Oltre duecento donne e solo una quindicina di uomini tra i partecipanti, stessa
proporzione tra i relatori e i responsabili dei gruppi di lavoro a tema: il
convegno sulle “Culture Indigene di Pace”, ormai alla sua terza
edizione (Torino, 18-20 marzo 2016), è una delle espressioni più significative
di un movimento delle donne sempre più presente in molti paesi del Nord e del
Sud del mondo. I lavori si sono svolti nei grandi capannoni centrali e nelle
diverse sale del complesso, facenti parte un tempo di una industria metalmeccanica
e trasformata in sede di organizzazioni alternative come il Gruppo Abele e
Libera, sbocco intelligente di una politica comunale che doveva affrontare la
progressiva deindustrializzazione della città.
L’Associazione Laima,
promotrice dell’iniziativa, dovrà ora elaborare i ricchi materiali, sia
cartacei che visuali e musicali; Comune,
media partner del convegno, ne darà notizia. Vogliamo però richiamare le
modalità di svolgimento dei lavori, che ci hanno particolarmente colpiti:
all’inizio e durante animazioni che suscitavano interessi ed emozioni profondi;
due terzi del tempo occupati da gruppi di lavoro quasi tutti con metodologie
attive di svolgimento e partecipazione; danze e canti collettivi; una
partecipazione fisica sollecitata per ridurre le distanze interpersonali; delle
proposte di impegno nella Natura e nella società adatte a persone complete e
centrate e non solo a parole.
Quanto segue
è stata l’ultima relazione, dedicata alla fase di transizione che stiamo
vivendo e alla necessità di affrontare una trasformazione planetaria.
Alcune premesse
Si può ipotizzare che siamo nella fase iniziale di un punto di svolta, ancora non percepito o comunque
rifiutato nei comportamenti, perché la situazione del pianeta Terra è
sempre più grave: crisi climatica in particolare e ambientale in genere;
crisi occupazionale ormai strutturale; crisi finanziaria, in atto e potenziale.
Sono necessari e urgenti cambiamenti radicali nelle politiche economiche che,
se non realizzati nei tempi e nelle dimensioni dovute, saranno imposte dai
peggioramenti planetari – dei quali flussi migratori e guerre non tradizionali
sono solo dei primi segnali – mentre guerre diffuse di dimensioni
apparentemente modeste e movimenti migratori forse irrefrenabili stanno cambiando
il quadro già complesso delle relazioni internazionali. In una prospettiva di
mutamento, donne e uomini profondamente e radicalmente motivati dovrebbero cominciare
a vivere esperienze collettive diverse da quelle finora spesso
attraversate. In questa prospettiva, occorre delineare e approfondire linee di
impegno e di lavoro collettivo che possano spingere i processi generali e
formino le persone più sensibili ad un impegno molto qualificato.
Possiamo
tuttavia accennare ad alcune ipotesi di cambiamento, le cui premesse
son già in atto, anche se non sono sufficienti a delineare dei processi di
transizione verso finalità prevedibili. In primo luogo, la sottolineatura della
gravità dei meccanismi di modifica del clima planetario
attualmente in corso; le misure da adottare con urgenza e in misura concentrata
nell’immediato futuro da parte di tutti i governi appaiono in ritardo e poco
adeguate, mentre sono ancora numerose le decisioni economiche che vanno in
senso opposto a quello ormai necessario (continua l’estrazione illimitata di
petrolio e gas, non si interrompe la chimizzazione dell’agricoltura, i trattati
internazionali in discussione possono solo peggiorare la situazione, e così
via).
In secondo
luogo, i flussi migratori per motivi economici, bellici e di
persecuzioni e ormai anche per eccessiva durezza delle condizioni ambientali,
sembra inarrestabili e in corso di aumento accelerato, mentre le politiche
adottate finora appaiono come influenzate da una visione molto vecchia dei
fenomeni internazionali. Ancora, gli eventi militari e terroristici si
stanno moltiplicando in molti territori, alimentati da conflitti religiosi,
etnici e di politiche statuali che sembrano risalire a tempi che
consideravamo ormai lontani e che sono invece assolutamente virulenti,
mentre molti Stati non riescono a far evolvere le loro relazioni con le
popolazioni rispettive e quelle a loro vicine. Infine, le numerosissime realtà
sociali di base, che in moltissimi paesi proliferano senza sosta ormai da
molti anni, appaiono prefigurare dei sistemi sociali e di relazioni
molto significativi, ai quali però non viene quasi sempre attribuita una
qualche importanza dalle istituzioni nazionali, e quindi non riescono ad
esprimere al massimo le loro potenzialità, e si sta quindi ritardando
l’emergere di alternative e modelli capaci di affrontare le incognite del
futuro.
Non sono
ancora in circolazione previsioni o modelli di società alternative, ma possono
essere avanzate alcune ipotesi di orientamenti che emergeranno, ad esempio contrazione
della mobilità, ristrutturazione dei consumi, riduzione orari di lavoro,
accoglienza di profughi economici e ambientali, che dovranno essere vissuti
come forme di transizione forse negate o non completamente percepite. Perfino
il pensiero della decrescita, radicale nella condanna del sistema
economico tutto orientato alla crescita illimitata e al profitto a qualunque
costo, lascia solo intuire alcune delle caratteristiche principali che
potrebbero informare le società del futuro e cerca essenzialmente di stimolare
la formazione di un nuovo immaginario, lasciato alla creatività di ogni
cultura.
Infine, non
è forse opportuno al momento tentare di descrivere nuovi ruoli, nuovi compiti,
nuove responsabilità, in particolare per quanto riguarda la posizione dei vari
sessi nelle società in divenire; siamo ancora troppo immersi nelle
contraddizioni e nelle conflittualità storiche e dei tempi presenti per
esprimere desideri e scelte in termini chiari e facilmente condivisibili. Il
peso del passato e delle strutture attuali distorce in profondità e blocca
rigidamente la manifestazione di emozioni e desideri, e limita in quantità e
qualità i contatti con l’esterno.
Cosa è più probabile che avvenga: la transizione nel breve periodo
Nell’immediato
futuro, le nostre società incontreranno molte difficoltà, per esempio ad avviare
processi di transizione che incidano realmente sui meccanismi di danno
ambientale, e intanto le variazioni climatiche muteranno in modo
sostanziale le condizioni di vita di gran parte delle società e delle culture.
Le guerre e i conflitti armati sono aumentati di numero negli ultimi anni e
soprattutto si presentano in forme nuove, per affrontare le quali gli strumenti
istituzionali e diplomatici esistenti si dimostrano sostanzialmente inutili.
Migrazioni:
ai profughi per terrorismi, guerre, fame, siccità si stanno aggiungendo coloro
che fuggono da luoghi diventati inospitali perché la natura si sta ribellando. Le
previsioni relative ai profughi ambientali oscillano tra i 200 e i 250 milioni
di persone.
Meno lavoro:
se si tralasciano le indicazioni mese per mese delle statistiche occupazionali
e si concentra invece l’attenzione sulle capacità strutturali del sistema
dominante nei paesi più avanzati, si percepiscono chiaramentecrescenti
difficoltà nella creazione di nuovi posti di lavoro. Tra le cause
sicuramente la rapida informatizzazione delle attività produttive e il
trasferimento di capitali nella sfera finanziaria, mentre le nuove
leve di potenziali lavoratori si gonfiano per i processi demografici in corso e
alle frontiere aumentano i flussi di chi è costretto ad abbandonare i paesi
colpiti da eventi bellici e climatici e cercherà una qualunque occupazione per
sopravvivere. Inoltre la crisi economica, di cui ancora non si intravede la
fine, continua a far uscire dalla struttura produttiva imprese di ogni
dimensione.
Se questa è
la prospettiva nella quale ci muoviamo, si può decidere di rimanere
passivi, rifiutandosi di percepire o individuare le direzioni e le potenzialità
più a noi favorevoli, – ma sopportando costi umani e sociali che
potremo solo vivere come imposizioni esterne non comprensibili nei contenuti e
nelle motivazioni – oppure cercare, pur con i nostri limiti, paure e tremori
davanti al futuro che ci viene incontro ogni giorno, di reagire, magari anche
cercando solo delle vie di fuga che ci appaiano relativamente meno
preoccupanti. Qui invece proponiamo una alternativa, sulla quale forse vale la
pena almeno di riflettere (evitando però accettazioni immotivate e altrettanto
passive come il nostro inserimento in un sistema dominante e pervasivo).
Cosa deve essere evidenziato e potenziato
·
Prendere le distanze dal lavoro all’interno del sistema dominante
La maggior parte di noi (compresi i disoccupati, i cassintegrati, i precari
e chi stenta a trovare il suo primo lavoro), entra o cerca di entrare
nell’economia dominante, e si trova collocato in luoghi fortemente strutturati,
dove dominano le logiche di uno sfruttamento più o meno velato, dove i poteri
sono organizzati in forma piramidale, dove la competitività e la sopraffazione
sono stimolate ad ogni livello, dove ogni miglioramento nella qualità del lavoro
sembra essere accompagnato da restrizioni dell’autonomia personale di ciascuno.
Comprendere in modo approfondito le logiche che sovrastano le libertà del
singolo, valutare attentamente i rapporti di potere, verticali ed orizzontali,
sperimentare continuamente i margini di manovra e gli spazi che si aprono,
avere sempre il controllo di ogni ribellismo e reazione non meditati
o inconsulti, e alimentare insieme il rifiuto sostanziale di ogni
sottomissione totale alla megamacchina sembrano costituire l’unica via
realistica di mantenimento di una libertà personale sottratta ad ogni
intromissione di capi e colleghi. Anche pensare di poter modificare
dall’interno il sistema dominante può nella maggior parte dei casi portare a
dei costi difficilmente sopportabili, mentre una visione articolata
e approfondita dall’esterno, dei limiti e delle falle nel funzionamento
del meccanismo può far maturare notevolmente le capacità e le autonomie
personali. Oggettivare e prendere delle distanze mentali dalle logiche
dominanti (anche nelle situazioni apparentemente più semplici e marginali) è
forse la strada maestra da perseguire. Anche le libere professioni, le
professionalità più elevate e indispensabili non si sottraggono certo alle
logiche di dominazione, anche se le lusinghe e le attrazioni possono apparire
più consistenti ed appaganti.
·
Conquistare tempo libero
Anche se in
molte situazioni il sistema sembra riuscire ad estrarre ogni capacità e ogni
forza fisica dagli individui sottoposti al suo dominio, si possono spesso conquistare
dei tempi liberi durante il lavoro e fuori dagli orari imposti. Non devono
però essere vissuti come delle fughe riuscite o delle furbe trovate, ma devono
essere riconosciuti come dei tempi utili e significativi che possono essere
diretti a soddisfare esigenze personali liberamente scelte. In sostanza, la
pratica impossibilità per gli individui di modificare l’organizzazione
dominante può risolversi in una crescente rassegnazione, che ottunde le
capacità di reazione anche in campi diversi da quello strettamente connesso al
lavoro.Invece l’uso di un tempo libero da vincoli e
condizionamenti anche psicologici è essenziale per stimolare e mantenere a
livelli alti le capacità creative personali e per ampliare
incessantemente la rete delle relazioni con gli altri contesti, ricreativi o
culturali.
Avviare dinamiche alternative
·
Coltivare passioni non superficiali
Una
maggioranza crescente di persone non è soddisfatta delle attività che si trova
a svolgere o comunque coltiva delle aspirazioni che difficilmente potranno
essere realizzate. Invece di rassegnarsi ad una mediocre collocazione
lavorativa, o a coltivare degli hobby scacciapensieri, sarebbe più opportuno arricchire
la propria esistenza scegliendo argomenti o situazioni che possono stimolare la
nostra intelligenza e suscitare delle emozioni profonde. Possiamo provare a
richiamare vecchie curiosità, oppure guardarsi intorno per individuare nuovi
campi di interesse. Non dobbiamo pensare che ogni sentiero scelto sia
definitivo o interamente assorbente, e quindi dobbiamo essere pronti ad
abbandonarlo se si rivela insoddisfacente o inconcludente, però rimanendo
disponibili a individuare un nuovo percorso che si profila promettente. Ciò
che importa è che non sia un passatempo superficiale o solo una occasione per
incontrare persone; deve invece alimentare altre curiosità e spingere
verso nuove esperienze, con sequenze non forzate e gradi di soddisfazione
crescenti.
·
Entrare in contatto con la natura
Abbiamo
tutti un forte bisogno di rientrare in contatto con la natura, per ristabilire
relazioni e riequilibrare i contatti. Oltre metà della popolazione
umana vive in centri urbani e questa percentuale tende ad aumentare in
tutti i paesi. Dobbiamo opporci o sottrarci a questa spinta, e non è facile a
causa di vincoli e condizionamenti. È necessario rivolgerci nuovamente
alla Natura nella quale siamo inseriti e percepire nuovamente l’attrazione dei
sistemi vitali che la compongono. Si tratta di interrompere, magari
all’inizio solo per brevi momenti, i ritmi frenetici che ci travolgono e
riscoprire i rumori, i suoni, i colori, le atmosfere di un bosco o di un corso
d’acqua, di una spiaggia o di una collina, di un parco urbano o di una strada
alberata. E cominciare a porci delle domande, molto elementari: cosa ci piace?
Abbiamo voglia di toccare o di immergere una mano? C’è qualcosa che sta per
fiorire? Cosa posso fare con le foglie cadute?
Se prendiamo l’abitudine
di passare del tempo nel verde o di fare una passeggiata in montagna, possiamo
cominciare a intravedere l’avvicendarsi delle stagioni e i mutamenti di colori
e profumi. In alcuni posti non lontani dai luoghi delle nostre attività, si
possono talvolta avvistare dei nidi o dei piccoli animali. Altre domande
possono venire in mente: so riconoscere il nome di un albero o di un fiore?
Qualche pianta è commestibile o ha effetti medicamentosi? Cosa si può portare a
casa e cosa si deve lasciare intatto al suo posto? Ho dello spazio per far
crescere una pianta in casa o sul posto di lavoro?
·
Scegliere cibo sano
Negli anni
più recenti è emersa una maggiore attenzione verso una alimentazione più
corretta rispetto al nostro corpo; ovviamente il sistema economico si è
rapidamente impadronito di questa tendenza e ora viviamo circondati da grandi
chef e contadini supertecnologici. Ma la strada che dobbiamo
percorrere è ben diversa, poiché le mutazioni ambientali sempre più rapide ed
accentuate chiedono insistentemente di recuperare metodi di coltivazione non
dominati dalla chimica e di riscoprire antichi sapori, ristabilendo il
delicato equilibrio che deve esistere tra cibi biologici e una alimentazione
che rispetta i cicli naturali. Non si tratta di mettersi a dieta odi
ispirarsi a prescrizioni esotiche, ma di conoscere il valore nutritivo degli
alimenti e le esigenze effettive del nostro organismo. L’atteggiamento che
dobbiamo instaurare è quello della curiosità verso i cibi non trasformati
industrialmente o che non provengono da regioni lontane, recuperando i piaceri
e i sapori delle tradizioni culinarie locali ed evitando le conseguenze nefaste
della obesità e dell’appesantimento fisico.
·
Avere relazioni significative
I vincoli
imposti dal sistema economico dominante hanno inciso duramente sulle relazioni
interpersonali, sia familiari che amicali e culturali. In ogni contesto,
facendo un po’ di attenzione , ci si può accorgere che i rapporti si sono
allentati e rarefatti, i tempi tra un incontro e uno scambio si sono allungati,l’intensità
delle relazioni è molto diminuita; gran parte delle connessioni che ancora
abbiamo sono percepite come faticose e forzate, non per limiti delle persone ma
perché le convivenze, specie nei centri urbani di maggiori
dimensioni, hanno perso di spontaneità e di semplicità e diventano
ogni giorno più sottoposte a troppe condizioni. Forse in questa sfera dobbiamo
fare gli sforzi maggiori per ristabilire una maggiore fluidità di rapporti,
perché tempi e distanze sono percepite come forze impossibili da superare. Se
solo ci fermiamo un momento, tuttavia, dovrebbe essere possibile ristabilire
delle priorità alle quali non vogliamo rinunciare; semplificare le occasioni di
incontro; riscoprire modalità di relazione che s sottraggono ad ogni
condizionamento; ridare valore ai contatti diretti e alla fisicità delle
percezioni, rinunciando alla apparente semplicità e velocità dei mezzi
informatici, che dovremmo considerare utili solo in certi contesti, e non
nell’ambito delle relazioni interpersonali.
Su quali aspetti si potrebbe lavorare
Individuare vincoli
In ogni
situazione personale, anche apparentemente soddisfacente, è possibile
riflettere su quali logiche ci sono state di fatto imposte e quali sono state
il risultato di nostre scelte personali fatte in piena autonomia. Siamo nel
centro urbano o nel quartiere che ci piaceva di più o abbiamo solo fatto un
percorso di localizzazione scelto da altri? Abbiamo tante volte
rimandato qualunque spostamento, spaventati da un futuro troppo vago oppure
gustiamo una realtà sociale pienamente soddisfacente? In caso di forte
insoddisfazione, siamo in grado di indicare esattamente le cause o le persone
che le hanno determinate? Abbiamo una qualche aspirazione a sottrarci da queste
presenze che ci hanno tanto vincolato? E sappiamo che talvolta le loro
intenzioni erano buone nei nostri confronti?
·
Individuare condizionamenti
Gli ostacoli
possono essere molto oggettivi e diffusi, oppure sono diretti solo contro di
noi (anche se non ci rendiamo conto che moltissime altre persone sono immerse
in situazioni molto simili alla nostra). Ogni luogo di lavoro (non
solo quello subordinato) può presentare una elevata concentrazione di
condizionamenti della libertà e della autonomia personale. Ciò dipende
essenzialmente dalle strutture piramidali, con i poteri concentrati in pochi
punti, oppure dalle logiche istituzionali e burocratiche, che poco si
interessano alle componenti umane dei sottoposti. In più, le
donne soffrono per tutti i condizionamenti ispirati dal modello sociale di tipo
patriarcale(consolidatosi e introiettato da tempo), Ciò significa che i
maschi possono trarre qualche soddisfazione (forse di qualità non eccelsa) a
seconda dei livelli che riescono a conquistare, mentre le donne soffrono
contemporaneamente per i meccanismi patriarcali di dominio e per quelli di una
economia di sfruttamento di tipo capitalistico.
·
Sottrarsi
Con questa
parola si definisce un atteggiamento e un comportamento nei confronti del
sistema dominante, di tipo capitalistico, cioè scegliere di non
contrapporsi ai meccanismi che ci avvolgono e condizionano, ma cercare invece
di sottrarsi progressivamente ai condizionamenti e alle violenze e crearsi
degli spazi di vita e di attività che sfuggono ai controlli e alle
oppressioni e realizzare emozioni, sensazioni e azioni che sono libere rispetto
al sistema.
Questo
comportamento caratterizza molte persone che nella attuale fase –
caratterizzata da crisi prolungate e sovrapposte, con forte disoccupazione
destinata a continuare quasi immutata nei prossimi anni e comunque da notevoli
difficoltà del sistema globale di riavviare i processi di crescita – non accettano di rimanere inerti guardando avvicinarsi catastrofi
sempre più numerose e prevedibili, e cercano i modo per prendere
le distanze dal sistema economico nel quale sono immersi e di operare
invece secondo visioni, principi e logiche ben diverse da quelle dominanti in
quasi tutti i paesi del mondo.
È evidente
che una scelta di questa natura ha escluso preliminarmente altre possibilità:
1.
Operare per far
diffondere ed esplodere movimenti di tipo rivoluzionario anche violenti: le
analisi personali portano a guardare con interesse i movimenti di base che si
sono moltiplicati negli anni più recenti nel periodo successivo ai no global
(dopo il 2000) almeno in alcuni paesi. Gli attivisti sono convinti che
in molti paesi anche occidentali vi siano le condizioni oggettive per stimolare
reazioni antiistituzionali di massa ma che finora le diverse popolazioni non
hanno affatto reagito in modo diffuso e anzi si sono rifugiate nella
difesa dei pochi previlegi ancora a loro disposizione; sono altresì convinti
che finora il sistema dominante ha dimostrato di saper utilizzare gli strumenti
legali e illegali a sua disposizione per dividere, disperdere, illudere, recuperare
le sollevazioni in fase iniziale, impedendo ogni continuità nelle azioni appena
avviate. I pochi casi di paesi che hanno saputo sottrarsi a queste
logiche di dominio hanno dovuto sopportare dei costi umani che non hanno certo
potuto incoraggiare altri paesi (e Cuba è rimasta un esempio isolato).
Ovviamente i movimenti di base esistenti in alcuni paesi continuano a guardare
le rivolte o le manifestazioni di piazza in altri paesi, sostenendole
“politicamente” ma in genere senza collegamenti funzionali; poi di fatto li
dimenticano non appena sono stati sciolti o riassorbiti.
2.
Le analisi
condotte in modo più o meno approfondito sul rispettivo paese non individuano un numero sufficiente di persone che possano cominciare a
smantellare singoli meccanismi economici che compongono il complesso quadro del
sistema dominante. Non vi sono nuclei di persone con questi
orientamenti nella stragrande maggioranza dei partiti o dei sindacati o in
altre consistenti organizzazioni sociali (ad esempio il mondo delle cooperative
o le organizzazioni religiose collaterali), mentre alcune aree, come i centri
sociali o alcuni organismi del terzo settore sono troppo frammentati per
costituire la base di una alternativa che si contrapponga con decisione e
continuità alle logiche dominanti, dal pensiero liberista fino alle campagne
contro le iniziative internazionali per liberalizzare al massimo il commercio
internazionale.
Queste
analisi, valide ormai da alcuni anni e che al momento non si può nemmeno
ipotizzare possano dare risultati diversi nel giro di qualche anno, convincono
tutti coloro che invece guardano con angoscia crescente alle mutazioni del
clima e al moltiplicarsi dei meccanismi di danno ambientale, ad elaborare una
strategia spesso solo personale o di piccolo gruppo, che individui problemi o
danni di limitate dimensioni che possano essere affrontati anche su piccola
scala, ma che siano basati su analisi e visioni complessive
condotte lucidamente e aggiornate di continuo.
·
Compromessi? No, grazie; coerenza, idem
Moltissime
persone, inserite in una struttura operativa o istituzionale facente parte del
sistema dominante, sono convinte di poter godere di momenti di libertà mentale
o personale solo perché accettano un compromesso con le logiche alle quali sono
inevitabilmente sottoposte. Ritengono, poiché ricevono una
retribuzione o magari delle soddisfazioni sul lavoro o nella carriera, che
devono accettare tutte le contraddizioni del sistema e che ciò fa parte del
loro compromesso esistenziale, cioè che per sopravvivere con lo
stipendio devono di fatto sentirsi parte dell’organizzazione e devono accettare
le logiche del sistema. Questa impostazione comporta una sofferenza non leggera
e soprattutto prolungata nel tempo, e ottunde le spinte personali verso le
libertà e l’autonomizzazione. Io penso che il termine compromesso non
debba essere usato, poiché non si tratta di una libera scelta di integrazione
in cambio di denaro, e che quindi ogni aumento della retribuzione e
ogni scatto di carriera comportino unaumento del grado di compromissione personale.
Dobbiamo
invece seguire un percorso logico diverso, che parte dal riconoscimento del
fatto che non siamo di fronte ad una scelta libera, ma al fatto che essendo i
sistema largamente dominante, tutti noi siamo obbligati ad inserirci se
vogliamo sopravvivere e che tutte le scelte iniziali fatte ( tipo di scuola,
tipo di corso di studi, categoria professionale, ecc.) sono solo in parte
libere, e che i relativi vincoli e condizionamenti influiscono sul nostro
inserimento “mondo del lavoro” del sistema. Quindi non
siamo in presenza di un “libero” compromesso con i nostri principi, ma ad una
situazione di fatto obbligata e con poche alternative, dalle quali ci si può
sottrarre solo mentalmente e politicamente, decidendo di avere una
“seconda vita” molto diversa o fortemente alternativa, pur continuando ad
andare ad un lavoro e a ricevere uno stipendio. Il senso del compromesso deve
quindi sparire, lasciando il posto a una dinamica mentale e ad un impiego delle
rispettive risorse di forte opposizione ad un sistema che non condividiamo.
Ovviamente non basta leggere un giornale di opposizione e andare ad una
manifestazione per viversi la propria alternativa, come pure è importante
ridimensionare i propri sforzi di fare carriera o evitare di fare le scarpe ad
un concorrente sul posto di lavoro. In sostanza si tratta di dare il
meno possibile al sistema dominante e di avere una vita apparentemente
“residua” molto ricca e vivace, magari fatta di poche ore ma piene di idee e
progetti di forte rilievo sociale nelle logiche che il sistema
dominante tenta di distruggere.
·
Analoghe considerazioni possono svolgersi sul concetto di “coerenza”,
tante volte inutilmente perseguita. All’interno del sistema, se non lo condividiamo, è
impossibile applicare i nostri principi secondo una purezza adamantina e una
morale incorruttibile, poiché le logiche del sistema tendono a scopi ben
diversi. Molto più significativo e soddisfacente è cercare di essere coerenti
fino in fondo nella “seconda vita”, che corrisponde esattamente ai nostri valori
e che possiamo cercare di sperimentare e realizzare in modo pieno e creativo.
Non dobbiamo peraltro credere che la coerenza personale possa essere raggiunta
subito completamente: sarà un processo, piuttosto graduale, con delle ricadute.
I tempi lunghi e le ricadute non ci devono bloccare o far desistere dalla
ricerca, anzi devono fortificare il nostro impegno, senza perdere tempo in
recriminazioni, autocritiche esagerate o, peggio, in sensi di colpa
inutili. Dobbiamo solo essere sicuri che la nostra spinta continuerà, senza
guardare troppo i livelli raggiunti e alimentando piuttosto la tensione verso
degli obiettivi realisticamente perseguibili. Essere coerenti non significa
essere perfetti, e adeguarsi ad un modello precostituito, ma sentirsi molto
coinvolti in un percorso di autonomizzazione sempre più soddisfacente.
·
Vivere proprie linee di interesse anche minimali
In qualunque
momento e a qualunque età dovremmo continuamente ricercare e perseguire i
contenuti e i valori che sentiamo nostri, liberamente scelti e maturati. Appena
interrompiamo questo sforzo, il sistema riprende il controllo e le nostre
dinamiche interne si affievoliscono e possono anche scomparire per lunghi
periodi di tempo, dando spesso luogo a forme di depressione incomprensibili e a
infelicità anche diffuse. Dobbiamo imparare a suscitare
continuamente degli interessi, scontando una prima fase di poca soddisfazione,
fino a che li riconosciamo come nostri, oppure li lasciamo cadere se altri
interessi più reali ci appaiono soddisfacenti. Non significa
svolazzare tra una molteplicità di fiori che ci stimolano solo in superfice, ma
imporsi una specie di disciplina personale che garantisca approfondimenti e
sperimentazioni reali, mentre ogni scelta alternativa deve sempre corrispondere
ad una analisi e a una maturazione personale non superficiale. La migliore
garanzia è data dalle relazioni che riusciamo ogni volta a stabilire con
l’esterno e nella vita collettiva: le nostre scelte sono più significative se
contribuiscono alle autonomie di altri o al miglioramento di situazioni
personali o di gruppo.
Quali esperienze non possono essere trascurate
·
Rapporti
affettivi dinamici e di maturazione reciproca
·
Responsabilizzazione
ed autonomizzazione dei figli e delle persone che dipendono da noi
·
Trasmissione
delle tradizioni, profondamente vissute e aderenti alle nuove esigenze
·
Coinvolgimento
di vicinanza, ascoltando in ogni momento e provando interessi non superficiali
verso chi ci circonda
·
Amicizie
profonde di scambio
·
Essere
disponibili, a tutti i livelli, senza esagerare ma sperimentando nuove modalità
di apertura
·
Perseguire
opportunità, senza sosta, senza stancarsi, con uno sguardo rivolto al futuro
vicino e lontano
·
Alimentare
la curiosità , in particolare verso la natura, le ricchezze culturali, le altre
etnie e culture
Come coltivare le potenzialità di ogni essere umano
·
Creatività
·
Immaginazione
·
Scambiare
energia collettiva
·
Contatto
diretto con i processi della Natura
·
Recuperare
capacità manuali
·
Sperimentare
continuamente nuove vie
·
Assumere
responsabilità, a vari livelli, ma senza trascurare alcuna occasione
·
Recuperare
dignità del lavoro come attività umana
·
Relazioni
più importanti della produzione
·
Elaborare
una economia del dono
·
Attribuire
elevata priorità alla solidarietà
·
Tutelare
patrimonio culturale, locale e nazionale
·
Rapporti
intensi con altre culture
Tutto questo
può essere avviato anche come lavoro di centratura personale, diampliamento
delle proprie visioni e prospettive, del senso di appartenenza a una umanità in
evoluzione e non sull’orlo della catastrofe planetaria. Tutto può
essere facilitato e accelerato se ci si sforza di guardarsi intorno e di far
propri i problemi collettivi e sociali, anche prima di impegnarsi nella loro
soluzione, che rappresenta indubbiamente un livello superiore, non obbligatorio
ma preferibile e molto attraente per chi scopre in se stesso un minimo di
sensibilità verso tutto ciò che ci circonda, la natura innanzi tutto.
Per le donne, inoltre, i processi qui delineati sommariamente costituiscono
anche la scoperta e la riconquista dei loro poteri (da non confondere con forme
di dominio sugli altri), significano svuotare e depotenziare le logiche
maschiliste e patriarcali, ma soprattutto rigenerare e godere delle proprie
capacità multiformi e creative, sia verso la natura che verso sistemi di
relazioni molto innovativi e appaganti.
Sono tutti processi da avviare, ma qualche considerazione conclusiva si può
tentare
Un primo
aspetto è essenziale (e soprattutto urgente). È ormai
difficilmente negabile che la lotta contro il cambiamento climatico rimodellerà
profondamento ( e in molte situazioni radicalmente) i nostri
modi di vivere e di entrare in relazione con gli altri e con degli ambienti
esterni esposti a mutazioni sostanziali e rapide. Saremo sollecitati,
uomini e donne a mettere in discussione le logiche sociali ed economiche
finora seguite (spesso passivamente) . I tempi ristretti esigeranno in
molti ambiti reazioni adeguate ma che potranno spesso essere improvvisate
o attuate senza avere modelli da imitare o ordini da eseguire; ciò
significa che l’inventiva e la capacità di improvvisare saranno doti preziose,
da coltivare e far conoscere.
Un secondo
aspetto deve essere sottolineato. È evidente che la gravità delle crisi che
stiamo sopportando richiedono una attiva partecipazione di tutti gli esseri
umani, ovunque vivano e indipendentemente dal genere. Le donne sembrano
essere particolarmente pronte e dotate, mentre in genere gli uomini troveranno
maggiori difficoltà ad abbandonare il mondo che si sono costruiti, quasi sempre
con la violenza, a loro immagine e somiglianza.Una impostazione gilanica
dei nuovi impegni che ci troviamo ad affrontare è senza dubbio la più efficace,
ma richiederà sforzi addizionali per essere conseguita, specie nei paesi dove
la dominanza maschile non è ancora stata messa in discussione.
Il terzo
aspetto che ci teniamo a sottolineare riguarda la capacità di rapporti collettivi
e di lavoro condiviso, che si presenterà con un massimo di difficoltà nella
attuale situazione di frammentarietà sociale e di malessere diffuso. La
consapevolezza della situazione che si è venuta a creare sotto la pressione di
un sistema economico dominante in fase di autocorruzione costituisce il momento
cruciale di ogni processo di assunzione di responsabilità sociale e ambientale
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