La questione, in Italia e in Sardegna, sta assumendo dimensioni drammatiche.
Domani ci saranno nuovi provvedimenti restrittivi che avranno una qualche
somiglianza con quelli assunti a marzo.
Non bisognava essere degli scienziati per capire la china che stava
prendendo la situazione.
Conta poco dire l’avevo detto. Conta zero.
Conta semmai verificare quali drammatiche responsabilità politiche e
comunicative ci sono state in questi mesi.
Hanno vinto i deliri delle “classi digerenti” del nord: politiche e
imprenditoriali e delle loro teste di ponte locali.
Hanno preteso la riapertura della movimentazione extraregionale per lo
sfizio delle vacanze, delle chiappe a mollo, del dimostrare ancora una volta a
cosa serve la Sardegna e il meridione.
Ha vinto - ma perderà drammaticamente a pandemia conclusa - un regionalismo
accattone ben rappresentato dai deliri mengeliani di Toti.
Non si salvava l’economia col turismo. Si doveva semplicemente aiutare le
attività in difficoltà per una stagione alimentando un mercato interno che,
forse, può dare più di quel che si immagina.
C’è, parlo per la Sardegna, un autocolonialismo spaventoso che si è piegato
ai desiderata dei potenti del nord con un Governo nazionale incapace di dire no
ai Bonomi, ai Briatore e a una serie di predoni di Stato che hanno devastato
sanità ed economia.
Alla fine di questo dramma, sperando di uscirne “sani e vivi”, bisognerà
fare i conti politicamente con queste complicità locali, con questo
autocolonialismo, con questa politichetta col cappello in mano.
Adesso pensiamo a salvarci la pelle.
Per il resto ci sarà tempo dopo.
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