Esco dal nuovo lavoro (sì, ho un nuovo lavoro, il quarto nel giro di un anno ma non è facile trovare lavoro a sessanta anni e di questi tempi) con una giovane collega. Lei ha venti anni. Parliamo del nostro contratto, che ancora dobbiamo studiare bene, fatto di formule strane, guadagni così ma se sbagli ti tolgono il premio di merito, se non fai un tot di lavoro all’ora ti tolgono il premio di produzione e se ti assenti per più del 65 per cento (cioè se ti ammali o se sei in ferie) ti tolgono il premio presenza e lo stipendio diventa sempre meno. Non è etico, conveniamo, ma ci si passa sopra.
Perché il mio lavoro precedente era pagato ancora meno e le ferie e la
malattia manco le avevo. E i suoi precedenti lavori sono stati tutti in
nero. D’altra parte, io sono una vecchia esodata e lei una giovane
senza esperienza, ci si passa sopra, almeno uno straccio di lavoro con uno
straccio di contratto l’abbiamo. Lei mi racconta di un amico dei suoi, chef di
rango, che ha perso il lavoro e che ora lavora per dodici ore a cinquecento
euro al mese. Ma ha famiglia, ci passa sopra.
Io le racconto di quando avevo la sua età e un posto sicuro, una valida
retribuzione, dei diritti garantiti. Queste cose, ormai, non esistono più, ma
ci si passa sopra. Con il tormento nello stomaco ma ci si passa sopra.
Lei si chiede se potrà ottenere un giorno di ferie a fine mese, è
preoccupata, deve dare un esame in università. Io le racconto che, una volta,
il permesso per esami universitari era obbligatorio, l’azienda non poteva
opporsi. Ed era retribuito. Lei dice che, pazienza, perderà il premio presenza.
Ci passerà sopra.
Io non le dico che lunedì sarà il mio compleanno e che mi sarebbe
piaciuto rimanere a casa per passare una giornata tranquilla (il lavoro è
bellissimo ma complicato e stressante). Figurati, il compleanno… Chiaro che ci
passo sopra.
Ci salutiamo in fretta, sono le due, mangeremo alle tre, lavoriamo su
turni, gli orari tutti sballati, ogni giorno diversi, il pranzo è un
optional, non hai tempo, lo stomaco ti si rovina ma ci passi sopra. Tanto
io prendo già il gastroprotettore.
Torno a casa a studiare perché, sì, devi raggiungere un premio
produzione ma nessuno ha tempo di spiegarti niente, mentre sono tutti occupati
a produrre, il tempo libero lo devi utilizzare per cercare di capire cosa devi
fare. Ma non è un problema, una volta che avrò imparato avrò anche del tempo
libero, quindi ci passo sopra.
Nel lungo viaggio di ritorno in metropolitana (sì, il luogo di lavoro è
lontano ma a questo, ovvio, ci passo proprio sopra) leggo le notizie. E leggo
di un giovane uomo, padre di famiglia, che si batte per i diritti dei
lavoratori. Coraggiosamente, al giorno d’oggi. Lui non ci passa sopra. E sopra
gli passa un camion. E muore. Perché questo è quello che succede, ormai, in Italia, se non ci
passi sopra. Succede che ti passano sopra.
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