"I sassi sono come gli uomini. Tutti
possono essere buoni. Basta saperli vedere: allora te lo dicono loro in quale
posto devono stare". Carmelo Brugnara ha 71 anni e fa vino a "Maso
Spedenàl", in val di Cembra. Da quasi sei decenni costruisce muri a secco per
evitare che le vigne, aggrappate alla montagna trentina, vengano giù. Ha
cominciato a tenere su il mondo da bambino perché è nato in un luogo "dove
c'è sempre stato niente di tutto". "Per mangiare - dice - devi prima
fare pulizia. Togli i sassi dalla terra e li metti in ordine per non perderla.
La posizione delle cose: è questa, da sempre, che decide chi ce la fa e chi
no". Non ha mai aperto un libro ma ha ascoltato molto suo padre, che prima
guardava il suo. Così è andato a occhio e solo oggi si rende conto di aver
costruito decine di chilometri di muri a secco, disegnando uno dei paesaggi
rurali più straordinari del pianeta. È un'anonima ma irripetibile opera d'arte,
cruciale sia per il paesaggio che per l'economia delle Alpi.
Non è un reperto da museo. I muretti costruiti con i sassi, dal Giappone alla Gran Bretagna, dall'Himalaya alle Ande, dopo i decenni dell'abbandono rivivono un'insperata stagione di consapevolezza collettiva. "All'improvviso - dice il regista Michele Trentini, che sabato prossimo presenterà il documentario "Uomini e pietre" - anche i ragazzi capiscono che la bellezza conta. Anzi: che è decisiva per il destino di ogni comunità". Cipro, Grecia, Italia, Francia, Svizzera e Spagna a fine aprile hanno candidato la "tecnica dei muretti a secco in agricoltura" a patrimonio immateriale dell'umanità tutelato dall'Unesco. Il sì italiano è teso a salvare i terrazzamenti e le millenarie barriere di divisione che segnano il profilo naturale del Paese: in Liguria e nel Salento, lungo la costiera di Amalfi e sull'Etna, a Pantelleria e in Toscana, su tutto l'arco alpino e nel cuore dell'Appennino. Questo tesoro sembrava consegnato alla rovina e alla nostalgia. Contadini, architetti, imprenditori, scienziati e promotori del turismo, lo rilanciano in tutto il mondo quale modello avanzato di uno sviluppo nuovo, capace di generare lavoro e ricchezza senza consumare la natura. La commissione Unesco visiterà i muretti a secco italiani fino all'anno prossimo, la decisione di accoglierli tra i beni essenziali della civiltà è fissata per il 2019…
Non è un reperto da museo. I muretti costruiti con i sassi, dal Giappone alla Gran Bretagna, dall'Himalaya alle Ande, dopo i decenni dell'abbandono rivivono un'insperata stagione di consapevolezza collettiva. "All'improvviso - dice il regista Michele Trentini, che sabato prossimo presenterà il documentario "Uomini e pietre" - anche i ragazzi capiscono che la bellezza conta. Anzi: che è decisiva per il destino di ogni comunità". Cipro, Grecia, Italia, Francia, Svizzera e Spagna a fine aprile hanno candidato la "tecnica dei muretti a secco in agricoltura" a patrimonio immateriale dell'umanità tutelato dall'Unesco. Il sì italiano è teso a salvare i terrazzamenti e le millenarie barriere di divisione che segnano il profilo naturale del Paese: in Liguria e nel Salento, lungo la costiera di Amalfi e sull'Etna, a Pantelleria e in Toscana, su tutto l'arco alpino e nel cuore dell'Appennino. Questo tesoro sembrava consegnato alla rovina e alla nostalgia. Contadini, architetti, imprenditori, scienziati e promotori del turismo, lo rilanciano in tutto il mondo quale modello avanzato di uno sviluppo nuovo, capace di generare lavoro e ricchezza senza consumare la natura. La commissione Unesco visiterà i muretti a secco italiani fino all'anno prossimo, la decisione di accoglierli tra i beni essenziali della civiltà è fissata per il 2019…
Nessun commento:
Posta un commento