“SVENTRATE INTERE FAMIGLIE…”. ODE A IVANO FERRARI, POETA SOPRAFFINO, MACELLAIO DELLA PAROLA - Fabrizio Testa
Ossa che
scricchiolano come in una danza del corpo morto. La danza di tanti cadaveri di
vacche appese. Rumore sordo di carni che si sfiorano e di uomini che
sventrano, lavano, timbrano. Ivano Ferrari lava e timbra corpi morti tutto il
santo giorno, quando stacca scrive. Parla della morte delle bestie,
metafora delle nostre morti e delle morti tutte. Non vi è occhio di vitellino
che tenga. La lama del chirurgo non conosce rimorsi e sa essere spietata.
Macello esce nel 2004.
Trent’anni dopo l’esperienza raccontata sopra. Nel frattempo il macello di
Mantova è diventato biblioteca comunale. Libri al posto della carne. Pagine bianche che riportano
il colore delle ossa. Ferrari è sempre lì. Non lava più corpi morti. Accarezza
le pagine, cataloga. Macello esce nel 2004 e racconta, in versi, l’esperienza
d’una vita.
Sventrate
intere famiglie
oggi
lunedì di
intensa macellazione.
Una vacca ha
partorito un vitello
negli occhi
la paura del nascere
il foro in
mezzo il nostro contributo
a
tranquillizzarlo.
*
Nascita e
morte insieme. Senza pietà per nessuno. Dalla biblioteca che non è più stanza
per banchetti di mosche e operazioni arriva un capolavoro, La morte moglie (2013) che non solo recupera
alcune poesie perse all’epoca degli ammazzamenti ma traccia un lungo calvario
in versi sulla fine della compagna. Ancora morte, versi che fanno male, una
morte con le braccia conserte pronta a banchettare con noi a tavola.
Le occasioni
per arretrare sono finite
si corica al
tuo fianco l’orizzonte
e il sole
non fa più rumore.
La moglie
che muore ed il gesto dell’estremo saluto. La via crucis personale piena di
dettagli che sono come spade. Esplorano bresaole, verdure color fiele e merda,
le pieghe liberty della coperta, il vuoto smorto della carta. Dettagli che
ringhiano e accecano.
*
Ricordo
ancora di averlo contattato al telefono, Ivano Ferrari. All’epoca vivevo a
Parigi e per cercare il numero ho guardato su internet, pagine bianche, L’unico
Ivano Ferrari di Mantova. Una chiamata da così lontano e per cosa poi? Solo un
timido ringraziamento per i versi stupefacenti. Cos’altro potevo dire?
Cos’altro avrei potuto domandare?
IVANO
FERRARI, MACELLO (ALCUNI ESTRATTI)
Per
chi volesse approfondire la lettura dell’opera di Ivano Ferrari, proponiamo
oggi in lettura alcune poesie estratte da Macello, libro del 2004 che
quest’anno Einaudi pubblica anche in formato elettronico. Cliccando QUI, invece, potrete leggere (o rileggere)
de La morte moglie, di cui ci siamo occupati qualche settimana
fa.
*
Lo stanzino in fondo allo spogliatoio
è detto delle seghe
affisse a tre pareti foto di donne
dalla vagina glabra
nell’altra il manifesto di una vacca
che svela con differenti colori
i suoi tagli prelibati.
*
La mia pelle ripulita e triste
il cuore glabro
il colorito bluastro
bene, io sono quello
che stabilisce la commestibilità
dei vostri miasmatici cibi.
*
Dove nasconderà le lacrime?
Se la domanda pende sul cranio
sfondato di un puledro
sfumo affannando versi
subendo animali e cose.
*
La carne morta rivive
nella sua grande miseria
col vento che riporta gli odori
ad un ordine sparso.
La carne morta è ricamata
da quelle sinuose presenze
che gli altri chiamano larve.
*
È fuggito un toro nero
erra sul cavalcavia
impaurendo il traffico,
lo rincorriamo
impugnando coltelli
bastoni elettrici e birre
corre si ferma torna
arrivano i carabinieri coi mitra,
ora è steso su un velo d’erba
e sussurra qualcosa alle mosche.
*
Quando hanno tolto la luce
la morte si è ricomposta
per apparire subito dopo
più nitida, più vergine.
*
Un lungo, insopportabile ritardo.
poi il rumore dei camion
le urla degli autisti
le ultime preghiere delle bestie.
Ricomincia la vita appaiono le forche
le pistole, le falze, i coltelli.
*
Nella stanza d’attesa
un vitellone chiazzato
e una tornita manzarda
avranno ancora la notte
per annusarsi promesse
da domani eterne.
*
Dalla vasca d’acqua bollente
emerge un enorme maiale
bianco come uno spettro
che oscilla impudico fino a quando
dal finestrone il sole
accende quintali di luce.
*
A qualche centinaio di metri
passata la forma fresca del prato
e dopo case dagli occhi spenti
si trova il cimitero degli umani
dove c’è carne che non sfama.
*
È venerdì santo ma senza
la primaverile viandanza,
già prodiga di resurrezioni
il sangue ancora ghiaccia
riempendo i fiati di bagliori
e le bestie sono troppo pesanti
per scendere dalla croce.
*
Qualcuno si chiede se io ami
se durante il giorno cerco
o risolvo, se almeno vedo.
Quando guardano le mie labbra
o le mie mani
e più maliziosamente giù, fra le cosce
sento sul corpo le domande
che mi attraversano
come una forca farebbe con la paglia.
Se faccio sanguinare il vento
se trasformo le foglie fredde
in involtini di carne,
se i cavalli bianchi del mio rinascimento
sono esposti sul bancone di una macelleria
non rinuncia alla mia umanità come voi del resto.
© Ivano Ferrari
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