Il parlamento inglese, all’unanimità, ha
votato lo stato di emergenza climatica, seguendo così l’esempio di 508 consigli comunali.
Limitiamoci a quel sintomo della questione ambientale
che è la produzione di anidride carbonica o CO2, e all’effetto che
ha sul clima. Il contributo europeo è in diminuzione, un po’ per miglioramenti
tecnici, un po’ per saturazione e soprattutto perché anche la produzione di CO2 è stata delocalizzata in
Cina: e infatti, l’aumento globale procede
instancabile:
Ma mentre la maggior parte dei settori europei
produce meno CO2 di prima, un settore è in crescita
fortissima: quello dei trasporti aerei.
Quindi, la punta più pericolosa
dell’emergenza climatica è costituita dal trasporto aereo: in appena
cinque anni, le emissioni sono cresciute del 26 per cento. Si prevede che il
trasporto aereo porterà a uno scostamento dall’obiettivo che si è posto
l’Europa per il 2030 pari a tutte le emissioni
del settore siderurgico nel 2015.
Il motivo è semplicissimo. Un mio amico mi racconta
che voleva andare dalla Toscana a Praga. Biglietto del treno, 200 euro. Volo, 20 euro. Indovinate quale ha
scelto. Come è possibile che un volo costi meno di tre pizze, pure senza
la birra?
In un recentissimo articolo, Andrew Murphy di
Transportenvironment.org ci dà alcune informazioni fondamentali.
Ryanair si vanta
di utilizzare aerei molto “nuovi” e “puliti”, e non abbiamo ragione di dubitarne.
Semplicemente, anche il volo più pulito produce
molte più emissioni per passeggero di un viaggio solitario con un SUV. Infatti,
nel solo 2018, le emissioni di Ryanair sono cresciute del 6,9 per cento e la
società oggi è entrata nel club dei dieci principali produttori di emissioni
d’Europa. Quindi, Ryanair fa giustamente i propri affari, e dovrebbe spettare
alle autorità affrontare il problema. Rendendo ad esempio almeno comparabile il
prezzo di un viaggio in treno con quello di un viaggio in aereo.
Bene, dice Murphy
“le autorità europee hanno deciso di non tassare
l’aviazione e imporre poche regole. Le linee aeree acquistano il cherosene
senza pagare le tasse – un privilegio non concesso ad alcun automobilista
quando acquista la benzina – mentre i biglietti aerei sono quasi esenti da IVA.
Allo stesso tempo, i governi continuano a sussidiare nuovi aeroporti, spesso in
perdita in tutta Europa”.
A questo, aggiungiamo l’abitudine di tanti piccoli
centri – non so se solo in Italia – di usare fondi pubblici per il comarketing: con la scusa di fare una semplice pubblicità turistica, gli enti
locali pagano le linee aeree low cost per continuare a frequentare i loro
aeroporti, tenendo così artificialmente bassi i prezzi. Insomma, il problema è politico e la soluzione è politica.
Alcuni studenti dell’università olandese di Maastricht
hanno lanciato una campagna per porre fine all’esenzione fiscale per il
carburante aereo. Per farlo, hanno utilizzato il meccanismo del diritto di iniziativa dei cittadini europei (ICE) che
permette di presentare una proposta alla Commissione Europea: a partire dal
prossimo 10 maggio, gli organizzatori avranno un anno per raccogliere un
milione di firme (tra cui ci auspichiamo che ci saranno quelle di tuttii lettori di Comune e di questo blog e
dei loro parenti prossimi e lontani: sarete informati!).
Tra poche settimane, si voterà in diversi
Comuni, tra cui Firenze, e per l’Europa. Noi si propone quindi a tutti i futuri
amministratori alcune semplici azioni (qui ne parliamo dal punto dei Comuni, ma valgono a maggior ragione per il
Parlamento Europeo). Uno, far approvare anche dal proprio Comune una dichiarazione di
emergenza climatica. Due, dare la priorità, in tale emergenza, a
frenare le emissioni causate dal trasporto aereo. E quindi: fermare
ogni progetto di espansione di
aeroporti esistenti; prendere una posizione ufficiale a sostegno
della proposta ICE per la tassazione del carburante da aereo. Chi ci sta?
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