Nel Consiglio europeo del 21 e 22 ottobre, i capi di Stato e dei governi
europei avevano fatto pressione sulla Commissione per decidere, a fine
novembre, della sorte che si sarebbe riservata al nucleare e al gas nella
tassonomia, cioè nella classificazione delle attività economiche in funzione
delle loro emissioni di CO2 e
delle loro conseguenze sull’ambiente. Ursula von der Leyen, la presidente
dell’esecutivo comunitario, aveva promesso che sarebbe stata cosa fatta prima
del successivo incontro del 16 dicembre. Invece non è stato così; Angela
Merkel, che aveva gestito il dossier dopo che i Ventisette l’hanno criticata
non ha smesso di rimandare il suo arbitraggio, e ormai si deve aspettare
gennaio. Se tutto va come previsto, la Commissione presenterà il suo progetto
il 18 gennaio.
Ricordiamo che i paesi europei hanno deciso il raggiungimento dalla
neutralità carbone nel 2050, mentre la dipendenza dal gas russo inquieta e i
prezzi dell’energia esplodono; si tratta di una posta in gioco cruciale.
«Noi siamo assai vicini alla finalizzazione del nostro lavoro sulla
tassonomia, che includerà sia il gas che il nucleare», ha detto il commissario
al mercato interno, Thierry Breton, in una intervista al quotidiano
tedesco Die Welt, il 17 dicembre. A grandi linee, «l’arbitraggio politico è concluso», abbonda un
diplomatico. Sembra, in effetti, acquisito che l’atomo sarà considerato come una energia verde e il gas come
energia di transizione. Ma a certe condizioni, che, restano ancora a
precisare e che si apparentano a un vero e proprio rompicapo cinese per Ursula
von der Leyen.
Un affare strategico per la Francia
Come scrive Le Monde il 9
novembre 2021, il presidente Macron ha precisato la finalità della sua
transizione energetica annunciando la decisa volontà di rilanciare il
programma nucleare francese, facendone anche uno dei punti chiave
per la sua rielezione a presidente della Francia. Questo paese vanta di essere il paese europeo più
de-carbonizzato d’Europa poiché ha 56 centrali nucleari e 70 per cento
d’elettricità è d’origine nucleare. Secondo la sua concezione di energia verde,
che è la stessa che prevale in tutti i governi europei, il nucleare sarebbe per
eccellenza energia verde (SIC!). E questo nonostante il parco dei reattori francesi sia assai vecchio e ad alto
rischio, rischio che ovviamente riguarda anche tutta l’Europa. Si tratta
infatti di centrali costruite fra il ‘70 e il ‘90, il secondo parco nucleare
del mondo dopo quello degli Stati-Uniti, ma con un’età media di trentasei anni.
I rischi di incidenti, cioè di esplosioni e fuoruscite di radioattività sono
sempre più alti nonostante le autorità francesi li minimizzano e cercano sempre
di occultarli come uno dei più importanti segreti di stato. Ricordiamo anche
che l’annoso e irrisolvibile problema dello smaltimento delle scorie radioattive prodotte dalle centrali
diventa gravissimo per la Francai e per tutta l’Europa (e persino per l’Italia
dove non ci facciamo mancare anche lo scandalo Sogin). E
poiché quasi tutte le centrali francesi dovranno essere chiuse prima della metà
di questo secolo, Macron ne propone appunto un rinnovo e rilancio che vorrebbe
essere anche modello trainante per tutta l’Europa. Ricordiamo fra l’altro che la Francia non ha mai cessato di accumulare
uranio facendo ricorso anche al traffico di quello estratto persino da ragazzini al
soldo di criminali in Congo e altrove, non
lesinando i suoi interventi militari neocoloniali nell’Africa subsahariana come
in Libia a caccia delle cosiddette “terre rare” – fra cui l’uranio – in
concorrenza con l’Italia e altri paesi. L’opera di madame Anne Lauvergeon,
chiamata madame Areva (la società del nucleare creata da
Mitterrand nel 2001) è stata ed è ancora scandalosamente
impressionante (questa Madame già nel 2009 si vantava che la
France era diventata il primo produttore mondiale di
uranio e di averne accumulato abbastanza da poter costruire
almeno 250 nuove centrali nucleari per
… tutta l’Europa).
Ecco quindi perché la Francia è il paese che ha fatto più pressioni sulla
Commissione europea per sancire il principio che “il nucleare è energia verde”.
Ed ecco anche la solerzia di Macron nel firmare il nuovo trattato con l’Italia,
cioè con Draghi e Cingolani che
sono ferventi sostenitori di tale “energia verde” come tutti parlamentari (Pd
in testa, tranne forse qualche decina) e quindi potenziali partner del nucleare
francese classificato come verde per tutta l’Europa.
La Germania rosa-verde-arancione ci salverà dal
nucleare «verde»?
Per evitare il conflitto con la Francia ma anche dentro la sua coalizione
di governo con i verdi, Olaf Scholz, che ha da poco preso il posto della
Merkel, ha detto che “la tassonomia è un argomento piccolissimo” (alla
conferenza stampa congiunta con Emmanuel Macron, dopo il Consiglio europeo del
16 dicembre). Ma la Germania ha
scelto di uscire dal nucleare e Olaf Scholz rischia perché i Verdi sono contro
il nucleare e anche contro il gas. La Spd – il partito di Olaf Scholz – dice
che si può vivere di gas, ma che è molto contraria all’atomo … Durante la
riunione del consiglio del 16 dicembre Olaf Scholz è stato molto fermo sul suo
rifiuto di includere l’energia nucleare nella tassonomia. Per soddisfare la sua
maggioranza Olaf Scholz vuole che la parola transizione sia in qualche modo
collegata al nucleare nel senso di definire il nucleare energia di transizione
riferendosi agli impianti di terza generazione che sono una tecnologia di transizione.
Così suggeriscono alcuni euroburocrati. Ma resta da stabilire sino a quando gli
investimenti in questo tipo di impianto saranno ammissibili: per alcuni il
2040, per i francesi il 2050 che è la scadenza entro la quale l’Unione Europea
s’è impegnata per la neutralità carbonio. La Commissione sta anche cercando di
regolamentare la questione del trattamento delle scorie nucleari. I francesi
dicono di riciclare già parte delle scorie nucleari presso l’impianto di La
Hague. Ma resta alto il dubbio sulla possibilità di uno smaltimento effettivo
ed efficace. Intanto il gas è definito «energia di transizione» e «rimpiazzo
del carbone nel rispetto di certe norme tecniche». Si tratta quindi di
definire, per le centrali, una soglia massima d’emissioni di CO2 e
un numero massimo di ore d’attività e anche a cominciare da quando il gas non
sarà più usato.
Un compromesso difficile
Oltre al dibattito in seno al governo tedesco e fra questo e gli altri, la
classificazione del gas come energia di transizione suscita l’ostilità di
diversi Stati membri dell’UE, in particolare fra i paesi dell’Europa dell’Est,
Polonia e Ungheria in testa, perché pensano di sostituire le centrali a carbone
con quelle a gas e vorrebbero un’Europa meno dipendente dal gas russo.
Ecco perché il compromesso appare molto difficile e la celebre promessa
del Green Deal da parte di Ursula von der Leyen, quando si
insediò come presidente della Commissione, sembra quasi del tutto
scomparsa. Sicuramente la Germania
voterà contro il testo che la Commissione presenterà il 18 gennaio e lo stesso
faranno l’Austria e il Lussemburgo. Ma «l’idea è che Berlino avrà quantomeno
implicitamente validato la copia di Bruxelles. In altre parole Berlino
continuerà a sostenere Ursula von der Leyen e la coalizione non sarà in
pericolo».
Fonti: Le Monde (innanzitutto questo),
France Afrique e riferimenti al libro Resistenze ai disastri sanitari ambientali ed economici nel Mediterraneo.
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