Ogni anno,
quando arriva l’autunno, il mare di Laptev, a nord della Russia, si ghiaccia.
Si tratta del principale “vivaio” di ghiaccio marino nell’oceano Artico in
Siberia. Quest’anno però, per la prima volta da quando sono disponibili i dati,
la banchisa stagionale del mare di Laptev
non ha ancora iniziato a gelare, riporta il Guardian.
Secondo gli scienziati del clima questo ritardo è dovuto a un caldo prolungato
nella Russia settentrionale e all’afflusso delle correnti più calde
dell’oceano Atlantico. Una situazione che potrebbe provocare effetti a catena
nella regione polare.
Becky
Ferreira su Vice News scrive che il ritardo della formazione
del ghiaccio marino nel mare di Laptev è solo l'ultima di diverse anomalie
climatiche nell'Artico accadute quest'anno: “La regione ha registrato la sua temperatura più
calda di sempre, raggiungendo i 100° Fahrenheit (cioè oltre i 37° della scala
Celsius) nella città siberiana di Verkhoyansk a giugno”. Zachary Labe,
ricercatore PostDoc presso la Colorado State University, ha dichiarato che
questo fatto «non ha precedenti nella regione artica siberiana» e rientra tra
gli impatti del cambiamento climatico: «Senza una riduzione sistematica dei gas
serra, la probabilità della nostra prima estate ‘senza ghiaccio’ continuerà ad
aumentare entro la metà del 21° secolo».
Il
cambiamento climatico, continua il Guardian, “sta anche spingendo
nell'Artico correnti più miti dell'oceano Atlantico, interrompendo la solita
stratificazione tra le acque profonde e calde e la superficie fresca, rendendo
anche difficile la formazione del ghiaccio”.
Walt Meier,
direttore di ricerca presso il National Snow and Ice Data Center degli
Stati Uniti d’America ha dichiarato che gran parte del vecchio ghiaccio
nell'Artico sta ora scomparendo. Rispetto
agli anni ‘80, lo spessore medio del ghiaccio è infatti molto più
sottile. Secondo Meier è probabile che questa tendenza continuerà fino a quando
l’artico non avrà la sua prima estate senza ghiaccio e questo, secondo i
modelli, potrebbe accadere tra il 2030 e il 2050: «È una questione di
quando, non di se».
Il timore
degli esperti è che la formazione ritardata del ghiaccio possa contribuire ad
accelerare la riduzione della calotta glaciale. Una calotta di ghiaccio più
piccola significa una albedo minore, cioè diminuisce l'area molto bianca e
luminosa dei ghiacci in grado di riflettere la luce e l'energia che arriva dal
sole e aumenta quella che viene assorbita dalla superficie terrestre con
conseguente aumento del riscaldamento del nostro pianeta.
Inoltre, il
ghiaccio che si forma nel mare di Laptev, spostandosi, trasporta, attraverso
l’Artico, sostanze nutritive prima di rompersi in primavera nello stretto di
Fram tra la Groenlandia e le Svalbard. Ma questo ritardo nella formazione del
ghiaccio e il suo essere più sottile può avere come conseguenza il fatto che si
sciolga prima di raggiungere lo stretto. Questo risultato potrebbe significare
meno nutrienti per il plancton artico, che avrà una capacità ridotta di
assorbire l'anidride carbonica dall'atmosfera, si legge sempre sul Guardian.
Un quadro
nel complesso cupo della situazione del ghiaccio marino che non sorprende
Stefan Hendricks, specialista in fisica del ghiaccio marino presso l'Istituto
Alfred Wegener: «È più frustrante che scioccante. Questo è stato previsto da
molto tempo, ma ci sono state solo piccole risposte sostanziali da parte
di chi deve prendere decisioni».
Nessun commento:
Posta un commento