lunedì 30 dicembre 2013

il caffè turco è patrimonio dell'umanità

Un sapore intenso e penetrante, grazie ad una ricetta che si tramanda da generazioni. Il Türk Kahvesi, il caffè turco, è entrato nella lista del Patrimonio Immateriale dell’Umanità dell’UNESCO. Lo ha deciso qualche settimana fa la Commissione Intergovernativa UNESCO motivando la scelta proprio con il riconoscimento  per una ricetta d’antica tradizione, scivolata lungo la storia del Paese che lo sorseggia. Infatti, il caffè turco unisce speciali tecniche di preparazione e una ricca cultura tradizionale, è celebrato nella letteratura e nelle canzoni e occupa un’importante funzione in occasione di incontri e cerimonie.
Si prepara facendo bollire l’acqua in un particolare bricco dalla forma allungata, tradizionalmente di ottone. Quando l’acqua bolle, si toglie dal fuoco e si aggiunge il caffè macinato finemente. A seconda delle varie tradizioni e località, possono essere aggiunte alcune spezie (opzionali) come il cardamomo. Il caffè così preparato assume una consistenza “sciropposa” e necessita di qualche minuto di decantazione per far depositare il sedimento sul fondo delle tazzine. Questo stesso sedimento assume forme particolari, che possono essere interpretate nella pratica tipicamente turca della lettura dei fondi di caffè.
Questa bevanda ha anche il suo Museo, che si trova ad Istanbul, all’interno del Museo statale delle Arti Turche ed Islamiche, a pochi passi dalla Moschea Blu. Qui, oltre alla degustazione del vero caffè turco, vengono insegnate le tecniche di preparazione (con tanto di attestato) e illustrata la storia di questa bevanda: come il caffè giunse nell’impero ottomano, l’apertura della prima caffetteria e come questa bevanda divenne popolare in Europa. Da non perdere perché, come dice un detto turco, una tazza di caffè si ricorda per 40 anni!

Me lo ha insegnato una mia amica di quelle care, a Gerusalemme. Fare il caffè all’araba, in fondo, è come concedersi una pausa. Concedersi il lusso del tempo sospeso. Da sola. Te e il tuo bollitore, di quelli con il manico lungo, una sorta di pentolino alto come lo scaldalatte. Non ha importanza che siano d’epoca, di rame, di lusso. Bastano quelli di acciaio povero, made in China. La cosa fondamentale è ritagliarsi il tempo per farlo, quel caffè. Tostato, macinato fino, con una bella manciata di cardamomo, anch’esso ridotto in granelli. La ricetta che m’aveva detto un vecchio signore palestinese, dopo avermi fatto assaggiare una tazzina del suo caffè buonissimo, non l’ho mai dimenticata. Mezzo classico (medio), mezzo nero, e una bella manciata di cardamomo.
Lo prendevo alla Città Vecchia, a pochissima distanza dalla Settima Stazione della via Dolorosa, quasi di fronte a uno dei gioiellieri migliori (e più piccoli) della Gerusalemme vecchia. Il viso dei due proprietari della torrefazione, probabilmente fratelli, era di quelli tristi, quasi assente. Stessi gesti, ripetitivi, automatici, gomito a gomito nell’angusto spazio di quella rivendita direttamente sulla viuzza, ormai senza guardare più con attenzione e rispetto i clienti, se non quelli del quartiere, i vecchi affezionati clienti di cui si conosce tutto. Anche i gusti per il caffè, anche le quantità di caffè, i soldi che hanno, le finanze a disposizione. Il fatto è che, di fronte alla torrefazione, i proprietari non hanno visto passare solo i vecchi, affezionati clienti. Hanno visto la cronaca quotidiana di Gerusalemme, la sua decadenza, il suo deterioramento, i suoi cambiamenti, le guerre, le battaglie, i soldati, gli scontri, i turisti, i pellegrini che ti guardano e non ti vedono, quelli che vorrebbero sapere chi sei e quelli a cui interessano solo le sacre pietre e semmai i souvenir (sacri o meno) da riportare a casa. Come succede in qualsiasi città di quelle simboliche…

Turkish coffee combines special preparation and brewing techniques with a rich communal traditional culture. The freshly roasted beans are ground to a fine powder; then the ground coffee, cold water and sugar are added to a coffee pot and brewed slowly on a stove to produce the desired foam. The beverage is served in small cups, accompanied by a glass of water, and is mainly drunk in coffee-houses where people meet to converse, share news and read books. The tradition itself is a symbol of hospitality, friendship, refinement and entertainment that permeates all walks of life. An invitation for coffee among friends provides an opportunity for intimate talk and the sharing of daily concerns. Turkish coffee also plays an important role on social occasions such as engagement ceremonies and holidays; its knowledge and rituals are transmitted informally by family members through observation and participation. The grounds left in the empty cup are often used to tell a person’s fortune. Turkish coffee is regarded as part of Turkish cultural heritage: it is celebrated in literature and songs, and is an indispensable part of ceremonial occasions.
da qui

mercoledì 18 dicembre 2013

Il paesaggio agricolo sardo in mano agli speculatori delle energie rinnovabili - Stefano Deliperi

Sembra impossibile, ma ogni giorno che passa pare proprio che la produzione di energia da fonti rinnovabili sia l’alibi per massacrare il paesaggio agricolo sardo per fini puramente speculativi.
Altro che ecologiche e utili, le energie rinnovabili stanno vampirizzando sempre più ambiente e fondi pubblici.   Come tutte le cose, dipende sempre da come si utilizzano.
Basti pensare che cosa sta accadendo da tempo nelle campagne di Vallermosa, piccolo centro agricolo del Cagliaritano.
La Sardinia Green Island s.r.l., fra le varie società del Presidente della Confindustria della Sardegna meridionale Alberto Scanu,  ha in progetto una centrale solare termodinamica, ma non intende minimamente svolgere alcun procedimento di valutazione dell’impatto sull’ambiente, in quanto afferma di aver presentato la richiesta di autorizzazione qualche giorno prima dell’emanazione della deliberazione Giunta regionale n. 34/33 del 7 agosto 2012 + allegati che ha disposto la procedura di V.I.A. anche per gli impianti al di sotto della soglia di 50 MW di potenza.  L’impianto in progetto a Vallermosa dichiara 49,9 MW di potenza.
Mille forme di pressione, fra cui un contenzioso giurisdizionale, coinvolgendo i dipendenti, in buona parte assorbiti da altre realtà industriali in crisi e attualmente in cassa integrazione e non reimpiegati in altre attività…

martedì 17 dicembre 2013

Assassinato leader Guarani, protagonista de “La terra degli uomini rossi”

Ambrósio Vilhalva, leader Guarani e star del film “Birdwatchers – La terra degli uomini rossi”, è stato ucciso sabato notte. Da decenni lottava per garantire al suo popolo il diritto di vivere nella terra ancestrale.
Sembra che sia stato accoltellato all’ingresso della sua comunità, nota come Guyra Roká, nello stato brasiliano del Mato Grosso do Sul. È stato trovato morto nella sua capanna, con ferite multiple da accoltellamento. Nei mesi scorsi aveva ricevuto diverse minacce.
Ambrósio aveva recitato il ruolo di protagonista nel pluripremiato film Birdwatchers – La terra degli uomini rossi di Marco Bechis, in cui si racconta la lotta disperata dei Guarani per la terra. Aveva viaggiato in diversi paesi del mondo per raccontare la difficile situazione del suo popolo e spingere il governo brasiliano a proteggere la sua terra così come imposto dalla legge.
“Ecco cosa vorrei più di ogni altra cosa: terra e giustizia… Vivremo nella nostra terra ancestrale; non ci arrenderemo mai”, aveva detto.
Guarani di Guyra Roká furono sfrattati dalla loro terra alcuni decenni fa, per mano degli allevatori. Per anni hanno vissuto senza niente, sul ciglio di una strada. Nel 2004 hanno rioccupato una parte della terra ancestrale, e ora vivono in un piccolo lembo di quello che prima era il loro territorio. La maggior parte della loro terra è stata spianata per far spazio a enormi piantagioni di canna da zucchero. Tra i principali proprietari terrieri coinvolti c’è anche il potente politico locale José Teixeira. Oggi, ai Guarani non è rimasto quasi niente.
Guarda l’intervista rilasciata a Survival da Ambrosio nel gennaio scorso, inframezzata a scene del film (in italiano): 
Ambrósio si era schierato con forza contro le piantagioni di canna da zucchero che occupano la terra della sua comunità e contro Raízen, una joint venture tra la Shell e Cosan che utilizzava la canna da zucchero per produrre biocarburanti. La campagna che la sua comunità aveva condotto insieme a Survival International aveva costretto la Raízen a rinunciare ad approvvigionarsi della canna da zucchero coltivata nelle terre guarani.
“Ambrósio ha combattuto con forza contro le piantagioni di canna da zucchero” ha detto oggi un portavoce Guarani a Survival. “Era uno dei nostri leader più importanti, sempre in prima linea nella nostra lotta. Per questo era minacciato. Era una figura davvero molto importante per la campagna dei Guarani per la loro terra, ma ora l’abbiamo perso.”
“Sono costernato” ha commentato l’attore Claudio Santamaria, che ha recitato al suo fianco nel film Birdwatchers ed era legato ad Ambrosio da profondo affetto. “Il tempo che ho trascorso con lui mi ha fatto capire quanto sia forte il legame che i Guarani mantengono con la loro terra – e con quanta dolorosa determinazione continueranno a combattere per riaverla. Ho scolpita nella mente l’immagine delle distese infinite di canna da zucchero e soia che oggi ricoprono il Mato Grosso do Sul: un tempo erano tutte foreste guarani. Ambrosio lottava per recuperare solo un piccolissimo pezzo della terra del suo popolo, ma gli è stato negato anche questo sogno.”
La polizia sta indagando sull’omicidio e sembra che siano stati fermati due sospetti, di cui non si conosce ancora l’identità.
“I Guarani soffrono uno dei tassi di omicidio più alti del mondo e il furto di terra è alla radice di tutte le violenze” ha detto oggi Stephen Corry, Direttore generale di Survival International, che aveva collaborato con Marco Bechis alla realizzazione del film. “Nonostante questo, il processo di demarcazione della terra è in una fase di stallo – le autorità stanno facendo troppo poco per contrastare gli allevatori che hanno occupato il territorio ancestrale della tribù. Quanti altri omicidi terribili dovranno subire i Guarani prima che la loro terra sia mappata e protetta?”
da qui


il consumo di suolo



grazie ad Alessio per la segnalazione

venerdì 6 dicembre 2013

animali in fuga

In Inghilterra, precisamente a Farlington, cittadina nei pressi di Portsmouth, nella contea dell’Hampshire, capita che una mucca fugga dal campo in cui è relegata e si lanci sull'autostrada a sfrecciare tra le auto. La polizia ci ha messo ben tre ore per raggiungerla. E abbatterla. Ciò che segue consiste in un resoconto, più o meno veritiero, di ciò che ha pensato prima di uscire dal recinto


E' finita nel peggiore dei modi la fuga del maialino Ettore, restituito a Roberta Perini tagliato a pezzi e pronto per essere surgelato. «Dopo tanta fatica non solo mia, ma anche di tutti quelli che mi hanno aiutato a cercarlo, sono riuscita ad arrivare alla verità. Ettore è stato catturato dalla squadra dei vigili del fuoco volontari di Gardolo domenica pomeriggio nella piazza dell'oratorio. L'hanno messo all'interno di una gabbia nella quale era immobile sia per la stanchezza che per la paura. E cosa è successo? É successo che i quattro componenti della squadra hanno di comune accordo deciso di portarselo a casa, semplicemente perché era morto, per mangiarlo». Roberta prende fiato, blocca le lacrime e prosegue: «Se lo hanno trovato morto, oltretutto dei vigili del fuoco non dei disperati senza tetto, come possono decidere di mangiarlo senza nessun controllo sanitario, quando la legge prevede l'intervento del veterinario? Se invece era solo ferito gravemente, sia per curarlo che per sopprimerlo dovevano chiamare lo stesso il veterinario. Temo piuttosto che Ettore fosse vivo e che riconosciuto come maiale lo abbiano ucciso». Ma non le avevano detto di averlo liberato nei boschi di Gardolo di Mezzo? «Esatto, sono stati gli stessi vigili del fuoco a dirmelo e per questo non credo assolutamente alla versione che mi è stata data dal capo squadra».
Ieri sera l'incontro in caserma: «C’era tutta la squadra. Si sono dichiarati dispiaciuti, ma il momento peggiore è stato quando me lo hanno restituito in tanti sacchetti. Secondo loro lo avrebbero raccolto zoppicante e con la bava alla bocca e sarebbe morto in caserma. A quel punto, avvertita la Forestale, se lo sono portati a casa».
A Ettore Roberta ha voluto molto bene, come a un comune animale da compagnia: «Non mi do pace - dice - per la fine che ha fatto, ma sono felice di avergli dato dei mesi di vita degna di essere vissuta. A differenza dei suoi fratelli degli allevamenti da carne, lui ha potuto vivere libero, grufolare nell'erba, ricevere coccole, correre con i suoi amici cani, ha potuto dormire al caldo. Ha vissuto amato e coccolato da tutta la mia famiglia».


giovedì 5 dicembre 2013

Togli la slot machine, caffè pagato

Togli la slot machine, caffè pagato. Cento caffè pagati. Ti premio perché hai rinunciato alla "macchinetta", e magari provo a risarcirti del danno economico. I baristi per primi, e i gestori di bar, si sono accorti da tempo dell'effetto tragico della presenza di slot, videolotteries, videopoker nei loro locali. Stretti dalla crisi, spesso però non hanno avuto il coraggio di staccare la spina alla mangiasoldi: tre slot machine garantiscono da sole un incasso di 1.300 euro. Così il volontariato urbano ha deciso di dar loro una mano, avviando un'azione di obbedienza civile.
"Città per città proviamo a portare nuovi clienti a chi sceglie di rinunciare alle slot", racconta Carlo Cefaloni, creatore insieme a 
Gabriele Mandolesi di un'iniziativa che oggi ha 94 associazioni a sostegno. Sul sito "senzaslot" ci si autosegnala (sono già in 240 ad averlo fatto), poi il gruppo SlotMob (vuol dire: facciamo un mob, un happening, una festa a chi rinuncia al guadagno derivante dal gioco d'azzardo) coordina via Facebook gli eventi da costruire attorno al bar che ha deciso di rinunciare alle macchinette…


il sito di chi non ha più le macchinette: http://www.senzaslot.it/