venerdì 21 marzo 2025

Se l’Argentina brucia è colpa dei Mapuche: parola di Milei… - Ugo Zamburru

 

L’Argentina odierna appare la perfetta rappresentazione della narrazione dominante: mentre si celebra il governo dell’anarcocapitalista Milei, come lui stesso si definisce, il paese è ancora una volta in ginocchio a causa di politiche scellerate a livello economico, sociale, ambientale.

Il 1° marzo Milei ha annunciato un accordo con il Fondo Monetario Internazionale accompagnato da una proposta di legge tesa a sancire il surplus fiscale (cioè la maggior entità delle entrate rispetto alle spese) come pilastro della politica economica nazionale. In questo modo Milei vuole stabilizzare le finanze pubbliche e rimborsare parte del debito pubblico. Il prestito da parte del Fmi servirebbe ad aumentare le riserve della banca centrale e permettere un sistema di cambio più flessibile, con l’obiettivo di ridurre la spesa pubblica al 25% del Pil entro il 2027. La strategia è semplice: ridurre, se non azzerare, il ruolo dello Stato, favorendo la libera concorrenza estrema, azzerando le tasse (definite “pizzo di Stato”), flessibilizzando il mercato del lavoro, licenziando decine di migliaia di lavoratori statali, eliminando il sostegno alle fasce più deboli. Mentre si vanta di avere ridotto l’inflazione e aver registrato nel 2024 un surplus fiscale dopo oltre 15 anni di recessione, Milei non racconta che il costo per questa operazione, peraltro transitoria, è il 54,5% della popolazione sotto la soglia di povertà, con i pensionati allo stremo per la riduzione del sistema pensionistico e le grandi città, come Buenos Aires, invase da folle di homeless. Fanno parte del piano strategico economico l’eliminazione del controllo sui canoni degli affitti e del tetto ai prezzi del carburante, dei farmaci e delle assicurazioni sanitarie e dell’obbligo per i supermercati di tenere prodotti di cooperative e piccoli produttori, la privatizzazione di otto imprese statali nel campo dell’energia, della rete autostradale e di quella ferroviaria, i tagli imponenti alla cultura, all’ambiente e all’istruzione. Non ultimo è intervenuto lo scandalo della criptovaluta $LIBRA, promossa dal presidente stesso, che ha visto un rapidissimo aumento del valore cui è succeduto un altrettanto rapido crollo con arricchimento dei promotori e perdite importanti per gli investitori argentini, ma anche statunitensi (tanto che l’inviato del Dipartimento di Stato per l’America Latina, Mauricio Claver Carone ha annunciato un’indagine del Dipartimento di Giustizia Usa per accertare eventuali frodi).

Nel frattempo continua la politica negazionista che vede in prima linea la vicepresidente Victoria Villaruel, figlia di un ufficiale in servizio durante la sanguinosa dittatura dei 30.000 desaparecidos. La Villaruel ha fondato, nel 2003, il Centro di studi giuridici sul Terrorismo e le sue Vittime, ramo di un’associazione fondata nel 1993 dall’ex capo dei servizi segreti durante la dittatura, Fernando Exequiel Verplaetsen, con l’obiettivo di una narrazione in cui i militari coinvolti nei processi per sequestro, stupro, tortura, detenzione clandestina e quanto di peggio si possa immaginare erano, in realtà, i difensori della Patria contro la sovversione comunista incarnata dalla guerriglia. Da notare che la Villaruel ha completato la sua formazione partecipando, nel 2008, a un corso di coordinamento tra le agenzie antiterrorismo presso il Dipartimento della Difesa degli Usa. Insomma, una preparazione ad hoc per il varo di un negazionismo assoluto che si manifesta con la chiusura del programma tv delle Madres de Plaza de Mayo, con la criminalizzazione della protesta e con l’uso indiscriminato della forza. C’è stato addirittura il tentativo di chiudere l’Esma, l’ex scuola meccanica della marina, che è stato il lager clandestino più importante della dittatura, una vera fabbrica della morte, divenuta spazio della memoria e dei diritti umani e iscritta, nel settembre del 2023, nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco. Non avendo potuto chiuderla, Villaruel e Milei hanno licenziato la quasi totalità dei dipendenti e chiuso alcune sale deputate a centri culturali.

Nella rivisitazione della storia non poteva mancare la creazione del nemico interno, di cui sono stato direttamente testimone partecipando alla carovana di appoggio al popolo Mapuche che si è tenuta nel gennaio-febbraio scorsi, organizzata da Ya Basta Edi Bese, una ventina di attivisti italiani, un messicano portavoce di una associazione contadina di Oaxaca e attivisti argentini (compresi alcuni antropologi dell’Università di Buenos Aires e Bariloche). Il nostro viaggio ha seguito il corso del rio Chubut, il fiume che attraversa tutta la regione omonima della Patagonia, 810 km dalla sorgente sulle Ande alla foce nell’oceano Atlantico. Lungo il percorso ci siamo fermati nelle comunità Mapuche, ascoltando la loro versione della storia e tessendo reti di solidarietà. Sin dal nostro raduno a Bariloche ed El Bolson, due località turistiche, abbiamo visto le fiamme degli incendi che stanno devastando la Patagonia: oltre 100.000 ettari di bosco nei parchi nazionali Lanin e Nahuel Huapi ridotti in cenere, lambendo i centri abitati. Una superficie equivalente a oltre un quarto del Piemonte, destinata purtroppo ad aumentare! Il Servicio Nacional de Manejo del Fuego, l’ente statale preposto alla prevenzione e controllo degli incendi, ha stabilito che il 95% degli incendi è di origine dolosa e qui è scattata la menzogna del Governo, che ha incolpato i Mapuche, popolazione autoctona, di essere gli artefici di tale scempio. Non un accenno al fatto che Milei ha utilizzato solo il 26% dei fondi destinati a contrastarli e che una serie di elicotteri antiincendio è stata venduta all’Ucraina, come riporta Pagina 12, uno dei periodici a maggior tiratura nel Paese. Né dobbiamo pensare che tutto ciò sia fine a se stesso. La diminuzione delle risorse destinate al controllo boschivo e la dolosità degli incendi, ma soprattutto le zone ove sono stati appiccati rispondono a una precisa strategia: i Parchi Nazionali, infatti, hanno precise tutele ambientali che decadono nel momento in cui gli incendi li devastano, lasciando campo libero all’estrattivismo e alla speculazione immobiliare!

Nel nostro viaggio abbiamo appreso molto sulle barbarie che stanno affliggendo l’umanità. La Patagonia e il rapporto con i popoli originari sono lo specchio della direzione che il sistema capitalista ci sta imponendo e delle strategie per attuare il suo piano criminale. Nel primo incontro, alle pendici delle Ande, in un luogo incantevole recuperato da una comunità Mapuche tagliando il recinto di filo spinato messo da Benetton, ci è stato rivelato come la zona circostante ha visto l’arrivo di investitori provenienti dal Qatar, che hanno riempito le loro neo proprietà di cervi fatti arrivare direttamente dall’Europa per organizzare grandi battute di caccia cui invitare occidentali, arabi e quant’altri possano rivelarsi investitori e/o clienti in quelle che diventeranno zone sciistiche di extra lusso! In altri incontri ci hanno raccontato di abitazioni costruite ad altezze teoricamente vietate dalla legge: il piano di protezione dei parchi stabilisce che in quelle aree non si può costruire sopra certe altezze. Ma la speculazione immobiliare in vista degli impianti sciistici non si cura certo della legge, anche per la connivenza con il Governo Milei! Questa volta gli investitori provengono dagli Emirati Arabi. Scopriamo inoltre che le acque del Rio Chubut, la più importante risorsa idrica di quelle zone aride, è stata data in concessione alla Mekorot, l’impresa statale di Israele che si occupa della gestione idrica. Darla in gestione non è solo l’anticamera della privatizzazione, ma anche lo sdoganamento di una modalità aggressiva e violenta di agire, conoscendo come agisce in Palestina e nelle zone occupate. Man mano che la nostra carovana avanza scopriamo altre zone destinate a essere deturpate diventando zone sciistiche di lusso, come il Cerro Leon.

Gli interessi di Benetton sono invece concentrati su altri obiettivi: dimenticate le pecore e il mercato della lana, ora il gruppo veneto si è orientato sull’estrattivismo, inteso come ricerca delle terre rare, lo stesso motivo per cui Trump vuole derubare l’Ucraina con finti negoziati in cui l’unica bussola è il tornaconto economico. Quei 17 elementi, fondamentali nell’industria degli armamenti e della tecnologia, producono un mercato che vale 11 miliardi di dollari, con la previsione di arrivare, nel 2031, a oltre 21 miliardi. Per fare questo Benetton e il suo compare Joe Lewis (il magnate inglese che ha comprato e recintato una zona immensa intorno al lago Escondido) sono sostenuti dai Gauchos Nacionales, un’associazione di pistoleri prezzolati che minacciano, malmenano e arrestano i Mapuche, incolpandoli di essere gli artefici degli incendi. I Gauchos sono guidati da Victor Hugo Araneda, tristemente famoso per aver aggredito e malmenato, nel 2023, gli attivisti che protestavano per il blocco, da parte di Lewis, del sentiero di accesso a un lago che la legge considera passaggio comune e quindi accessibile a chiunque.

Un ulteriore fattore di crisi è quello delle piantagioni di pini, che vedono tra gli artefici anche il gruppo Benetton. Negli anni ’90 fu introdotta la legge Verde por verde secondo la quale gli imprenditori che, con le loro attività, causavano aumento dell’anidride carbonica potevano essere esentati dalle multe piantando alberi che smaltissero tale contaminazione. Gli imprenditori decisero quindi di piantare decine di migliaia di piante non autoctone come i pini. E soprattutto piantarono pini di una varietà che lascia deposti sotto forma di aghi di pino e pigne che soffocano le piantine usate dai Mapuche come medicina e che sono altamente infiammabili (come lo stesso albero che, essendo ricco di resina, brucia con estrema facilità): da cui uno dei motivi della rapida propagazione degli incendi. Inoltre i pini consumano molta acqua e acidificano il terreno, a scapito delle piante medicinali.

Cosa fa il Governo in questo contesto? Stabilisce che i responsabili sono i Mapuche, gli unici a non avere alcun interesse a che ciò avvenga e la cui cosmogonia prevede il rispetto totale e la fusione con la natura. Arresta e criminalizza la protesta e crea il nemico interno, vecchia strategia che echeggia anche nella politica nostrana… In Argentina un litro di latte costa 2,20 euro, un caffè al bar fino a 3,50 euro, i supermercati hanno prezzi europei se non oltre mentre i salari non sono neppure lontanamente comparabili. Ma per Milei e accoliti il problema sono i Mapuche e si dà grande risalto alla Resistencia ancestral Mapuche, un gruppo di giovani già sconfessato dai Mapuche e praticamente inesistente, che serve per definire terroristi tutti i Mapuche e poterli reprimere. E, a seguire, una serie di misure: l’abrogazione della legge che proibiva lo sgombero dei nativi, alcuni decreti urgenti che praticamente annullano le protezioni dei popoli originari, l’intitolazione del salone della casa Rosada, sede del Governo, non più ai popoli originari ma agli eroi delle Malvinas.

Nel nostro viaggio abbiamo condiviso dinamiche di oppressione e strategie di resistenza ed è triste constatare che subito dopo il nostro passaggio le comunità sono state attaccate, le persone malmenate e arrestate, le radio comunitarie distrutte. Come è stato triste vedere che l’accordo con la Mekorot e la creazione di un corpo unificato patagonico con funzione di controllo e repressione risalgono al Governo peronista di Alberto Fernandez. Solo l’unione delle resistenze dal basso può dare qualche frutto, come ci racconta Yanniello, un attivista di Bariloche che partecipa alla carovana: ecologisti, antropologi e giornalisti argentini non tanto e non solo a sostegno dei diritti dei Mapuche, quanto a difesa del territorio contro la necropolitica del capitale.

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