Niente da fare.
Non paga di far parte di un settore strategico (l’agricoltura),
sicuramente fra i più sostenuti da fondi pubblici di ogni provenienza e natura
(dalla P.A.C.
comunitaria con i relativi fondi del P.S.R. ai semplici aiuti statali
e regionali, a solo titolo di esempio), non paga delle mille
(giuste) previsioni di indennizzi per ogni evento atmosferico (alluvioni, siccità, nevicate o
grandine) o bestie
bibliche contemplabile dalla mente umana, la Coldiretti –
puntuale come l’albero di Natale – ogni tanto se la prende con questa o
quest’altra specie animale che, a suo dire, provocherebbe devastazioni
paragonabili all’Armageddon delle campagne.
Facciamo un po’ memoria recente.
Nel maggio 2017 Coldiretti
Sardegna e Unione Cacciatori di Sardegna avrebbero
voluto sparare ai Fenicotteri rosa (Phoenicopterus
roseus) definiti “il piu’ grande disastro ambientale degli
ultimi tempi”. In più “il loro guano rende sterili terreni e
le acque e se si va avanti cosi’ distruggeranno il loro ambiente per poi andare
via”.
Nell’ottobre 2016 parlava
di 12 mila Cervi sardi solo nell’Iglesiente e
di 100 milioni di euro di danni ogni anno
causati all’agricoltura dalla fauna selvatica in Sardegna,
quando i dati
ufficiali della Regione autonoma della Sardegna (2015)
indicavano in 4.270 i Cervi sardi (Cervus
elaphus corsicanus) presenti in tutto in territorio regionale.
Recentemente (gennaio 2021)
la Coldiretti Sardegna ha denunciato ai quattro venti anche una terribile
invasione di Gazze ormai “fuori controllo”, quando la Gazza in Sardegna è
presente solo
all’Asinara (dove fu introdotta clandestinamente da qualche
detenuto dell’allora carcere).
Vabbè, in Sicilia, nel 2015, la Coldiretti aveva
denunciato financo l’incrocio mefistofelico fra
Conigli selvatici e Gatti, con ovvi assalti famelici alle colture.
Ora è la volta degli incidenti stradali causati dalla fauna
selvatica: “un incidente
ogni 48 ore con 16 vittime e 215 feriti”, senza
precisare quanto sia dovuto a imprudenza umana, mentre la caccia ha causato 14
morti e 48 feriti nella sola
stagione venatoria 2020-2021 senza un fiato della
Coldiretti, che afferma
addirittura: “ci sono diversi casi a Dorgali come a
Fluminimaggiore di pecore sventrate e ammazzate dai cinghiali”, con ciò
facendo pensare a mutazioni comportamentali rivoluzionarie da parte del noto
Ungulato, a memoria d’uomo privo di comportamenti simili.
Ovviamente la ricetta della
Coldiretti, che prontamente ha trovato ascolto in ampi strati della
classe politica isolana, è sempre la stessa: piombo.
Ma come stanno davvero le cose?
Nel maggio 2015 è
stato validato dall’Assessorato regionale della difesa dell’ambiente il report sui
danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica in Sardegna
(2008-2013), base per i piani di controllo della
fauna selvatica, che devono avere il preventivo parere favorevole dell’Istituto Superiore per la Protezione
e la Ricerca Ambientale (I.S.P.R.A.).Com’era prevedibile, i maggiori
danni alle produzioni agricole risultano esser stati arrecati dal Cinghiale (Sus scrofa
meridionalis), seppure a macchie di leopardo,
tuttavia l’ampliamento della caccia al Cinghiale (per
giunta contestata da
larga parte dello stesso mondo venatorio) e piani di abbattimento per
gran parte dell’anno non sembrano aver risolto nulla, anzi appaiono
controproducenti, perché l’abbattimento dei Cinghiali dominanti apre
alla riproduzione degli altri componenti del branco.
I danni causati dalla fauna selvatica (Cinghiale,
Cornacchia grigia, Daino, Cervo sardo. Coniglio selvatico, ecc.) all’agricoltura sono
stimati nell’ordine dei 900 mila euro
all’anno.
Sia i reali danni
all’agricoltura che i reali danni causati da incidenti con
fauna selvatica sono indennizzabili e dovrebbe esser fatto un
serio esame di coscienza per tutte quelle folli introduzioni di Cinghiali
effettuate anche recentemente (soprattutto nelle Isole minori: San Pietro, La Maddalena
e Caprera, Molara)
a scopo venatorio e quell’allevamento di maiali allo stato brado che – oltre a
far prosperare per decenni con gravissimi danni la peste suina
africana – ha causato l’aumento e la proliferazione
di ibridi, di cui tanto oggi ci si lamenta.
Questi allarmi
ricorrenti di fatto non hanno proprio senso, se non quello
di far scucire un altro po’ di soldi da mamma Regione, la
Coldiretti apra, invece, gli occhi una volta per tutte sul reale mezzo
disastro che si sta preparando per le campagne sarde: una valanga di
progetti di centrali solari fotovoltaiche e di centrali eoliche, realizzabili
anche con lo strumento dell’esproprio, oggi più agevole dopo il c.d. decreto-legge
semplificazioni n. 77/2021 in corso di conversione in legge.
In Sardegna, al 20 maggio 2021, risultavano presentate
ben 21 istanze di pronuncia di compatibilità ambientale di competenza nazionale
o regionale per altrettante centrali eoliche, per una potenza complessiva
superiore a 1.600 MW, corrispondente a un assurdo incremento del 150% del già
ingente comparto eolico isolano.
A queste si somma un’ottantina di richieste di autorizzazioni per
nuovi impianti fotovoltaici.
La Sardegna – soprattutto le sue campagne – stanno per
diventare terra di
servitù energetica, parola del Ministro
della Transizione Energetica (verso dove?) Roberto Cingolani e parola di Francesco
Starace, amministratore delegato dell’ENEL, ma le tante belle
addormentate nel campo non se ne sono accorte.
Gruppo d’Intervento Giuridico odv e Lega
per l’Abolizione della Caccia
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