(intervista di Oliver Whang)
Fin dal suo primo sit-in davanti al
Parlamento svedese oltre due anni fa, il messaggio fondamentale di Greta
Thunberg è stato chiaro e coerente: la crisi climatica è
la principale minaccia all’esistenza del genere umano e dobbiamo affrontarla in
quanto tale. Questo messaggio ha ispirato milioni di giovani attivisti a
protestare a favore del cambiamento e ha portato a una serie di interventi
diventati virali che hanno contribuito a rendere Grata Thunberg celebre a
livello mondiale. È stata scelta come “Persona dell’anno” dalla rivista Time
nel 2019 ed è stata candidata al Premio Nobel per la pace due anni di seguito.
Nel pieno della pandemia di
COVID-19, una crisi globale di natura ben diversa, e con il ritiro degli Stati
Uniti dall’Accordo di Parigi, l’attivista 17enne è tornata a scuola in Svezia.
National Geographic ha analizzato con lei via Zoom come è
cambiato il suo essere attivista nel corso dell’ultimo anno e la
sopravvivenza del suo messaggio in un mondo sempre più complesso (questa
intervista è stata parzialmente adattata per ragioni di lunghezza e chiarezza).
Oliver Whang:
Negli ultimi sette mesi circa sono successe molte cose. Come è cambiato il tuo
lavoro da quando è scoppiata la pandemia di coronavirus?
Greta Thunberg:
Siamo passati dal fare molte azioni in presenza, incontri e scioperi e così
via, alle azioni virtuali. Ma, in realtà, visto che siamo un movimento di
persone che non prende l’aereo a causa dell’impatto ambientale, il nostro
modo di lavorare non è cambiato poi molto. E poi ogni Paese, ogni gruppo
locale, è diverso. Perché siamo un movimento molto decentralizzato. Non siamo
strutturati in modo gerarchico, ogni gruppo locale decide autonomamente cosa
fare. Quindi è stato diverso da città a città, da Paese a Paese.
Oliver Whang:
Qualcuno di questi Paesi o città si è adattato in modo particolarmente
efficace?
Greta Thunberg:
Sì. Alcuni hanno fatto scioperi digitali ogni settimana e hanno avuto
successo. E molti hanno fatto azioni simboliche. Alcuni hanno appeso cartelli o
scarpe fuori dagli edifici parlamentari per simboleggiare che dovremmo essere
lì, ma invece stiamo a casa. La gente ha trovato molti modi creativi per
adattarsi.
Oliver Whang:
Ti sembra che la crisi legata al cambiamento climatico sia
stata in qualche modo dimenticata nel caos di questa situazione?
Greta Thunberg:
Beh, si tratta di un discorso molto spinoso perché, sì, naturalmente, è
successa la stessa cosa con tutti gli altri problemi. In un’emergenza come
questa, è prevedibile che tutto il resto venga messo in sospeso, e così è
stato.
Oliver Whang:
Una cosa che mi ha colpito della risposta mondiale alla pandemia di coronavirus
è che molti Paesi e aziende hanno messo in atto azioni significative. Sono
state approvate leggi di stimolo all’economia e le aziende stanno sviluppando i
vaccini rapidamente. Pensi che questo tipo di risposta possa essere
d’ispirazione per le possibili azioni da realizzare per affrontare la crisi
climatica?
Greta Thunberg:
In realtà non dovremmo mettere a confronto due crisi diverse, ma questo
dimostra che siamo in grado di gestire una crisi come tale. E tutto questo
probabilmente cambierà il modo in cui percepiremo le crisi e la risposta alle
crisi stesse. E dimostra chiaramente che la crisi climatica non è mai stata
trattata come una crisi. Viene trattata come una questione pubblica e importante,
come un argomento politico. Ma non è così, perché è una crisi esistenziale.
Oliver Whang:
Ma la risposta al coronavirus ti
ha dato più speranza? Intendo dire, ti ha fatto pensare che possiamo ottenere
una risposta simile anche per la crisi climatica?
Greta Thunberg:
Conferma quello che sapevo già. Che quando tratteremo la crisi climatica come
una vera crisi, potremo cambiare le cose e ottenere risultati.
Oliver Whang:
Gli Stati Uniti si sono ritirati dall’Accordo di Parigi. E ci sono molte
persone, non la maggior parte degli americani, ma molti di loro, che sono
d’accordo con questa decisione. Cosa diresti a quelle persone?
Greta Thunberg:
Niente. Solo quello che dico sempre, di fare riferimento alla scienza. Perché
alcuni hanno già provato a far cambiare idea a quelle persone per tanto tempo,
e non ci sono riusciti. Quindi perché dovrei riuscirci io? Perché io dovrei
essere diversa? Se non ascoltano, comprendono e accettano la scienza, allora
non c’è niente altro che posso fare. C’è qualcosa di molto più profondo che
deve cambiarli.
Oliver Whang:
E cosa potrebbe essere questo aspetto più profondo?
Greta Thunberg:
Che oggi viviamo in una società della post-verità e che non ci importa di aver
perso l’empatia. Abbiamo smesso di prenderci cura gli uni degli altri, in un
certo senso. Abbiamo smesso di pensare a lungo termine e in modo sostenibile. E
questo è qualcosa di molto più profondo del negazionismo della crisi climatica.
Oliver Whang:
Quindi pensi che per affrontare la crisi climatica potremmo aver bisogno di un
cambiamento culturale o di paradigma e non solo di approvare tasse e leggi sul
carbonio, convincere i leader e sviluppare tecnologie?
Greta Thunberg:
Se dicessi una cosa del genere, le persone prenderebbero quella frase
estrapolandola dal contesto e direbbero che voglio una rivoluzione o qualcosa
del genere. Ma io intendo dire che la crisi climatica non è l’unico nostro
problema. È solo un sintomo di una crisi più ampia. Come la perdita di
biodiversità, l’acidificazione degli oceani, la perdita di terreno fertile e
così via. E queste cose non si risolveranno semplicemente bloccando le nostre
emissioni di gas serra. La Terra è un sistema estremamente complesso. Se prendi
un aspetto e alteri il suo equilibrio, questo avrà un impatto in contesti molto
al di là della nostra comprensione. E questo vale anche per l’uguaglianza. Gli
uomini fanno parte della natura e se noi non stiamo bene, allora la natura
non sta bene, perché noi siamo la natura.
Oliver Whang:
Ti preoccupa il fatto che potresti perdere tutte quelle persone che forse
accettano l’idea che il cambiamento climatico è una realtà ed è una crisi, ma
danno la priorità a disoccupazione, accesso al cibo o altri problemi nazionali
invece che alla crisi climatica?
Greta Thunberg:
No, non mi preoccupa. Non siamo stati resi consapevoli della crisi del clima;
la crisi climatica non è mai stata trattata come una crisi, quindi come
possiamo aspettarci che le persone se ne preoccupino? Non siamo consapevoli
neppure dei fatti fondamentali, come possiamo aspettarci che le persone
promuovano azioni a favore del clima? Ecco, questo è un aspetto che deve essere
cambiato. Dobbiamo capire che non stiamo lottando per cause separate. Stiamo
lottando per un’unica e sola causa, anche se può non sembrare. È la lotta per
la giustizia climatica, la giustizia sociale. Qualunque sia il problema, è la
lotta per la giustizia.
Oliver Whang:
Pensi che abbiamo fatto qualche progresso significativo nell’affrontare la
crisi climatica da quando hai iniziato a protestare, oltre due anni fa?
Greta Thunberg:
Dipende dal punto di vista. In un certo senso, sì. Sembra che il dibattito si
sia evoluto e pian piano sempre più persone stanno iniziando a capire meglio la
crisi climatica e ad attribuirle la giusta priorità. Ma d’altra parte, non è
ancora mai stata trattata come una vera crisi. E le emissioni stanno
aumentando. Quindi dipende da come consideri la cosa.
Certo, non possiamo aspettarci che
questo movimento da solo cambi il mondo. Se lo pensiamo allora non abbiamo
capito la crisi climatica. La gente dice “Il tuo movimento ha fallito visto che
non hai raggiunto i tuoi obiettivi?” Ma quali sono i nostri obiettivi? Noi non
abbiamo nessun obiettivo. Il nostro obiettivo è fare il più possibile per
essere una piccola parte di un cambiamento molto più grande. Essere uno di
tanti attivisti che spingono nella stessa direzione da prospettive diverse. È questo
il nostro obiettivo. Non possiamo aspettarci che un movimento o un’iniziativa,
una soluzione possano cambiare tutto, o che ci spingano nella direzione giusta.
Perché la crisi climatica è molto complessa. Non è così semplice.
Oliver Whang:
C’è stato qualcosa che hai fatto tu, o che hanno fatto altri giovani attivisti,
che pensi abbia avuto particolare successo? O un qualche tipo di manifestazione
nei confronti della politica o dell’economia che ritieni possa rappresentare un
tuo successo?
Greta Thunberg:
Sì, ce ne sono molti. Specialmente esempi locali. Ma penso che la cosa più
grande che abbiamo realizzato è mettere la scienza al centro di tutto. Noi ci
limitiamo a dire: “Non vogliamo che ascoltiate noi, vogliamo che ascoltiate la
scienza”. Questa non è una questione che riguarda la politica, non è la nostra
opinione. Non siamo noi a volere la riduzione delle
emissioni, è la scienza a sostenere che ne abbiamo bisogno se vogliamo
mantenere i nostri impegni. Non siamo noi a volere che
le cose stiano in questo modo, ma purtroppo così è. E continueremo a spingere
affinché le persone ascoltino la scienza.
Oliver Whang:
Hai mai dubbi sul tuo lavoro? Hai mai dubbi su te stessa o su quello che hai
fatto?
Greta Thunberg:
No, perché so che è la cosa giusta da fare. In questo momento ci troviamo a un
punto per cui dobbiamo per forza uscire dalle nostre zone di comfort. Sento di
avere il dovere morale di fare ciò che posso, in quanto cittadina. E questo mi
rende parte di qualcosa ed è mio dovere, mio dovere morale, mia responsabilità
morale, fare tutto ciò che posso.
Oliver Whang:
E non hai mai messo in dubbio tutto questo?
Greta Thunberg:
No. Intendo dire, io non voglio essere un’attivista. Penso che nessun attivista
per il clima lo faccia perché vuole esserlo. Lo facciamo solo perché nessun
altro sta facendo niente e perché dobbiamo fare qualcosa. Qualcuno deve fare
qualcosa e noi siamo quel qualcuno.
Oliver Whang:
I tuoi doveri morali o le tue responsabilità sono cambiati da quando sei
diventata celebre?
Greta Thunberg:
Beh, sì. Certamente ciascuno di noi ha una responsabilità, ma maggiore è la tua
visibilità, maggiore è la tua responsabilità. E più grande è il tuo potere,
maggiore è la tua responsabilità. Più grande è la tua impronta di carbonio,
maggiore è il tuo dovere morale. Quindi, certo, visto che ho raggiunto un
pubblico molto vasto, di conseguenza ho anche maggiori responsabilità. Devo
usare questi canali, o comunque vogliate chiamarli, per educare, diffondere la
consapevolezza.
E tutte le cose, tutte le risorse
che ho, spariranno un giorno. Voglio dire, non rimarrò così per molto tempo.
Presto la gente perderà interesse in me e non sarò più, diciamo, “famosa”. E a
quel punto dovrò fare altro. Quindi sto provando, finché ho questa visibilità,
a utilizzarla.
Oliver Whang:
Come vedi il tuo futuro? Vuoi andare all’università? Hai qualche piano?
Greta Thunberg:
A dire il vero non saprei. Faccio semplicemente quello che voglio fare al
momento. Recentemente ho appena iniziato il ginnasio (l’equivalente svedese del
liceo [nota dell’Editor]). E ci rimarrò per i prossimi tre anni. A meno che non
decida di fare qualcos’altro, insomma, vedremo. Il mondo cambia da un giorno
all’altro. Quindi credo che l’unica cosa sia adattarsi.
Oliver Whang:
Come pensi di sostenere questo movimento? Ci sono cose specifiche che dobbiamo
fare che sono diverse rispetto a due anni fa, a un anno fa oppure a otto mesi
fa?
Greta Thunberg:
Penso che sia una questione complessa. Ma adesso abbiamo toccato il fondo, in
un certo senso. Non ci sono più ragionamenti da fare. Non ci sono più scuse.
Adesso o state provando a minimizzare la crisi o a negarla del tutto, oppure
volete distogliere l’attenzione. Dobbiamo solo iniziare a trattare la crisi
come tale e continuare a mettere al centro la scienza, ma adesso tutti danno la
colpa agli altri e siamo bloccati in un circolo vizioso. Non andremo da nessuna
parte a meno che qualcuno spezzi questa catena, per così dire. Qualcuno deve
fare qualcosa. Cioè, ovviamente molte persone devono fare diverse cose, ma a
meno che qualcuno con un grande seguito o grandi responsabilità faccia qualcosa
per iniziare a trattare la crisi come merita -- ad esempio i media -- non
saremo in grado di fare passi avanti.
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