Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel 12-13 Giugno 2011, quando oltre
27 milioni di cittadini italiani indicarono, attraverso un Referendum Popolare,
la loro indiscutibile volontà: una gestione pubblica dell’acqua,
monopolio naturale e diritto umano inalienabile che deve essere fuori da ogni
logica di mercato, di un bene comune su cui non sia ammessa alcuna
remunerazione del capitale.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel 2007, quando venne depositata
una proposta di legge di iniziativa popolare, supportata da oltre 400 mila
firme, per la completa ri-pubblicizzazione del sistema idrico nazionale: 12 anni! La mancata
applicazione dell’esito referendario ha leso profondamente il vincolo
fiduciario tra la cittadinanza e la classe politica eletta per rappresentarne
le volontà. Una
classe politica che sbeffeggia da oltre 12 anni la volontà popolare non si può
certo definire democratica.
In questi 12 anni siamo stati governati da classi politiche di
centrodestra, dai cosiddetti tecnici, dal centrosinistra, prima bersaniano e
poi renziano, e attualmente da un governo, autonominatosi del cambiamento, formato da pentastellati e da leghisti
che amministrano il paese sulla base di un contratto : ebbene non c’è stato
nessun passo avanti formale per applicare integralmente l’esito del referendum
istituzionale del 2011.
Referendum per l’Acqua Pubblica in Italia, referendum sul memorandum della
troika in Grecia, per la Brexit in Gran Bretagna e, in misura differente,
referendum per l’indipendenza della Catalogna, sono quattro distinte situazioni
che dimostrano – indipendentemente dai contenuti – come il concetto di
democrazia sia a rischio in Europa e come questa voluta confusione alimenti il
terreno di coltura di populismi e nazionalismi.
Mai slogan fu più azzeccato di quello adottato nella campagna referendaria
2011 dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua Pubblica: si scrive Acqua si
legge democrazia!
A distanza di ormai 8 anni dal referendum, a 12 anni dalla Legge di
iniziativa popolare, è palese che viviamo in un paese solo apparentemente
democratico, nel quale la volontà popolare vale nettamente meno degli interessi
di parte. L’esito di quel referendum bocciò in modo incontrovertibile le
indicazioni di voto dei partiti contrari all’Acqua Pubblica: i leghisti
votarono in massa Sì, contravvenendo alle indicazioni dei vertici, lo
stesso avvenne in parte per Forza Italia mentre il PD a poche ore dal voto –
resosi conto della volontà della sua base – aderì obtorto collo al Sì, salvo
poi affidare all’allora segretario Bersani un commento degno del vigliacco Don
Abbondio, ovvero che“quel voto andava interpretato”.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel 2011, ma nulla è cambiato anzi…
i maldestri tentativi di affossarne l’esito, presidenziali e non, si sono
susseguiti nonostante una pronuncia della Corte Costituzionale. L’ascesa al
governo dei Cinquestelle era parsa ridare slancio all’applicazione integrale
dell’esito referendario: non a caso la loro prima stella
rappresentava la promessa di ri-publicizzazione del settore idrico.
Ma l’ambientalismo grillino è letteralmente franato
sotto i colpi dello scellerato contratto di governo con la
destra autoritaria dei salviniani:tradito il programma rispetto alla Tav
in Val di Susa, tradita la promessa della chiusura dell’ILVA di Taranto,
fabbrica della morte, via libera alle trivellazioni costiere e al gasdotto in
Puglia. Passo dopo passo, il governo del cosiddetto cambiamento, anche sul tema dell’Acqua Pubblica è
andato riproponendo le stesse ricette proposte prima dal centrodestra
berlusconiano, poi dal governo tecnico montiano, poi dal centrosinistra
piddino: cambiano le formule di governo, non cambia mai la volontà
privatizzatrice.
Negli ultimi mesi la Commissione Ambiente della Camera si è trovata a
discutere la Proposta di Legge N. 52“Per la ripubblicizzazione del servizio
idrico”presentata dal Movimento 5 Stelle (prima firmataria Federica Daga), nata
dalla proposta di legge di iniziativa popolare a sostegno della quale nel 2007
il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua raccolse oltre 400.000 firme. Come
tante leggi di iniziativa popolare, quel testo è rimasto sepolto in un cassetto
per anni ma, a differenza di altri, il Forum che l’aveva presentato ha
continuato caparbiamente a muoversi verso l’obiettivo, con campagne nazionali e
territoriali: da quella per la modifica degli Statuti comunali per dichiarare
l’acqua servizio pubblico senza scopo di lucro, fino alla campagna per il
Referendum del 2011.
Nelle audizioni in Commissione Ambiente spesso si sono viste riproposte le
stesse tesi sconfitte dal voto dei cittadini nel referendum 2011. L’iniziale volontà
politica di approvare il testo in breve tempo si è scontrata con visioni
contrarie all’interno della stessa maggioranza, che hanno prodotto una
moltitudine di emendamenti (oltre 230) volti a cambiare parti del testo o ad
attenuarne gli effetti, togliendo ogni obbligo di ri-pubblicizzazione,
sostituendo vincoli espliciti con“auspici”che non impegnano concretamente
nessuno a fare alcunché.
Quando il testo era pronto per essere calendarizzato per la discussione
alla Camera dei Deputati è iniziato il balletto delle date: prima il 25 marzo,
poi il 29 aprile e ora il 27 maggio, all’indomani delle elezioni Europee… Al
momento non ci è dato sapere se tale scadenza sarà rispettata, sia perché ad
oggi non è stato pubblicato il calendario dei lavori della Commissione Ambiente,
sia perché entro tale data la Commissione dovrebbe terminare l’esame della
Legge e di tutte le proposte di emendamenti. Questi ultimi, se da un lato
confermano come sia ampio e composito il fronte dei “privatizzatori” – con uno
schieramento trasversale che va dal PD a Forza Italia e alla Lega – mostrano
anche che numerosi deputati dell’ondivago schieramento pentastellato hanno
presentato modifiche che, se approvate, stravolgerebbero l’impianto della
nostra legge, svilendone i principi e rendendo di fatto inattuabile la
ri-pubblicizzazione dell’acqua.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando abbiamo intrapreso il
percorso per la ri-pubblicizzazione dell’Acqua Bene Comune, creando una delle
esperienze di movimento più ampie, partecipate, inclusive e politicamente
rilevanti in tutta Europa. Forse ne dovrà scorrere ancora di acqua.… Ma non
moltissima.
Intanto
perché il popolo dell’Acqua non demorderà e, goccia dopo goccia, lavorerà
affinché la volontà popolare di 27 milioni di cittadini e cittadine sia
integralmente rispettata e applicata. Inoltre, perché presto rimarremo
tutti/e sorpresi/e: a mio (modestissimo) parere le destre sovraniste e
ultra-nazionaliste non sfonderanno in Europa come immaginato fino a poco tempo
fa.
L’aria sta cambiando, sta finalmente spirando una nuova brezzolina –
fresca, giovane, intraprendente e determinatissima – che, partendo dalla
necessità di ineludibili misure per contrastare i cambiamenti climatici e le
sempre più ampie diseguaglianze economiche e sociali, compatterà un’ampia alleanza ambientalista e altermondialista. Vedremo se
alcuni effetti si vedranno già, anche se in ordine sparso e improvvisato, in
queste prossime elezioni europee. Presto si dovranno fare i conti con la
tutela dei beni comuni, la lotta al cambiamento climatico, le questioni di
genere, il contrasto alle diseguaglianze economiche e sociali. E allora, non
basteranno più né slogan truculenti né pericolose estemporaneità, come far bere
l’acqua del Tevere ai romani invece di riparare le perdite di impianti
obsoleti. Occorre recuperare, per dirla con Rodotà, la democrazia della
fiducia… E allora, ne passerà ancora di acqua sotto i ponti, ma vinceremo noi,
proprio perché si scrive acqua ma si legge democrazia !
(Articolo pubblicato anche sul Granello di Sabbia n. 39 di Marzo – Aprile
2019. “Si scrive acqua, si legge
democrazia“)
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