Anche la felicità, nel Sahel, è di sabbia. Tutto qui è precario. Il clima, il lavoro, la politica, le elezioni presidenziali, e soprattutto la sicurezza alimentare. Senza parlare della scuola, la sanità e la speranza di vita. Proprio lei, la felicità, ci consente di risalire nella classifica mondiale e africana dei Paesi più o meno felici. È il recente rapporto delle Nazioni Unite che l’attesta con certezza. Ebbene sì. I nigerini si sentono più contenti che gli abitanti di altri Paesi dell’Africa occidentale. Il Niger si trova al posto numero 103, facendo un salto di ben undici posizioni rispetto all’edizione del 2019, dove eravamo appena alla poco invidiabile posizione 114 della classifica. Ora sorpassiamo la Nigeria, il Burkina Faso, il Mali e il Togo. Ci passano invece davanti la Costa d’Avorio, il Benin, il Ghana e financo la Guinea delle recenti scandalose elezioni presidenziali. I primi della lista sono i soliti noti. La Finlandia, la Danimarca, la Svizzera, l’Islanda e la Norvegia. Detto rapporto prende in esame gli indicatori tipo il PIB, i servizi sociali, la speranza di vita, le libertà individuali, la generosità e la percezione della corruzione. Grazie alla sabbia, che attraversa tutti questi ambiti, il nostro Paese ha potuto risalire, miracolosamente, la classifica che, nello sviluppo umano, lo vede inchiodato all’ultimo posto ormai da anni. Si sa, anche la classifica è di sabbia, come la gioia di vivere.
Ultimi della classifica nello sviluppo umano e a metà classifica in termini
di felicità, effimera ed eterna come sabbia. Malgrado tutto e contro
tutto. L’uccisione di appena
qualche giorno fa di Issaka Hamani, uno dei due marciatori della pace del
Niger. Assassinato nei pressi di Diffa, dove avrebbe dovuto tenersi
la festa dell’anniversario della dichiarazione della repubblica, avvenuta 62
anni or sono. Ucciso di notte
mentre dormiva e forse sognava un Paese libero dalla guerre e dalle armi. Ogni
anno percorreva centinaia di kilometri a piedi, dalla capitale Niamey fino alla
città dove si doveva celebrare la festa della Repubblica. Ucciso qualche ora
prima di altre decine di persone nella zona da un attacco rivendicato da Boko
Haran, gruppo armato terrorista attivo da anni nella zona. Hanno bruciato case, tende e soprattutto
assassinato innocenti contadini, derubandone infine i pochi averi che
rimanevano per la stagione. I feriti sono almeno un centinaio e le ferite
interiori molte di più. Non sarà facile rimarginarle. L’unica cosa
saggia sarebbe quella di imparare a seminare qualcosa di differente nei solchi
delle ferite, per poi generare inedite sapienze dimenticate dall’odio. Siamo felici eppure tutto congiura contro, ad
esempio le prossime elezioni del 27 dicembre. Si è riusciti a fare
il possibile per complicare le cose, dai candidati riconosciuti o squalificati
o tutt’ora in discussione per finire con la mancanza di consenso praticamente
su tutto.
Anche la felicità, nel Sahel, è di sabbia. Continuità e ulteriori
progressi, portano scritto i bus, i pannelli pubblicitari elettorali e i taxi
che girano con l’immagine del ‘delfino’ presidenziale. A meno di dieci giorni dal voto, vigono
ancora seri dubbi sulla sua identità nazionale, messa in discussione da alcuni
documenti che sembrano contraddire la versione ufficiale. I motivi per essere
felici, a ben pensarci, sarebbero pochi…, eppure facciamo del nostro meglio per
piazzarci almeno a centro classifica, da buoni cittadini obbedienti
alla polvere che in questa stagione invade e occupa il territorio e
l’immaginario. Anch’essa, la polvere, minuta, fragile, insistente e penetrante,
va a nozze col vento detto Harmattan, del deserto, che rende le notti e le
mattinate fresche o a giorni, fredde. Persino il sole, generalmente arrogante,
accetta di mettersi da parte per qualche settimana e rispetta la stagione della
polvere per tornare al tempo opportuno.
La polvere invade la politica e la politica
dispensa polvere. Tra le due si realizza una simbiosi quasi perfetta, anche se
di perfetto al mondo non c’è nulla. Le felicità è anch’essa impolverata e forse per questo sfugge alle
definizioni dei rapporti onusiani. Proprio la polvere ha
contribuito all’assassinio di Issaka Hamani, che marciava la pace. È stato ucciso
nella notte, mentre dormiva nella casa di un capo della zona. L’omicidio non fermerà la marcia della pace
che, grazie alla polvere e al vento, porterà lontano i passi, spezzati, di
Issaka. Poveri e felici o forse felici perché poveri, indigenti e vulnerabili
che hanno imparato e tramandato il segreto. La felicità non si
compra e non si vende da nessuna parte. Solo si condivide, come un natale di
sabbia che Dio non ha dimenticato di annotare sul calendario di quest’anno.
Niamey,
20 dicembre 2020
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