È ormai un’armata Brancaleone quella che dovrebbe traghettarci nella
transizione ecologica. Il Governo Draghi? Forse è il peggiore di tutti quelli che l’hanno
preceduto, se non altro perché di fronte alle aspettative che ne hanno promosso
e accompagnato il varo, il tonfo è ancora più evidente. Come se a due
anni dallo scoppio della pandemia che Draghi era stato chiamato a combattere –
e ad attenuarne le conseguenze – non si fosse ancora capito che essa è
destinata a durare a lungo, forse per sempre, anche se con alti e bassi
dovuti al continuo ripresentarsi di nuove varianti (anche per il nulla di fatto
per arginarla a livello mondiale) o alla sempre più probabile comparsa di altri
virus.
La pandemia avrebbe potuto e dovuto insegnare che per convivere con essa
non servono né misure estemporanee, né l’attesa messianica di sconfiggerla con
dei vaccini, peraltro improvvisati – e per questo rischiosi – e
dimostratisi tutt’altro che efficaci, a meno della loro non prevista e non
programmata ripetizione a scadenze sempre più strette. Il fatto è
che per conviverci bisognava e bisogna imparare e abituarsi il più in fretta
possibile a uno stile di vita diverso, a produrre beni e servizi differenti, a
ri-orientare tutte le nostre istituzioni. Innanzitutto, a mettere al centro le
future generazioni. Se sono loro (la NextGenerationEU, che finora ha fatto da
alibi a uno sperpero irresponsabile dei fondi del PNRR) i destinatari di quei
denari, l’obiettivo doveva essere non farle vivere in stand by a
tempo indeterminato. Al primo posto si doveva mettere la scuola e
l’istruzione: requisire spazi pubblici e privati per avere più aule a
disposizione (in attesa di costruirne di nuove); distribuire borse di studio e
strumenti didattici, anche informatici; assumere insegnanti (che ci sono) e
garantir loro un trattamento dignitoso; utilizzare i bus turistici – in gran
parte inutilizzati – per portare a scuola in sicurezza gli studenti (e non
solo), precostituendo gestione e struttura di un servizio pubblico di trasporto
locale che funzioni anche quando sarà diventato difficile o impossibile
continuare ad usare l’auto (sia convenzionale che elettrica) come si fa oggi. E
poi, moltiplicazione dei presidi sanitari territoriali, interventi
tempestivi sui contagiati prima che un ritardo li trascini in ospedale;
assunzione dei (pochi) medici e infermieri ancora disponibili, allargando
immediatamente le maglie della loro formazione. E poi, ancora, investimenti
massicci e rapidi solo su fonti rinnovabili e sulla necessaria
infrastruttura, ma anche contenimento dei consumi energetici superflui: era
ovvio che il mercato dei fossili si sarebbe rivelato sempre più turbolento
(come peraltro quello delle materie prime, o dei microchip e chissà di che
altro…).
Ma si doveva anche prevedere che ci sarebbero stati meno viaggi aerei, meno
turismo internazionale, meno fiere, mostre ed eventi in presenza, con la
necessità urgente di offrire, a chi era impegnato nelle tante attività
connesse, delle alternative di impiego, di riqualificazione, di conversione
produttiva. E questo, in molti altri settori, per prevenire le crisi
aziendali con progetti di riconversione, senza “inventarli” all’ultimo minuto.
Per non parlare delle armi…
Il covid ha offerto l’occasione di una prova generale di un’effettiva
conversione verso un assetto sociale e produttivo che un futuro non lontano
renderà ineludibile; perché molte delle attività che si cerca in tutti i modi di tener in
piedi per sostenere il PIL (stella polare di tutti i provvedimenti di questo
governo, ma anche di quelli di gran parte del resto del mondo) non sono in
grado di reggere l’impatto della crisi climatica a cui andiamo incontro.
Questa opportunità non è stata né percepita né colta come tale dalle forze
politiche in campo – ecologisti e verdi compresi – e meno che mai da Draghi che, proprio
perché osannato (finora) sia in patria che a livello internazionale,
rappresenta visivamente tutti i limiti e i difetti dell’establishment globale.
È cinquant’anni che si parla di una crisi climatica sempre più vicina e
sempre più grave quanto più si persevera nell’ignorarla: a parole o di fatto.
Ma il ceto politico e imprenditoriale che governa il mondo non si è mai
veramente interrogato sugli scenari futuri che quella crisi avrebbe portato con
sé, confidando, al più, nella geoingegneria per combatterla, come oggi
confida nei vaccini per “disfarsi” dell’”inconveniente” covid, senza mai
vedervi una prima, anche se parziale, manifestazione del disastro incombente.
Continua ad agire – o a far finta di agire – come se tutto potesse continuare
(anzi, riprendere) come prima. Mentre il covid continua a infierire
senza che nemmeno i medici-scienziati, quelli che lo commentano giorno per
giorno in Tv e sui giornali, sentano il bisogno di andare al di là delle
speranze, sempre più flebili e problematiche, riposte in un vaccino a cui viene
affidato il compito di farci riprendere il trantran di sempre.
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