Prima è arrivata la “calotta di caldo” con temperature che hanno superato i 45 gradi in molte zone occidentali del Nordamerica (49,6 la massima registrata a Lytton, nella provincia canadese della British Columbia). Poi, quando i boschi erano completamente secchi, è stato il turno degli incendi (che hanno travolto Lytton). Dal nord della California al nord della British Columbia, ogni giorno sono stati stabiliti nuovi record.
Temperature
così estreme non hanno precedenti, ma i meteorologi hanno proposto una
spiegazione: la “cupola di caldo”, appunto, avrebbe intrappolato l’aria calda
nella stessa zona per un periodo prolungato, mentre la temperatura ha
continuato a salire.
Nessuno ha
approfondito la questione, perché porterebbe a una nuova e non ancora
dimostrata ipotesi. Tuttavia molti meteorologi ritengono che questo potrebbe
essere il primo assaggio di una nuova normalità in cui le ondate di caldo
letali saranno eventi regolari.
Le onde
Il nome proposto per questi lunghi periodi di caldo estremo è Onda-7, oppure
Onda-5, in base alle macroregioni del pianeta interessate. Onda-7 colpisce
contemporaneamente il Nordamerica occidentale, l’Europa occidentale o centrale
e l’Asia occidentale.
Onda-7 è
ancora un’ipotesi, non un fatto acclarato, ma ne abbiamo avuto un esempio a
giugno. Per quattro giorni, nel Canada occidentale e nel nordovest degli Stati
Uniti, le temperature hanno superato i 45 gradi. In Europa occidentale e centrale,
come da tradizione, le temperature non sono state così elevate, ma hanno
comunque raggiunto i 35-40 gradi nell’Europa centrale e nei Balcani (inoltre,
in Repubblica Ceca c’è stato un tornado, mentre nel Mediterraneo la temperatura
dell’acqua è aumentata di 3-5 gradi rispetto ai livelli soliti).
In Asia
occidentale il caldo ha toccato i 45 gradi in gran parte del Pakistan e
sfiorato i 40 gradi in Siberia, con picchi di 48 gradi a Jacobabad e
Verchojansk (nel circolo polare artico).
Temperature
record durante l’estate erano previste come conseguenza del surriscaldamento
globale, ma non prima di un decennio. Il fatto è che i modelli climatici sono
utili per analizzare enormi quantità di dati, come quelli sulla temperatura
media globale, ma non riescono ancora a prevedere cosa succede al livello
regionale. Per questo motivo il modello delle onde è stato una sorpresa.
Una volta
emerso, i climatologi si sono precipitati a studiarlo. I ricercatori avevano
già capito come funziona la corrente a getto, tutto quello che hanno dovuto
fare è stato valutare in che modo una grande quantità di calore può alterare
gli effetti del sistema.
È possibile
che il nuovo fenomeno sia determinato dalla corrente a getto, un “fiume” d’aria
ad alta velocità che soffia ad altitudine elevata da ovest a est sul pianeta.
Un tempo questa corrente era così forte e dritta che gli aerei diretti a est la
cavalcavano, accorciando di un’ora la rotta transatlantica o transpacifica. Ma
oggi accade sempre più raramente, perché la corrente ha rallentato e non si
muove più in linea retta.
Differenze con il passato
Il flusso d’aria ha ridotto la sua velocità perché trae energia dalla
differenza di temperatura tra la massa d’aria artica e quella più calda delle
zone temperate. La corrente a getto segna il confine tra le due. Ma l’Artide si
sta riscaldando a velocità doppia rispetto al resto del pianeta, dunque la
differenza di temperatura (e la quantità di energia) è inferiore rispetto al
passato.
Rallentando,
la corrente a getto finisce in flussi sempre più grandi, come quelli di un
fiume enorme in una pianura. Questi grandi flussi – chiamati onde di Rossby
oppure onde planetarie – tendono a restare “bloccati” per molto tempo. Alcuni
portano l’aria artica molto a sud e la trattengono lì, causando fenomeni come
il grande gelo in Texas di quest’inverno. Altri prelevano l’aria calda del sud
e la portano verso nord, dove resta per lunghi periodi, com’è successo il mese
scorso.
Questi due flussi si alternano lungo la corrente a getto settentrionale, intorno al pianeta. Il secondo diventa “caldo” quando il meccanismo si innesca, dunque le ondate di calore si verificano contemporaneamente in diversi continenti. Esattamente ciò che sembra stia accadendo in questo momento.
Queste
interpretazioni scientifiche sono innovative e ancora da verificare, ma è
innegabile che negli ultimi vent’anni lo stesso schema di sette picchi di
temperatura (massima e minima) bloccati e sparsi nei diversi continenti –
l’Onda-7 – si sia protratto per più di due settimane per sette volte. Prima del
2000 non era mai successo.
Se l’ipotesi
delle onde è corretta, questi periodi di caldo letale diventeranno sempre più
comuni nell’emisfero nord con il progressivo aumento delle temperature
dell’Artide e il rallentamento della corrente a getto, estendendosi dai 30 ai
60 gradi di latitudine nord.
Un tempo
credevamo che il riscaldamento del clima avrebbe colpito i paesi ricchi delle
zone temperate molto dopo rispetto ai tropici e alle aree subtropicali. Ma a
quanto pare ci sbagliavamo. Con un aumento della temperatura globale limitato a
1,1 gradi registriamo già ondate mortali di caldo. Il problema è che se anche
facessimo tutto ciò che è in nostro potere da questo momento in avanti,
l’aumento della temperatura raggiungerà comunque gli 1,5 gradi.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Nessun commento:
Posta un commento