L’eterna Treblinka degli animali - Francesca de Carolis
Difficile allontanare dalla mente le immagini dello sterminio dei visoni di
Danimarca, uccisi per via di una versione mutata del coronavirus trovata in
alcuni di loro. 17 milioni di bestioline da allevamento per pellicce. Uccisi,
quelli malati insieme a tutti quelli sani. Per eradicare il virus mutato…
‘Samfudssind’,
bugia detta in danese
Leggo che in
Danimarca la parola dell’anno è “Samfudssind”, che significherebbe “solidarietà
pronta al sacrificio in nome degli altri e dell’interesse generale”.
Solidarietà, si immagina degli allevatori, che sacrificano il proprio interesse
privato in nome di quello generale. E le loro preziose pellicce da mercato
andate in fumo…
Un pensiero, dal punto di vista degli animali, a proposito di questa
“solidarietà pronta al sacrificio” di cui fanno le spese i loro corpi
straziati, dopo la tremenda vita prigioniera di “animale da pelliccia”, che se
appena appena ne conoscete le condizioni… se appena appena sapeste come
comunque viene posta fine alla loro sciagurata vita… e tutto quello che non
sappiamo, di visoni e non solo, perché non vediamo, e siamo ben lieti di questa
nostra cecità… ché l’elenco sarebbe ben lungo…
Di fronte alle immagini dei visoni uccisi, c’è una parola che preme, e si fa
fatica a pronunciare. Ma la pronuncio, anche perché in buona compagnia.
Olocausto.
L’oscena
analogia
Sì, ritorno
a quella che è stata definita l’ “oscena analogia” fra l’olocausto e il
trattamento che riserviamo agli animali. Che è pensiero di Isaac Singer, di
Primo Levi, di Charles Patterson…
Patterson, che nel suo forse più famoso libro, “Un’eterna Treblinka”, scrive:
“Si sono convinti che l’uomo, il peggior trasgressore di tutte le specie, sia
il vertice della creazione: tutti gli altri esseri viventi sono stati creati
unicamente per procurargli cibo e pellame, per essere torturati e sterminati.
Nei loro confronti tutti sono nazisti; per gli animali Treblinka dura in
eterno”.
E Isaac Singer, che dell’Olocausto fu vittima insieme alla sua famiglia:
“Dovreste andare a leggervi i rapporti sugli esperimenti che i nazisti
effettuarono sugli ebrei nei loro laboratori e poi leggere i rapporti sugli
esperimenti che vengono fatti oggi sugli animali. Allora vi cadranno le bende
dagli occhi e sarà facile vedere la similitudine…. Tutto quello che i nazisti
hanno fatto agli ebrei, noi lo facciamo agli animali. I nostri nipoti un giorno
ci chiederanno: dov’eri durante l’olocausto degli animali?”.
L’olocausto
degli animali
E ad essere
sincera non riesco a non pensare, in questi giorni di affannata ricerca di vaccini,
a quanti animali, prima di passare alla sperimentazione sull’uomo, siano
sacrificati…
E via via scendendo lungo la scala delle nostre tante “necessità”… mi chiedo
cos’è quella nebbia della mente che ci fa ignorare (a noi che vantiamo
possibilità di accedere a informazioni come mai all’uomo è stato possibile) da
quali lager arrivano quelle cotolette messe in fila negli scaffali dei
supermercati… cosa palpitava dentro quelle pelliccette che fanno da bordo ai
colli dei nostri piumini…
Evidentemente “informazione” non è necessariamente “conoscenza”… oppure proprio
non ce ne importa nulla per via di quello che siamo convinti di poterci
permettere nei confronti di chi riteniamo sia a noi inferiore e in nostro
possesso. E la storia insegna quali trattamenti sappiamo riservare a chi,
esseri umani compresi, riteniamo a noi inferiore…
In paradiso
ad attenderci
E sempre
interrogandomi sul nostro rapporto con gli altri animali, e cercando e
leggendo, tempo fa sono incappata (forse ve ne ho già parlato) nel libro “In
paradiso ad attenderci”, che è conversazione fra il sociologo Maurizio Scordino
e il teologo e biblista Paolo De Benedetti. Dove la questione animale diventa
anche questione teologica. Un libro che consiglio di leggere, perché anch’io
sono convinta (fede o non fede) che se una possibilità di salvezza l’abbiamo,
questa passa attraverso la conciliazione con tutti gli esseri viventi. Ma
proprio tutti.
Pensatore profondissimo, De Benedetti, capace anche di “irriverenze”.
Certo l’uomo non ne esce benissimo. E c’è un punto, nel libro (che per altro
tocca temi tanto complessi e importanti quanto poco discussi) nel quale ci si
chiede “chissà quante cose sarebbero cambiate se Dio avesse salvato tutti gli
animali, spazzando via la sola umanità”.
De Benedetti, secondo cui il dolore degli animali sarebbe più misterioso da
comprendere rispetto a quello degli uomini, sa condire le sue parole con “quel
po’ d’ironia jiddish che per sangue gli appartiene” e… : “Come spesso dico,
anche a costo di sembrare irriverente, tutto deriva, diciamo così, da un
guasto, da un difetto del processo creativo di Dio che, se avesse chiuso la
propria officina il venerdì a mezzogiorno (l’uomo è stato creato nel
pomeriggio…) tutto sarebbe andato benissimo. La prova la fornisce proprio la
Bibbia, dove c’è scritto che quando Dio creò gli animali, le piante e il resto
disse ‘che era cosa buona’, mentre quando creò l’uomo tacque”.
L’uomo, che
degli animali dovrebbe essere custode e non padrone…
A proposito
di custodia… non vi sembri fuori luogo, ma visto che a suo tempo ne abbiamo
parlato… Vi siete chiesti come sta Papillon? L’eroico orso in cerca di libertà,
infine catturato e “preso in cura” nel centro di Casteller? C’è una denuncia
della LEAL, lega antivivisezionista, che ha diffuso alcune informazioni della
relazione dei carabinieri del Cites (che si occupa di tutela delle specie di
flora e fauna protette dalla Convenzione di Washington): M49 “ha smesso di
alimentarsi e si scarica contro la saracinesca della sua tana”. Vi risparmio i
gesti degli altri orsi prigionieri e del loro “severo stress psicofisico” per
via dei maltrattamenti che si denuncia subiscono nella struttura che li
dovrebbe accudire.
Il nostro delirio antropocentrico…
Ritorno a Paolo De Benedetti, che ci ricorda che la parola animale significa
“che ha l’anima”, che è soffio di vita. E arriva a chiederci di credere nella
resurrezione di tutto ciò che ha avuto la vita, perché “se ciò non avvenisse
bisognerebbe riconoscere che la morte è più potente di Dio, che la morte vince in
eterno la vita”.
“Non sempre serve dare una risposta a tutte le domande, a volte è sufficiente,
se non meglio, porsele”, e m’interrogo dunque anch’io sull’anima degli animali,
che spesso penso davvero meriterebbero un paradiso per tutto quello che scontano
sulla Terra. E mi piace credere che lo avranno. Ma guardando a tanta
sofferenza, a tanta morte che a piene mani intanto distribuiamo, e non solo
agli altri animali, sempre meno certa rimango del fatto che ce l’abbiano gli
uomini, un’anima… un’anima e un briciolo di cuore…
Lo sterminio
dei visoni e lo stupore assente - Luca Giunti
Ci risiamo. Di nuovo lockdown, di nuovo chiusi in
casa, di nuovo weekend affollatissimo di escursionisti ansiosi dell’ultima
passeggiata all’aria aperta prima dei divieti totali. Di nuovo servizi solitari
in quota, dedicati alle incombenze di questa stagione: i monitoraggi, il
controllo dei cacciatori (fino alla sospensione dell’attività venatoria
stabilita dalla Regione), la verifica del rispetto delle ordinanze, che non
sono solo quelle del Covid! Tanto tempo per pensare, per rimuginare, per
provare a mettere in fila qualche considerazione che mi faccia capire un po’ di
più cosa sta succedendo all’umanità.
Pensieri meno cattivi che a primavera, forse, ma
lunghi e scuri come le ombre di questo autunno soleggiato e spietato. Lo spunto
questa volta, fra i tanti possibili, arriva da un’amica che mi passa una
notizia internazionale: in Danimarca si stanno abbattendo 15 milioni di visoni
perché potenzialmente infettati dal virus Covid-19. Uno sterminio pianificato,
che però – mi accorgo preoccupato – non mi indigna abbastanza. Com’è possibile?
Cerco di approfondire notizia e sentimenti.
I visoni sono allevati per la produzione di pellicce.
La Danimarca è il primo esportatore mondiale. I visoni portano sulle membrane
cellulari recettori affini a quelli umani e quindi sono attaccabili dal
Covid-19 (e da altri simili). In mezzo a migliaia di animali confinati in spazi
ristretti il virus circola rapido e aumenta la sua velocità di variazione
genica. Potrebbe “inventare” nuovi ceppi virali e trasmetterli agli umani,
vanificando sul nascere le ricerche sui vaccini. Il governo danese ha segnalato
all’OMS di aver già trovato una nuova mutazione in una dozzina di persone. È
improbabile che sia più contagiosa di quella attuale ma la prudenza, si sa, non
è mai troppa (il principio di precauzione è negli statuti della UE, ma viene
applicato solo quando fa comodo). Meglio abbattere tutti i visoni.
Non è una novità, ed è questo che non mi fa stupire.
Influenza aviaria, peste suina, SARS hanno comportato conseguenze uguali negli
anni scorsi (tra gli altri, proprio sui visoni danesi nel 2003, nel 2009 e nel
2013). L’aviaria c’è ancora e ha appena imposto l’abbattimento di oltre 200.000
polli nei Paesi Bassi. Il Covid ne sta uccidendo milioni di altri, non solo
direttamente come in Danimarca, ma di riflesso: non appena la domanda
internazionale cala a causa della paura mondiale, gli allevamenti intensivi,
soprattutto del Sudest asiatico, trovano più conveniente sterminare per
soffocamento o annegamento migliaia di capi invenduti, ma vivi, piuttosto che
nutrirli inutilmente. Animali ammassati e tenuti in condizioni
insostenibili sono focolai costanti di vecchie e nuove zoonosi. Da sempre. Un
esempio tragico è la tubercolosi. Deriva dai bovini e praticamente non esisteva
prima della rivoluzione agricola e della sedentarizzazione di Homo
sapiens, diciamo 12.000 anni fa. La TBC è stata debellata in Europa a forza
di vaccinazioni di massa, ma uccide ogni anno oltre 100 milioni di persone nel
mondo; i morti sono africani e asiatici, non occidentali: quindi il dato
scompare dai nostri orizzonti quotidiani. A proposito di bovini, ci siamo
dimenticati in fretta della “mucca pazza”. Anche in quel caso, umane forzature
dei cicli naturali provocarono epidemia, psicosi, migliaia di capi uccisi in
massa, crollo della domanda di carne, fallimenti di aziende, nuove leggi di
sicurezza. Non impariamo mai!
E poi, lo scandalo dei visoni danesi dove sta?
Nell’ucciderne tutti insieme 15 milioni anziché qualche centinaio alla settimana
per la “normale” produzione di pellicce? Viene in mente una battuta in veneto
dal terzo atto de I due gemelli veneziani di Carlo Goldoni: «Alla
piegora tanto la fa che la magna el lovo, quanto che la scana el becher»
(«Per la pecora è uguale essere mangiata dal lupo che sgozzata dal macellaio»).
Un altro esempio disturbante viene alla testa piegata dalle raffiche del vento
valsusino: i fagiani allevati in batteria per essere rilasciati poco prima
dell’apertura della caccia (quest’anno, in Piemonte, oltre 4.500 solo in 4 ATC
e 2 CA), fucilati legalmente dopo poche ore di libertà “vigilata”.
Nessuna novità, dunque. Fenomeni noti, informazioni
facilmente reperibili online, catene di cause-effetti conosciute, ben studiate
e ben divulgate. La mia amica ha ragione a stupirsi della mia mancanza di
stupore? Non so darmi una risposta convincente.
O riduciamo drasticamente i consumi di carne e di
pelli, quindi gli allevamenti intensivi, i traffici e le merci che ne
conseguono, le superfici agricole coltivate per alimentarli, gli scarti che a
miliardi formano già le stratificazioni che verranno studiate dai geologi
futuri. Oppure non abbiamo il diritto di indignarci per una aberrazione tra le
tante. Stiamo vivendo non solo una catastrofe sanitaria ma una vera e propria
crisi ecologica. Stiamo ricevendo indietro gli interessi degli sfregi che
infliggiamo al pianeta. Siamo disposti a rinunciare alle nostre comodità, alle
nostre economie, ai guadagni e a questi tipi di lavori? Non mi sembra. Siamo
avviluppati senza scappatoie in un patto faustiano: tecnologia, consumi,
benesseri vari, non sono gratis. Costano l’anima. Nostra, della Terra e dei
visoni.
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