Sulla Nuova Sardegna del 9 novembre
scorso, il valente storico cagliaritano Gian Giacomo Ortu polemizza con i
promotori del Comitato “Spostiamo la statua di Carlo Felice” con qualche
sciocchezza.
Segno che non conosce l’iniziativa né i
protagonisti. L’iniziativa sarebbe una “parodia di manifestazione iconoclasta”.
In realtà non è né parodia e tanto meno iconoclasta. I protagonisti di tale
proposta sarebbero “militanti di area sardista”. Di grazia, tale informazione,
da quale archivio storico l’ha tratta? Non interessa probabilmente a nessuno,
ma perché l’esimio accademico non ripeta simili sciollorius deve sapere che i
promotori del Comitato appartengono a varie aree politico-culturali: liberaldemocratica,
sinistra (segnatamente quella radicale) e indipendentista. Manca solo l’area
politica di destra e quella neosabauda (magari mascherata di progressismo). E’
quella di Ortu? Ma veniamo al merito dell’articolo. Bontà sua, prof. Ortu
scrive che i sovrani sabaudi non sono stati per la verità “mai eccelsi”.
Caspita che valutazione! A mio parere invece furono proprio “eccelsi”: ma solo
nelle malefatte. Penso a Umberto I, ribattezzato dagli anarchici Re mitraglia.
Tale figuro premiò il generale stragista Fiorenzo Bava Beccaris non solo
insignendolo della croce dell’Ordine militare dei savoia ma anche nominandolo
senatore, in virtù di una portentosa impresa: nel 1898 (8 e 9 maggio), le sue
truppe “spararono sulla folla inerme uccidendo circa 80 dimostranti e ferendone
più di 400” (Franco della Paruta, Storia dell’Ottocento, Ed. Le Monnier,
Firenze, 1992, pagina 461). E fu altresì eccelso, per i disacatos (misfatti) e
le titulias (infamie) di cui si macchiò un altro tiranno sabaudo: Sciaboletta,
(alias Vittorio Emanuele III): prima e seconda guerra mondiale, fascismo e
leggi razziali: basta? Ma veniamo a Carlo Felice: Ortu scrive che non fu il
peggiore. Avrebbe fatto anche cose positive: ”a lui si deve la Fondazione della
Reale Società: Agraria ed Economica”. Perdinci! Si dimentica però il noto
accademico di raccontarci quali magnifiche e progressive sorti di prosperità e
sviluppo nell’Isola avrebbe apportato tale “reale Società”! E il Carlo Felice
tiranno ottuso, feroce,ultrareazionario e famelico? Nella sua furia staoiatrica
e fusionista, lo storico Ortu, è silente su tale tiranno: invece questo è il
problema! Hic Rhodus, hic salta! Come tace sui misfatti dei Savoia. Perché? Ma
perché hanno fatto l’Italia unita! Di qui gli improperi contro i promotori
dello spostamento della statua il cui scopo sarebbe “non di fare i conti con la
storia ma di alimentare spiriti e umori scissionisti nei confronti della nostra
difettosa ma irrinunciabile Repubblica”! Continui pure Ortu nelle sue
contumelie: noi continueremo a batterci perché la statua venga rimossa: per
motivi culturali, etici, civili. Le statue si dedicano a sas feminas e a sos
omines de gabbale che hanno fatto il bene del proprio popolo, non si dedicano
ai propri carnefici. Non si dedicano a uno come Carlo Felice che è stato, fra
tutti i dieci re sabaudi, che hanno sgovernato la Sardegna dal 1720 al 1946, il
più ottuso, il più reazionario, il più famelico, il più sanguinario. Ottuso,
non è solo il giudizio di Raimondo Carta Raspi (Storia della Sardegna): ma
anche quello di Pietro Martini (filomonarchico e filosabaudo), che scriverà
testualmente: “Era alieno dalle lettere e da ogni attività che gli ingombrasse
la mente” (Storia di Sardegna dall’anno 1799 al 1816). Carlo Felice è fra tutti
i re sabaudi il più reazionario. Lo scrive il già citato Carta-Raspi: ”Più
ottuso e reazionario d’ogni altro principe, oltre che dappocco, gaudente
parassita, gretto come la sua amministrazione”. E lo sostiene anche Martini
“Non sì tosto il governo passò in mani del duca del Genevese (Leggi Carlo
Felice, nda), la reazione levò più che per lo innanzi la testa; co¬sicché i
mesi che seguirono furono tempo di diffidenza, di allarme, di terrore
pubblico”. Ancora sulla stessa linea il Carta-Raspi :”Nei consigli del principe
prevaleva il principio del terrore e dell’arbitrio senza limiti”. Terrore
pubblico dunque riuscì a creare Carlo Felice agendo sempre con arbitrio senza
limiti: da re come da viceré. Si deve a lui la repressione violenta, con
l’assassinio di Francesco Cilocco e Francesco Sanna-Corda o l’impiccagione dei
martiri e patrioti di Palabanda. Ma secondo me la cosa peggiore persino della
sua ferocia è un’altra: la famelicità. I Savoia, cacciati da Napoleone, come
esuli arrivano in Sardegna nel 1799, senza mutande, dicono gli storici. La
prima operazione che fanno è di triplicare il donativo, le tasse regie, che
passano da 200.000 lire sarde a 600.000 lire sarde: scuoiando ancor più
ferocemente i Sardi. In un momento storico in cui, siamo all’inizio dell’800,
le annate di siccità, si aggiungono a crisi agrarie e si sommano a malattie di
ogni tipo e alle invasioni barbaresche. La popolazione muore letteralmente di
fame e di sete e decine di migliaia di bambini muoiono di vaiolo. Carlo Felice
si becca 40.000 lire sarde, il fratello, il Duca di Moriana altrettante. Morto
giovane, le sue 40.000 lire se le prende Carlo Felice, quando quei soldi
sarebbero dovuti ritornare alla tesoreria regia. Bene: per questi suoi
comportamenti, per le sue scelte e azioni: insomma per le infamie consumate ai
danni dei Sardi, la statua a lui dedicata ed eretta nella Piazza Yenne a
Cagliari, deve essere dunque spostata. Da più parti mi è stato obiettato che
spostare la statua significherebbe “abolire la storia”. Risponde a questa
obiezione, con competenza e saggezza una ricercatrice di storia dell’Università
di Cagliari, Valeria Deplano:” Le statue, come i monumenti commemorativi, o la
toponomastica, non sono “la storia”, ma uno strumento attraverso cui specifici
personaggi o eventi storici, accuratamente selezionati, vengono celebrati;
nella maggior parte dei casi – non sempre – sono le istituzioni, in particolare
quelle statali, a scegliere chi o che cosa sia degno di essere ricordato e
celebrato. Si tratta di un’operazione centrale per la costruzione di una narrativa
nazionale funzionale alla visione del potere stesso: il modo con cui si sceglie
di ricordare il passato e di celebrarlo infatti influisce sul modo con cui gli
individui e le comunità guardano il mondo, sé stessi e gli altri. Questo vale
ovunque, e in qualunque epoca”. Occorre dunque distinguere fra la storia e gli
spazi che, a futura memoria, i tiranni sabaudi si sono riservati per continuare
ad affermare il loro dominio, almeno simbolicamente. Quella statua sta lì a
“segnare” e “marchiare” il territorio, a dirti, dall’alto, che lui è il
regnante e tu sardo, sei ancora suddito, unu tzeracu. Dunque devi continuare a
omaggiarlo, a riconoscerlo come tale. Egli simboleggia ancora il potere, il
dominio, come simboleggiano il potere e il dominio le vie dedicate ai Savoia.
Ecco perché, insieme alla statua devono essere rimosse anche le Vie. Con buona
pace di Ortu.
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