Proprio così: quattro anni di carcere a testa e circa
30 mila euro di multa in totale per i sei giovani madrileni che si sono messi
in testa ripopolare i ruderi di un
villaggio demolito ed abbandonato nel 1968. È la pena che, con tutta probabilità,
cadrà sulle spalle dei sei infrattori della legge, denunciati direttamente
dalla Giunta di Castilla-La Mancha con
l’accusa di aver occupato un suolo pubblico senza autorizzazione, di averne
cambiato la destinazione d’uso generando cubature edilizie – che, dopo il
verdetto, dovranno essere smantellate e smaltite a spese loro, – di aver
violato, in sintesi, gli stretti vincoli che incombono sul parco naturale sul
quale sorgevano le rovine di Fraguas, questo il nome del borgo abbandonato in
provincia di Guadalajara (nella foto).
Se la legge fosse uguale per tutti, tutti noi ci
dovremmo indignare di fronte a tale scempio ai danni della natura, e per
l’affronto sfacciato alle regole del vivere civile che lo Stato deve garantire.
Ma, in Spagna come altrove, la
legge è uguale per nessuno, cioè diversa per tutti, perché fa le bizze,
è volubile e si posiziona in base al portafogli e al peso politico di chi ne è
soggetto.
Dunque, se cambia la destinazione d’uso di un terreno
da agricolo ad urbanistico, e poi risulta che quel terreno appartiene ad una
banca o al politico di turno, la legge non interviene. Come non interviene
quando si costruiscono grattacieli in riva al mare (vedi Benidorm o moltissime
altre realtà della costa iberica), mentre sì lo fa se ad alzare (nel rispetto
delle tecniche e dei materiali tradizionali) un tetto su un rudere di 20 metri quadri, per giunta già
esistente, sono sei figli di nessuno in fuga dalla città.
Certo, ma è una riserva naturale, e la legge dice che
non ci puoi piantare le patate, però sì ci puoi far entrare le motoseghe e la
dinamite per estrarne legna, permettere esercitazioni militari o anche lasciare
libertà ai cacciatori di sfogarvisi con cani e doppiette. Questo dice.
Ma la cosa più assurda di tutte è che la provincia di Guadalajara, insieme a tante
altre zone della Spagna interna, sono considerate dei veri e propri deserti
demografici, estesissime aree con tassi di popolazione inferiori a quelli della
Lapponia, per intenderci, cioè con meno di 8 abitanti per kilometro quadrato. E
per far fronte a questa desolazione antropica, provando disperatamente ad
invertirne la tendenza, fioccano iniziative multimilionarie finanziate
dall’Unione Europea e dalla stessa Giunta di Castilla-La Mancha, con programmi
di ripopolamento di villaggi abbandonati, affidamento gratuito o quasi di
terreni per uso agricolo, facilitazione di interventi pubblici o privati col
fine di ripristinare il vincolo che, fino a qualche decennio fa, teneva uniti
uomini e natura.
In attesa del giorno
del giudizio (che quando si tratta di comuni mortali arriva sempre
puntuale, mentre se ad attenderlo sono i ricchi e i potenti accumula ritardi su
ritardi o non arriva mai), Jaime, Isabel, Lalo, Juan, Josune e altri sovversivi
invasori di Fraguas praticanti la pericolosa eresia dell’indipendenza
alimentare ed energetica (non sarà mica questo che temono le istituzioni..?),
cercano solidarietà su Change.org per chiedere alla Giunta di ritirare la
denuncia. Con la mia, si è arrivati a depositare 61.719 firme.
E a queste si sono aggiunte le firme di Isidro, Rafa e
Vicente, i più accaniti e motivati difensori delle ragioni dei ragazzi, tra i
pochi superstiti che, mezzo secolo fa, vennero obbligati dal governo di Franco (a cambio
di una misera ricompensa), ad abbandonare i luoghi della loro infanzia, case e
campi che soltanto nei loro sogni sarebbero un giorno ritornati alla vita. Così
come il piccolo cimitero di Fraguas dove, a distanza di cinquant’anni, sono
riapparsi i fiori sulle lapidi dei suoi defunti abitanti, e dove la miopia
delle istituzioni vuol far seccare i sogni e le speranze di chi ha osato
confondere il legittimo con la legge.
Andrea Ortu
(Intervento pubblicato anche su
https://quadernispagnoli.wordpress.com/ )
da qui
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