Quest’anno la crisi dello sci da discesa, legata al sempre più scarso innevamento, sarà aggravata dalle condizioni dettate dalla crisi sanitaria.
E’ il momento di mettere in campo le alternative
di fruizione della montagna che ormai sono, in molte zone dell’arco alpino, una
bella realtà.
Pensare, ad esempio, di giustificare la realizzazione di nuovi impianti di
risalita con la necessità di metterli a servizio dell’escursionismo estivo a
piedi, in mountain bike o per far salire i disabili in quota è una cosa che non
si tiene in piedi sotto tutti i punti di vista: oggi più che mai.
La montagna nel periodo estivo può diventare una
vera palestra all’aria aperta e ormai qualsiasi studio sul benessere
psico-fisico delle persone mette al centro la pratica del camminare o
dell’andare in bici come le fondamentali attività motorie da esercitare anche
in vacanza.
Se proprio qualche pigro vuole salire in quota senza camminare lo può fare
con gli impianti esistenti, che se necessario possono essere riammodernati,
anche se in alcune località gli impianti più impattanti e ormai in disuso sono
stati smantellati.
Considerate che per i più pigri sul nostro Appennino e sulle Alpi esistono
delle strade di penetrazione che possono condurre gli escursionisti a quote
molto elevate e quindi la passeggiata in quota diventa più leggera.
Se parliamo della bici va considerata la forte innovazione della pedalata
assistita che ormai consente di salire in quota senza grandi difficoltà anche
alle persone meno allenate.
Vogliamo parlare poi dei disabili? Andate a chiedere al mondo della
disabilità se non si senta strumentalizzato dal tentativo di aprire nuove
strade o impianti di risalita in montagna per trasportarli in quota.
In molti casi per assicurare un servizio ai disabili si potrebbero
utilizzare delle navette e favorire, nel contempo, forme di fruizione con
accompagnatori attraverso l’uso della joelette.
Insomma, chi prova a giustificare nuove opere
impattanti in montagna con la scusa che servono alla ulteriore promozione
dell’escursionismo estivo ed invernale ha le cartucce scariche su tutti i
fronti.
Mi auguro che le risorse della Next Generation EU non vadano a finanziare
vecchi progetti ammuffiti nei cassetti regionali e che oggi, alla luce dei
cambiamenti climatici da una parte e all’evoluzione del turismo attivo
dall’altra, che mette al centro il concetto di salute anche nella dimensione
del viaggio, si possa resettare il tutto per disegnare un altro modo possibile
di fruire della montagna.
Lo sguardo dobbiamo voltarlo oggi senza aspettare ancora un attimo. La
montagna ha bisogno di una nuova visione strategica ripartendo dal Manifesto
della Montagna di Camaldoli e dalla Carta dell’Appennino elaborata da una serie
di comitati territoriali.
Dobbiamo “Riabitare l’Italia”, come ci indica il nome del Manifesto a cui ho aderito con convinzione e
quindi anche la montagna.
Dobbiamo sostenere una nuova alleanza con le città per formare fruitori
consapevoli degli ambienti naturali fragili ma che ci donano una bellezza
infinita.
Dobbiamo sostenere quei sindaci che stanno
prendendo coscienza di una nuova progettualità sostenibile che faccia rinascere
le comunità nel rispetto delle vecchie e nuove vocazioni territoriali.
Iniziano ad essere tanti gli amministratori locali che vorrebbero
ribellarsi a vecchie logiche che nulla hanno di strategico ma che servono solo
ad accontentare il sindaco di turno, il politico locale o qualche pseudo-imprenditore
che prende il sacco dei finanziamenti pubblici e scappa lasciando piccole o
grandi cattedrali nel deserto.
Oggi ci sono le premesse per rivitalizzare i
piccoli centri montani con l’arrivo delle persone che stanno scegliendo di
andare via dalla città .
E’ un fenomeno che andrebbe veicolato verso una scelta consapevole e non
vissuto solo come fuga dalla città a causa della crisi sanitaria.
Invece di favorire finte chimere di una rivalutazione del patrimonio
immobiliare fatto di seconde case in montagna, a trarre vantaggio da una
riqualificazione e rivalutazione economica possono essere le tante case
abbandonate nei piccoli centri dell’Appennino se solo si cogliesse la novità a
cui sta dando impulso, indirettamente, la crisi sanitaria. Fermiamoci,
resettiamo tutto e ripartiamo con una nuova visione strategica.
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