A nove mesi dall’inizio della pandemia, non esiste ancora una misura di politica internazionale in grado di garantire a tutti l’accesso al vaccino o agli altri rimedi che saranno scoperti contro Covid-19.
Da mesi si
fa grande esercizio di retorica internazionale sull’accesso universale al
vaccino. Anche in Italia il governo Conte, nelle parole del ministro Speranza,
invoca il vaccino come “bene pubblico” e promette “accesso equo”.
Ma oltre le
parole, il nostro governo ha idea delle condizioni che servono, per dare
concretezza al vaccino “bene comune”? E che cosa intende fare per non sprecare
questa crisi, che si è abbattuta sull’Italia e il suo sistema sanitario con
particolare virulenza?
Una
ragionevole pista di lavoro viene dai governi di India e Sudafrica. Il 2
ottobre 2020, i due Paesi hanno inviato all’ Organizzazione mondiale del
commercio (Omc o Wto) una proposta congiunta con cui chiedono una
deroga ai brevetti e agli altri diritti di proprietà intellettuale in relazione
a farmaci, vaccini, diagnostici, dispositivi di protezione personale, e le
altre tecnologie medicali per tutta la durata della pandemia, fintantoché non
sia stata raggiunta l’immunità.
Si tratta
insomma di concedere una sospensione temporanea di tutti gli obblighi
contenuti nella Sezione I, Parte II dell’Accodo TRIPS – quella
concernente copyrights, disegni industriali, brevetti, protezione
di informazione non condivisa.
In virtù di
questa deroga, i centri di ricerca avrebbero possibilità di condividere la
conoscenza scientifica e accelerare collaborazioni per lo sviluppo di nuovi
prodotti per combattere il virus, ciò che permetterebbe una più agile risposta
alla domanda di attrezzature, diagnostici e medicinali, e a costi inferiori,
non solo nei Paesi a basso reddito.
La deroga è
prevista in base dell’Art. IX comma 3 e 4 dell’Accordo di Marrakesh che ha
costituito l’Organizzazione mondiale del commercio.
La
condizione è che esista una giustificazione fondata su circostanze eccezionali,
e che siano esplicitati i termini anche temporali di suddetta
sospensione. Il mondo sprofonda in una realtà di accesso diseguale alle
tecnologie che servono con urgenza per contenere la pandemia.
L’emergenza
sanitaria richiede accesso rapido a tutti i prodotti medicali, ma i focolai
pandemici hanno generato un aumento repentino della domanda globale, un
fenomeno che ha lasciato molte nazioni in una situazione di acuta carenza di
scorte.
Ma la
insufficiente disponibilità di prodotti, o il loro costo eccessivo, è una
minaccia per tutti perché prolunga la pandemia. Sotto pressione dopo quasi un anno
di disperato (e talora disperante) contrasto agli effetti del nuovo
coronavirus, molti governi si indirizzano verso scelte di nazionalismo
sanitario.
I Paesi
ricchi ad esempio rappresentano il 13% della popolazione mondiale, ma si sono
già accaparrati più di due miliardi di dosi dei potenziali vaccini contro Covid-19, in una
corsa scomposta che la rivista Nature ha giustamente definito
“un’arrampicata diseguale ai vaccini”.
L’evidenza
empirica ha dimostrato oltre ogni dubbio che il regime di monopolio brevettuale
che gli accordi TRIPS dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc) hanno
conferito alle industrie, come incentivo all’innovazione, rappresenta una delle
principali barriere di accesso ai farmaci essenziali nel mondo.
Gli effetti
negativi dei diritti di proprietà intellettuale, che permettono alle aziende
farmaceutiche nello specifico di fissare in esclusiva le condizioni di mercato
dei loro prodotti, sono stati ampiamente documentati con le patologie infettive
che hanno prevalentemente colpito i Paesi poveri (HIV/AIDS, malaria, polmonite).
Ma gli
squilibri prodotti dai brevetti farmaceutici, con la privatizzazione della
conoscenza scientifica e l’esorbitante costo dei farmaci che ne derivano, non
sono più solo un problema per i Paesi poveri, ma anche per quelli
industrializzati. La difficoltà di accesso alla terapia della Gilead Sciences
(la stessa azienda del farmaco Remdesivir) contro l’Epatite C per via del
prezzo inaudito del farmaco rimane un caso di studio su scala globale, con
effetti acuminati anche in Italia.
Il Consiglio
dei TRIPS ha discusso l’iniziativa di India e Sudafrica a metà ottobre, senza
venirne a capo. Il 20 novembre tornerà a esaminare la questione. Nel frattempo,
la proposta ha ottenuto il sostegno di molti Stati membri dell’Omc, di
organizzazioni internazionali (Oms, Unaids, Unitaid), di economisti come Joseph
Stiglitz, di oltre 400 organizzazioni della società civile impegnate nel mondo
per l’accesso ai farmaci essenziali.
La Santa
Sede si è espressa con una posizione forte a sostegno della soluzione indicata
da India e Sudafrica. Un lungo testo di appoggio alla deroga sui brevetti
è stata sottoscritta da diversi Rapporteurs dell’ONU, nei
giorni scorsi.
Si oppone
invece il blocco dei Paesi industrializzati, gli stessi Paesi che hanno
finanziato il colossale sforzo della ricerca con imponenti contributi pubblici
(11 miliardi di dollari gli USA, 16 miliardi di euro la Commissione europea),
senza negoziare con l’industria del farmaco la benché minima condizione sui
prezzi, sulla trasparenza degli studi clinici, sul trasferimento di
tecnologie.
Una
disarmante politica di laisser faire che contrasta con le
rigide barriere commerciali della proprietà intellettuale, vincoli che mettono
a durissima prova le proclamate aspirazioni a un vaccino universale e
l’orizzonte dell’accesso equo ai prodotti di cui tutti i Paesi
hanno bisogno, in tempo di Covid19.
L’Italia
molto ha sofferto la carenza di strumenti sanitari all’inizio della pandemia.
Molto personale medico si è ammalato e ha perso la vita per questo deficit di
strumenti essenziali.
Il nostro
Paese continua a soffrire duramente l’impatto del Covid-19. Ha dunque ogni
interesse ad appoggiare la proposta di India e Sudafrica. Una proposta di buon senso, di
grande beneficio per superare l’impasse sanitario ed economico in cui il mondo
si trova.
Il nostro
governo deve dunque adoperarsi con convinzione in seno all’Europa, con gli
altri Paesi membri, affinché l’ostilità della Commissione alla iniziativa di
India e Sudafrica sia immediatamente rimossa.
La eccezione
al regime ordinario dell’Accordo TRIPS, per la gestione straordinaria che
Covid-19 impone, sarebbe una misura internazionale realistica ed efficace.
Una scelta
immediata dell’Italia in questa direzione darebbe sostanza e credibilità alle
dichiarazioni del governo sul vaccino bene comune. Un orizzonte
politico che richiede scelte di senso, sia sul piano europeo che
internazionale, oltre le vecchie inservibili logiche del mercato.
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