Accendiamo la tv, apriamo un giornale o una pagina in rete. Sentiamo lo
sfogo di qualcuno. In certi giorni sembra che tutti stiano litigando con tutti.
E anche a noi può venir voglia di litigare: uh, in realtà avremmo un sacco di
motivi, no?
Del resto, a pensarci bene, possiamo renderci conto che una dose di
conflitto è ineliminabile, sia dalle vite dei singoli individui, sia dalle
dinamiche aziendali, sia dalle relazioni tra istituzioni, o tra stati.
Questo succede perché, in realtà, un conflitto (dal latino conflictus, urto, derivato di confligĕre, cozzare), nella sua essenza non è
altro che un contrasto tra istanze, bisogni e obiettivi diversi. Suvvia, è
davvero impensabile che tutti, dai singoli individui alle organizzazioni agli
stati, possano avere sempre gli stessi interessi, e possano sempre condividere
i medesimi obiettivi e ritenersi soddisfatti da una identica condizione.
Aggiungo solo un paio di elementi: viviamo in tempi complessi e veloci, e
complessità e velocità possono più facilmente esasperare che sciogliere i
conflitti.
E mettiamoci anche la rete, con il suo corredo di voyeurismo, notizie
false, rancore, senso di rivalsa, emozionalità esasperata, disintermediazione e
solitudine. L’arena perfetta dove qualunque conflitto, piccolo o grande che
sia, può mettersi in scena e trovare una ragion d’essere ulteriore,
guadagnandosi un bel pubblico.
C’è una cosa da sapere, però. Su qualunque piano (interpersonale, sociale,
istituzionale, politico) si accenda un conflitto, se non si prova a governarlo
e a contenerlo qualcuno (o tutti) poi finiscono per farsi molto male.
Ma per riuscire a disinnescare un conflitto bisogna sapere come funziona, e
quando e come si intensifica. Insomma, gente: potrebbe rivelarsi un buon
investimento leggere le righe che seguono. Vi raccontano in sintesi un modello
semplice e intuitivo dell’escalation conflittuale, messo a punto negli
anni ottanta dal ricercatore austriaco Friedrich Glasl. Il modello di Glasl è
oggi ampiamente usato nel mondo per determinare a che stadio è un conflitto e,
di conseguenza, che cosa è meglio fare per contenerlo.
Lo schema è elementare: una discesa verso il disastro, in un succedersi di
scontri che si fanno sempre più insensati, violenti e primitivi.
Nove gradini verso l’abisso
La discesa di Glasl si articola in nove gradini, o passi, o mosse, raggruppati a tre a tre L’idea di base è che se non si interviene in modo consapevole la discesa sia ineluttabile, e che uscire dal conflitto riducendone i costi (individuali, sociali, politici) diventi via via più complicato, fino a risultare impossibile.
La discesa di Glasl si articola in nove gradini, o passi, o mosse, raggruppati a tre a tre L’idea di base è che se non si interviene in modo consapevole la discesa sia ineluttabile, e che uscire dal conflitto riducendone i costi (individuali, sociali, politici) diventi via via più complicato, fino a risultare impossibile.
Il fatto vero, dice Glasl, è che il conflitto ha una sua logica interna,
che è implacabile e a un certo punto va oltre la volontà dei contendenti.
Nella prima fase, gli attori pensano che si potrebbe ancora trovare una
soluzione in cui entrambi “si vince” accordandosi in qualche modo.
Il conflitto nasce da un oggetto specifico (istanza, bisogno, obiettivo):
per esempio, tu vuoi che stasera io lavi i piatti, e io voglio che li lavi tu.
Al posto dei piatti, cambiando scenari e protagonisti, potete mettere
qualsiasi altro elemento di contesa: il rumore di tacchi del vicino di sopra.
Le migliori strategie per il lancio di un nuovo prodotto. I limiti europei in
materia di bilancio, o gli accordi commerciali tra stati in tema di
esportazioni: ogni tema, minore o maggiore, su cui due attori possano non
essere d’accordo...
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