte insoddisfazione, siamo in grado di indicare esattamente le cause o le persone che le hanno determinate? Abbiamo una qualche aspirazione a sottrarci da queste presenze che ci hanno tanto vincolato? E sappiamo che talvolta le loro intenzioni erano buone nei nostri confronti?

·         Individuare condizionamenti

Gli ostacoli possono essere molto oggettivi e diffusi, oppure sono diretti solo contro di noi (anche se non ci rendiamo conto che moltissime altre persone sono immerse in situazioni molto simili alla nostra). Ogni luogo di lavoro (non solo quello subordinato) può presentare una elevata concentrazione di condizionamenti della libertà e della autonomia personale. Ciò dipende essenzialmente dalle strutture piramidali, con i poteri concentrati in pochi punti, oppure dalle logiche istituzionali e burocratiche, che poco si interessano alle componenti umane dei sottoposti. In più,  le donne soffrono per tutti i condizionamenti ispirati dal modello sociale di tipo patriarcale(consolidatosi e introiettato da tempo), Ciò significa che i maschi possono trarre qualche soddisfazione (forse di qualità non eccelsa) a seconda dei livelli che riescono a conquistare, mentre le donne soffrono contemporaneamente per i meccanismi patriarcali di dominio e per quelli di una economia di sfruttamento di tipo capitalistico.

·         Sottrarsi

Con questa parola si definisce un atteggiamento e un comportamento nei confronti del sistema dominante, di tipo capitalistico, cioè scegliere di non contrapporsi ai meccanismi che ci avvolgono e condizionano, ma cercare invece di sottrarsi progressivamente ai condizionamenti e alle violenze e crearsi degli spazi di vita e di attività che sfuggono ai controlli e alle oppressioni e realizzare emozioni, sensazioni e azioni che sono libere rispetto al sistema.
Questo comportamento caratterizza molte persone che nella attuale fase – caratterizzata da crisi prolungate e sovrapposte, con forte disoccupazione destinata a continuare quasi immutata nei prossimi anni e comunque da notevoli difficoltà del sistema globale di riavviare i processi di crescita – non accettano di rimanere inerti guardando avvicinarsi catastrofi sempre più numerose e prevedibili, e cercano i modo per prendere le distanze dal sistema economico nel quale sono immersi e di operare invece secondo visioni, principi e logiche ben diverse da quelle dominanti in quasi tutti i paesi del mondo.

È evidente che una scelta di questa natura ha escluso preliminarmente altre possibilità:
1.      Operare per far diffondere ed esplodere movimenti di tipo rivoluzionario anche violenti: le analisi personali portano a guardare con interesse i movimenti di base che si sono moltiplicati negli anni più recenti nel periodo successivo ai no global (dopo il 2000) almeno in alcuni paesi. Gli attivisti sono convinti che in molti paesi anche occidentali vi siano le condizioni oggettive per stimolare reazioni antiistituzionali di massa ma che finora le diverse popolazioni non hanno affatto reagito in modo diffuso e anzi si sono rifugiate nella difesa dei pochi previlegi ancora a loro disposizione; sono altresì convinti che finora il sistema dominante ha dimostrato di saper utilizzare gli strumenti legali e illegali a sua disposizione per dividere, disperdere, illudere, recuperare le sollevazioni in fase iniziale, impedendo ogni continuità nelle azioni appena avviate. I pochi casi di paesi che hanno saputo sottrarsi a queste logiche di dominio hanno dovuto sopportare dei costi umani che non hanno certo potuto incoraggiare altri paesi (e Cuba è rimasta un esempio isolato). Ovviamente i movimenti di base esistenti in alcuni paesi continuano a guardare le rivolte o le manifestazioni di piazza in altri paesi, sostenendole “politicamente” ma in genere senza collegamenti funzionali; poi di fatto li dimenticano non appena sono stati sciolti o riassorbiti.
2.      Le analisi condotte in modo più o meno approfondito sul rispettivo paese non individuano un numero sufficiente di persone che possano cominciare a smantellare singoli meccanismi economici che compongono il complesso quadro del sistema dominante. Non vi sono nuclei di persone con questi orientamenti nella stragrande maggioranza dei partiti o dei sindacati o in altre consistenti organizzazioni sociali (ad esempio il mondo delle cooperative o le organizzazioni religiose collaterali), mentre alcune aree, come i centri sociali o alcuni organismi del terzo settore sono troppo frammentati per costituire la base di una alternativa che si contrapponga con decisione e continuità alle logiche dominanti, dal pensiero liberista fino alle campagne contro le iniziative internazionali per liberalizzare al massimo il commercio internazionale.
Queste analisi, valide ormai da alcuni anni e che al momento non si può nemmeno ipotizzare possano dare risultati diversi nel giro di qualche anno, convincono tutti coloro che invece guardano con angoscia crescente alle mutazioni del clima e al moltiplicarsi dei meccanismi di danno ambientale, ad elaborare una strategia spesso solo personale o di piccolo gruppo, che individui problemi o danni di limitate dimensioni che possano essere affrontati anche su piccola scala, ma che siano basati su analisi e visioni complessive condotte lucidamente e aggiornate di continuo.

·         Compromessi? No, grazie; coerenza, idem

Moltissime persone, inserite in una struttura operativa o istituzionale facente parte del sistema dominante, sono convinte di poter godere di momenti di libertà mentale o personale solo perché accettano un compromesso con le logiche alle quali sono inevitabilmente sottoposte. Ritengono, poiché ricevono una retribuzione o magari delle soddisfazioni sul lavoro o nella carriera, che devono accettare tutte le contraddizioni del sistema e che ciò fa parte del loro compromesso esistenziale, cioè che per sopravvivere con lo stipendio devono di fatto sentirsi parte dell’organizzazione e devono accettare le logiche del sistema. Questa impostazione comporta una sofferenza non leggera e soprattutto prolungata nel tempo, e ottunde le spinte personali verso le libertà e l’autonomizzazione. Io penso che il termine compromesso non debba essere usato, poiché non si tratta di una libera scelta di integrazione in cambio di denaro, e che quindi ogni aumento della retribuzione e ogni scatto di carriera comportino unaumento del grado di compromissione personale.
Dobbiamo invece seguire un percorso logico diverso, che parte dal riconoscimento del fatto che non siamo di fronte ad una scelta libera, ma al fatto che essendo i sistema largamente dominante, tutti noi siamo obbligati ad inserirci se vogliamo sopravvivere e che tutte le scelte iniziali fatte ( tipo di scuola, tipo di corso di studi, categoria professionale, ecc.) sono solo in parte libere, e che i relativi vincoli e condizionamenti influiscono sul nostro inserimento “mondo del lavoro” del sistema. Quindi non siamo in presenza di un “libero” compromesso con i nostri principi, ma ad una situazione di fatto obbligata e con poche alternative, dalle quali ci si può sottrarre solo mentalmente e politicamente, decidendo di avere una “seconda vita” molto diversa o fortemente alternativa, pur continuando ad andare ad un lavoro e a ricevere uno stipendio. Il senso del compromesso deve quindi sparire, lasciando il posto a una dinamica mentale e ad un impiego delle rispettive risorse di forte opposizione ad un sistema che non condividiamo. Ovviamente non basta leggere un giornale di opposizione e andare ad una manifestazione per viversi la propria alternativa, come pure è importante ridimensionare i propri sforzi di fare carriera o evitare di fare le scarpe ad un concorrente sul posto di lavoro. In sostanza si tratta di dare il meno possibile al sistema dominante e di avere una vita apparentemente “residua” molto ricca e vivace, magari fatta di poche ore ma piene di idee e progetti di forte rilievo sociale nelle logiche che il sistema dominante tenta di distruggere.
·         Analoghe considerazioni possono svolgersi sul concetto di “coerenza”, tante volte inutilmente perseguita. All’interno del sistema, se non lo condividiamo, è impossibile applicare i nostri principi secondo una purezza adamantina e una morale incorruttibile, poiché le logiche del sistema tendono a scopi ben diversi. Molto più significativo e soddisfacente è cercare di essere coerenti fino in fondo nella “seconda vita”, che corrisponde esattamente ai nostri valori e che possiamo cercare di sperimentare e realizzare in modo pieno e creativo. Non dobbiamo peraltro credere che la coerenza personale possa essere raggiunta subito completamente: sarà un processo, piuttosto graduale, con delle ricadute. I tempi lunghi e le ricadute non ci devono bloccare o far desistere dalla ricerca, anzi devono fortificare il nostro impegno, senza perdere tempo in recriminazioni, autocritiche esagerate o, peggio, in sensi di colpa inutili. Dobbiamo solo essere sicuri che la nostra spinta continuerà, senza guardare troppo i livelli raggiunti e alimentando piuttosto la tensione verso degli obiettivi realisticamente perseguibili. Essere coerenti non significa essere perfetti, e adeguarsi ad un modello precostituito, ma sentirsi molto coinvolti in un percorso di autonomizzazione sempre più soddisfacente.
·         Vivere proprie linee di interesse anche minimali
In qualunque momento e a qualunque età dovremmo continuamente ricercare e perseguire i contenuti e i valori che sentiamo nostri, liberamente scelti e maturati. Appena interrompiamo questo sforzo, il sistema riprende il controllo e le nostre dinamiche interne si affievoliscono e possono anche scomparire per lunghi periodi di tempo, dando spesso luogo a forme di depressione incomprensibili e a infelicità anche diffuse. Dobbiamo imparare a suscitare continuamente degli interessi, scontando una prima fase di poca soddisfazione, fino a che li riconosciamo come nostri, oppure li lasciamo cadere se altri interessi più reali ci appaiono soddisfacenti. Non significa svolazzare tra una molteplicità di fiori che ci stimolano solo in superfice, ma imporsi una specie di disciplina personale che garantisca approfondimenti e sperimentazioni reali, mentre ogni scelta alternativa deve sempre corrispondere ad una analisi e a una maturazione personale non superficiale. La migliore garanzia è data dalle relazioni che riusciamo ogni volta a stabilire con l’esterno e nella vita collettiva: le nostre scelte sono più significative se contribuiscono alle autonomie di altri o al miglioramento di situazioni personali o di gruppo.

Quali esperienze non possono essere trascurate
·         Rapporti affettivi dinamici e di maturazione reciproca
·         Responsabilizzazione ed autonomizzazione dei figli e delle persone che dipendono da noi
·         Trasmissione delle tradizioni, profondamente vissute e aderenti alle nuove esigenze
·         Coinvolgimento di vicinanza, ascoltando in ogni momento e provando interessi non superficiali verso chi ci circonda
·         Amicizie profonde di scambio
·         Essere disponibili, a tutti i livelli, senza esagerare ma sperimentando nuove modalità di apertura
·         Perseguire opportunità, senza sosta, senza stancarsi, con uno sguardo rivolto al futuro vicino e lontano
·         Alimentare la curiosità , in particolare verso la natura, le ricchezze culturali, le altre etnie e culture
Come coltivare le potenzialità di ogni essere umano
·         Creatività
·         Immaginazione
·         Scambiare energia collettiva
·         Contatto diretto con i processi della Natura
·         Recuperare capacità manuali
·         Sperimentare continuamente nuove vie
·         Assumere responsabilità, a vari livelli, ma senza trascurare alcuna occasione
·         Recuperare dignità del lavoro come attività umana
·         Relazioni più importanti della produzione
·         Elaborare una economia del dono
·         Attribuire elevata priorità alla solidarietà
·         Tutelare patrimonio culturale, locale e nazionale
·         Rapporti intensi con altre culture
Tutto questo può essere avviato anche come lavoro di centratura personale, diampliamento delle proprie visioni e prospettive, del senso di appartenenza a una umanità in evoluzione e non sull’orlo della catastrofe planetaria. Tutto può essere facilitato e accelerato se ci si sforza di guardarsi intorno e di far propri i problemi collettivi e sociali, anche prima di impegnarsi nella loro soluzione, che rappresenta indubbiamente un livello superiore, non obbligatorio ma preferibile e molto attraente per chi scopre in se stesso un minimo di sensibilità verso tutto ciò che ci circonda, la natura innanzi tutto.
Per le donne, inoltre, i processi qui delineati sommariamente costituiscono anche la scoperta e la riconquista dei loro poteri (da non confondere con forme di dominio sugli altri), significano svuotare e depotenziare le logiche maschiliste e patriarcali, ma soprattutto rigenerare e godere delle proprie capacità multiformi e creative, sia verso la natura che verso sistemi di relazioni molto innovativi e appaganti.
Sono tutti processi da avviare, ma qualche considerazione conclusiva si può tentare
Un primo aspetto è essenziale (e soprattutto urgente). È ormai difficilmente negabile che la lotta contro il cambiamento climatico rimodellerà profondamento ( e in molte situazioni radicalmente) i nostri modi di vivere e di entrare in relazione con gli altri e con degli ambienti esterni esposti a mutazioni sostanziali e rapide. Saremo sollecitati, uomini e donne a mettere in discussione le logiche sociali ed economiche  finora seguite (spesso passivamente) . I tempi ristretti esigeranno in molti ambiti reazioni adeguate  ma che potranno spesso essere improvvisate o attuate senza avere modelli da imitare o ordini da eseguire; ciò significa che l’inventiva e la capacità di improvvisare saranno doti preziose, da coltivare e far conoscere.
Un secondo aspetto deve essere sottolineato. È evidente che la gravità delle crisi che stiamo sopportando richiedono una attiva partecipazione di tutti gli esseri umani, ovunque vivano e indipendentemente dal genere. Le donne sembrano essere particolarmente pronte e dotate, mentre in genere gli uomini troveranno maggiori difficoltà ad abbandonare il mondo che si sono costruiti, quasi sempre con la violenza, a loro immagine e somiglianza.Una impostazione gilanica dei nuovi impegni che ci troviamo ad affrontare è senza dubbio la più efficace, ma richiederà sforzi addizionali per essere conseguita, specie nei paesi dove la dominanza maschile non è ancora stata messa in discussione.
Il terzo aspetto che ci teniamo a sottolineare riguarda la capacità di rapporti collettivi e di lavoro condiviso, che si presenterà con un massimo di difficoltà nella attuale situazione di frammentarietà sociale e di malessere diffuso. La consapevolezza della situazione che si è venuta a creare sotto la pressione di un sistema economico dominante in fase di autocorruzione costituisce il momento cruciale di ogni processo di assunzione di responsabilità sociale e ambientale