Il Brighton Trust, l’ente caritatevole di
cui io sono un amministratore, insieme agli attivisti dell’inglese National
Education Union, (sindacato personale scolastico) raccoglie fondi da tre
anni per il centro per l’infanzia Al-Tafawk nel campo profughi
di Jenin, nella Palestina occupata.
Il centro, gestito da volontari del posto e l’unico nel
suo genere nel campo, ospita 14.000 profughi palestinesi che hanno perso la
casa dopo la fondazione di Israele nel 1948. Offre giochi, istruzione, cibo e
un’affettuosa accoglienza a circa 120 minori, fra i 3 e i 16 anni.
È l’unica occasione di divertimento nella cupa
atmosfera del campo, che durante la Seconda Intifada nel 2002 ha perso decine
di abitanti nel massacro dell’esercito israeliano e oltre 400 abitazioni in
seguito a una brutale campagna di demolizioni, uno dei molti atti di punizione
collettiva condotti dagli israeliani contro civili palestinesi. Da allora il
campo ha subito regolari incursioni militari.
Il centro Al-Tafawk, sorto nel 2010, era
riuscito a sfuggire all’attenzione dei militari, almeno fino a poco tempo fa. I
primi segnali che l’esercito l’aveva preso di mira sono arrivati a gennaio,
quando il manager è stato incarcerato per 24 ore e gravemente traumatizzato.
Sulla scia delle proteste nella Gerusalemme occupata
dopo gli attacchi israeliani contro i fedeli della moschea Al-Aqsa e
i sanguinari bombardamenti di Gaza, le forze israeliane hanno intensificato il
loro regime di terrore su tutta la Palestina storica, estendendolo anche alla
Cisgiordania occupata, dove alla fine di maggio sono stati uccisi oltre 25
palestinesi. A Jenin, come in altre città palestinesi, ci sono state
dimostrazioni contro la violenza israeliana.
La sera del 15 maggio l’esercito israeliano ha
compiuto un raid contro il centro per l’infanzia Al-Tafawk di
Jenin distruggendolo completamente. La loro scusa era che stavano cercando
delle armi, ma naturalmente non le hanno trovate.
Un testimone ha dichiarato:
“Hanno fatto irruzione nel centro ieri
sera. Hanno cominciato a sparare dall’esterno. Poi hanno abbattuto la porta
d’ingresso e sono entrati. Hanno messo tutto a soqquadro e danneggiato ogni
cosa di valore.”
Oltre ad arredi e attrezzature, i soldati hanno
intenzionalmente distrutto le infrastrutture, rendendo l’edificio insicuro e
inutilizzabile. Hanno demolito le tubature dell’acqua e i rubinetti, sfasciato
il quadro elettrico, tagliando la luce e interrompendo l’erogazione dell’acqua,
hanno danneggiato scale e porte, divelto maniglie. Il danno ammonta in totale a
migliaia di dollari.
Non hanno neppure risparmiato i libri dei bambini.
Secondo un altro testimone, un soldato intento a far proprio questo, ha urlato
che i bambini palestinesi non hanno bisogno di leggere libri, dato che
sarebbero cresciuti per diventare assassini ed essere uccisi.
Da ebreo, questo atteggiamento di totale disprezzo
razzista per i bambini palestinesi, la convinzione che non abbiano bisogno di
istruzione dato che comunque moriranno presto, mi ricorda l’atteggiamento dei
nazisti verso i bambini ebrei.
Al regime di occupazione israeliano è chiaro che il
centro Al-Tafawk, o qualsiasi altra organizzazione della società
civile palestinese di questo genere, rappresenta una minaccia. Questo è il
motivo per cui il centro, e iniziative simili, cerca di offrire ai palestinesi
la possibilità di un minimo di normalità nelle loro vite.
Ma a una popolazione sfollata e traumatizzata,
condannata a una totale pulizia etnica, non può essere permesso di mettere
radici e vivere la normalità. Deve essere sempre tenuta in una condizione di
precarietà, ripetutamente spossessata e oppressa affinché cessi di reclamare la
propria terra.
Ecco perché Israele demolisce periodicamente case
palestinesi, con bulldozer o bombe, distruggendo infrastrutture, che siano gli
impianti di trattamento delle acque a Gaza o pannelli solari nella Cisgiordania
occupata, e tormenta e attacca i fedeli palestinesi mussulmani e cristiani a
Gerusalemme.
La distruzione del centro Al-Tafawk, come
quella di molti altri edifici civili, smentisce l’affermazione che gli
israeliani agiscano per legittima difesa. È una bugia che sempre meno persone in
Occidente sono disposte a credere, dato che l’intento genocida di Israele è
così chiaro.
Abbiamo cominciato a raccogliere fondi per riparare il
centro e riaprirlo ai bambini, ma ho deciso di scrivere a Tzipi Hotovely,
personalità di estrema destra e ambasciatrice di Israele nel Regno Unito, per
chiedere che Israele paghi i danni e risarcisca i bambini che sono stati
traumatizzati da ciò che è successo. Non ho ricevuto risposta.
Se voi lettori voleste contribuire lo potete
fare qui. Potete anche aiutarci diffondendo la
notizia e facendo pressione sui politici del vostro Paese affinché agiscano e
smettano di ignorare i crimini israeliani contro i palestinesi. È ora che
Israele sia considerato responsabile per la miriade di violazioni del diritto
internazionale, inclusi l’uccisione, l’imprigionamento e la persecuzione di
minori palestinesi e gli attacchi contro case e infrastrutture civili.
Tony Greenstein, inglese di Brighton, veterano
attivista anti-sionista e anti-fascista ebreo. Nel 1982 ha co-fondato in
Gran Bretagna la Palestine Solidarity Campaign [Campagna di Solidarietà
con la Palestina]. Nel 2016 è stato sospeso dal partito Laburista e nel 2018,
in seguito a una caccia alle streghe sull’antisemitismo [all’interno del
partito, ndtr.], è stato il primo ebreo a esserne espulso. È l’autore di The
Fight Against Fascism in Brighton and the South Coast. [Lotta contro
il fascismo a Brighton e nella Costa Meridionale]. Ha scritto molto sulla
Palestina e il sionismo per varie pubblicazioni, fra cui il Guardian nella
rubrica Comment is Free, Journal of Holy Land and Palestine Studies, Tribune e Weekly
Worker. È figlio di un rabbino ortodosso e da giovane è stato membro del
movimento religioso sionista Bnei Akiva, ora parte del movimento
per il Greater Israel (Grande Israele).
(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)
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