Dalle Mamme NoTap, che in Salento hanno cercato di difendere la
loro magnifica Terra Madre da quel vero e proprio stupro che è il gasdotto
della Trans Adriatic Pipiline dall’Azerbaijan, eccoci di nuovo
al nord dello stivale, per la precisione in Veneto. Per raccontare
l’impressionante nocività che da anni vede impegnate le Mamme NoPfas insieme
al Comitato Genitori Attivi contro l’ex colosso chimico
MITENI, responsabile dell’inquinamento della seconda falda acquifera più grande
d’Europa: sversamenti di sostanze chimiche nell’arco di decenni, in una zona
rossa di ca 150 km2 che impatta su una popolazione di ca 350.000
abitanti in decine di comuni, il peggior disastro ambientale in Italia e tra i
più grandi del mondo.
Storia di straordinaria coesione nella peggior sventura che possa capitare:
quella di scoprirsi aggrediti da un nemico insapore, incolore, inodore, insomma
invisibile, di cui hai fatto uso da sempre con la normale acqua
del rubinetto. E quindi che fare, arrendersi alla fatalità? Ma proprio per
niente! Quando le mamme si incazzano, come recita il titolo
del film-inchiesta che Andrea Tomasi ha realizzato su questa storia nel 2019,
smuovono montagne.
Per cui eccole che studiano, si confrontano su quel che trovano on line,
cercano di capire. E poi le lettere: ai giornali, alle Amministrazioni locali,
ai Sottosegretari dei vari Ministeri di Sanità e Ambiente, lettere sempre molto
personali, da mamme a manager e politici (quasi sempre uomini) che sono anche
dei padri. E poi le delegazioni: persino a Bruxelles e Strasburgo, grazie
all’appoggio dei deputati del GUE al Parlamento Europeo. E più volte a Roma,
pronte a resistere in sit in anche per tre giorni filati –
come nel giugno del 2019 per ottenere udienza al Ministero dell’Ambiente. E
alla fine il Ministro di allora Sergio Costa le ascolta, e le cose
cominciano a muoversi.
E dopo anni di manifestazioni, incartamenti, approfondimenti, dopo
consulenze legali sempre più specialistiche e autorevoli, dopo le prime udienze
preliminari al Tribunale di Vicenza oltretutto complicate dalla pandemia,
queste formidabili Mamme NoPfas possono essere fiere di aver
inaugurato il loro percorso di giustizia, perché il 1° luglio è finalmente
cominciato il vero e proprio Processo. Ed essere riuscite a mobilitare ben 318
cittadini, insieme a Medicina Democratica, WWF, Lega Ambiente, Italia Nostra,
oltre alle USL di Vicenza, Padova e Verona, i vertici della Regione Veneto,
delle varie Province e Comuni, lo stesso Ministero dell’Ambiente, che si sono costituiti
parte civile nella prima Class Action degna di questo nome in
Italia, è un indubbio successo.
Sul banco degli imputati quindici manager che nell’arco degli anni si sono
avvicendati ai vertici della MITENI di Trissino, colosso della chimica nata verso
la metà degli anni ’60 come polo di ricerca per le industrie tessili dei Conti
Marzotto (quando si chiamava RiMar), poi acquisita da ENIChem nel 1988 in joint
venture con la giapponese MITsubishi (da cui appunto MITENI) che nel
1999 ne divenne al 100% proprietaria per poi cederla (2009) all’olandese ICIG
Group, colosso tedesco con base in Lussemburgo, tanto per avere un’idea
delle forze in campo.
“Me li ricordo come fossero adesso quei giorni di marzo 2017” rievoca
Michela Piccoli, tra le più attive portavoce delle Mamme NoPfas “quando
insieme ad altre mamme mi trovai in mano le analisi del sangue che i nostri
figli avevano appena fatto, sollecitati della Regione Veneto. Nessuna ci capiva
granché, io forse un po’ più delle altre perché faccio l’infermiera. Ma i
valori parlavano chiaro: il sangue che scorreva nelle vene dei nostri figli,
oltre che di tutti noi, era gravemente contaminato da questa sostanza dalla
sigla lì per lì incomprensibile, PFAS, che non ci mettemmo
molto a capire in tutta la sua nocività. Ci incontrammo in un bar qui a Lonigo,
dove vivo, e così nacque il Comitato”.
Poly Fluoro Alkyl Substances, Pfas identifica insieme ai Pfos (perfluoroottansolfonico),
ai Pfoa (Acido perfluorottanoico) e a una quantità di acronimi
non meno astrusi (per chi di chimica non sa granchè) una famiglia di ben 4.730
sostanze chimiche, che dagli anni ’40 in poi hanno trovato applicazione in
un’infinità di prodotti, dai tessuti impermeabili, al packaging per gli
alimentari, alla cosmetica, vernici, tappeti e rivestimenti antimacchia,
schiume ignifughe, spray di vario genere, le famose pentole antiaderenti (il
micidiale Teflon, brevetto targato DuPont), cere e brillantanti vari,
stoviglieria usa-e-getta, per esempio per il take away, l’elenco
sarebbe lunghissimo. Il mensile Salvagente ha dedicato a questo habitat di
nocività l’intero numero di giugno, insieme alla guida Inquinanti per
sempre e la conclusione che se ne trae è che ci siamo tutti
dentro. Probabile che la nostra acqua del sindaco non sia irrimediabilmente
inquinata come nella zona rossa del Veneto, ma gran parte di
ciò che usiamo e riteniamo di smaltire correttamente in discarica è
sicuramente trattato di quelle medesime sostanze.
Il loro impatto sull’ambiente è inimmaginabile, non solo per la particolare
resistenza di queste sostanze a qualsiasi smaltimento nell’ambiente, oltre che
per l’organismo umano, ma perché la ricerca circa gli effetti a livello
epidemiologico è quasi appena cominciata.
“All’inizio eravamo solo in quattro: oltre a me la Giovanna Dal Lago che ha
cinque figli e in tutti loro è stata trovata una percentuale di Pfas da
10 a 40 volte superiore ai valori considerati normali; e poi la Chiara
Panarotto, tre figli nella stessa situazione, e la Elena Canola anche lei di
Lonigo dove vivo io, che di figli ne ho due” rievoca Michela.
“La Regione aveva promosso questo monitoraggio tra centinaia di ragazzi in
età adolecente, i giornali scrivevano che già dal 2013, anno in cui l’ISPRA (Istituto
superiore per la protezione e la ricerca ambientale) aveva aderito al
progetto Perforce su iniziativa della EU, la falda acquifera
che alimentava i nostri acquedotti era pesantemente inquinata – ma nessuno ci
aveva avvisato! Annunciava uno screening epidemiologico ben
più ampio, su 185mila residenti di età compresa tra i 14 e i 65 anni. Per
tutti, i livelli di nanogrammi per millilitro di sangue erano altissimi, ben oltre
la soglia massima che sarebbe di 8 ngr, le analisi di alcuni lavoratori della
MITENI segnalavano addirittura 90.000 ngr! E non capivamo come potesse essere
successo. Per esempio, nella nostra famiglia avevamo sempre bevuto acqua in
bottiglia, per cui immagina le congetture: sarà l’acqua con cui riempiono la
piscina, sarà quando ci laviamo… sarà il cibo a essere inquinato, sarà la
polvere, sarà l’aria.
L’Arpav del Veneto insisteva sulla falda inquinata, per cui niente più
orto, guai attingere acqua dai pozzi, chi aveva qualche gallina le dava da bere
solo acqua minerale per non rischiare di assumere con le uova un concentrato di
veleno. E niente più chilometro zero, solo verdure e frutta provenienti da
fuori. I giornali locali riferivano circa le patologie riscontrate nei
dipendenti MITENI, e c’era di tutto: diabete, disturbi alla tiroide, aumento
del colesterolo, mammelle anomale, tumori ai testicoli, ma come dovessimo
difenderci… nebbia fitta. Capimmo che se volevamo trovare una risposta alla
rabbia che ci montava dentro, dovevamo fare da sole e impegnarci full
time nei più diversi ruoli.“
Giovanni Cecchi, laureato al Dipartimento di Antropologia dell’Università
di Bologna, ha analizzato con notevole sensibilità le dinamiche che fin
dall’inizio hanno nutrito di valori propositivi questo movimento, con una Tesi
dal titolo La salute al contrario. Non solo rabbia, insomma, per
queste Mamme NoPfas alle prese con il disastro ambientale nel contesto
veneto (questo il sottotitolo), ma serissimo lavoro di squadra
declinato in tutti i possibili modi, e con grande spirito di sorellanza,
unite da un’ingiustizia troppo grande per essere ignorata, armate di quel
fondamentalismo che non ammette deroghe perché fa capo alla vita, alla
legittima rivendicazione di tutele, a un’aspettativa di futuro che dovrebbe
darsi per scontata e invece dev’essere continuamente difesa, come se non
bastasse la Costituzione. Da quattro che erano si trovarono presto in decine e
poi centinaia, determinate a sensibilizzare il maggior numero di persone circa
la nocività di quel nemico invisibile che per anni avevano tutti assorbito con
l’acqua.
Molto efficaci furono le magliette che dall’estate di quello stesso anno,
le rese testimonial ovunque andassero: magliette bianche con
sopra stampati a caratteri cubitali i nomi dei figli, accanto ai valori di
veleno per millilitro di sangue. “Le indossavamo ovunque, a far la spesa, in
piazza a bere il caffè, girando in bicicletta. A luglio andammo a parlare con i
carabinieri del NOE (Nucleo Operativo Ecologico) il cui
rapporto parlava chiaro: di quello scempio la MITENI sapeva già dal 2008, alla
vigilia della cessione alla tedesca ICIG – ovvero cinque anni prima che lo
studio del CNR lanciasse l’allarme!”.
Ottobre 2017: non meno di 10.000 persone sfilano per la prima manifestazione delle Mamme
NoPfas nel cuore di Lonigo, ed è una fiumana, con le mamme, i papà,
gli scout, l’arcobaleno del miglior attivismo ambientale, gli striscioni che
riportano ancor più grandi i valori di Pfas riscontrati nel sangue di molti
ragazzini. Sulle note di Acqua azzurra, acqua chiara di Lucio
Battisti il corteo si conclude nel centro di potabilizzazione Acque
Veronesi, con il Vescovo di Vicenza, Beniamino Pizziol, che affiancato da
un gruppo di indiani Sikh e altri stranieri (in omaggio alla multiculturalità
del territorio) recita alcuni versi del cantico della creature di San
Francesco: “la richiesta di acqua pulita è richiesta di vita”.
“Momento bellissimo, tra i più belli nel nostro album dei ricordi”
sottolinea Michela. “Che ci fece capire quanto fosse importante portare la
questione ai più alti livelli, senz’altro all’attenzione di Luca Zaia ai
vertici della Regione e poi al Ministero dell’Ambiente, impresa non da poco.”
Il 2018 si inaugura con un lettera di papa Francesco, nientemeno: “Vi
benedico, andate avanti”. Tramite il segretario Pietro Parolin le incoraggia a
“proseguire con pazienza e perseveranza nel cercare le vie buone per la
soluzione del problema” e si raccomanda al Vescovo di tenerlo informato.
Nel febbraio del 2018 si sbloccano 80 milioni di euro per la costruzione di
un nuovo acquedotto e il TG locale riporta la
notizia come “l’indubbia vittoria strappata a Roma dalla Regione Veneto insieme
a tre mamme, Michela, Ivana e Nike, che al tavolo tecnico politico del
Ministero hanno ottenuto la dichiarazione dello stato di emergenza, preliminare
alla nomina di una figura chiave come quella del commissario.”
Risultato attribuibile anche alla passione ambientalista dei legali che da
tempo sono al lavoro su questa vicenda, in particolare Edoardo Bortolotto, che
oltre ad essere il difensore (come avvocato del lavoro affiliato a Medicina
Democratica) di 41 ex lavoratori della MITENI, rappresenta le tante
associazioni fin dall’inizio coinvolte. Studiando la casistica di nocività
ambientale legata al Pfas in giro per il mondo, Bortolotto è
venuto a contatto con una vicenda del tutto simile a quella di Trissino però in
USA, West Virginia. Protagonista l’avvocato Robert Bilott, che nel 2001 aveva
denunciato la possente DuPont per sversamenti chimici nel fiume Ohio –
esattamente come la MITENI aveva fatto sul Poscolo, il corso d’acqua più vicino
allo stabilimento. Causa lunga e difficile che nel 2016 decollò grazie a un
articolone sul New York Times
Magazine che diventò poi libro-inchiesta e nel 2019 persino
film, uscito in Italia col titolo Cattive Acque alla
vigilia della pandemia per cui visto pochissimo – ma gran successo in USA.
Su invito del collega Bortolotto l’avvocato Bilott vola in Veneto per un
sopralluogo – e come vede quel fiumiciattolo non si risparmia: “La DuPont ha
fatto quel che ha fatto per anni in un fiume come l’Ohio, con uno scorrimento
ben più vivace… non oso immaginare la quantità di veleni che si sono
sedimentati nelle falde acquifere da questo stagnante canale!” ed ecco spiegata
l’enormità e gravità del disastro, e dell’impatto su una popolazione quattro
volte più numerosa di quella che la DuPont dovette indennizzare dopo una Class
Action di 3.500 querelanti.
“Quando ha visto le analisi del sangue dei nostri figli è rimasto allibito: non
aveva mai visto valori così alti” sottolinea Michela. “E non meno allibito
dinnanzi all’immobilismo delle nostre autorità, come se la nocività dei Pfas non
fosse ampiamente documentata a livello mondiale, come se potessero esserci dei
dubbi sulle responsabilità della MITENI!”
I mesi seguenti sono un crescendo di attivismo, a cominciare dalla
delegazione di giugno al Parlamento Europeo, ospiti del GUE e poi ancora in
settembre a Bruxelles.
Nel mezzo c’è il ricordo di un eroico presidio, 5 giorni e 5 notti filate
(fine agosto 2018) davanti alla Procura di Vicenza: “Hanno avvelenato i nostri
figli, ora vogliamo giustizia” dicono i loro striscioni. E finalmente arriva
una presa di posizione del Ministero
dell’Ambiente che definisce la Pfas questione
prioritaria. “Sono venuto a incontrarvi, per la seconda volta in pochi mesi,
non solo per testimoniare la vicinanza e la sensibilità del governo al vostro
dramma ma per portarvi azioni concrete”: così comincia il messaggio dello
stesso Ministro di allora Sergio Costa che inaugura il tavolo istituzionale per
il rinnovo delle condotte, riprogettare l’intero sistema acquifero, interventi
che richiederanno ingenti finanziamenti da Roma.
19 giugno 2019, ennesima trasferta a Roma con un programma intensissimo:
ore 10 presentazione del film-inchiesta di Andrea Tomasi Quando le
mamme si incazzano, presso la sede de Il Salvagente; ore
11 Udienza da Papa Francesco, con la mamma Annamaria Panarotto che gli consegna
una lettera a nome di tutte (emozione grande!); ore 16 ennesimo incontro con
Sergio Costa al Ministero dell’Ambiente. “Una trasferta quella memorabile, in
150 in autobus dal Veneto fino al Vaticano per la soddisfazione di sentirsi
dire almeno dal Papa della Laudato Si’: ‘coraggio, siete nel
giusto, non mollate…’”.
Ma in ottobre eccole di nuovo a Venezia, per denunciare i ritardi nelle
operazioni di bonifica, ed è una vera e propria ‘invasione’ con la
partecipazione da tutt’Italia della neo-nata rete di Mamme da Nord a
Sud: ben 34 comitati che sull’esempio della Mamme NoPfas si
sono attivati nei mesi precedenti. L’assessore all’Ambiente Gianpaolo Bottacin
non gradisce: “Basta con questo clima d’odio, la bonifica dell’area MITENI non
è di nostra competenza, attendiamo che il governo nomini il Commissario
straordinario”, il solito rimpallo di responsabilità. Ma a suffragare l’ipotesi
di reato per disastro ambientale, c’è la relazione della Commissione
parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite nel ciclo dei rifiuti del
febbraio 2018. “La MITENI non ha informato gli enti che era a conoscenza che la
sorgente dell’inquinamento non era stata rimossa fin dal 1990, continuando a
contaminare il terreno e la falda” si legge a pagina 50. E poco dopo si rileva
che già nel 2008 Mitsubishi aveva stimato tra i 5,5 e i 6,5 milioni di euro per
lo smantellamento e la bonifica del sito, oltre ai 18 milioni per la bonifica –
per poi andarsene, perché nel febbraio 2009 la multinazionale ICIG acquisiva
l’impianto per la cifra simbolica di un euro.
I dati sulle condizioni di salute della popolazione presentati dalle Mamme alla
Commissione ecomafie nello stesso periodo sono comunque allarmanti e tra i più
autorevoli alleati delle Mamme NoPfas c’è Vincenzo Cordiani,
onco-ematologo presso l’Ospedale di Valdagno la cui testimonianza (e copiosa
documentazione) alla prima udienza preliminare del 25 novembre 2019 viene
ripresa dal TG1 e
dice una cosa sola: la situazione è grave, basta temporeggiare.
Di lì a poco arriveranno dalla Cina le avvisaglie di quella epidamia da
Coronavirus che nell’arco di qualche settimana scoppierà in primis proprio nel
nord Italia, per dilagare nella pandemia che ci vede tuttora in affanno. E
nonostante l’apparenza del ‘tutto sotto controllo’ orchestrata da Zaia ai
vertici della Regione Veneto, quell’accumulo di nocività derivante dai Pfas ha
inciso parecchio sugli indici di mortalità, come documenta uno studio
dell’epidemiologo Annibale Biggeri: il 60% in più che nel resto del Veneto
durante la prima ondata e il 40% in più durante la seconda.
Giusto in tempo per la seconda Covid-ondata le Mamme riescono
a strappare un ultimo incontro a Roma con il Ministro Costa – che però scompare
di lì a poco dal loro orizzonte con la fine del Governo Conte, l’incoronazione
del Governo Draghi e il Ministero della Transizione Ecologica al posto di
quello dell’Ambiente. Per cui puntuale
letterina in data 3 marzo 2021 al neo insediato Ministro
Cingolani: «Gentile ministro Roberto Cingolani, siamo le Mamme No Pfas del
Veneto e scriviamo per darle il benvenuto, desiderose di vedere messe in
pratica le tanto attese promesse fatte dal suo predecessore», guai darsi per
vinte!
In aprile l’ultima udienza preliminare, prima del ‘vero’ processo iniziato
il 1° luglio. Che andrà come andrà, perché siamo in Italia e non in West
Virginia – e per giunta nell’Italia del PNRR scritto dalla McKinsey come piace
a Draghi, ovvero più orientato alle superiori ragioni del PIL (con tutte le
deroghe del caso), che al benessere dei cittadini, nonostante il tributo di
vite umane pagate con la pandemia. Il primo a non farsi illusioni è Matteo
Ceruti, avvocato di parte civile che il 1° luglio ha potuto solo esporre i capi
d’accusa, perché nessuno dei 15 accusati era presente. “E però una Class
action di oltre 318 querelanti non è poco, considerando anche
l’impegno per le famiglie, perché ogni iscrizione non costa meno di € 300”, mi
fa notare Michela Piccoli. “Non sai quante ce ne inventiamo per raccogliere
fondi, l’ultima iniziativa è stata vendere delle piantine che ci erano state
regalate da un vivaio.”
Prossimo appuntamento con la giustizia: 16 settembre. Ma sulla questione
che alle Mamme sta più a cuore, ovvero sulla richiesta di
fissare precisi limiti agli scarichi, vincolanti a livello nazionale, è stallo
totale.
E purtroppo l’emergenza Pfas non è finita con la chiusura
di MITENI, è solo migrata in quel di Alessandria, Spinetta
Marengo, dove il gruppo belga Solvay ha addirittura incrementato la produzione
di queste sostanze ultra-nocive. Da notare: in USA la Solvay ha avuto il veto di
produzione di Pfas, che nell’Italia della Transizione
Ecologica sono permessi!
Diversamente dal Veneto però, la sensibilizzazione al problema in Piemonte
stenta a decollare: un assorbimento occupazionale di 600 addetti non è cosa da
poco. E insomma siamo al solito ricatto: il lavoro contro la salute,
contraddizione irrisolvibile se non ricorrendo a un radicale cambio di passo. È
quel che provano a dire i tanti Comitati Attivi (non solo
di Mamme) che stanno crescendo da Nord a Sud della
penisola – e di loro ci occuperemo nelle prossime puntate.
Chiudo queste note con la notizia dell’audizione della
Procura di Vicenza davanti alla Commissione Ecomafie in data 8 luglio, circa le
‘responsabilità per condotte commissive o omissive in fatto di prevenzioni
infortunio sul lavoro nei confronti dei lavoratori di MITENI’.
E con l’annuncio di una docu-inchiesta di Luisa Di Simone che andrà in onda
su Rai3 il 16 luglio alle 23 dal titolo appunto Il Veleno nell’Acqua.
E infine con l’invito a partecipare al progetto-ricerca del fotografo Marco
Carmignani di cui alleghiamo locandina e che non vediamo l’ora di veder
pubblicato, o perché no emulato, perché è di queste ‘storie di cambiamento’ che
abbiamo un gran bisogno.
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