È possibile dire senza che nessuno si senta offeso, senza rischiare di ricevere telefonate vagamente intimidatorie o di leggere post allusivi su Facebook, che gran parte delle persone scelte per far parte della Fondazione Mont’e Prama non sembra avere quelle competenze adatte per (parole del ministro Franceschini) “occuparsi di tutto ciò di cui si occupano i musei moderni: informazione, didattica, valorizzazione del patrimonio, marketing”?
Mentre alcuni dei maggiori siti e luoghi di interesse
culturale italiani hanno aperto le porte a manager stranieri con esperienza e
formazione internazionale, nel cda di Monte Prama siederanno un giornalista
(Anthony Muroni, presidente), un musicista (Paolo Fresu),
un dentista (Efisio Trincas), una insegnante elementare
(Graziella Pinna) e un sindaco (l’ingegnere idraulico Andrea Abis,
dipendente regionale): nessuno di loro ha mai diretto un museo di una pur
qualche rilevanza o ha mai studiato a fondo le problematiche specifiche della
gestione dei beni culturali. Unica eccezione, Patricia Olivo (segretaria
regionale dello ministero in Sardegna), nominata nel cda, insieme a Paolo Fresu,
da Franceschini.
Già, Fresu: perché? Basta essere dei
musicisti di fama internazionale (nonché organizzatori di un festival jazz tra
i più rinomati in Italia) per poter far parte di un ristretto gruppo di persone
che deciderà le sorti di siti archeologici di straordinaria importanza e
complessità come Mont’e Prama, Tharros, la torre di san Giovanni e il tempio
ipogeico di San Salvatore? Evidentemente no. Per questo sarebbe cosa saggia
se Fresu facesse un passo indietro, consentendo al ministro di
nominare un esperto con maggiori competenze specifiche. Caro Paolo, a giovarne
non sarebbe solo la Fondazione ma anche la tua reputazione.
La battaglia per la presidenza del cda, che per mesi
ha bloccato la nascita della Fondazione, l’ha vinta evidentemente il presidente
della Regione Solinas. Ma per Muroni vale lo
stesso ragionamento fatto per Fresu: se non si ha una competenza
specifica, essere nominati a un incarico non rende automaticamente all’altezza
di quell’incarico. Questo non significa necessariamente che questo cda lavorerà
male, per carità: vuol dire semplicemente che in Sardegna le relazioni
continuano ad essere più importanti delle competenze, le conoscenze preferite
alla conoscenza. E chi è finito in questo cda (così come in molti altri voluti
da Solinas) di relazioni evidentemente ne ha messo in campo tante,
giocando di sponda a destra come a sinistra, con i Cinquestelle, con gli
indipendentisti e probabilmente, perché negarlo, anche con la massoneria.
Così nascono le carriere politiche in Sardegna: dal
nulla. Nel segno del fraintendimento tra ciò che si dovrebbe essere e ciò che
realmente si è. Alla Gianni Chessa o, più banalmente alla
Christian Solinas. Con titoli specifici assenti o farlocchi,
partendo da un piccolo ente o da una giunta comunale (di destra o di sinistra
non fa differenza, l’importante è la poltrona, anche se gratis), in maniera
tale che poi in virtù di incarichi così raggiunti, nessun ulteriore e più
prestigioso obiettivo (dal consiglio regionale all’Onu) possa essere più
precluso.
Perché per fare carriera e occupare un posto di potere
in Sardegna non è prioritario avere una competenza e studi specifici ma essere
in buone relazioni con tutti, piacere a tutti: e questo per accontentare tutti
e soprattutto per non ricevere critiche da nessuno. Si chiama “trasversalismo”
ed è la qualifica fondamentale richiesta alle classi dirigenti isolane.
E infatti davanti a queste nomine nessuno osa
proferire pubblicamente verbo, tranne poi parlare privatamente di “vergogna”.
Anche perché le competenze si hanno o non si hanno. E in questo caso la
risposta mi sembra lampante.
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