Le persone non leggono libri. È un problema sociale, anche personale, visto che di professione faccio il libraio. Sul tema ci sono montagne di analisi, tutte giuste. Non aggiungerò cose particolarmente profonde al dibattito mediatico che, come spesso accade, vive lontano dalla realtà di tutti i giorni. La solfa dominante è che se ne stampano troppi, che durano poco sugli scaffali e poi diventano carta da macero, e che ci sono eccezioni librarie che tengono in vita il mercato.
Vero, ma chi vive il mondo dell’editoria aggiunge un particolare non
secondario: i piccoli editori sono mortificati da condizioni di vendita
assurde, in un sistema di distribuzione e vendita che è in buona misura gestito
da pochi e grandi gruppi editoriali. Per essere distribuiti, i piccoli, pagano
uno sproposito e poi non è detto che vengano venduti, perché nei supermercati
dei libri finiscono nelle parti meno visibili per il cliente.
Quindi i troppi libri prodotti entrano spesso nella categoria invenduti.
Talvolta ingiustamente, perché ci sono vere e proprie chicche stampate da case
editrici di nicchia.
Quindi, chiede il barbiere anarchico, non si leggono libri perché il
sistema industriale, mediatico-editoriale è un sistema chiuso e
autoreferenziale? Può
essere, si risponde da solo. Per esempio scorrendo le classifiche dei più
venduti, o i fenomeni letterari in auge, mi rendo conto che non solo non
leggerei (e non leggo) la maggior parte di quei volumi editati. Ti pare che
perdo tempo a leggere un prodotto cartonato dei giornalisti famosi da salottino
mediatico televisivo o peggio ancora quelli di psicologi, analisti nel
dettaglio dei delitti i nazional popolare?
Quindi, facendo una sintesi, tu che faresti? Chiede il geometra Cerbetti,
detto Benaltro. Io?
Taglio i capelli a forbice antica e rado la barba con il mio rasoio speciale. E
converso con gli astanti cercando di farvi capire, illetterati e frettolosi,
che non può funzionare un sistema culturale a due facce: elitario e in mano a
pochi, di intrattenimento pensoso o giocoso per abbeverare l’ignoranza
arrogante abissale che sta frantumando qualunque principio di bene comune.
Prende il rasoio e traccia la linea: occorre invertire il senso, per
restituire umanità e conoscenze alle comunità, cercando di mettere insieme i
fili sparpagliati della cultura che dovrebbe innervare positivamente la società
in cui viviamo, per non finire inghiottiti nelle fauci della cultura con la Q
maiuscola che ahimè domina.
Eh, serve ben altro… azzarda il geometra. E chiosa: tocca a me?
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