L’anno che sta volgendo al termine sarà ricordato certamente per l’irrompere della pandemia da Covid-19, un evento drammatico che oltre ad avere segnato o distrutto la vita di centinaia di migliaia di persone nel mondo ha avuto un forte impatto anche sull’economia globale. Tra i settori che hanno subito il contraccolpo più importante c’è indubbiamente quello turistico, per il quale la limitazione degli spostamenti ha avuto un ruolo decisivo.
“Il Covid è stato il primo evento capace di frenare il traffico aereo
contemporaneamente in tutto il mondo: una bomba rispetto alla crisi
petrolifera del 1973, quando gli spostamenti internazionali ammontavano a poco
più di 160 milioni all’anno – contro 1,4 miliardi del 2019 –, ma anche rispetto
allo shock delle Twin Towers e della crisi finanziaria del 2008.” (Tozzi, 2020,
p.1)
Potremmo definire, come in tanti hanno già fatto sulle pagine di riviste
specializzate e quotidiani, questo come l’anno nero del turismo. E per
l’Italia, quinta destinazione nel ranking globale stilato nel 2019 dall’UNWTO1 e sede di alcune
delle principali mete turistiche al mondo, un evento di tale portata potrebbe
produrre uno shock tutt’altro che trascurabile anche nei prossimi tempi.
La temporanea sospensione dei flussi sembra aver aperto nel nostro Paese
una parentesi di riflessione particolarmente propizia per la critica e se
probabilmente è diminuita la produzione e la vendita di depliant e
guide, non si può dire lo stesso della letteratura riguardante il fenomeno
della turistificazione, che invece pare abbia ricevuto nuovi e
importanti input durante la fase pandemica. A dire il vero la
prima riflessione dell’anno sul tema risale a gennaio e precede dunque la
diagnostica del virus: è contenuta nel libro Biosfera. L’ambiente che
abitiamo e firmata da Giovanni Attili. Il momento di maggiore
intensità produttiva in campo editoriale si registra però nei primi mesi
estivi, al termine del primo lockdown nazionale e all’inizio
di un periodo che avrebbe dovuto segnare una ripresa della vita sociale
all’insegna del distanziamento fisico e della prevenzione del contagio, ma che
invece ha visto prevalere le esigenze economiche sulle necessità di cura
collettiva. È in questa fase che vengono pubblicate diverse riflessioni sul
turismo e il suo possibile sviluppo dopo la pandemia. Lucia Tozzi, già citata
poco sopra e curatrice di una raccolta di scritti edita solo qualche mese prima
dal titolo City Killers, pubblica a metà maggio un breve saggio
intitolato Dopo il turismo. Qualche settimana dopo fa la sua
comparsa in rete il Manifesto dei Sociologi e delle sociologhe
dell’ambiente e del territorio sulle città e le aree naturali del dopo Covid-19,
che nell’ultima sezione contiene una serie di riflessioni interessanti sul
turismo e la sua incidenza sui territori. Di lì a poco vengono pubblicati anche
due volumi dedicati alle città italiane maggiormente segnate dal ruolo
dell’industria del turismo: uno è il primo libro di Giacomo Maria Salerno Per
una critica dell’economia turistica, che a partire dal caso di studio di
Venezia costruisce una lucida critica all’economia turistica, e in
particolare alla sua declinazione urbana e mono-colturale; l’altro è invece una
raccolta di scritti precedentemente pubblicati sulla rivista La città
invisibile e raccolti da Ilaria Agostini in un ebook dal
titolo Firenze fabbrica del turismo. Ultimo tassello di questo
quadro critico sono i tanti corsi e webinar organizzati da
docenti, ricercatori e attivisti in questi ultimi mesi dell’anno, per
esempio Oltre l’economia del turismo, a cura della redazione
di Dinamopress.
In questo terreno particolarmente fertile per la critica al sistema
turistico consolidatosi fino a oggi non poteva mancare il contributo di Sarah
Gainsforth, già autrice sul finire del 2019 di AirBnb città merce. Storie di resistenza alla
gentrificazione digitale, un testo divenuto
fondamentale non solo per lo studio della cosiddetta economia delle
piattaforme, ma anche per chiunque voglia affrontare i temi del diritto
all’abitare e del diritto alla città in contesti segnati
dall’espansione del turismo.
A metà ottobre esce Oltre il turismo.
Esiste un turismo sostenibile? un breve saggio edito da Eris per la
collana BookBloc e rilasciato con licenza Creative Commons, che ne consente la
riproduzione e distribuzione a fini non commerciali. I due libri dell’autrice
sembrano porsi in piena continuità l’uno con l’altro e il discorso riprende da
dove era stato lasciato nelle ultime pagine del volume dedicato alla storia e
all’attualità di AirBnb. Dopo una rapida introduzione sui numeri e la crescita
del fenomeno turistico negli ultimi decenni, il focus ricade sulla
dimensione urbana e sui concetti di overtourism e
riqualificazione dei centri storici. Non manca un breve accenno al ruolo
delle piattaforme digitali e dei contratti di locazione breve, ma il discorso è
in questo caso più ampio e sistemico. Vengono analizzati i meccanismi e le
dinamiche che, a partire dalla crisi del settore industriale tradizionale,
hanno favorito l’emersione del turismo in quanto principale strategia di
promozione territoriale in contesti urbani.
“L’industria è stata a lungo il motore dello sviluppo urbano. Per oltre due
secoli il legame tra industrializzazione e urbanizzazione e il ruolo dello
Stato nell’economia hanno garantito il miglioramento delle condizioni di vita
dei lavoratori delle fabbriche, determinando l’espansione del ceto medio. Ma
dalla fine degli anni Settanta il legame tra industrializzazione e
urbanizzazione è entrato in crisi [..] la città deve trovare un altro motore
per il suo sviluppo” (p.11).
I due capitoli centrali sono dedicati a una valutazione generale sulla
natura del turismo e sui costi e benefici dovuti allo sviluppo dell’economia a
esso legata. Vengono qui riprese alcune delle più importanti teorie del
passato, come le intuizioni di McCannel sulla ricerca dell’autenticità
dell’esperienza e i suoi marker sociali o quelle di Stein
contenute in Capital city circa la riorganizzazione spaziale
urbana guidata dall’ideologia turistica. In seguito Sarah Gainsforth fa
riferimento a una serie di dati relativi alla penisola e alla sua storia
recente per verificare o contraddire una serie di asserzioni relative a
presunti effetti positivi del fenomeno. Come quelle secondo cui il turismo
produrrebbe ricchezza o lavoro, entrambe constatazioni innegabili fino a quando
non ci si chiede che tipo di lavoro il turismo produca e alimenti o chi
effettivamente tragga beneficio da questa ricchezza e chi ne paghi
invece il prezzo. Sono queste le domande che l’autrice pone al lettore e alle
quali dà infine una chiara risposta:
“senza meccanismi di redistribuzione della spesa turistica, i profitti
generati vengono privatizzati, mentre i costi, che ricadono sulle città, sono
socializzati” (p.43).
La parte più innovativa e interessante è a mio avviso quella che conclude
il libro perché muove da una serie di considerazioni relative all’incerto
futuro dell’industria turistica dopo l’arresto causato dalla pandemia. Dapprima
l’autrice si chiede se, nonostante i limiti del modello di crescita attuale
siano stati evidenziati dal crollo temporaneo dell’industria turistica, la
ripartenza non ricalcherà sentieri già battuti tramite la riproposizione di
vecchie formule in nuovi contesti. A questo proposito sono riportate le parole
del ministro per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, Dario
Franceschini, secondo il quale occorrerebbe puntare da un lato su un turismo di
qualità (che tradotto significa ricco, con una buona capacità di spesa) e
dall’altro sul rilancio dei borghi e dei territori fino a oggi trascurati in
nome dello sviluppo urbano e balneare. Queste due strategie, quella di
selezione dei flussi turistici e quella di decentramento e moltiplicazione
delle mete, sembrano essere le uniche proposte politiche per fare i conti con
gli effetti della crisi da Covid-19 e ripensare il fenomeno dopo lo shock
pandemico. Ha ragione Sarah Gainsforth nel definire queste proposte come parte di
una “visione soluzionista e tecnicista di gestione del territorio” (p.50).
Infine l’ultimo capitolo tenta di dare una risposta all’interrogativo
contenuto nel sottotitolo del libro: esiste un turismo sostenibile? Per
farlo l’autrice pone in dialogo due posizioni contrastanti sul tema. La prima è
quella di un accompagnatore turistico romano, sostenitore di un approccio
manageriale e fiducioso nelle possibilità di regolazione dei flussi attraverso
interventi mirati e funzionali alla preservazione delle caratteristiche
eco-sistemiche dei contesti. Secondo questa prospettiva il problema
fondamentale relativo alla questione del turismo sostenibile sarebbe
l’individuazione e il rispetto della capacità di carico di un sistema, termine
con il quale si indica il livello oltre cui l’industria turistica inciderebbe
in maniera negativa sull’economia territoriale erodendo le condizioni
riproduttive e generando un impatto economico, sociale e ambientale non più
riassorbibile.
Il secondo polo della discussione che attraversa queste pagine conclusive è
rappresentato dal pensiero dell’autrice, sostenuto in questo caso non solo da
riferimenti alle parole di altri ricercatori come Salerno e Tozzi, ma anche
all’enciclica Laudato si’ di Bergoglio e ai comunicati di
realtà territoriali come Terre in Movimento. La tesi che chiude il
libro sostiene la necessità di un approccio nuovo fondato su un’ecologia
popolare e radicale al fine di ripensare complessivamente l’intero modello di
sviluppo capitalistico. All’interno di un sistema votato alla crescita a ogni
costo, l’idea stessa di sostenibilità può risultare fuori luogo quando non
fuorviante e strumentale a nuove ondate di accumulazione in territori sino a
ora estranei ai processi di valorizzazione turistica.
Il nuovo libro di Sarah Gainsforth si inserisce in una ricca produzione
critica italiana contemporanea che apre la strada a una riflessione oggi più
che mai necessaria sugli sviluppi possibili del fenomeno turistico al tempo
della pandemia (e possibilmente anche dopo la sua fine). Esiste dunque
un turismo sostenibile? Difficile dare una risposta univoca, sicuramente non è
quello che intendono i vari ministri e promoter del settore.
Mentre scrivo queste poche righe finali e ripongo il libro penso che
purtroppo la cronaca quotidiana ci obbliga ancora oggi a un confronto su
tutt’altri scenari: l’ipotesi di apertura degli impianti sciistici nel bel
mezzo di una seconda ondata di contagi e le immagini dei litorali affollati
durante la scorsa estate sono lì a ricordarci che per il momento è
ancora la dimensione di massa del fenomeno a rappresentare il nemico principale
contro cui lottare per una liberazione dei territori dalla morsa della
monocoltura turistica. Senza dimenticare cosa potrebbe arrivare dopo.
1United Nations World
Tourism Organization
Nessun commento:
Posta un commento