Il movimento contro l’occupazione militare della Sardegna A Foras convoca un sit-in e una assemblea venerdì 20 novembre alle ore 15.00 davanti all’ingresso della base di Capo Frasca. Pubblichiamo la loro nota.
A distanza di pochi mesi dalla
prima ondata della pandemia da Covid-19 la sanità sarda è sprofondata in un
abisso di disorganizzazione e mancanza di risorse, tenuta in piedi solo dalla
buona volontà degli operatori sanitari. Le nefaste conseguenze della seconda
ondata si ripercuotono su tutti i cittadini e le cittadine sardi a causa,
soprattutto, della miopia delle istituzioni politiche regionali e statali.
Eppure, fin dal primo ottobre tutte le basi militari italiane in Sardegna hanno
ripreso a ospitare esercitazioni a fuoco a cadenza quasi quotidiana, con uno
sperpero di milioni e milioni di euro. A questo quadro si aggiunge la scelta
del governo, nelle bozze sull’utilizzo del Recovery Fund, di spendere ben 30
miliardi nel settore della Difesa. Come movimento che si oppone all’occupazione
militare della Sardegna, A Foras non può chiudere gli occhi di fronte a questa
situazione disastrosa. Per questo abbiamo deciso di riunirci venerdì 20
novembre alle 15 davanti all’ingresso della base di Capo Frasca, nel pieno
rispetto di tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza dei
partecipanti da eventuali contagi, per discutere e ribadire le richieste che
già avevamo avanzato la scorsa primavera:
• Chiediamo che fin da ora si stabilisca inderogabilmente
una moratoria su tutte le esercitazioni militari.
• Chiediamo che la Regione e lo Stato ritirino i
finanziamenti a progetti utili solo agli interessi delle forze armate e al
profitto delle industrie del settore bellico. A titolo di esempio, chiediamo lo
stop al finanziamento del progetto SIAT di Teulada, al co-finanziamento
pubblico della piattaforma per i test dei motori missilistici nel Poligono di
Quirra e al co-finanziamento del progetto Caserme Verdi, che riguarda – in
Sardegna – le tre caserme dell’Esercito a Cagliari e quella di Teulada.
• Chiediamo che i soldi risparmiati grazie ai primi due
punti siano reinvestiti nel potenziamento della sanità pubblica sarda. È una
questione di priorità: non è possibile continuare ad assistere allo sperpero
dei nostri soldi in progetti che contribuiscono alla depressione economica
delle comunità a cui apparteniamo e alla devastazione della terra in cui
abitiamo, mentre la sanità viene costantemente depotenziata da anni, con i
risultati evidenti sotto gli occhi di tutti.
Nessun commento:
Posta un commento