martedì 17 novembre 2020

La prima volta del pane Ogm - Silvia Ribeiro

Il 9 ottobre 2020 l’Argentina ha approvato la commercializzazione di una varietà di grano transgenico per la semina e per il consumo. Si tratta di un tipo di grano che i suoi promotori presentano come resistente alla siccità (una condizione non dimostrata), evitando di dire che è anche resistente all’erbicida glufosinato di ammonio, ancora più tossico del ben noto glifosato che l’OMS ha dichiarato cancerogeno.[1]

In tutto il pianeta, è la prima volta che si approva la commercializzazione di grano transgenico, uno dei tre cereali di base per l’alimentazione della popolazione mondiale. Alla luce del fatto che l’Argentina è un grande produttore ed esportatore di grano e che le multinazionali presenti in Argentina hanno agito come un rullo compressore per imporre coltivazioni transgeniche in maniera legale o illegale, questa decisione ha implicazioni per tutte e per tutti, non solo in questo paese, e richiede la nostra urgente e massiccia opposizione (si veda “¡Con nuestro pan NO!”.

La semina e il consumo di questo grano significa una fase nuova e brutale di ingresso nell’alimentazione umana, dal momento che finora la stragrande maggioranza delle colture transgeniche è stata utilizzata come mangime e per usi industriali. Purtroppo ci arrivano comunque come ingredienti di molti cibi industriali trasformati, sotto forma di derivati della soia, sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio, olio di colza, tortillas a base di mais importato, e così via. Ma il grano transgenico è rivolto direttamente all’alimentazione umana attraverso il consumo quotidiano di pane, pasta, biscotti e farine. Nessun livello di consumo di transgenici né di agrotossici è accettabile, ma in questo caso si tratta addirittura di invadere una gran quantità di prodotti alimentari di alto consumo quotidiano con una percentuale molto più elevata di transgenici e di residui di un agrotossico che è considerato genotossico, neurotossico e teratogeno (in grado di produrre deformazioni nel feto) (si veda Lajmanovich et al., “Induction of micronuclei and nuclear abnormalities”).


Monsanto ha tentato la semina commerciale di grano transgenico nel 2004ma di fronte alla forte reazione negativa di produttori canadesi e statunitensi, che ritenevano che avrebbe danneggiato i loro mercati, ha dovuto ritirarsi. Ha cercato di avviare la semina in Sudafrica, ma anche qui, grazie all’opposizione di varie organizzazioni sociali, c’è stato un rifiuto. Tuttavia le imprese sono riuscite a procedere con semine sperimentali nell’America del Nord, per cui tra il 2013 e il 2019 sono stati rilevati diversi casi di contaminazione transgenica del grano convenzionale, il che ha indotto paesi come il Giappone a vietare temporaneamente le importazioni. Questi fatti smentiscono la falsa affermazione dell’industria secondo cui, poiché il grano si auto-feconda, non ci sarebbe contaminazione transgenica in campo aperto. Si ritiene che la contaminazione potrebbe andare dall’1 al 14%. Nonostante questo, tra il 2011 e il 2018 il Messico ha autorizzato il CIMMYT [International Maize and Wheat Improvement Center] a impiantare aree sperimentali di grano transgenico nei suoi campi a Tlaltizapán (Morelos).

Il tipo di grano ora autorizzato in Argentina, chiamato HB4 (grano IND-00412-7) era coltivato a livello sperimentale in questo paese e in Uruguay. Era stato in parte sviluppato da ricercatori universitari che l’avevano brevettato, ma subito l’avevano dato in concessione all’impresa privata argentina Bioceres, della quale Monsanto (oggi Bayer) è azionista e che ha legami con Syngenta/ChemChina e con Dow (oggi Corteva).
Questa controversa decisione è stata presa in prima istanza dalla Conabia [Comisión Nacional Asesora de Biotecnología Agropecuaria], un organismo che in Argentina delibera sui transgenici. Chi ne facesse parte era stato tenuto segreto, fino a quando non è venuta alla luce la predominanza di imprese e di multinazionali del settore delle biotecnologie agricole. Come ha segnalato il giornalista Dario Aranda, dal momento che i giudici sono nello stesso tempo anche la parte in causa, le decisioni favoriscono sempre le imprese agroalimentari di transgenici e agrotossici (si veda Aranda, “De ambos lados del mostrador”).

Nonostante questo, a causa della resistenza dei comparti argentini dell’esportazione, il Ministero dell’Agricoltura ha subordinato la risoluzione all’accettazione di questo grano transgenico in Brasile, il principale importatore. In entrambi i paesi ci sono settori industriali della distribuzione e della trasformazione del grano che si oppongono al grano transgenico, perché sanno che la contaminazione raggiungerà le altre varietà di grano e i prodotti trasformati, minacciando i mercati di esportazione/importazione e provocando il rifiuto dei consumatori (si veda “Fuerte rechazo de la industria molinera de Brasil” e “Medo de rejeição do consumidor faz indústria recusar trigo transgênico”).

Le molte incertezze sull’ingegneria genetica del grano e il notevole aumento dell’esposizione al glufosinato in paesi la cui popolazione è già fortemente colpita dai gravi impatti dell’uso massiccio di agrotossici che accompagnano la coltivazione di transgenici, ha spinto scienziati esperti di Argentina, Brasile ed Uruguay ad esporre quali sono i rischi di questo nuovo scenario, in base alle loro ricerche, nel corso di una Conferenza dell’Unione degli Scienziati Impegnati per la Società e per la Natura dell’America Latina (UCCSNAL, 21/10/20; il video della conferenza è online).

Organizzazioni contadine, reti, movimenti sociali, accademici e collettivi socio-ambientali della regione hanno avviato una campagna contro il rilascio di grano transgenico, esponendo in modo chiaro e sintetico 20 motivi per cui dobbiamo fermare questa risoluzione. È importante per tutto il continente che si sostenga questa petizione, che si può leggere e firmare qui).


Fonte: “No al pan transgénico”, in La Jornada, 24/10/2020.
Traduzione a cura di Camminardomandando.

 

[1] Ndt – Definito “probabile cancerogeno” (classe 2A) dall’Agenzia internazionale per la Ricerca sul cancro (IARC).

 

da qui

Nessun commento:

Posta un commento