C’è da non crederci. Non sono bastati cinque feriti e la tragedia
sfiorata di un pelo per fermare il via vai delle grandi navi in laguna di
Venezia. Lunedì scorso, se la MSC Opera avesse perso i comandi cinque metri
più avanti avrebbe schiacciato sulla banchina la motonave River Countess con
170 passeggeri a bordo. Cinquanta metri prima, invece, sarebbero stati travolti
i pontili di approdo dei mezzi di trasporto pubblici lagunari di San Basilio,
sulla riva delle Zattere. Non basta l’indignazione del mondo civile e la
protesta degli abitanti non ancora corrotti dal turismo per fermare il business
della crocieristica industriale.
La vicenda delle “grandi navi” è davvero paradigmatica dell’intero sistema
cognitivo e di potere che egemonizza il mondo. Difficile trovare un
caso così vistoso di contrapposizione tra logica economica e preservazione
delle condizioni vitali di un territorio. Di contraddizione tra
l’invenzione di marchingegni per fare soldi sempre più grandi e pericolosi e le
capacità di carico degli ecosistemi, naturali e urbani, su cui insistono. Nemmeno
Venezia si salva. Uno scrigno zeppo di opere d’arte, di beni naturali e
paesaggistici che non ha pari al mondo.
La smodata avidità del modello economico predatorio non si ferma di fronte
a nulla. Anzi, pretende, impone, corrompe, asservisce. Oggi, le “autorità
preposte” al traffico marittimo (Ministeri, Capitaneria, autorità portuale),
invece di chiedere scusa della loro immane sottovalutazione dei rischi
intrinseci e di annullare immediatamente ogni accesso a navigli che sono
semplicemente troppo grandi per entrare in laguna, stanno decidendo
come scavare nuovi canali, allestire nuove banchine, moltiplicare i traffici.
Come se noi avessimo comprato un’auto più grande della porta del garage e
pretendessimo che il condominio demolisse l’ingresso.
Ma di costoro (i nostri governanti) si sa già tutto. Ciò che fa davvero fa
inorridire sono gli opinionisti dei “giornaloni”, i cultori
dell’innovazione tecnologica, i vati dell’industria “sostenibile”. Le grandi
navi e il turismo di massa sono un modello di futuro accettabile per le città
d’arte?
da qui
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